negli Usa si prepara "l'offensiva" contro l'Italia
Bush scrive a Ciampi. Ma negli Usa si prepara "l'offensiva" contro l'Italia di red.
Il presidente Usa George W. Bush ha scritto una lettera al presidente della Repubblica dicendo che gli Stati Uniti e l'Italia faranno luce in modo «rapido ed esauriente» sul «terribile incidente» che ha portato alla morte di Nicola Calipari. Mentre gli Usa si dicono pronti a collaborare, è già iniziata l’offensiva per riversare le accuse sull’Italia e sul suo ruolo in Iraq. E lo fanno in due modi: sconfessando la ricostruzione italiana degli eventi del 4 marzo, e contestando il modo in cui l’Italia ha portato avanti (e in genere conduce) le trattative per il rilascio. Si tace invece sul modo in cui i soldati americani si comportano ai posti di blocco, dove normalmente “prima sparano e poi si chiedono perché lo hanno fatto”.
Paladini dell’offensiva, sono i media Usa, chiaramente quelli schierati a destra. La Abc News, citando un'informazione pervenutale addirittura via e-mail da fonti militari americane a Baghdad, dice che l'auto con a bordo la Sgrena e Calipari viaggiava «a oltre 100 miglia l'ora», cioè a più di 160 chilometri l'ora. Secondo la stessa fonte, il guidatore dell'auto avrebbe, a più riprese, «rischiato di perderne il controllo». Viene, inoltre, smentito che contro l'auto italiana siano stati sparati colpi da un blindato.
Ancor più duro è l’affondo di un editoriale dell'edizione europea del Wall Street Journal (Wsje), intitolato «Il riscatto dell'Italia». L'aspetto più «sconsiderato» della vicenda Sgrena non è il tragico incidente a un posto di blocco americano, ma il fatto che l'Italia abbia pagato un riscatto, si afferma nell’articolo. Dopo aver ricordato la «morte da eroe dell'agente Calipari», l'articolo invita Giuliana Sgrena a «versare qualche lacrima anche per le vittime americane e irachene che moriranno a causa del riscatto pagato per il suo rilascio». «Finora - si legge nel testo - la rabbia morale del mondo intero si è concentrata sull'accusa che i soldati statunitensi sono stati sconsiderati o hanno addirittura tentato di assassinare Sgrena», tesi che sono contraddette «dagli stessi racconti della signora Sgrena».
Secondo il Wsje, la stessa ricostruzione della giornalista italiana chiarisce che l'auto «è sembrata quella di attentatori kamikaze a un soldato americano spaventato che ha dovuto fare un scelta immediata». In realtà, sostiene il quotidiano Usa, «molto più sconsiderata è stata la decisione italiana di pagare un riscatto - secondo alcune fonti 6 milioni di euro - per garantirne il rilascio. Si ritiene inoltre che l'Italia abbia pagato un riscatto anche per il rilascio di due volontarie lo scorso anno». «Non solo pagare riscatti incoraggia i rapimenti - conclude l'articolo - ma mette anche soldi nelle mani del nemico, in un paese in cui con 40 dollari si compra un'arma automatica e con 200 dollari un attacco contro le forze americane. Sparare contro un'auto a tutta velocità in una zona militare è un tragico incidente, ma pagare un riscatto equivale a mettere in atto una politica di aiuto deliberato ai terroristi».
Solo il New York Times, è stato molto severo con le regole di ingaggio. Il giornale osserva che l'assalto a Calipari "non è un caso isolato". Ricorda che in gennaio due genitori iracheni sono stati crivellati di colpi a un posto di blocco davanti agli occhi dei quattro bambini che viaggiavano con loro in auto. Entrambi i casi, "e presumibilmente altre centinaia", dimostrano - conclude il Times - che i civili iracheni "non devono vivere solo nel terrore dei kamikaze e dei ribelli mascherati, ma devono aver paura anche di essere scambiati per ribelli da forze americane sul chi vive, a cui è stato detto di sparare prima e poi chiedersi perché lo hanno fatto".
Qualcosa non va sul modo in cui i soldati americani si comportano ai posti di blocco se lo stesso Comitato per la protezione dei Giornalisti, di New York, ha fatto presente al Ministero della Difesa americano l'esigenza di aprire un'inchiesta sulla sparatoria che uccise Nicola Calipari, a bordo dell'autovettura su cui viaggiava la Sgrena. L'anno scorso, sottolinea il Comitato, nove giornalisti e due persone che lavoravano per organi d’informazione sono stati uccisi dai militari statunitensi in Iraq. Per non parlare dei civili iracheni.
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