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[SudMayDay'05]precarizzazione nell'universita'
by coll"20 luglio"scienze politiche Tuesday, Apr. 19, 2005 at 1:27 AM mail: boxautogestito@libero.it

CONTRO LA PRECARIZZAZIONE NELL'UNIVERSITA'

Forse non è stata una ribellione ma quello che è accaduto e sta accadendo negli atenei della penisola segna un elemento di discontinuità importante.
Ricercatori precari e studenti hanno cominciato a parlare e ad organizzare lotte assieme, cominciando col porre al centro del dibattito l’elemento comune che li riguarda, la precarietà. Precari sono e diverranno i ricercatori, ma lo sono anche gli studenti, precari e dequalificati diverranno i saperi, esili le forme di trasmissione. Il problema aperto tra gli studenti già da qualche anno e adesso in forma nuova, a partire dal rapporto con i ricercatori, è quello di produrre nuovi dispositivi di organizzazione del dissenso, dalla critica archeologica a quella genealogica. Come si rompe il ricatto? Come si usa l’intelligenza per lavorare meno? Come si trasforma l’università in luogo aperto della cooperazione cognitiva? Come si può fare a meno di diventare degli “idioti specializzati”? Come si spiega alla Confindustria italiana che senza innovazione non si va da nessuna parte e non basta demolire le garanzie del lavoro? Come si spiega al sindacato che non basta parlare di innovazione ma serva anche reddito, diritti di
accesso al sapere e alle tecnologie, e che le riforme berlingueriane alimentano un sapere ricattabile e di facile precarizzazione? Le scuole e le università sono oramai
grandi mercati del sapere, la Riforma Moratti non è che l’ultimo feroce attacco a tutti gli spazi di cultura, socialità e felicità presenti nel mondo della formazione del nostro paese, vorrebbero mettere in vendita al loro banchetto le nostre tesi, le nostre capacità, il nostro tempo, rifiutando perfino di pagarlo, regalando
direttamente il sistema dell’istruzione pubblica alle aziende attraverso l’autonomia, gli stage, la privatizzazione. Per assicurarsi di poter dominare e controllare chi tenta di ribellarsi a questo stato di cose stanno applicando uno scientifico restringimento di tutti gli spazi di libertà, che in altri paesi si manifesta con lo stanziamento di migliaia di soldati e paramilitari e qui, in italia, con una riedita strategia della tensione: denunce, arresti domiciliari e perfino galera. I provvedimenti contenuti nel DDL Moratti aggravano ulteriormente la condizione della scuola, dell’università e della ricerca inserendosi in un quadro che vede l’Italia come il paese europeo che, dopo la Grecia, ha stanziato meno risorse in questi settori fondamentali per il progresso dell’intera popolazione civile. I tagli previsti, oltre a negare ogni possibilità di sviluppo, non consentono a molti Atenei neppure la copertura di spesa per gli stipendi del personale ed il mantenimento delle già inadeguate attività di didattica e ricerca. Le conseguenze sull’Ateneo palermitano sono state devastanti, mettendo in pericolo l’esistenza stessa di un’università pubblica nella nostra città. La situazione economica dell’Ateneo è infatti aggravata da un intero decennio(ed anche più…) di gestioni clientelari e speculazioni edilizie, ulteriormente aggravate dallo “sporco” utilizzo del patrimonio pubblico. Gli effetti hanno colpito tutte le componenti della comunità universitaria: le lauree specialistiche sono state affossate ancora prima di partire, molti ricercatori non sono stati riconfermati, molti posti di dottorato sono stati cancellati ed infine è stato ridotto l’organico composto da biblioteche e segreterie. Il governo ha instaurato un sistema caratterizzato dall’esclusività, dal privilegio, dalla competizione, dal perseguimento del successo personale piuttosto che da un’idea di progresso per tutti e tutte. Per questo hanno e continuano ad impedire che il “pubblico” funzioni bene. La sfida è complessa, la Moratti vuole completare la svolta liberistica degli anni Novanta e dare il via, con la differenziazione dei finanziamenti, ad un’università d’eccellenza per alcuni versi, miseramente produttivistica per altri. Gli studenti del “nuovo ordinamento” faticano a trovare le forme e i tempi del proprio dissenso, i ricercatori esprimono istanze radicali ma faticano a dotarsi di organizzazione e di radicamento: insomma c’è bisogno di sapere e di desiderio radicale, pena l’estinzione, l’annullamento definitivo della psiche collettiva. E’ necessario che gli studenti e tutti gli altri componenti della scuola e dell’università si mobilitino contro questo governo e questa Riforma. Ma questo non basta. Per sconfiggere questo progetto è indispensabile una riflessione critica sull’intero modello formativo, partendo dalla sua dimensione pubblica e dalla sua funzione sociale. Le conoscenze e i saperi devono essere dei beni collettivi ai quali tutti e tutte possano accedere, contrastando la tendenza attuale che vuole la cultura come un fattore discriminante tra individui, classi e nazioni. Per rendere la formazione espressione reale delle complessità che attraversano la nostra società è indispensabile rendere aperti e democratici i luoghi di diffusione dei saperi, rifiutando radicalmente le gestioni privatistiche che fanno del mercato l’unico codice di riferimento e il fine ultimo della formazione.L’istruzione non è più percepita come un investimento sociale, come un punto di partenza per la costruzione di nuovi diritti ma bensì come fucina di precarietà e sfruttamento. La sfera pubblica è stata progressivamente colonizzata da interessi privati. La nostra possibilità di esistenza, come al solito, dipende da un atto forte, radicale, creativo, le forme della resistenza hanno perso sensualità e capacità aggregative.
C’è bisogno di cominciare a costruire in modo sistematico la nostra facoltà di fuga, a metà tra università e metropoli, conflitti e nuovi linguaggi, socialità e spreco, ricerca e auto-formazione.
Si lotta contro il dilagante tentativo di distruggere l’istruzione italiana, rivendicandone il carattere laico e pubblico, chiedendo tra le altre cose anche l’abolizione dell’obbligo di frequenza che penalizza la figura dello studente lavoratore, l’abolizione di tutti i numeri chiusi e l’eliminazione delle graduatorie prettamente meritocratiche. E’ questa l’università che vogliamo un’università realmente di tutte e di tutti. Tutto questo senza mai dimenticare che siamo noi l’umanità, siamo quelli che con lo strumento della parola e della comunicazione cercano di rompere i muri e i silenzi, quelli che mettono in gioco i loro corpi in azione diretta tutte le volte che è utile e necessario per fermare la macchina di prepotenza e dominio. Quelli che sperimentano sulla propria pelle un altro modo di vivere: nei centri sociali, nelle case, nelle scuole, nelle città, nelle menti liberate da chi ha diritto ad autodeterminare il proprio futuro.

Collettivo “20luglio” facolta’ di scienze politiche
BoxAutogestito via maqueda 328
– box autogestito@libero.it-

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