1 2 1 INTRODUZIONE Questo studio si propone di far conoscere ad un pubblico più vasto possibile come, nello scenario degli eventi che portarono la sera del 27 giugno 1980 all’abbattimento del DC-9 della compagnia ITAVIA, nel cielo dell’isola di Ustica, (ossia al centro del cosiddetto Triangolo del mar Tirreno), si trovino numerosi indizi sostanziali del fatto che la causa scatenante di questo tragico evento possa benissimo essere stata un’operazione militare aero-navale effettuata dagli Stati Uniti congiuntamente ad alcuni paesi della NATO (Gran Bretagna, Francia e Italia), finalizzata all’intercettazione e tentato abbattimento di uno o più UFOs (ossia Oggetti Volanti Non Identificati) di origine allogena, i quali seguivano – già da qualche tempo e da molto vicino – il trasporto civile in questione. Quest’ultimo, pertanto, sarebbe stato colpito per errore da uno o più missili “amici” diretti contro tali UFOs. Proprio per le sue implicazioni politiche e militari, “esplosive” se divulgate, l’evento ufologico in questione è stato “gestito” come una questione di sicurezza nazionale, o meglio di sicurezza “sovranazionale”. In tale ottica, proprio per proteggere la segretezza di un’operazione militare congiunta finalizzata all’abbattimento di tali aeromobili sconosciuti di natura allogena, i vertici militari e politici dei Governi coinvolti nell’operazione hanno deciso di eliminare qualsiasi prova testimoniale dell’accaduto. L’analisi dei dati in nostro possesso ci ha indotto a supporre che il DC-9 non sia esploso in aria, ma sia riuscito ad ammarare e che ciò abbia determinato la rapida decisione di assassinare gli eventuali superstiti del disastro aereo, provocando l’affondamento del velivolo utilizzando un commando di sub, giunti sul posto con un sommergibile. Le successive, frenetiche azioni di depistaggio ed occultamento delle prove relative al vero obiettivo dell’azione di guerra (ossia uno o due UFOs), all’abbattimento del DC-9 ed al conseguente assassinio dei sopravvissuti, insieme all’eliminazione fisica di ben 13 testimoni chiave a conoscenza dei fatti, il tutto operato all’ombra di complici silenzi e connivenze istituzionali di ogni genere (a livello internazionale), sono una prova evidente ed incontrovertibile che i fatti collegati con la strage di Ustica - come altri dello stesso genere -, sono considerati, ieri come oggi, materia “altamente riservata” legata alla difesa di inderogabili interessi nazionali ed internazionali. Anche l’ambiente ufologico nazionale italiano ha reagito in modo censorio ed allineato con le politiche di “sicurezza nazionale”, non trattando mai in maniera oggettiva e seria l’evidente componente ufologica presente nella strage di Ustica. I nostri ripetuti tentativi di portare le ipotesi di questo studio all’attenzione del pubblico nazionale, sono caduti di fronte alle evidenti sudditanze alle logiche di potere di quelli che si ritenevano gli esponenti di una seria ufologia nazionale. Se questo studio è stato tratto da un ben più ampio lavoro dell’Autore, in cui è compresa, tra l’altro, una completa raccolta dei dati che hanno portato a queste conclusioni, è proprio perché, grazie alla minore quantità di documenti qui citati, un numero sempre maggiore di persone possa facilmente venirne a conoscenza, data la difficoltà di divulgazione di un saggio di quasi un migliaio di pagine rispetto a questo di poche decine. A questo punto, prima di giudicare questo lavoro come frutto di elucubrazioni fantascientifiche, chiediamo solo che venga almeno letto. l’Analista Umberto Telarico ___________ inquirente del G.I.R.U.C. Gruppo Indipendente di Ricerca Ufologica Campana 2 3 ANALISI TECNICA SULL’INQUIETANTE IPOTESI DI UNA COMPONENTE UFOLOGICA NELLA STRAGE DEL DC-9 ITAVIA, VERIFICATASI NEL CIELO DI USTICA LA SERA DEL 27 GIUGNO 1980 ========================================== In base a quanto emerso dal nostro studio principale sul disastro aereo in oggetto, i punti salienti dell’intera questione possono essere così riassunti: A) PREMESSE GENERALI 1) Un’alta percentuale di fenomeni UFOs si registra nelle aree del pianeta sedi di installazioni di interesse strategicomilitare e/o sedi, al momento di tali apparizioni di “oggetti volanti non identificati”, di esercitazioni militari1 (Allegato n°1); 2) A volte, nelle aree geografiche dove il fenomeno UFO è in genere particolarmente intenso, oppure è in atto un’ondata (flap) di manifestazioni UFOs, si registrano degli incidenti aerei dalle caratteristiche di difficile collocazione, in uno schema convenzionale2 (Allegato n°2); 3) Sono stati registrati numerosi casi di intercettazione e conseguente tentativo di abbattimento di UFOs da parte di forze militari terrestri, appartenenti a varie nazioni; questo anche nell’ambito di esercitazioni militari, alcune delle quali volte a “coprire” vere e proprie azioni di guerra contro tali aeromobili e/o oggetti sottomarini sconosciuti3 (Allegato n°3); 4) A livello dei vertici governativi ed istituzionali mondiali, il fenomeno ufologico – diversamente da quello che viene fatto credere all’opinione pubblica internazionale, essendo ritenuto un fenomeno “potenzialmente ostile” e, pertanto, legato alla “sicurezza nazionale” - è oggetto di ricerche coperte dal massimo livello di segretezza4 (Allegato n°4); 5) Sullo scacchiere internazionale, la linea politica governativa, relativa alla questione degli UFOs e fenomeni connessi (intesi come la manifestazione hard della presenza ed interferenza, nel nostro ambito planetario, di intelligenze aliene), è decisa dalle maggiori potenze nucleari quali USA, Russia, Inghilterra e Francia. Anche la Cina, quale potenza nucleare, nonostante si consideri in “contrapposizione ideologica” con le sopra citate nazioni leader occidentali, riguardo la problematica degli UFOs e relativa “interferenza aliena”, porta avanti una politica improntata sul cover-up del tutto simile a quella delle altre potenze. Una tale linea politica comune (caso – questo - davvero raro fra le nazioni della Terra), dovrebbe farci comprendere come, nel caso del fenomeno degli UFOs, sia perseguita a livello internazionale una politica di “mutua assistenza” e “collaborazione” - ovviamente, anche sul piano militare - per la difesa ad oltranza (ossia con ogni mezzo e senza alcuna remora), di comuni quanto fondamentali interessi legati alla sicurezza nazionale e, nel caso specifico, alla sopravvivenza stessa del sistema di potere politico, economico e religioso5 (Allegato n°5). B) CONSTATAZIONI SPECIFICHE 1) Nell’area geografica comprendente la Sicilia, la Sardegna e parte della Campania si trovano numerose installazioni d’interesse strategico-militare come, ad esempio, la base aerea di Sigonella, l’aeroporto militare di Elmas, il poligono missilistico di Perdasdefegu (Quirra), la base navale della Maddalena, la base aerea di Decimomannu, la regione del Sulcis, il centro radar di Licola, la base NATO di Bagnoli, ecc. Inoltre, detta aerea del mar Tirreno è stata ed è spesso teatro di manovre militari NATO (Allegato n°6); 2) Il basso Tirreno, al pari di altre aree marine tristemente note come il Triangolo delle Bermuda (nell’Oceano Atlantico occidentale), il Triangolo del Drago dell’Oceano Pacifico (in Giappone), il Triangolo dei Grandi Laghi (tra il Canada e gli Stati Uniti) ecc., è sempre stata un’area contraddistinta da un’intensa attività di tipo ufologico e “misterioso”, caratterizzata dai seguenti fenomeni6: 1 Vedi l’ampia casistica al riguardo, posta in allegato allo “Studio sul caso del disastro di Ustica”, realizzato dall’Autore. 2 Vedi nota 1. 3 Vedi nota 1. 4 Vedi al riguardo: a) lo studio preparato dal Brookings Institution USA nel 1961 per la NASA, dal titolo: “Proposed studies on the implications of peaceful space activities for human affairs”. b) lo studio preparato da George Kocher per la Rand Corporation USA nel 1968 dal titolo: “UFOs: what to do?” c) il recente studio del gruppo di ricerca francese Cometa (composto da ex consulenti dell’Istituto di Studi per la Difesa Nazionale IHEDN) dal titolo “Les ovni et la défense - a quoi doit-on se preparer?” inviato al Presidente francese Jacques Chirac ed al Primo Ministro Lionel Jospin. d) il memorandum redatto nel 1968 dalla National Security Agency (NSA) USA per l’allora Presidente Lyndon B. Johnson, intitolato “UFO hypothesis and survival questions”. 5 Vedi i testi: “Rapporto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace”, a cura di L. C. Levine, ed. Bompiani (1968); “Above top secret”, di Timothy Good, ed. Harper Collins (1987); “UFOs are real”, di Clifford E. Stone, ed. S.P.I. Books (1997); “Clear intent”, di L. Fawcett & B. J. Greenwood (1984); “Ufo top secret”, di R. Pinotti, ed. Bompiani (1995). 6 Vedi cap. 4°, pag.15, e relativa casistica nello “Studio sul caso del disastro di Ustica”, realizzato dall’Autore. 4 a) Alto numero di avvistamenti UFO; b) Immersione e/o emersione di UFOs; c) Presenza di Oggetti Sommersi Non Identificati o U.S.O.; d) Naufragi di natanti attribuiti alla collisione con U.S.O.; e) Scomparsa di aerei e natanti; f) Ritrovamento di natanti privi di equipaggio a bordo; g) Incidenti aerei anomali; h) Black-out radio; i) Boati “fantasma”; (Allegato n° 7) 3) Il giorno della tragedia di Ustica erano in corso delle esercitazioni militari aero-navali nel medio e basso mar Tirreno, esattamente in uno specchio di mare a sud-est della Sardegna, nel tratto compreso tra i comuni di Villaputzu e Siniscola. La zona interessata da tali manovre era indicata con la lettera B nella cartina allegata ad un’ordinanza di sgombero, la numero 79, emessa dal Comando in capo del Dipartimento Militare Marittimo del basso Tirreno, con sede a Napoli. Secondo tale documento, inviato alla stampa nel novembre del 1988 dall’allora vicesegretario nazionale del Partito Sardo d’Azione Mario Carbone, le esercitazioni a fuoco erano programmate dal 16 al 30 giugno compreso, e si sarebbero svolte ogni giorno dalle ore 08:00 alle ore 19:00. L’allora ministro Zanone ha sempre sostenuto che ogni tipo di manovra era conclusa alle ore 09:00 di mattina del 27 giugno 1980. Ma in tale comunicato ufficiale non si fa alcun cenno ad un’ulteriore esercitazione programmata in quei giorni, preannunciata dall’ordinanza di sgombero disposta dal Comandante in capo del Dipartimento Militare Marittimo del basso Tirreno, l’ammiraglio di squadra Angelo Monassi (vedi “la Repubblica” del 17 novembre 1988, pag. 23) (Allegato n° 8). Altra conferma del fatto che, al momento della sciagura del DC-9 Itavia, erano effettivamente in corso delle manovre militari, viene dalla “Rivista marittima”, organo ufficiale della Marina Militare Italiana. A pagina 119 del numero di agosto 1980, difatti, è riportato testualmente: “Nei giorni 26 e 27 giugno si è svolta nelle acque del poligono di Teulada (sulla costa orientale della Sardegna) un’esercitazione di tiri (di artiglieria navale) contro costa diurni e notturni con la partecipazione delle seguenti unità: caccia lanciamissili Ardito, Audace, Impavido; caccia Impetuoso e Indomito; caccia Guèpratie e corvetta Drogou della marina francese. Hanno concorso all’esercitazione, come unità per lo sgombero del poligono di tiro, le fregate Bergamini e Centauro” (vedi “Europeo” n° 33 del 18 agosto 1990, pag. 30); 4) Il disastro del DC-9 dell’Itavia presenta, ancora oggi, aspetti oscuri ed anomali. Tale tragico evento si colloca incontestabilmente in uno scenario in cui sono presenti sia forze militari aero-navali di varie nazioni, che “aeromobili non identificati” o UFOs. 5) Diversamente da quello che si è verificato in altri casi analoghi, ossia in occasione di tragici eventi7 in cui i Governi dei paesi autori di tali stragi hanno ammesso pubblicamente le loro responsabilità nel giro di 48 ore dal fatto, per il caso del DC-9 Itavia abbattuto nel cielo di Ustica, invece, si è registrata una congestionata azione di cover-up e depistaggio, nonché un omertoso quanto complice silenzio a livello istituzionale internazionale, tuttora in atto. Tutto ciò non trova una logica spiegazione se non tenendo conto del fatto che un tale esteso quanto omogeneo “fronte di omertà internazionale” presuppone la difesa di comuni quanto vitali interessi strategici di gran lunga superiori a quelli nazionali. Ebbene, come è dimostrato da diverse migliaia di pagine di documenti ufficiali governativi, provenienti da svariate nazioni, l’unica cosa che risponde ad un tale requisito (vedi il punto 5 della Premessa) è il fenomeno ufologico, inteso come la manifestazione hard della presenza ed interferenza di intelligenze aliene nel nostro ambito planetario. SVILUPPO CRONOLOGICO E CRITICO DEGLI EVENTI LEGATI ALLA STRAGE DI USTICA In base a tali e tanti fatti, dati e circostanze, dettagliatamente illustrati e documentati nel contesto del nostro studio dal titolo “La sciagura aerea del DC-9 Itavia nel cielo di Ustica: un ennesimo incidente anomalo avvenuto nel triangolo maledetto del mar Tirreno”, si formula la seguente ipotesi di ricostruzione dello scenario determinatosi nell’area di Ustica il 27 giugno 1980. È da sottolineare che la ricostruzione viene effettuata solo ed esclusivamente in base alle premesse di carattere generale relative alla situazione nazionale e internazionale preesistente il tragico incidente e in base alle constatazioni di carattere più specifico relative allo stato della particolare zona dove si sono svolti gli eventi. (Illustrazione n° 1) 7 Alcuni esempi possono essere: l’abbattimento, con un missile partito da una nave Usa, di un Airbus iraniano carico di pellegrini diretti alla Mecca; l’abbattimento con raffiche di mitragliatrice – e quindi del tutto intenzionale – di un Boeing delle linee aeree libiche, avvenuto nel deserto del Sinai nel 1973 ad opera di alcuni caccia Phantom israeliani; l’abbattimento, anche questa volta intenzionale, di un Boeing 747 civile delle linee aeree Sud Coreane (Kal) con 269 passeggeri, da parte di un caccia Sukhoi 15 ex-sovietico, avvenuto il 31 agosto 1983 ad ovest dell’isola di Sakhalin (ex URSS). 5 1) UFOs VENGONO SEGNALATI NELLA STESSA AREA (che poi sarà teatro dell’abbattimento del DC-9 Itavia) DUE GIORNI PRIMA CHE SI VERIFICHI IL TRAGICO EVENTO IN QUESTIONE. Già il 25 giugno 1980 gli operatori radar avevano segnalato la presenza nella zona del basso mar Tirreno di velivoli non identificati, in gergo “zombi” o UFOs che dir si voglia (vedi “Roma” del 7 luglio 1980, pag. 12). Ora, per quanto riguarda gli OVNI8 segnalati il 25 giugno, se fosse vera l’ipotesi secondo cui il jet dell’Itavia sarebbe stato coinvolto in un’azione di guerra internazionale - non dichiarata - nei confronti del leader libico Gheddafi, è ovvio che, essendo questa un’azione improntata alla sorpresa, non poteva trattarsi assolutamente di “prove di scena” dell’attacco che poi sarebbe stato sferrato 48 ore dopo. 2) DOPO IL DECOLLO DA BOLOGNA, DUE OVNI SI ACCOSTANO E INIZIANO A SEGUIRE, MOLTO DA VICINO, IL DC-9 ITAVIA. Il volo IH-870 della società ITAVIA parte da Bologna alle ore 20:08, con due ore di ritardo sull’orario previsto. Una volta salito in quota ed al di sopra della Toscana, secondo la ricostruzione fatta dai periti in base ai tracciati radar di Roma Ciampino, la traccia radar del DC-9 appare spuria, ossia sovrapposta a quella di un altro aeromobile (o forse due, vedi “la Stampa” del 19 giugno 1997, pag. 5) viaggiante nelle immediate vicinanze del jet civile; in altre parole, come se qualcosa (che noi riteniamo essere uno o due UFOs a tutti gli effetti) volasse di conserva - ossia si fosse disposto poco sopra, sotto o in coda - con detto cargo allo scopo (almeno secondo la versione ufficiale) di occultare la propria presenza confondendosi nel cono d’ombra radar del DC-9. Intanto, quest’ultimo procede lungo l’aerovia civile denominata Upper Ambra 13 alfa, senza potersi rendere conto di una tale presenza “estranea”. 2/a) LE CONDIZIONI METEREOLOGICHE DELLE VARIE ZONE SITUATE SULLA ROTTA DEL DC-9 ITAVIA. Le condizioni meteorologiche lungo la rotta seguita dall’aereo erano sostanzialmente buone, con una visibilità di oltre 10 km. Il mare, però, a causa di un vento teso, era mosso, localmente agitato con un moto ondoso di forza 4-5. A Ponza, il cielo era sereno o poco nuvoloso, con un vento da nord-ovest che spirava a 25 nodi. Condizioni meteo simili a quelle presenti ad Ustica. A Palermo Punta Raisi c’era cielo quasi sereno e vento debole. Sulla costa campano–calabra il cielo era nuvoloso ma senza pioggia. A Capo Palinuro c’era cielo nuvoloso con vento di 20 – 25 nodi (vedi “il Tempo” del 28 giugno 1980, pag. 1, cronista G. D’Av.). 3) LA PRESENZA, A DISTANZA OPERATIVA UTILE DAL TEATRO DEGLI EVENTI, DI UN AEREO RADAR TIPO AWACS. Nel frattempo, un aereo Awacs (un velivolo USA dotato di un sofisticato e potente radar sul dorso in grado di guidare altri aerei militari), ha sotto controllo una missione i cui scopi sono tutt’oggi rimasti top-secret e, a questo scopo, sorvola in circolo l’Appennino Tosco-Emiliano (vedi “Corriere della Sera” del 1° settembre 1999, pag. 9). 4) UN PRIMO AEREO MILITARE (FORSE UN CACCIA) SI AVVICINA E SEGUE IL JET DELL’ITAVIA. Nel breve tratto tra Bologna e Siena il traffico aereo intorno al DC-9 diviene intenso. Una volta sulla Toscana, il DC-9 viene affiancato da un aereo con sigla militare LG-461 proveniente dalla Liguria. Tale “manovra d’inserimento” avviene praticamente davanti al muso di due della squadra composta da tre F-104 italiani decollati dalla base aerea di Grosseto intorno alle ore 20:00 del 27 giugno 1980 (vedi “la Stampa” del 19 giugno 1997, pag. 5). 5) IL “RUOLO TATTICO” DEI CACCIA ITALIANI DECOLLATI DALLA BASE DI GROSSETO. Tali due caccia F-104 sono pilotati da Mario Naldini e Ivo Nutarelli i quali, quando incrociano il DC-9 ed il suo “accompagnatore fantasma”, per ben tre volte lanciano il codice di allarme ai radar di terra, per poi far rientro alla loro base. Inoltre, viene da chiedersi se, mentre erano in volo, i piloti in questione abbiano ascoltato eventuali messaggi 8 OVNI = Oggetto Volante Non Identificato, cioè l’equivalente in lingua italiana di UFO (Unidentified Flying Object). 6 radio provenienti dal DC-9, dagli altri velivoli militari presenti in zona o dai comandi di terra, e quale possa essere stato il contenuto di tali eventuali comunicazioni radio. In effetti, la presenza sulla scena dei due o tre caccia italiani potrebbe essere stata del tutto casuale; non si spiega altrimenti, difatti, il ruolo pratico di questi ultimi nell’ambito del presunto “complotto internazionale”, del tutto vago ed inconsistente dal punto di vista tattico data la presenza, nell’area, di un velivolo Awacs e del velivolo militare proveniente dalla Liguria. Inoltre, se la loro azione fosse stata effettivamente pianificata in precedenza - secondo la tesi “dell’agguato premeditato” - perché lanciare, per ben tre volte, l’allarme ai radar di terra? Resta il fatto che, alcuni anni dopo, nel 1988, i due piloti in questione vennero uccisi - simulando un incidente - durante la manifestazione aerea di Remstein, in Germania (in cui, peraltro, perirono numerosi innocenti spettatori), appena qualche giorno prima, guarda caso, della data in cui gli stessi avrebbero dovuto essere ascoltati quali testi in causa dal giudice Rosario Priore (vedi “il Mattino” del 24 dicembre 1993, pag. 5). 6) ALTRI CACCIA MILITARI SI ACCOSTANO E SEGUONO IL DC-9 ITAVIA. Ritornando a descrivere il nostro scenario tra Roma Ciampino e Ponza, quattro velivoli (probabilmente caccia USA) volano parallelamente - poco arretrati e disposti due a destra e due a sinistra del DC-9 Itavia, quasi lo “scortassero”, forse con lo scopo di sorvegliare il suo “compagno fantasma” (si è poi stabilito che i “compagni fantasma” fossero due, secondo noi due UFOs a tutti gli effetti), per cui i quattro velivoli avrebbero potuto volare in quel modo per scortare e/o costringere questi “accompagnatori” ad abbandonare la loro posizione (vedi “la Stampa” del 19 giugno 1997, pag. 5). 7) RAPPORTO SULL’AVVISTAMENTO DI UN VELIVOLO SCONOSCIUTO AL LARGO DELL’ISOLA DI PONZA ALLE ORE 20:37; VENTUNO MINUTI PRIMA, CIOÈ, CHE IL DC-9 ITAVIA SCOMPARISSE DALLO SCHERMO RADAR DI ROMA CIAMPINO. Il seguente stralcio della conversazione telefonica tra il centro radar di Martina Franca e quello di Licola, fa parte dei nastri registrati, acquisiti e messi agli atti del procedimento sulla strage di Ustica dal giudice Rosario Priore (vedi “Corriere della Sera” del 7 ottobre 1991, pag. 13). Ore 23:46 del 27 giugno 1980: “Eh, sono il maresciallo Di Mico (dalla stazione di Licola, n.d.A.)”. “Capitano Patroni Griffi, mi dica”. “Senta, le dico una notizia così”. “Sì”. “Che penso non abbia nessun valore, i carabinieri di Pozzuoli…”. “Sì”. “Hanno visto… hanno avuto notizia che un velivolo a largo di Ponza veniva verso di noi (ossia verso Licola, n.d.A.), poi non l’hanno visto più, le ripeto la notizia nuda e cruda così come me l’hanno dato i nostri carabinieri”. “E a che ora questo?” “Questo sarebbe successo alle ore otto e trentasette alfa (ossia le ore 20:37, n.d.A.), ma non ci dovremmo trovare”. Ora, che tipo di velivolo noto, sia esso militare o meno, è in grado di “scomparire” in modo tanto repentino? Che a noi risulti, nessuno… a meno che, ovviamente, non si pensi ad un UFO di origine allogena. 8) LE DIFFICOLTÀ DELLE COMUNICAZIONI RADIO TRA IL DC-9 ED IL CENTRO D’ASCOLTO DI ROMA CIAMPINO. Ore 20:46:00 Il volo IH-870 dell’Itavia è sulla A/BEAM, cioè sulla verticale del radiofaro di Ponza. Il comandante Domenico Gatti tenta ripetutamente, ma invano, di comunicare via radio sulla normale frequenza di 133,25 mega cicli con il Centro Regionale d’Ascolto di Roma Ciampino. Finalmente, usando una frequenza radio diversa, riesce a mettersi in contatto. Quindi dice testualmente: “Qui è un cimitero. Non si riesce a comunicare né a sentire niente” (vedi “l’Occhio” del 29 giugno 1980, pag. 3 e del 3 luglio 1980, pag. 6). 7 9) ALTRI CONTATTI RADIO TRA IL JET CIVILE ED IL CENTRO CONTROLLO DI ROMA. Ore 20:50:00 Il DC-9 Itavia giunge sul punto A13A dell’aerovia civile AMBRA 13 BRAVO, il penultimo punto di riporto (ossia controllo radio) prima che l’aereo entri nell’area servita dal Centro d’Ascolto di Punta Raisi. A causa della forte turbolenza in quota prodotta dal vento, il comandante Gatti richiama il centro di Roma Ciampino. Il controllore, pertanto, autorizza il cargo civile a scendere a quota 250 - ossia 25.000 piedi (pari a 8000 Mt.). Il comandante Gatti risponde “Ok” (vedi “l’Occhio” del 29 giugno 1980, pag. 3). 10) NUOVA INTERRUZIONE DEL CONTATTO RADIO TRA IL DC-9 ED IL CENTRO D’ASCOLTO DI ROMA CIAMPINO. Ore 20:54:00 Il DC-9 sorvola il successivo punto di riporto denominato Condor. Il pilota del cargo civile tenta di comunicare con il Centro d’Ascolto di Roma Ciampino, ma ogni suo tentativo è vano. A sua volta, anche il controllore richiama il volo IH-870 dell’Itavia, senza alcun risultato (vedi “l’Occhio” del 29 giugno 1980, pag. 3). L’aereo civile in questione proseguirà regolarmente il suo volo ancora per circa 6 minuti, prima che un evento esterno lo faccia precipitare e scomparire dallo schermo del radar Marconi di Roma. Qual è la causa che rende difficili tutti i contatti radio, fino a produrre il totale black-out degli stessi? Una “contromisura elettronica” messa in atto per coprire “un’operazione di guerra”? “Distorsioni del campo” prodotte di frequente dall’intenso campo elettromagnetico (legato al sistema propulsivo) di uno o più UFOs presenti in quell’area9? Allo stato attuale delle cose, dal nostro punto di vista, non essendoci una risposta certa ed inequivocabile, un’ipotesi vale l’altra. 11) LA PRESENZA DI ALTRI CACCIA DISLOCATI, FORSE, SU DI UNA PORTAEREI E LA PRESENZA (CONTROVERSA) DI TALI UNITÀ NAVALI NEL MEDITERRANEO. Alcune serie di plots (tracce radar), attribuite alla presenza di caccia militari, danno l’impressione che questi ultimi emergano improvvisamente dalla superficie marina in un tratto di mare a nord di Olbia, ossia in uno specchio d'acqua antistante la Corsica, dove poi, successivamente, fanno ritorno (vedi “la Repubblica” del 11 dicembre 1997, pag. 23). Ciò potrebbe essere spiegato sia con il fatto che, inizialmente, tali velivoli militari volassero a quote molto basse per non essere intercettati dai radar, che con la presenza di una o più navi portaerei nelle acque del Mediterraneo. A questo proposito, gli USA, con il libro di bordo alla mano, dimostrarono che, la sera del disastro del DC-9 Itavia, la portaerei Saratoga era alla fonda nel porto di Napoli. Ma, dai risultati di una perizia su tali registri di bordo, ordinata dal giudice Rosario Priore, risultò che mancavano le minute originali dei turni di copertura a bordo relative ai giorni a cavallo della strage (vedi “Corriere della Sera” del 6 maggio 1993, pag. 13). Inoltre, secondo James Flatley, che aveva il comando della Saratoga, questa aveva - guarda caso - tutti i radar spenti. A dimostrare l’assoluta incoerenza tattica di una simile circostanza, fu l’allora responsabile dei nostri servizi segreti ammiraglio Fulvio Martini. Quest’ultimo, difatti, convocato nel 1990 dalla Commissione Stragi, a proposito della “cecità” della Saratoga, dichiarò testualmente: “Non hanno visto nulla? Non ci credo: ho comandato una portaelicotteri e so benissimo che è da irresponsabile lasciare un mezzo da guerra senza la possibilità di sorvegliare i cieli circostanti” (vedi “il Mattino” del 18 luglio 1991, pag. 5). [Commento: A questo proposito noi riteniamo che, qualora fosse vera la dichiarazione di Flatley (ma senza dubbio non lo è) sarebbe la dimostrazione di come la disfatta subita a Pearl Harbor, non abbia insegnato nulla agli americani.] Sempre a detta delle autorità statunitensi, la portaerei Forrestal era alla fonda nel porto di Palermo, ma non è stata mai ben chiara la sua dislocazione e quindi il suo “alibi” (vedi “il Mattino” del 18 luglio 1991, pag. 5). [Commento: Ma qualcuno si è mai chiesto per quale assurdo motivo (anche qualora fosse stata alla fonda nel porto di Palermo) anche questa importante unità navale USA avesse, per pura coincidenza, i radar spenti? Questa deduzione deriva dal fatto che dal comando della VI Flotta Americana non è mai pervenuta nessuna informativa. Per tali unità navali, come abbiamo ampiamente dimostrato, è strategicamente insensato avere disattivati i radar.] Per quanto riguarda, invece, la portaerei francese Clemenceau, le autorità d’oltralpe, senza mai esibire alcuna documentazione (che comunque sarebbe stato possibile falsificare, come è stato rilevato nel caso della Saratoga), 9 Vedi la casistica internazionale, gli studi e le teorie in merito, raccolti dall’Autore. 8 dichiararono semplicemente che era rientrata nel porto di Tolone all’alba del 27 giugno (vedi “il Messaggero” del 20 giugno 1997, pag. 9). Sempre a quest’ultimo proposito, il 13 novembre 1998 il generale Mario Arpino, convocato dal giudice Rosario Priore, dichiara che una portaerei nel Mediterraneo occidentale c’era ed era inglese (vedi “Corriere della Sera” del 1° settembre 1999, pag. 9). 12) ALMENO OTTO CACCIA MILITARI SI TROVANO INTORNO AL DC-9 QUANDO QUEST’ULTIMO SI TROVA ALL’ALTEZZA DELL’ISOLA DI PONZA. Tra le ore 20:40 e le ore 20:57 (fino a due minuti prima del disastro del DC-9) sul Mar Tirreno, all’altezza dell’isola di Ponza, il radar individua otto tracce “associabili, che intercorrelano con la traiettoria del DC-9”. Ciò si rileva dalla perizia tecnica firmata dai professori Enzo Delle Mese, Roberto Tiberio e dal Colonnello dell’Aeronautica Franco Donali (radarista NATO) inserita negli atti dell’Istruttoria depositata in Cassazione dal giudice Priore (vedi “Corriere della Sera” del 19 giugno 1997, pag. 5). 13) DALLA CORSICA DECOLLANO DIVERSI CACCIA FRANCESI, UNO DEI QUALI, PRESUMIBILMENTE, INTERSECA LA ROTTA DEL DC-9 ITAVIA. VA DETTO, PERÒ, CHE LA PERIZIA TECNICA DELL’NTSB USA INDICAVA QUESTE STESSE TRACCE RADAR, COME QUELLE RELATIVE AD UN “OGGETTO VOLANTE SCONOSCIUTO”. Intanto, dalla base aerea di Solenzara in Corsica decolla una squadriglia aerea composta da 7 o 8 caccia francesi. Quando il DC-9 Itavia, procedendo sempre sul basso Tirreno, sorvola l’area tra Ponza ed Ustica, una “traccia fantasma” (identificata nella perizia del giudice Priore, come la probabile traccia radar di uno dei caccia francesi staccatosi dalla formazione sopra menzionata), seguendo una traiettoria curvilinea orientata da ovest verso est e cioè con il sole alle spalle, quindi praticamente invisibile ai piloti ed ai passeggeri del DC-9 Itavia, si avvicina al cargo civile con un angolo di circa 90° rispetto alla sua direttrice di volo (vedi “Corriere della Sera” del 1° settembre 1999, pag. 9). Come viene dettagliatamente illustrato nello schema grafico riportato nella parte dedicata alle illustrazioni (vedi illustrazione n° 2, tratta dall’articolo “Il mistero di Ustica” di Andrea Artoni, apparso su Volare n° 40 del novembre 1986), questa “traccia fantasma” (ricostruita con l’ausilio di un computer) è correlata al rilevamento, a intervalli di tempo irregolari, di quattro singoli plots, le cui caratteristiche e parametri dinamici sono illustrati nella seguente ricostruzione per fasi, tratta anch’essa da “Il mistero di Ustica”, di Andrea Artoni: AEROVIA AMBRA 13, CINQUANTA MIGLIA A NORD DI USTICA Ore 20:58:00 La traccia del bireattore Itavia prosegue regolarmente verso sud, avanzando lungo la propria rotta di 13 km al minuto. La quota è sempre di 7600 Mt. e lo scalo di Palermo è ancora lontano. La distanza di quest’ultimo dal punto in cui si trova il DC-9, è di quasi 150 km. Ad ogni rotazione dell’antenna del radar (ossia ogni 6 secondi), la traccia del jet Itavia appare 1300 Mt. più avanti sullo schermo planimetrico fosforescente del radar o plotter. Improvvisamente (senza, cioè, che vengano rilevate tracce associabili precedenti e, quindi, elementi per poterne determinare la direzione di provenienza, n.d.A.), una traccia più piccola appare a circa 20 km a sinistra, ad ovest, quindi, del DC-9. Quest’ultima è un “blip” molto piccolo ed isolato che non impensierirebbe nessun controllore che lo stesse osservando sullo schermo (questo, beninteso, sempre secondo l’opinione di Andrea Artoni, n.d.A.). Ore 20:58:06 Dopo sei secondi dal primo rilevamento, il raggio esploratore del radar “batte” di nuovo il settore in cui si trova il DC-9, la cui traccia compie un altro piccolo avanzamento sullo schermo. L’altra traccia, quella appartenente all’aeromobile “fantasma”, si affievolisce e scompare: il radar non lo ha rilevato. Quest’ultima cosa si ripete per altre tre rotazioni complete del raggio esploratore del plotter. Per 24 secondi, quindi, sullo schermo del radar non vi è più traccia dell’intruso. Ore 20:58:39 Il blip dell’intruso riappare sullo schermo del radar. Ora è a 16 km dal DC-9 e sembra percorrere una rotta leggermente convergente verso la sua destra. La sua velocità apparente (calcolata in base alla distanza percorsa nell’intervallo di tempo tra i due rilevamenti) è di 420 nodi, pari a 778,344 km/h. Questa è ancora soltanto una debole traccia primaria di cui non è possibile neppure determinare la quota. I radar dei Controllori del Traffico Aereo, difatti, a differenza di quelli della Difesa Aerea, non dispongono dell’elemento esploratore sul piano verticale; l’indicazione della quota è trasmessa automaticamente da bordo degli aerei. 9 Dopo questo secondo rilevamento, per ben 12 volte il radar non batte più la presenza dell’intruso mentre la traccia del DC-9 Itavia è sempre chiara e completa. Ore 20:59:45 Il blip corrispondente al DC-9 Itavia viene rilevato per l’ultima volta dal raggio esploratore del plotter. Successivamente, all’improvviso, il segnale scompare. Al suo posto non c’è più neppure il simbolo sintetico della decodifica del trasponder, ma soltanto un’indistinta nebulosità che, ai passaggi successivi del raggio esploratore sul margine inferiore dello schermo del plotter, sembra illuminarsi di un chiarore diffuso verso est. Poi del DC-9 con 81 persone a bordo non vi è più alcuna traccia. A questo punto, tenuto conto del successivo rilevamento radar dell’intruso, avvenuto alle ore 20:59:57, la distanza presunta di quest’ultimo dal DC-9 è intorno ai 10 km, mentre la sua velocità apparente è ora di 700 nodi, pari a 1282,4 km/h. Ore 20:59:51 Sei secondi dopo la scomparsa della traccia del DC-9 Itavia, quella relativa al “velivolo fantasma” non riappare ancora sullo schermo del plotter. Ora, la sua presunta distanza dall’ultima posizione del jet civile dovrebbe essere di circa 8 km. Ore 20:59:57 La traccia dell’aeromobile fantasma viene nuovamente battuta dal radar. Ora la sua distanza dall’ultima posizione del DC-9 è di circa 6 km. Ore 21:00:03 La traccia fantasma non viene più rilevata dal radar neanche nella battuta successiva. Ore 21:00:15 Il blip dell’intruso viene rilevato per l’ultima volta. Dopo, anche il computer del sistema radar di Roma Ciampino, l’unico che ha “visto” tutto, non registra più nulla. (Illustrazione n° 3) A proposito dell’ultima battuta radar dell’aeromobile fantasma, il dato riportato dalla citata rivista Volare è in contraddizione con le affermazioni (trascritte nel relativo rapporto) di tre dei cinque periti facenti parte della Commissione Blasi. Secondo questa, difatti, dall’analisi dei dati si rileva che il plot relativo all’oggetto volante sconosciuto è rilevato fino a 100 secondi dopo la scomparsa del segnale del DC-9 dallo schermo radar di Roma Ciampino (vedi ultima parte del presente paragrafo). In seguito, alcuni periti come John Macidull (un esperto dell’Ente Americano per la Sicurezza del Volo, NTSB) e John Transue (direttore del Dipartimento Aereo del Pentagono, USA), hanno affermato che una tale traiettoria corrisponde ad una “classica manovra d’attacco che precede il lancio di un missile” (vedi “Corriere della Sera” del 27 giugno 1981, pag. 6, e del 1° settembre 1999, pag. 9). Noi, invece, per i motivi dettagliatamente esposti nel nostro studio sul caso in questione (concernenti la non correttezza di tale presunta manovra d’attacco e la mancanza di una qualsiasi altra traccia radar riconducibile all’ipotetico missile), riteniamo di no. Una siffatta “manovra d’attacco”, infatti, sarebbe stata pregiudicata da un esito estremamente incerto, mentre la corretta manovra d’attacco di un caccia - come viene dimostrato da altri casi del genere (vedi parte 3ª, pag. 15/a dello studio) - sarebbe stata quella di porsi “in coda al bersaglio” per avere, così, la massima garanzia che quest’ultimo venisse “agganciato” dai sensori - radar o termici che fossero - del missile (illustrazione n° 4). Solo nel caso che detto missile fosse stato guidato sul bersaglio dal radar di bordo del caccia autore del lancio, l’angolazione di tiro di quest’ultimo sarebbe potuta essere notevolmente più ampia (illustrazioni n° 5 e 6). Ciò, ovviamente, non esclude che un altro caccia, da una quota inferiore, dopo essersi posto in coda o comunque con uno stretto angolo d’attacco rispetto al DC-9 ed ai suoi due “compagni fantasma”, intorno alle ore 20:59, abbia lanciato uno o più missili aria-aria con l’intento di abbattere gli intrusi o UFOs che dir si voglia, nonostante che, data la distanza, il cargo civile fosse chiaramente distinguibile e troppo vicino al vero “bersaglio” dell’attacco per non rimanere coinvolto direttamente dagli effetti distruttivi di tali ordigni. Tali considerazioni restano valide anche nel caso che, a lanciare il missile o i missili - questa volta del tipo superficie-aria - sia stata una nave o un sottomarino. (Fonti: “Volare” n° 74 del dicembre 1989, pagg. 28-31; “il Giornale” dell’11 luglio 1991, pag. 8; “il Giorno” del 10 luglio 1991, pag. 7; “l’Unità” del 4 marzo 1992, pag. 7; “l’Espresso” n° 22 del 6 giugno 1993, pagg. 78-79). Secondo l’opinione dei tre periti Imbimbo, Migliaccio e Lecce, sul totale di cinque componenti della Commissione Blasi (incaricata nel 1990 dell’analisi dei tracciati radar di Roma Ciampino), secondo i dati emersi dalla lettura dei nastri con le registrazioni radar in questione, risulta che dopo la scomparsa della traccia del DC-9 Itavia avvenuta alle ore 20:59:45, il segnale relativo al “velivolo fantasma” – indicato anche come traccia n°6 - resta visibile sullo schermo planimetrico del radar, anche se con la sua tipica discontinuità, per altri 100 secondi ancora. In tale intervallo di tempo, la velocità orizzontale dell’aeromobile sconosciuto decresce rapidamente fin quasi ad annullarsi. Sempre 10 secondo i tre periti, tale anomalo decremento della velocità potrebbe avere come spiegazione l’effettuazione di una lunga cabrata verso l’alto. (Fonte: “Il Mattino” del 31 maggio 1990, pag. 5, articolo a cura della redazione) [Commento: È ovvio che una tale conclusione è formulata sulla base dell’assunto che un aereo convenzionale (a meno che non si tratti di un aereo VTOL e cioè a “decollo verticale”, ma non è questo il nostro caso) non possa rallentare tanto senza precipitare per mancanza di portanza, cioè per il subentro di una condizione di “stallo”. Per i periti ufficiali, quindi, l’unica possibile spiegazione di un siffatto “anomalo comportamento aerodinamico”, è quella che si sia trattato della conseguenza di una cabrata verso l’alto; in questo modo l’aeromobile fantasma sarebbe uscito dall’“area di detenzione” (ossia portata) del raggio radar. Ora, ammesso per ipotesi che tale traccia fantasma sia da collegarsi con la presenza di un caccia militare responsabile dell’abbattimento del DC-9, non poteva essere uno dei fantomatici MIG libici tirati in ballo nello scenario di guerra aerea verificatosi nel cielo di Ustica. Una manovra del genere, difatti, avrebbe esposto il nostro “aggressore” ad un attacco mortale dei caccia occidentali inseguitori. Se, invece, si presume che tale caccia aggressore possa essere stato di nazionalità occidentale (ossia statunitense, francese, italiano, ecc.), non c’è alcuna ragione tattica che giustifichi una tale manovra “evasiva”, invece di inseguire il suo vero bersaglio, cioè, nel nostro caso, uno o più MIG libici usciti indenni (uno solo o entrambi) oppure solo danneggiati dall’attacco missilistico. Ma la manovra evasiva sarebbe stata effettuata per fuggire da chi? Da “cosa”?] 13/a) LA PERIZIA TECNICA DELL’NTSB STATUNITENSE RELATIVA ALL’INTERPRETAZIONE DELLA TRACCIA RADAR INDICATA CON IL N° 6 DALLA PERIZIA BLASI. Ritornando sulla questione dei plots rilevati sui tabulati radar di Roma Ciampino, questi sono correlati alla presenza di un “corpo volante sconosciuto” (indicato come traccia n° 6 dalla perizia Blasi - vedi “il Mattino” del 13 ottobre 1989, pag. 5, cronista Giampiero Olivetto) che, proveniente da ovest, interseca la rotta del DC- 9, passa attraverso l’area dei frammenti di quest’ultimo10 e, proseguendo nella sua traiettoria verso est, esce dallo schermo del radar in questione. È indiscutibile che “qualcosa” sia emerso dalla registrazione del radar primario tipo Marconi di Roma e che i tecnici incaricati dell’inchiesta, in mancanza di altri elementi probanti, abbiano indicato l’eventualità che tali tracce spurie, pur se rilevate con intervalli di tempo irregolari finanche di 72 secondi, possano essere gli echi riflessi del medesimo “oggetto volante sconosciuto”. In questo caso, tali echi riflessi sarebbero riferibili ad un aeromobile che viaggiava alla velocità di circa 1250 km/h ad una quota sconosciuta, e la cui rotta avrebbe intersecato quella del DC-9 Itavia 30 secondi dopo la scomparsa del plot di quest’ultimo dallo schermo del radar; ciò dimostra, ovviamente, che tale “aeromobile fantasma” non si trovasse nelle immediate vicinanze del DC-9 quando la sua traccia è scomparsa dallo schermo del radar né, tanto meno, che possa aver colliso con il jet civile in questione. Nessuna traccia di echi radar “spuri” è reperibile nella registrazione del radar primario utilizzato dal Centro della Difesa Aerea di Marsala, la cui portata era considerevolmente maggiore rispetto alla distanza dell’aereo civile quando la traccia di quest’ultimo - fino ad un istante prima perfettamente visibile - è scomparsa dallo schermo del plotter. Ciò potrebbe essere spiegato con la caratteristica del radar a lunga portata della Difesa Aerea, la cui antenna ha una rotazione più lenta (5 giri al minuto, mentre quelle civili ne compiono 10), e dal sistema automatico d’inseguimento degli echi sconosciuti che non accetta tracce non assimilabili ad una traiettoria di volo (come il rilevamento di una serie di singoli plots a intervalli di tempo, uno dall’altro, lunghi ed irregolari). Ciò sta a significare che, nel caso il radar di Marsala avesse visto gli echi “fantasma” in questione, il suo computer li avrebbe considerati “incongruenti” e, quindi, rifiutati a priori senza neppure registrarli. Il fatto che le tracce del “velivolo fantasma” rilevate dal radar di Roma Ciampino vadano associate alla presenza di un “aeromobile sconosciuto” o UFO e non, invece, ad un fenomeno di “false eco”, è dimostrato dai risultati della simulazione di “effettivo rilevamento radar” effettuata dalla Commissione Pratis nel 1989. In tale circostanza, sia il radar Marconi che il Selenia, nonché i radar militari di Licola (Napoli) e Marsala (Sicilia), rilevarono tanto il DC-9 quanto l’F-104 – entrambi oggetto del test – in modo chiaro e ad ogni “battuta” del raggio esploratore del plotter (vedi “il Mattino” dell’11 gennaio 1990, pag. 1, articolo a cura della redazione). Sempre a proposito della presenza di un “oggetto volante non identificato” o UFO, resta da fare un’ultima considerazione: se il radar di Roma ha veramente “colto sul fatto” un aeromobile sconosciuto, stando ai dati cinematici emersi dalle analisi eseguite dai periti, tale OVNI viaggiava ad una quota di circa 25.000 piedi e ad una velocità nettamente superiore a Mach 1. Ciò avrebbe comportato la propagazione, in un’area vastissima, di un bang supersonico che, prodotto a quella quota, sarebbe stato veramente memorabile (illustrazione n° 7). Ma non risulta che qualcuno l’abbia udito; neppure gli equipaggi dei pescherecci che si trovavano al largo di 10 Forse, i frammenti sono quelli derivanti dall’esplosione ravvicinata di un missile aggiunti a quelli derivanti dal conseguente - e/o dovuto ad una turbolenza dinamica - distacco di alcune parti di detto cargo civile – vedi oltre, punto 16). 11 Ustica (decisamente all’interno, quindi, di detta zona di “percezione sonora”) e che rientrarono in porto, prima del solito, per il forte vento (cfr. punto 20 del presente testo). (Fonte: “Il mistero di Ustica”, di Andrea Artoni, tratto da “Volare” n° 40 del novembre 1986) Sempre a riguardo della traccia radar n° 6 deve far riflettere il fatto che, fermi restando i risultati della perizia sui tabulati del sopra citato centro radar11, la natura di tale aeromobile è stata successivamente diversamente interpretata. Difatti, mentre negli atti della sentenza istruttoria (depositata in cassazione nel settembre del 1999) il giudice Rosario Priore identifica detto “aeromobile sconosciuto” come un caccia francese staccatosi dalla formazione (composta da 7 o 8 velivoli) decollata dall’aeroporto di Solanzara, in Corsica, secondo una dichiarazione altrettanto autorevole rilasciata dal Sostituto Procuratore Giorgio Santacroce (primo titolare dell’inchiesta istruttoria sulla strage di Ustica), nell’ambito di un’intervista rilasciata al giornalista Pino Aprile nella primavera del 1984, la natura convenzionale (ossia quella di un aereo da caccia) attribuita a tale “aeromobile sconosciuto” sarebbe tutta da dimostrare. Il testo (parziale) dell’intervista in questione, di seguito riportato, è quanto di più chiaro ed esplicito sia mai stato detto al riguardo di una possibile componente “ufologica” nello scenario dell’abbattimento del DC-9 Itavia da una fonte ufficiale direttamente coinvolta nelle indagini sul caso: Giornalista Pino Aprile (a proposito dell’esistenza di altre prove relative all’abbattimento del DC-9, n.d.A.): “Sì che c’è: le tracce registrate sugli schermi radar e che rivelano la presenza di un altro aereo sulla rotta del DC-9”. Magistrato Giorgio Santacroce “Piano a dire aereo. Potrebbe trattarsi di un’altra cosa”. G. “Una “cosa”? Il consulente di guerra aerea del pentagono, John Transue, ha detto al Corriere della Sera che l’altra traccia sul radar è quella tipica di un caccia in fase di attacco, per il lancio di un missile aria-aria. E che quella sia la traccia di un aereo e non di una cosa lo ha anche detto l’ingegner John C. Macidull, dei laboratori NTSB, National Transportation Safety Board, degli Stati Uniti. M. “Io ho chiesto all’NTSB di analizzare quei tabulati radar. La risposta scritta e controfirmata dagli esperti, compreso Macidull, non dice nulla del genere. In essa si definisce “difficilmente identificabile” l’oggetto che ha lasciato quella traccia e si lascia intendere che possa trattarsi di un missile e persino d’una sorta di ufo; comunque di qualcosa che vola e non è identificato”. (Fonte: “Oggi” n° 19 del 9 maggio 1984, pagg. 26-28) [Commento ai punti 13 e 13/a: Anche in base alla nostra analisi, considerata la traiettoria del “velivolo sconosciuto” - prima parallela e poi curvilinea, per incrociare a 90° quella del DC-9 Itavia - caratteristica di un aeromobile ma non di un “proiettile” tipo missile, e considerato il fatto che tale “corpo volante” passa davanti al DC-9 senza entrare in collisione con esso, per poi proseguire oltre fino ad uscire dallo schermo del radar, si può escludere con certezza che lo stesso possa essere interpretato come un missile di qualche tipo. Circa, poi, la natura dell’aeromobile “fantasma”, dati come la saltuaria rilevazione da parte del radar o l’assenza del boato supersonico sono aspetti caratteristici - in particolare modo il secondo - assolutamente inspiegabili per la tecnologia di un aereo convenzionale, mentre per gli UFOs di origine allogena, queste sono solo alcune delle tipiche, fantastiche, caratteristiche. Altro dato interessante è quello che tra i molti altri aspetti in comune esistenti tra il disastro del DC-9 Itavia e quello del BOEING-747 della TWA-800, avvenuto nel cielo di Long Island (New York) il 17 luglio 1996, c’è anche quello della “saltuaria rilevazione radar” dell’UFO da parte del Centro di Controllo del Traffico Aereo (TRACON) di New York12.] 14) POCHI MINUTI PRIMA CHE SI CONSUMI IL DRAMMA DEL DC-9 ITAVIA, SULLO SCHERMO RADAR DI ROMA CIAMPINO COMPARE UN CERTO NUMERO DI TRACCE (PLOTS) NON IDENTIFICATE. Poco prima che la traccia radar del DC-9 Itavia scompaia dagli schermi radar, nella sala del Centro di Controllo Aereo Territoriale di Ciampino si manifesta un’insolita “animazione”. Qualcuno degli operatori ha rilevato, sugli schermi radar, la presenza di tracce (plots) “strane”, riconducibili ad “aeromobili sconosciuti”, nell’area tra Palermo, 11 Perizia espletata su richiesta dell’allora magistrato inquirente italiano dott. Giorgio Santacroce, dall’NTSB USA. 12 Vedi al riguardo il testo: “Il disastro del Boeing-747 della Twa (volo 800) verificatosi a largo di Long Island – NY (USA) – il 16 luglio 1996: incidente o misterioso abbattimento come si verificò per il DC-9 Itavia (volo IH-870) al di sopra di Ustica (Italia) il 27 giugno 1980?”, a cura dell’Autore). 12 Ponza e Napoli. Gli addetti alle consolles si consultano rapidamente tra di loro. Poi (come, molto probabilmente, è accaduto già altre volte), si decide che tali tracce non sono “interessanti”; che “non c’entrano” con il traffico di propria competenza (vedi “l’Unità” del 1° luglio 1980, Cronista Sergio Sergi). [Commento: Di solito, quando la presenza di un qualsiasi traffico aereo militare - sia autorizzato che non - invade un’aerovia civile e si avvicina pericolosamente ad un qualsiasi traffico civile, il primo compito del Controllo Aereo che ha in carico tale velivolo è quello di segnalare al pilota ciò che sta accadendo e, allo stesso tempo, di fornirgli una rotta alternativa che gli garantisca la massima sicurezza (illustrazione n° 8) Nel caso del DC-9 Itavia, tale normale procedura è stata completamente ignorata. Perché? Forse la risposta è che, poiché nell’area in questione è frequente la rilevazione di “tracce fantasma”, che compaiono e scompaiono senza poter essere identificate, gli operatori radar hanno pensato bene di ignorare la cosa onde evitare l’ennesimo “allarme UFOs” e, con esso, il conseguente - sgradito ai propri superiori - can-can che i mass-media avrebbero certamente fatto sull’episodio.] 15) UNA VARIANTE DELLO SCENARIO PROPOSTO AL PUNTO 13: L’IPOTESI DELLA COLLISIONE DEL DC-9 ITAVIA CON UN UFO, AVANZATA DAL PILOTA MILITARE ROBERTO DOZ. Sempre in tema di possibili cause prime del disastro del DC-9 Itavia, e relativi effetti sia fisici che dinamici sulla struttura di detto velivolo, va citata senz’altro l’ipotesi formulata dal pilota militare Roberto Doz nel 1986 (illustrazione n° 9). Secondo il pilota in questione, in seguito ad un’imprevista virata del DC-9 verso ovest, ossia in direzione del presunto OVNI13 prima in rotta parallela e poi in virata verso est rispetto alla direttrice di volo del cargo civile (ufficialmente interpretato – in sede periziale – come un “aeromobile sconosciuto” e in seguito dal giudice Priore come un caccia sconosciuto intersecante la rotta del jet Itavia), quest’ultimo avrebbe impattato contro l’alone elettromagnetico dell’UFO il che avrebbe determinato la sua esplosione in volo (vedi “Nonsiamosoli” n° 10 del novembre / dicembre 1986, pagg. 8-11). [Commento: È evidente, però, come tale ipotesi non tenga in alcun conto sia le reali capacità di manovra dimostrate in innumerevoli occasioni dagli UFOs, che il complesso scenario aero-navale militare, in cui si innesta la sciagura del DC-9 Itavia. Per non parlare, poi, della quanto mai discutibile possibilità che il comandante di un aereo civile – con la responsabilità di salvaguardare l’incolumità di 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio – possa eseguire una deviazione di rotta per “andare a vedere da vicino” un aeromobile sconosciuto o UFO. Una simile interpretazione, certamente non imparziale, dei fatti, si spiega con la circostanza che Roberto Doz fosse, fino ad alcuni anni fa, un pilota militare in servizio attivo; questo ci porta a pensare che il giuramento di fedeltà da lui fatto verso l’Arma e lo Stato, sia un elemento fortemente pregiudizievole al riguardo della formulazione di un sereno giudizio sulla strage di Ustica. Il principale indizio di un tale atteggiamento sta, secondo noi, nel fatto che, nella ricostruzione in questione, manca qualsiasi riferimento alla presenza ed implicazione di forze militari nello scenario della tragica fine del cargo civile. Ciò in pieno accordo, quindi, con quanto dichiarato dai vertici militari e politici dei paesi più direttamente coinvolti (ossia l’Italia, gli Stati Uniti e la Francia) nella fase iniziale delle indagini ufficiali sul caso, ma in più che evidente contraddizione con quanto appurato in seguito da tutti e tre i magistrati incaricati, di volta in volta, dell’inchiesta.] 16) RICOSTRUZIONE DELLA MECCANICA DEGLI EVENTI CHE HANNO DETERMINATO LA CADUTA DEL JET CIVILE DELL’ITAVIA. A questo punto, senza alterare sostanzialmente quanto è stato accertato dai periti “ufficiali” sulla sciagura del DC- 9 Itavia (vedi “il Tempo” del 15 novembre 1992, pag. 5) e, allo stesso tempo, tenendo conto dei consistenti indizi circostanziali di tipo ufologico emersi dal nostro studio, è del tutto lecita la seguente ricostruzione della meccanica degli eventi: Il DC-9 Itavia viene prima destabilizzato dalle turbolenze dinamiche prodotte dalla manovra di sganciamento o disimpegno dall’accerchiamento ed intercettazione in atto, da parte del suo “compagno - o compagni - fantasma”14 e sia da quelle prodotte dai numerosi caccia militari presenti nell’area i quali, postisi all’inseguimento dei due “velivoli fantasma” o UFOs, gli sfrecciano accanto e poi, subito dopo, viene danneggiato abbastanza seriamente in modo 13 Velivoli che lo stesso Doz definisce come “Tracciatori Molecolari Extraterrestri” o T.M.E. 14 Vedi al riguardo lo stralcio della sentenza, depositata in cassazione dal giudice Rosario Priore, pubblicata sulla rivista “Volare” n° 190 dell’ottobre 1999. 13 diretto o indiretto dagli effetti dell’esplosione di uno o più missili aria-aria15 (vedi, per esempio, sito http://www.nove.Firenze.it/Ustica). (Illustrazioni n° 10 - 15) Secondo le perizie tecniche definitive (agli atti della sentenza depositata in Cassazione dal giudice Rosario Priore) il DC-9 sarebbe stato colpito da due missili (che, dopo essere esplosi, ne avrebbero attraversato la fusoliera), aventi una traiettoria – o angolo d’impatto – orientata, sul piano verticale, dal basso verso l’alto e, sul piano orizzontale, da sinistra verso destra. I missili, verosimilmente, potrebbero aver danneggiato gli impennaggi di coda, provocato la rottura di una delle ali e il distacco di uno dei motori del cargo Itavia (vedi ricostruzione apparsa su “Volare” dell’ottobre 1999), parti che poi sarebbero precipitate in mare in un punto lontano (circa 7 km) da quello in cui, molte ore dopo, verranno ritrovati gli altri più consistenti resti dell’aereo e cioè circa 60 miglia a nord di Ustica (vedi “il Messaggero” del 30 ottobre 1992, pag. 10) (illustrazioni n° 16 - 24). Ma, contrariamente a quanto viene asserito nell’indagine conclusiva ufficiale, nonostante i danni subiti (la cui reale entità non è tuttora possibile stabilire con certezza), il cargo dell’Itavia non esplose in aria e i suoi rottami non si inabissarono nelle acque del Tirreno. Secondo una differente ricostruzione degli eventi, difatti, il DC-9, in seguito alla rottura di uno o più oblò e/o all’apertura di un qualche squarcio nella fusoliera, avrebbe subito una violenta depressurizzazione; quasi certamente, un certo numero di passeggeri è stato risucchiato fuori (i corpi dei quali, caratterizzati da evidenti “lesioni da sconquasso o precipitazione”, furono rinvenuti, poi, distribuiti in una più ampia superficie marina, situata in posizione arretrata rispetto alla direttrice di volo del DC-9, e parecchio distante dal punto di ritrovamento di un secondo e più raccolto gruppo di vittime, i corpi delle quali non presentavano lesioni così diffuse ed evidenti, né gli effetti tipici di una lunga permanenza in acqua; forse per l’effetto dei danni subiti e/o per una disperata manovra del pilota per cercare di compensare tale perdita di pressione interna ed evitare, così, che il gelo e la mancanza di ossigeno uccidessero tutti i passeggeri, il cargo civile picchia verso il mare; nell’arco di forse due minuti, da una quota di circa 7600 Mt. scende - o meglio precipita - fino a circa 3000 Mt.; poi, grazie alla loro abilità16 e forza d’animo, i piloti riescono a riacquistare un certo controllo del velivolo ormai ridotto ad una sorta di goffo e pesante aliante cosicché, dopo altri pochi drammatici minuti, riescono a portare a termine un - certamente tutt’altro che morbido - ammaraggio di fortuna. È molto probabile che, nel breve lasso di tempo tra l’inizio della caduta “controllata” e l’ammaraggio, oppure subito dopo quest’ultimo, i piloti abbiamo lanciato il segnale di mayday e trasmesso le coordinate approssimative della loro posizione. Ora, nell’attesa dei soccorsi, non restava altro da fare che rallentare al massimo il lento ma progressivo allagamento della fusoliera (magari, tentando una sorta di approssimativa pressurizzazione del suo interno facendo defluire, poco alla volta, l’ossigeno dalle bombole normalmente in dotazione (illustrazioni n° 25 - 26). Nessuno dei superstiti avrebbe mai immaginato che i tanto attesi soccorritori sarebbero stati, invece, gli esecutori materiali della sentenza di morte emessa, nei loro confronti, dai vertici di alcune superpotenze nucleari in nome di supreme ragioni di stato. 17) LA MANOVRA DI DISIMPEGNO DEI DUE “VELIVOLI FANTASMA” O UFOs. Nel frattempo, come risulta dalle perizie sui tracciati radar, dopo essere usciti indenni dall’attacco missilistico ed aver attraversato l’area dei frammenti staccatisi dal DC-9 (in caduta verso est a causa dell’azione di spinta esercitata, sulla superficie degli stessi, dal forte vento proveniente da ovest – illustrazioni n° 27 - 29), i due “velivoli fantasma“ o UFOs si separano per proseguire ciascuno su di una rotta differente: uno continua il suo volo in direzione della Sicilia (vedi “Corriere della Sera” del 1° settembre 1999, pag. 9), mentre il secondo, cioè quello poi visto dai coniugi Maffini (vedi il punto 18 della presente analisi) prosegue verso le coste della Calabria. 17/a) LA SERA DEL 27 GIUGNO 1980, UN CACCIA USA SCOMPARE NEL NULLA MENTRE SORVOLA IL MAR TIRRENO. È STATO FORSE ABBATTUTO DURANTE L’AZIONE CONGIUNTA DI INTERCETTAZIONE E TENTATO ABBATTIMENTO DI “QUALCOSA” NEL CIELO DI USTICA? Prima di allontanarsi dal teatro degli eventi in questione, i due UFOs, vuoi per potersi allontanare in tutta sicurezza, vuoi – anche – per risposta al proditorio attacco con i missili, che potrebbe anche aver danneggiato uno dei due OVNI (probabilmente, quello poi direttosi verso la Calabria), usano qualche loro arma “esotica” contro uno degli aerei inseguitori: in questo caso, un cacciabombardiere decollato dalla portaerei USA Saratoga. Il caccia americano, colpito in pieno dall’arma di uno dei due OVNI, esplode in una miriade di pezzi che finiscono in mare. Molti anni dopo, e cioè nell’estate del 1988, un pescatore subacqueo di Villasimius (in Sardegna), poi divenuto aviere, tale Massimiliano Zara, rinviene tra gli scogli di Capo Carbonara un pezzo di un aereo (lungo 15 Tra l’altro, potrebbe essere dovuta proprio all’avvistamento dei “compagni fantasma” l’esclamazione del pilota Domenico Gatti “gua…..” - ossia guarda - ultima parola registrata dal Cockpit Voice Recorder o CVR di bordo. 16 Il comandante Domenico Gatti era un ingegnere aeronautico che stava per essere promosso Ispettore Generale. Al suo attivo aveva sei anni d’anzianità e 7250 ore di volo su jet civili. Il suo secondo, Vincenzo Fontana, era in procinto di avere la nomina a Comandante. 14 poco più di un metro) ricoperto di polistirolo e con una targhetta di identificazione all’interno. Il giovane, essendo un appassionato di aviazione, porta a casa il cimelio. Nel 1992, il signor Massimiliano Zara decide di scrivere alla rivista specializzata “Aeronautica e Difesa” per chiedere a quale tipo di aereo appartenesse il frammento da lui raccolto; alla missiva erano allegate ovviamente delle foto del reperto. Dalla redazione della rivista giungono solo delle risposte evasive. All’inizio del 1994, il signor Zara venne interrogato a Roma da un Commissario di Polizia della Digos. Alcuni mesi dopo, il giudice Rosario Priore sbarca in Sardegna per esaminare di persona il relitto in questione. Quest’ultimo intanto, dopo la partenza di Massimiliano Zara come aviere, era stato gettato nella discarica del paese dai genitori del ragazzo, stufi di avere quel rottame nel loro giardino di casa. Le ruspe cercano, ma invano (almeno così è stato detto ufficialmente), di recuperare il frammento di aereo. Perché tanto interesse per quel “rottame” da parte degli inquirenti? La risposta è che, nel frattempo, il Comando Militare americano aveva fatto sapere che quei numeri di matricola impressi sulla targhetta apposta al relitto appartenevano ad un cacciabombardiere decollato dalla portaerei Saratoga proprio la sera del 27 giugno 1980 e poi scomparso nel nulla (vedi “il Messaggero” del 20 novembre 1994, pag. 7, Cronista Umberto Aime). Eppure, la notizia della presunta scomparsa di un caccia tipo Phantom, dato per decollato proprio dalla portaerei Saratoga, era circolata già pochi giorni dopo l’abbattimento del DC-9. In questa occasione, però, il comando NATO di Napoli, dopo essere stato pressato per diversi giorni dalla stampa che chiedeva notizie in proposito, emise un laconico quanto lapidario comunicato al riguardo: “Non manca alcun aereo della NATO”. (Fonte: “l’Unità” del 6 luglio 1980, pag. 6, Cronista V. Va.) [Commento: È scontato che gli Stati Uniti (sia per evitare un incidente internazionale di vaste proporzioni che per difendere il proprio prestigio militare), non avrebbero mai potuto ammettere di aver perso un proprio caccia in uno scontro con degli aerei libici. Figuriamoci, poi, se avrebbero mai ammesso di aver tentato di abbattere degli UFOs (dopo aver sempre detto e ribadito per 50 anni che “gli UFOs non esistono”), nell’ambito di un’azione militare in cui era stato, per di più, abbattuto per errore un aereo civile (cosa gravissima) e, per finire, che si era avuta perfino la perdita di un proprio caccia. In un tale contesto di occultamento di prove, finalizzato allo scagionamento delle forze militari USA (presenti nello scacchiere italiano sia come NATO che come VI Flotta) dallo scenario di guerra venutosi a creare nel cielo di Ustica, trova una giusta collocazione anche l’evidente manomissione del libro di bordo della portaerei USA Saratoga; operazione resasi “necessaria” per occultare l’avvenuta azione di scramble17 e conseguente perdita di un caccia nella suddetta operazione.] In un tale scenario di falsità una cosa è però certa: Il caccia USA in questione non poteva essere stato abbattuto dal famoso MIG-23 libico (sulla cui nazionalità, peraltro, gravano seri dubbi) rinvenuto sulla Sila in quanto quest’ultimo era disarmato (vedi “la Stampa” del luglio 1988, pag. 8, Cronista Ruggero Conteduca). Che tipo di velivolo, quindi, potrebbe aver abbattuto il caccia americano? 17/b) IL RECENTE RITROVAMENTO DELLA CODA DI UN VECCHIO CACCIA PHANTOM USA TRA GAETA E PONZA: È UN ELEMENTO COLLEGATO CON LO SCENARIO DI USTICA OPPURE NO? Il 21 gennaio 2000 un peschereccio di Gaeta (sulla costa laziale), il Bartolomeo I, trova impigliato nelle sue reti, a circa nove miglia da punta Stendardo (una decina di km al largo della località di Mondragone), un grosso pezzo di lamiera con evidenti segni di corrosione dovuta alla lunga permanenza in acqua. Con l’aiuto di un’altra imbarcazione, il Falco Pescatore, il frammento viene trasportato a riva e depositato sul molo dell’ex Genepesca a disposizione della Capitaneria di Porto. Il frammento in questione è lungo circa tre metri e mezzo ed è ricoperto da una vernice bianca ed azzurra che pare non essere stata intaccata in modo evidente dall’acqua marina. La ripresa filmata del relitto, effettuata da un certo signor Luciano Di Nucci quando questo era nel porto ad appena un metro sott’acqua, ha permesso di rilevare la presenza di due grossi “fori”, di cui uno all’altezza del timone direzionale di coda (quasi del tutto divelto) e, il secondo dietro l’attaccatura dell’ala, quest’ultima completamente staccata. Secondo il comandante del peschereccio Bartolomeo I, Nicola Mitrano, di 35 anni, la presenza sui fondali del luogo del relitto in questione era nota da moltissimi anni ai pescatori locali; forse già da prima del 1980. Questi ultimi avevano soprannominato il rottame “yoyo” perché aveva 17 La parola inglese scramble (letteralmente “scalata”) indica, nella terminologia militare aeronautica in vigore presso la NATO, una condizione operativa di difesa aerea superiore allo stato d’allerta. Questa comporta l’ordine di decollo immediato a coppie di caccia intercettori, nel caso in cui sugli schermi radar venga rilevata la presenza di tracce anomale associabili ad “oggetti volanti non identificati” o UFOs. In tempo di pace, nella catena di Controllo e Comando della Difesa Aerea, in caso di rilevamento radar di un “aeromobile non identificato” la procedura da attivare è snella e semplice. I dati radar, portati a conoscenza del Centro Regionale di Controllo territorialmente competente, vengono vagliati e, se viene confermata la loro origine sconosciuta, in quanto non correlate ad un velivolo dotato di un piano di volo, vengono lanciati gli intercettori che, nel tempo più breve possibile, procedono all’intercettazione ed all’identificazione dell’intruso. 15 cambiato più volte posizione in seguito all’azione di trascinamento delle reti da pesca quando vi rimanevano impigliate. Anche per il comandante della capitaneria di porto di Gaeta, Roberto Rufini, l’esistenza del relitto in questione “era una cosa nota di vecchia data”. Non appena la VI Flotta e l’Ambasciata statunitensi sono messe al corrente del ritrovamento di tale relitto, inoltrano alle competenti autorità italiane una formale richiesta di restituzione, motivandola con il fatto che il rottame in questione sarebbe appartenuto ad uno dei due caccia Phantom caduti in mare il 23 ottobre 1974. I due caccia USA in oggetto, dopo essere decollati dalla portaerei Saratoga (reduce di due anni di campagna in Vietnam) per una “operazione di routine” nel basso mar Tirreno, si sarebbe
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