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NOTIZIARIO QUOTIDIANO DAL CARCERE: 9 MARZO 2005
by Ristretti Wednesday, Mar. 09, 2005 at 8:22 PM mail:

Notizie Cagliari: Buoncammino, un contenitore di vite a perdere... Cardinal Martino: i detenuti, soggetti di promozione umana Cagliari: i volontari; Buoncammino è vicino al collasso Roma: Silvia Baraldini; meglio la detenzione in America... Milano: Tomas Borzi, espulso dalla Svizzera, torna in Italia Lecco: sentenza su nomadi; Pg impugna per difetto motivazione Alessandria: va in carcere a trovare il convivente e viene arrestata Sassari: a San Sebastiano arrivano le mimose della speranza Cagliari: assessore comunale al lavoro incontra le detenute Pozzuoli: sit-in delle agenti penitenziarie in protesta Milano: al Beccaria iniziano corsi per patentino di guida Rovigo: polizia penitenziaria, turni massacranti per gli agenti Sala Consilina: per il carcere 33 milioni e... arriva Castelli Reggio Emilia: 8 marzo nella sezione femminile del carcere Milano: la giornata da top model delle donne di San Vittore Cina: nel 2004 145.000 condannati a morte o pene severe Myanmar: liberato leader studentesco in carcere da 14 anni Turchia: polizia carica manifestazione per diritti delle donne

Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax: 049.654233
E-mail: redazione@ristretti.it



Rassegna stampa 9 marzo
Cagliari: Buoncammino, un contenitore di vite a perdere...

Sardegna Oggi, 9 marzo 2005

Audizione in commissione "Diritti civili" dei rappresentanti del coordinamento
volontariato giustizia – Onlus che hanno denunciato la drammatica situazione in
cui si trovano a vivere ogni giorno i detenuti e le loro famiglie. I volontari
hanno confermato che quotidianamente vengono calpestati i diritti dei detenuti
costretti a fare i conti con il sovraffollamento, la mancanza di educatori e di
lavoro. Per sensibilizzare la popolazione partirà l’iniziativa "Adotta un
detenuto". Le famiglie cagliaritane potranno "adottare" un detenuto e, magari,
quando esce dal carcere per un permesso, accoglierlo anche nella loro casa.
"Il carcere è diventato un contenitore di vite a perdere, dove non sono
rispettati i diritti dei detenuti e delle loro famiglie". Lo hanno detto i
rappresentanti del coordinamento volontario giustizia - Onlus, questo
pomeriggio, durante un’audizione davanti alla commissione "Diritti civili",
presieduta da Paolo Pisu (Rifondazione comunista).
Il presidente della seconda commissione, in apertura di seduta, ha ricordato la
risoluzione approvata qualche settimana fa all’unanimità dall’organismo
consiliare (ora all’attenzione del presidente della giunta) e ha sottolineato
che il problema carcere rimane una delle priorità in quanto la situazione è
drammatica. Anche i volontari hanno confermato che quotidianamente vengono
calpestati i diritti dei detenuti costretti a fare i conti con il
sovraffollamento, la mancanza di educatori e di lavoro. I volontari hanno anche
illustrato alla commissione cosa succede fuori dal carcere di Buoncammino la
notte prima del giorno fissato per le visite. "Per essere certi di poter
accedere alla struttura - ha raccontato Bruno Asuni, presidente del
coordinamento volontariato giustizia - moltissime persone aspettano con
qualunque condizione metereologica, tutta la notte, davanti al carcere, senza
riparo". Le condizioni dei familiari dei detenuti sono un po’ migliorate da
quando (circa un anno e mezzo) sosta davanti alla struttura carceraria
cagliaritana un camper del coordinamento che cerca di dare riparo ai più
sofferenti. Ma la situazione è drammatica e sarebbe necessario un gazebo che
permettesse alla gente che aspetta di ripararsi dalla pioggia e dal gelo.
Per i volontari è arrivato il momento di fare qualcosa. Chi opera nel settore
lamenta la mancanza di dialogo con e fra le istituzioni, l’indifferenza della
gente, il non rispetto delle più elementari regole nei confronti dei detenuti. I
rappresentanti del coordinamento hanno raccontato alla commissione alcuni casi:
come un detenuto cinese che non sapeva per quale reato fosse in carcere in
quanto non capiva la lingua italiana, familiari dei detenuti che non riuscivano
a compilare i moduli da consegnare al personale del carcere per inviare un pacco
al loro congiunto, la vicenda di un vecchietto scarcerato in pigiama che non
sapeva dove andare.
Per i volontari bisogna puntare sempre di più sulle misure alternative. In
Italia ci sono 54.000 detenuti (ogni detenuto costa allo Stato 75.000 euro
l’anno) e 40.000 persone che godono di misure alternative. Di queste meno dell’
1% è recidivo, mentre è altissima la percentuale di chi ritorna in carcere dopo
aver scontato la pena. Dunque, le misure alternative dovrebbero essere la strada
da seguire a condizione che ci sia la disponibilità della gente a riaccoglierli
nella società. Per sensibilizzare la popolazione partirà l’iniziativa "Adotta un
detenuto". Le famiglie cagliaritane potranno "adottare" un detenuto e, magari,
quando esce dal carcere per un permesso, accoglierlo anche nella loro casa. Il
coordinamento ha in preparazione anche le "pagine gialle per il carcere" che
saranno tradotte in molte lingue e che conterranno i diritti e i doveri del
detenuto e tutte le notizie utili per i carcerati e le loro famiglie.



Reggio Emilia: 8 marzo nella sezione femminile del carcere

Tele Reggio, 9 marzo 2005

I lunghi corridoi, le porte pesanti, le sbarre alle finestre. Tutto qui dentro
racconta di storie difficili, di tristezze e solitudini. Ma oggi è la festa
della donna anche per le detenute del carcere di Reggio. Sono diciannove le
ragazze rinchiuse tra queste mura; metà sono italiane, le altre sono di varia
nazionalità, tra brasiliane, albanesi e marocchine. La maggior parte è dentro
per reati come furto e sfruttamento della prostituzione. Nove hanno già subito
una condanna definitiva, le altre sono in attesa di sapere quale sarà il loro
destino.
Non tutte se la sono sentita di partecipare alla festa che è stata organizzata
per loro dai ragazzi del circolo sociale "Buco Magico", solo alcune hanno voluto
spezzare la monotonia dei giorni. C’erano le torte, c’erano i regali perché
senza quelli non è una vera festa, c’era il mago che faceva i giochi di
prestigio. E poi c’era il sindaco di Reggio Graziano Del rio che ha scelto di
trascorrere l’otto marzo con le ragazze del carcere. Del Rio prima ha visitato i
locali dell’istituto penitenziario, poi si è prestato a scherzare e giocare con
le ragazze che non sono qui per nulla ma anche per loro deve esserci un briciolo
di umanità. E quella di oggi è stata anche l’occasione per presentare una nuova
iniziativa, unica in Italia, che vede coinvolti l’istituto penitenziario della
nostra città e l’università di Modena e Reggio. Si tratta di dotare il carcere
di un apparato di videoconferenza per permettere ai detenuti di assistere alle
lezioni universitarie.



Cardinal Martino: i detenuti, soggetti di promozione umana

Zenit.org, 9 marzo 2005

"Il detenuto da oggetto deve essere considerato anche come soggetto di
evangelizzazione e di promozione umana: questo, oltre che un dovere, è prima di
tutto un suo diritto", sostiene il cardinale Renato Martino.
Queste le conclusioni del Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e
della Pace, nel suo intervento tenuto il 2 marzo a Roma, al termine del
Seminario internazionale di studio sui diritti umani dei detenuti, organizzato
per due giorni insieme alla Commissione Internazionale della Pastorale
Penitenziaria Cattolica (Iccppc).
Agli oltre 80 esperti, studiosi e cappellani delle carceri di una trentina di
Paesi dei cinque continenti che hanno partecipato all’incontro, Martino ha
spiegato che: "Il carcere, per la Chiesa, prima di essere un luogo pieni di
problemi, è soprattutto un luogo teologico dove incontrare Cristo".
"Per la Chiesa il carcere è un dono che sollecita la conversione del cuore,
orientando e purificando la fede, la speranza e la carità", ha aggiunto il
porporato.
Citando il numero 62 del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, il
Cardinale ha quindi ricordato che: "Prendersi cura dell’uomo (…) significa, per
la Chiesa, coinvolgere anche la società nella sua sollecitudine missionaria e
salvifica".
"La Chiesa - ha continuato il Presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace – deve farsi promotrice, di una cultura dei diritti umani
e del rispetto e promozione della dignità umana, anche di coloro che hanno
sbagliato o hanno commesso dei delitti e dei crimini".
"Una cultura dei diritti umani che, senza negare le esigenze della giustizia, sa
ed è capace d’indicare le strade della fiducia e della speranza", ha proseguito.
Martino ha poi sottolineato che "la fonte ultima dei diritti umani non si situa
nella volontà degli esseri umani, nella realtà dello Stato, nei poteri pubblici,
ma nell’uomo stesso e in Dio suo Creatore".
Il Cardinale ha espresso la sua gratitudine ai cappellani delle carceri, molti
dei quali appartenenti a Congregazioni religiose, ribadendo che: "L’ambiente
degli istituti di pena offre, un terreno privilegiato sul quale testimoniare,
ancora una volta, la sollecitudine cristiana in campo sociale: ero… carcerato e
siete venuti a trovarmi (Mt 25,36)".
Un’espressione di gratitudine, Martino l’ha rivolta anche alle religiose e al
vasto mondo del volontariato organizzato che sostengono e collaborano al
ministero dei cappellani delle carceri.
"La sfida culturale e pastorale che abbiamo di fronte è comune" - ha concluso il
porporato - "da un lato, favorire il reinserimento delle persone condannate; da
un altro lato, promuovere una giustizia riconciliatrice, capace di restaurare le
relazioni di armonica convivenza spezzate dall’atto criminoso".



Cagliari: i volontari; Buoncammino è vicino al collasso

L’Unione Sarda, 9 marzo 2005

"Il carcere è diventato un contenitore di vite a perdere, dove non sono
rispettati i diritti dei detenuti e delle loro famiglie". Lo hanno detto i
rappresentanti del Coordinamento volontario giustizia - Onlus, ieri pomeriggio,
durante un’audizione davanti alla commissione Diritti civili presieduta da Paolo
Pisu. Il presidente della seconda commissione, in apertura di seduta, ha
ricordato la risoluzione approvata qualche settimana fa all’unanimità
dall’organismo consiliare (ora all’attenzione del presidente della giunta) e ha
sottolineato che il problema carcere rimane una delle priorità in quanto la
situazione è drammatica.
Anche i volontari hanno confermato che quotidianamente vengono calpestati i
diritti dei detenuti costretti a fare i conti con il sovraffollamento, la
mancanza di educatori e di lavoro. I volontari hanno anche illustrato alla
commissione cosa succede fuori dal carcere di Buoncammino la notte prima del
giorno fissato per le visite. "Per essere certi di poter accedere alla struttura
- ha raccontato Bruno Asuni, presidente del coordinamento volontariato giustizia
- moltissime persone aspettano con qualunque condizione metereologica, tutta la
notte, davanti al carcere, senza riparo".
Le condizioni dei familiari dei detenuti sono un po’ migliorate da quando (circa
un anno e mezzo) sosta davanti alla struttura carceraria cagliaritana un camper
del coordinamento che cerca di dare riparo ai più sofferenti. Ma la situazione è
drammatica e sarebbe necessario un gazebo che permettesse alla gente che aspetta
di ripararsi dalla pioggia e dal gelo. Per i volontari è arrivato il momento di
fare qualcosa. Chi opera nel settore lamenta la mancanza di dialogo con e fra le
istituzioni, l’indifferenza della gente, il non rispetto delle più elementari
regole. I rappresentanti del coordinamento hanno raccontato alla commissione
alcuni casi: un detenuto cinese che non sapeva per quale reato fosse in carcere
in quanto non capiva l’italiano.



Roma: Silvia Baraldini; meglio la detenzione in America...

Ansa, 9 marzo 2005

"Meglio la nostra società ma non il nostro carcere, sono migliori i penitenziari
americani". Lo ha detto Silvia Baraldini paragonando la realtà italiana a quella
americana durante una conferenza sulle strutture carcerarie in Italia e in
particolare sulle donne detenute. La Baraldini ha fatto un parallelo tra la
situazione carceraria femminile in America, dove è stata detenuta per 18 anni, e
quella italiana.
"Nelle carceri americane - ha detto Barandini - vi è una maggiore considerazione
della persona del detenuto che viene obbligatoriamente impiegato in un lavoro
qualificante. In Italia non è permesso lavorare ai detenuti a meno che non
facciano lavori manuali non professionalizzanti". Silvia Baraldini ha portato
anche un esempio: "In America chiamavo mia madre ogni giorno, qui non è
possibile".
"È ingiusto - ha aggiunto la Baraldini - che in Italia vi siano solo 6 ore
settimanali di colloquio tra detenuti e famiglie. In questa società le donne
continuano ad essere invisibili ed ancora di più le detenute che in Italia sono
in maggioranza tossicodipendenti e vengono trattate come oggetti. Non sono
invitate ad esprimersi e restano isolate dal mondo".



Alessandria: va in carcere a trovare il convivente e viene arrestata

Ansa, 9 marzo 2005

Mentre era all’interno del carcere di piazza don Soria, ad Alessandria, per un
colloquio con il convivente le è stato notificato un provvedimento di
carcerazione emesso dalla Procura di Torino. Carmen Scaffini, 27 anni, abitante
a Sale (Alessandria) deve scontare 4 anni di reclusione per favoreggiamento,
detenzione e spaccio di droga.
Dall’inchiesta sull’omicidio del muratore albanese Luan Karepi, ucciso con un
coltellata al cuore durante una rissa in un bar, era emerso che la donna aveva
aiutato il responsabile a eludere le indagini ed era coinvolta in un giro di
droga. Condannata in primo grado a 5 anni e 4 mesi, la pena era stata ridotta in
appello, e confermata in Cassazione nello scorso mese di dicembre.



Milano: Tomas Borzi, espulso dalla Svizzera, torna in Italia

Ansa, 9 marzo 2005

Ha accettato di essere espulso Tomas Borzi, il 21enne di Como evaso il 16
dicembre durante un permesso di lavoro dal carcere minorile Beccaria di Milano,
e catturato ieri dalla polizia cantonale a Lugano. Il giovane, oggi pomeriggio,
verrà consegnato dalla polizia svizzera alle forze dell’ordine italiane che
probabilmente lo porteranno, per questioni burocratiche, prima al carcere di
Como per poi trasferirlo in un reparto speciale del carcere di Bollate.
Il giovane, a quanto si è appreso, durante i suoi 82 giorni di latitanza a casa
di un amico alla periferia di Lugano, sarebbe andato a trovare anche la mamma
che abita in Svizzera. Tomas, inoltre, avrebbe giustificato la sua fuga,
avvenuta il giorno del suo 21mo compleanno, con il fatto che non voleva andare
nel carcere degli adulti.
Il ragazzo, che dovrà subire un processo per evasione con il rito previsto per i
maggiorenni, sarà comunque seguito fino al 25mo anno di età dal Tribunale di
Sorveglianza dei Minori di Milano per quanto riguarda i benefici, permessi e
così via. Nel carcere di Bollate dovrebbe comunque proseguire il percorso di
recupero cominciato al carcere minorile Beccaria. Tomas è stato condannato a
nove anni e mezzo per l’omicidio di un parrucchiere a Ponte Chiasso (Como):
l’uomo fu accoltellato durante una rapina nell’agosto 2001. All’epoca il ragazzo
aveva 17 anni.



Lecco: sentenza su nomadi; Pg impugna per difetto di motivazione

Ansa, 9 marzo 2005

Finirà in Cassazione, non perché la sentenza emessa dal Gip di Lecco sia
ritenuta troppo morbida ma soltanto per un difetto di motivazione, la vicenda
delle due nomadi accusate di aver tentato il sequestro di una bambina che si
trovava in carrozzina, nel centro cittadino. L’epilogo del caso (patteggiamento
a otto mesi di reclusione con sospensione condizionale e immediato ritorno in
libertà) aveva scatenato, a inizio febbraio, numerose critiche anche da
esponenti politici.
La Lega Nord aveva manifestato davanti al tribunale di Lecco, da parte di altri
politici erano giunti sollecitazioni a decisioni in grado di dare maggiore
sicurezza ai cittadini. Ora il sostituto procuratore generale di Milano Giovanni
Pescarzoli, dopo avere valutato la sentenza, l’ha impugnata per insufficienza di
motivazione nella decisione di modificare il reato di tentato sequestro di
persona, contestato dal pubblico ministero, in quello per cui è stata accolta la
proposta di patteggiamento: tentata sottrazione di incapace.
Nel ricorso non si fa riferimento alla misura della pena ma alla necessità di
avere un quadro esatto dell’accaduto e di sapere con precisione cosa sia
avvenuto in quel momento visto che le due imputate avevano escluso di avere come
obiettivo il rapimento del bambino.



Sassari: a San Sebastiano arrivano le mimose della speranza

L’Unione Sarda, 9 marzo 2005

Un mazzo di mimose ha illuminato per una mattinata la vita delle detenute del
carcere di San Sebastiano, in occasione dell’otto marzo. Ma molto di più, per le
12 ospiti della casa di pena sassarese, è valsa l’opportunità offerta
dall’occasione della Festa della donna di poter esprimere il loro pensiero sulla
condizione femminile, in un luogo di espiazione, dove è facile perdere la
propria identità.
L’occasione, per ricordare la Festa della donna anche nella fredda situazione di
un penitenziario, è stata offerta da una iniziativa congiunta di suor Maddalena
Fois, responsabile dell’associazione Giovani in cammino, del consigliere
provinciale sardista Antonello Unida, del parroco del quartiere di Santa Maria
di Pisa, don Gavino Sini, sacerdote di frontiera, in collaborazione con la
direttrice del penitenziario Patrizia Incollu, che ha messo a disposizione
dell’iniziativa la sala di socializzazione del braccio femminile.
Le 12 detenute, insieme alle educatrici ed alle agenti della polizia
penitenziaria, hanno dato vita ad una tavola rotonda, nel corso della quale è
stato possibile evidenziare come quella delle detenute sia una situazione di
espiazione per errori commessi: "Siamo dietro le sbarre per questo - è stato il
riconoscimento unanime delle donne -, ma non ci sarà sbarra o catena che tenga:
in ognuna di noi, la nostra speranza non può essere incatenata, fuori da qui
certamente c’è un mondo migliore". "Non siete sole - ha sostenuto a questo punto
suor Maddalena - c’è tanta gente che vi aspetta e vi ama".
L’esperienza del carcere per la donna - è stato riconosciuto poi - è ancora più
dura che per gli uomini, soprattutto per il senso di colpa che si vive nei
confronti della famiglia ed in particolare dei figli. Ed è questa particolare
condizione che, spesso, crea quel rapporto di solidarietà forte e stretto con il
personale femminile del penitenziario, una ventina in tutto, e con le
educatrici.
Il consigliere provinciale Antonello Unida, uno dei promotori dell’iniziativa,
si è preoccupato, tenuto conto della particolare ricorrenza, di portare un mazzo
di mimose a ciascuna delle donne presenti. Ricorrendo, per questa necessità ad
una raccolta di risorse economiche, che ha avuto immediata risposta dalle
dipendenti dell’amministrazione provinciale e dalla prefettura. Ma non basta:
l’esponente sardista ha poi raccolto presso i negozi di bellezza di Sassari,
profumi e creme, da donare alle detenute, a dimostrazione di quanto la città sia
vicina a tutte loro. "La città, se saputa coinvolgere - ha sostenuto Antonello
Unida - risponde benissimo alle problematiche sociali; risponde e solidarizza
con chi sta all’interno di questo bubbone, posto al centro di Sassari da oltre
165 anni". Giuseppe Florenzano



Turchia: polizia carica manifestazione per diritti delle donne

Corriere della Sera, 9 marzo 2005

"Almeno questa volta non ci hanno aizzato contro i cani, se li sono tenuti al
guinzaglio. Ma per il resto la violenza della polizia è stata terribile: gas
urticanti sparati in faccia, manganellate, botte e calci in bocca. E tutto
contro una manifestazione pacifica per la Festa della donna" racconta al
Corriere Lerzan Tascier, capo dell’associazione turca per i diritti umani Ihd,
testimone di quanto è successo domenica a mezzogiorno in pieno centro di
Istanbul. Immagini di violenza e di sangue che le tv nazionali hanno trasmesso e
i giornali locali pubblicato. E che hanno suscitato lo "choc" forse non tanto
dei turchi (la repressione violenta di manifestazioni non è una novità), ma
certamente della "troika" europea: gli alti rappresentanti di Bruxelles guidati
dal commissario per l’allargamento Olli Rehn, che proprio ieri erano arrivati ad
Ankara per valutare i progressi del governo in vista dell’avvio dei negoziati
per l’adesione, il 3 ottobre.
"La manifestazione era stata organizzata da una ventina di associazioni di donne
della sinistra, l’unico scopo era leggere pubblicamente un documento sul
significato dell’8 marzo, tutto legale" spiega Lerzan, 43 anni, co-autrice di un
libro sull’ex deputata curda Leila Zana incarcerata per anni ad Ankara. Altre
iniziative di piazza per la Festa della donna s’erano già tenute sabato, dice,
una la domenica stessa nei quartieri asiatici della città. E senza repressione.
"Questa invece, che ha riunito inizialmente circa 2 mila persone, era nella
parte europea: è partita vicino agli uffici del sindaco a Sarachane, ha tentato
di arrivare fino a Beyazit dove doveva esserci il comizio. Ma la polizia ha
attaccato dall’inizio alla fine: donne, uomini, perfino i giornalisti per
impedire loro di lavorare". Con un totale di 63 arrestati, di cui sette ancora
ieri in carcere, molti feriti e ricoverati per le botte e i gas. "È ancora uno
Stato di polizia questo - conclude Lerzan - che negli ultimi mesi è tornato ai
vecchi metodi".
Solo qualche settimana fa erano state le donne dell’Associazione per i diritti
dei detenuti politici (di cui è iniziata negli ultimi tempi una prudente
scarcerazione) a venir attaccate davanti al Palazzo di giustizia di Istanbul.
Prima di quell’episodio, per qualche mese, c’era stata una relativa calma, in
linea con il difficile e lento movimento di riforme in corso nel Paese che vuole
entrare nell’Ue. Ma andando indietro nelle cronache emergono tantissimi episodi
di repressione violenta contro studenti, operai, intellettuali, altre componenti
della società civile. Senza risparmiare le donne, naturalmente, dalle curde alle
femministe (le uniche che sfilano senza uomini), dalle comuniste alle islamiche,
che protestano in difesa del "diritto al velo" con il quale non possono entrare
nelle università. Spesso gli scontri erano stati proprio in occasione dell’8
marzo, una festa che ogni anno viene repressa e ogni anno risorge. Altre volte
gli attacchi della polizia avevano assunto una cadenza regolare. Come nel caso
delle famose "madri del Sabato", mamme e nonne dei "desaparecidos" curdi e non,
che per anni hanno protestato ogni fine settimana nella Piazza di Galata Sarai a
Istanbul e per anni sono state regolarmente arrestate e picchiate. Fino alla
dissoluzione dell’associazione, tre anni fa, e al tacere delle proteste. "I
diritti delle donne sono una parte importante nei dossier in discussione con il
governo turco - hanno dichiarato ieri i tre rappresentati dell’Unione Europea -,
siamo preoccupati nel vedere l’uso di una forza tanto sproporzionata, proprio
alla vigilia della nostra visita".
E proteste ancora più dure sono arrivate da Strasburgo: il presidente
dell’Europarlamento Josef Borrell ha condannato "nella maniera più forte la
repressione di cui sono state vittime le donne in Turchia" ricordando ad Ankara
"gli impegni presi" e chiedendo "sanzioni contro gli autori di questi atti
inqualificabili e incompatibili con le ambizioni della Turchia di far parte un
giorno dell’Ue". Una reazione a cui il governo turco ha risposto con toni più
arrendevoli del solito: consapevole dell’autogol, il ministro degli Esteri
Abdullah Gul ha detto ieri di provare "rincrescimento" per l’evento e promesso
l’apertura di un’inchiesta sull’operato delle forze dell’ordine. "Tutti devono
rispettare la legge e se la gente non lo fa la polizia deve stare attenta a come
reagisce" ha però aggiunto. Una frase che, secondo Lerzan e le sue compagne che
hanno partecipato alla manifestazione, significa che il principale torto, per il
governo, resta dalla parte delle donne che hanno protestato "illegalmente". "Ma
non ci fermiamo - dice - abbiamo già organizzato una conferenza stampa sulle
violenze della polizia". L’appuntamento, aggiunge, è per oggi. A Istanbul.
Cecilia Zecchinelli



Cagliari: assessore comunale al lavoro incontra le detenute

Ad Majora Media, 9 marzo 2005

L’Assessore regionale del Lavoro Maddalena Salerno ha incontrato le detenute del
carcere cagliaritano di Buoncammino. All’incontro, che si è svolto in una
piccola sala della sezione femminile del carcere, hanno partecipato 23 detenute,
che hanno raccontato all’Assessore le loro esperienze ed espresso esigenze e
bisogni legati alla vita quotidiana dentro la struttura penale. L’Assessore per
l’occasione ha distribuito il volume "Donna e Lavoro" realizzato
dall’Assessorato e dalla Agenzia regionale del Lavoro.
Alcune detenute, giovani madri, hanno lamentato l’impossibilità di tenere i loro
figli dentro le mura e chiedono una maggiore apertura verso l’esterno. In
particolare hanno manifestato un grande interesse per la formazione
professionale, per l’acquisizione di competenze informatiche e per l’animazione
culturale. È intenzione dell’Assessore verificare la possibilità di mettere a
disposizione della sezione femminile alcuni computer e di organizzare brevi
corsi di formazione per imparare ad usarli.
Poiché le detenute hanno anche lamentato di non poter usufruire con continuità
del servizio bibliotecario interno, l’Assessore ha proposto al direttore del
carcere di creare una bibliotecaria interna alla sezione femminile e gestita
dalle stesse donne. Maddalena Salerno si è impegnata a questo proposito per
mettere a disposizione della biblioteca i libri che si trovano presso
l’Assessorato. Al direttore ha inoltre chiesto un incontro per definire progetti
regionali che vengano incontro ai bisogni delle donne recluse, soprattutto in
relazione ad un reinserimento lavorativo, cioè per offrire alle donne
un’alternativa alla conclusione della pena.



Myanmar: liberato leader studentesco in carcere da 14 anni

Ansa, 9 marzo 2005

Il leader del movimento di protesta degli studenti del 1988 è stato liberato
dalla giunta militare al potere in Myanmar (Birmania). Lo ha fatto sapere un suo
vecchio compagno di lotta. So Saw Min, 41 anni, era considerato il numero del
movimento per la democrazia che prese corpo nel 1988 e venne duramente represso
dalla polizia.
Il numero uno di quel movimento, Min Ko Naing, è stato liberato nel novembre
scorso insieme a 9.000 altri prigionieri, per lo più di diritto comune. "Ha
detto che crede ancora nella democrazia ma che è troppo vecchio per battersi peR
essa", ha riferito di Ko Saw Min il suo compagno di una volta.



Cina: nel 2004 145.000 condannati a morte o pene severe

Ansa, 9 marzo 2005

L’anno scorso in Cina più di 145.000 persone sono state condannate a morte, all’
ergastolo o a pene detentive superiori ai cinque anni. Lo ha detto oggi il
presidente della Corte Suprema del Popolo Xiao Yang nel suo rapporto annuale al
Parlamento. In Cina il numero delle condanne a morte è un segreto di Stato e le
organizzazioni umanitarie internazionali ritengono che non siano meno di 10.000
ogni anno.
Xiao Yang ha detto che nel 2004 i condannati per reati "gravi" sono stati oltre
700.000, il 19 per cento dei quali ha subito la condanna a morte, al carcere a
vita o comunque a pene superiori ai cinque anni di prigione. Xiao ha aggiunto
che la Cina "continuerà a riformare" il proprio sistema penale, senza
specificare quali siano le riforme in cantiere.
Il presidente della Corte Suprema ha aggiunto che la Cina è contraria alle "pene
pesanti" e che i tribunali applicano la politica del "combinare la punizione con
la clemenza". Un numero imprecisato di condanne a morte vengono commutate in
ergastoli, in genere dopo un periodo di uno e due anni nei quali il condannato
deve tenere una buona condotta.



Milano: al Beccaria iniziano corsi per patentino di guida

Redattore Sociale, 9 marzo 2005

Partirà nei prossimi giorni una nuova attività di Unasca Lombardia (Unione
Nazionale Autoscuole Scuole Nautiche e degli Studi di Consulenza
Automobilistica) al Beccaria, il carcere minorile di Milano. L’iniziativa è
inserita tra le azioni a sostegno di "Progetto di Vita", un programma di
assistenza psicologica alle persone con lesioni midollari e alle loro famiglie
voluto da Unasca in collaborazione con l’Associazione Unità Spinale (Aus) di
Niguarda.
Alla raccolta fondi presso le autoscuole, Unasca Lombardia ha deciso di
affiancare un’azione nelle scuole che coinvolgerà anche il Beccaria, una scuola
molto speciale. Unasca attiverà infatti, in accordo con la Regione Lombardia,
due corsi destinati ai giovani dai 15 ai 17 anni per il conseguimento del
patentino.
Pino Tricarico, segretario regionale Unasca, ha dichiarato: "Per noi insegnare a
questi ragazzi i principi e le regole del Codice della Strada significa aiutarli
ad ottenere il patentino. Significa però soprattutto aiutarli a comprendere
l’importanza del rispetto delle regole, un impegno che questi giovani devono
fare proprio. Anche per loro è necessario ripensare al proprio progetto di vita.
Un po' come deve fare chi, a seguito di un incidente stradale, si trova nelle
condizioni di non poter più usare gli arti inferiori o superiori. Per questo
affiancheremo all’attività tradizionale una sensibilizzazione specifica in linea
con gli obiettivi di Progetto di Vita". L’iniziativa al Beccaria porterà
ulteriori fondi a "Progetto di Vita" e all’Unità Spinale di Niguarda: sarà
devoluta infatti una parte del contributo che Unasca riceverà dalla Regione
Lombardia.



Rovigo: polizia penitenziaria, turni massacranti per gli agenti

Il Gazzettino, 9 marzo 2005

Dalle 7.50 alle 19 in turno di guardia tra i gironi del carcere. È accaduto ieri
ad alcuni agenti di polizia penitenziaria del carcere mandamentale di via Verdi,
dopo l’improvvisa "emergenza" dovuta alla necessità di piantonamento in ospedale
di una mamma-detenuta il cui bambino, di appena pochi mesi di vita, ha dovuto
essere ricoverato l’altro ieri per un’improvvisa crisi respiratoria.
"La situazione è veramente al limite e questa vicenda lo dimostra - fa osservare
Giampietro Pegoraro, segretario provinciale della Fp-Cgil - Ci sono colleghi che
sono entrati in servizio stamattina (ieri, ndr) alle otto meno dieci e
smonteranno dal proprio turno alle sette di stasera. Per non parlare di coloro
ai quali è stato revocato il congedo precedentemente concesso. A questo punto
siamo veramente al limite della sopportazione: non ci resta, come abbiamo già
fatto, che chiedere un incontro al prefetto per renderlo partecipe di questa
situazione".
Gli agenti in servizio nella struttura penitenziaria di via Verdi sono 63: a
loro spetta il compito di sorvegliare 96 carcerati (di cui 22 donne). "La nostra
struttura - sottolinea Pegoraro - non è adatta alle carcerate con figli: non
esistono gli spazi per ricavare uno spazio per i bambini, che sono costretti a
vivere accanto alle madri in celle dove sovente si fuma. E poi la difficile
situazione in pianta organica non ci consente neppure di garantire ai detenuti i
diritti che spettano, come l’ora all’aria aperta o la possibilità di fruire
della sala giochi. Anche l’assistenza medica per i neonati, per quanto sia
meritoria l’azione svolta dal medico del carcere che si prodiga come meglio non
potrebbe fare, è ben diversa ad quella che potrebbe essere garantita in un
carcere dove è prevista una vera e propria "nursery" per le detenute con figli.
Le difficoltà di gestione sono all’ordine del giorno: basti pensare che nei
giorni scorsi ha dovuto badare a tre piani di un’intera sezione".



Sala Consilina: per il carcere 33 milioni e... arriva Castelli

Salerno.it, 9 marzo 2005

Trentatré milioni di euro per costruire il nuovo carcere di Sala Consilina. Li
ha stanziati il ministero della giustizia. Secondo il progetto la struttura,
estesa su una superficie di 15 ettari, sorgerà in località Spirito e potrà
ospitare oltre 200 detenuti. Sarà la visita del guardasigilli Roberto Castelli,
nel Vallo di Diano il prossimo 30 marzo, a ufficializzare la notizia che va ad
aggiungersi al decreto, firmato dal ministro lo scorso novembre, per la
realizzazione del nuovo tribunale di Sapri".
Si chiude con una svolta la polemica sulla soppressione della casa circondariale
di Sala. "Non ho mai pensato di chiudere il carcere - aveva chiarito l’autunno
scorso Castelli - il provvedimento intorno al quale si è creato tanto rumore era
solo temporaneo perché la struttura necessita di un ammodernamento".
Il progetto per il complesso penitenziario, redatto secondo le più recenti
disposizioni in materia, prevede oltre duecento posti. Funzionalità e sicurezza.
Sono questi i criteri alla base della costruzione della nuova casa
circondariale. Elementi che, venuti meno nell’organizzazione della vecchia sede,
hanno motivato il Provveditorato regionale per l’amministrazione penitenziaria a
richiamare il comune di Sala Consilina alla predisposizione del crono programma
degli interventi da realizzare.
Proprio nello scorso mese di novembre il carcere di via Gioberti venne ritenuto
inadeguato alle vigenti norme di sicurezza e prossimo alla chiusura. Ma le
numerose forme di protesta che seguirono convinsero il guardasigilli a mantenere
aperta la struttura in attesa della realizzazione di un centro più moderno.



Pozzuoli: sit-in delle agenti penitenziarie in protesta

Il Mattino, 9 marzo 2005

"Le detenute qua dentro siamo noi: i turni sono massacranti, c’è carenza di
organico. Non ce la facciamo più". Manifestazione e stato di agitazione per i
105 agenti di polizia penitenziaria (65 sono donne) del carcere femminile di
Pozzuoli. Una protesta che rischia di diventare caso nazionale: ieri mattina,
davanti al portone d’ingresso del penitenziario, un sit-in.
"Tre anni fa c’era stato l’impegno dell’amministrazione penitenziaria ad
assumere nuovo personale. La situazione è invece ancora immutata", spiega
Pasquale Montesano, segretario regionale dell’Osapp, affiancato dai colleghi
sindacalisti del Sinappe e Sialpe. Indice puntato anche sullo "stato di
sovraffollamento della struttura, nata per ospitare non più di 90 persone, ma
che ora accoglie almeno 185 detenute". p.ta.



Milano: la giornata da top model delle donne di San Vittore

Adnkronos, 9 marzo 2005

"Le nostre sono più bone", esulta una detenuta, ed è un pomeriggio di tenerezza,
di risate e, alla fine, anche di qualche pianto, nel cortile di San Vittore
destinato alle donne. Messa così può anche far inorridire: per l’8 marzo la
città degli stilisti e quella della politica hanno offerto "una sfilata alle
detenute". All’inizio, il gelo. Raffiche di flash su due mondi troppo distanti
anche solo per sfiorarsi: da una parte persone dalla pelle curata, dagli zigomi
rifatti, dagli abiti perfetti, dall’eloquio forbito, e dall’altra persone
vestite un po’ come capita, alcune che non nascondevano un sorriso sghembo e
sdentato e che parlavano quel misto di italiano, sudamericano e slavo, diventato
il lessico familiare della galera. Invece, ed è il secondo anno che succede, le
realtà dopo un po’ si sono mischiate, confuse. E molti si sono divertiti.
Forse l’immagine più curiosa, quella che smentisce tanti luoghi comuni, è la
corsa di un’agente penitenziaria, una trentenne, che appena cala la musica va a
complimentarsi con l’anziana signora della cooperativa sociale Alice, una
sartoria sempre più impegnata dentro San Vittore. La bacia, e poi bacia alcune
detenute che sono diventate per un pomeriggio modelle. Le bacia una a una sulle
guance, chiamandole per nome, ridendo con loro, scherzando con questa strana
cosa che è la felicità: anche la felicità di poter dimenticare, forse per pochi
momenti, chi siamo, dove stiamo, cosa abbiamo fatto tanto tempo, fa in un’altra
vita. Ci sono divise e stracci, abiti da sera e papillon, detenuti e visitatori
e bisogna dire che persino dentro un cortile di cemento, una passerella lucida,
la moderna tecnologia televisiva e la musica spargono fascino e catalizzano
l’attenzione.
Molti abiti sono belli, nel senso che uno, potendo, potrebbe davvero comprarli.
Sono stati creati da firme importanti o anche ancora non notissime e
interpretati quasi sempre da modelle professioniste, mescolate però a qualche
detenuta. C’era chi sfilava quasi stesse attraversando il Mar Rosso e chi con le
risate di chi si trova bene. Alcune erano notevoli, altre - se si può dirlo -
non troppo. E così questo mix ha creato qualche equivoco. Per esempio uno
stilista sembrava seriamente colpito: "Quella è una che sta dentro, lo si
capisce dall’aria logora, sofferente...", diceva ai vicini. In realtà, era una
delle amiche di Tiziana Maiolo, l’assessore comunale forzista che seguiva i temi
del carcere anche quando era di Rifondazione comunista e che ci ha tenuto ad
aprire questo pomeriggio inconsueto. Il tempo è passato in fretta, con la musica
a tutto volume, con la direttrice del carcere Gloria Manzelli seduta in prima
fila, con Manuela Talenti a presentare gli abiti e i loro creatori ("Un
applauso..."). Un giovane biondastro era discretamente apprezzato dalla
popolazione femminile del carcere: Rocco, tra i protagonisti del "Grande
Fratello".
Il clou? Alla fine, quando tre detenute, decisamente carine e molto diverse una
dall’altra, hanno sfilato con preziosi abiti di scena (la cooperativa Alice
rifornisce la Scala, la Rai, Mediaset, i set pubblicitari): alla fine li hanno
tolti mostrando, sotto, abiti da sera di gran classe. Hanno raccolto applausi e
incitamenti da stadio, qualcuna ha anche ballato sulla passerella. E a questo
punto non si poteva non notare qualche singhiozzo, tra le sedie. Perché la
galera non è uguale per tutti, basta poco per dimenticare che si è riso e
ritornano a galla gli sbagli, la sofferenza, gli anni che passano, chi sa.
"Molti stilisti mi hanno promesso - ha annunciato Maiolo - che hanno intenzione
di dare lavoro alle detenute". Il lavoro non basta mai: è, lo dicono tutti,
l’unico medicinale che funziona davvero con chi dietro le sbarre non vuole
tornare.

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