cosa diceva due anni fa
Si fa fatica a scappare dal proprio passato. Dice che non è mai stato disob. Ecco cosa scriveva firmandosi verde disobbediente amorosi anche se ora parla solo di legalità e dice che non ha mai fatto parte dei disobbedienti. ___________ Dagli archivi di rekombinant. SINISTRA ANNO 0 - VERDI disobbedienti ANNO 0.1
· Lunedì 17 dicembre 2001 · Ore 21,00 TPO B0LOGNA viale Lenin 3 Incontro-dibattito con: o Fausto Bertinotti (segretario PRC), o Luca Casarini (Laboratorio dei disobbedienti), o Gianfranco Bettin (pro-sindaco di Venezia, vice-presidente dei Verdi), o Cesare Salvi (parlamentare della sinistra DS), o Gianni Rinaldini (segretario regionale CGIL),
Dopo Genova, tutti, siamo profondamente cambiati e sono cambiate le nostre vite e le speranze della nostra generazione. Dopo Genova avevamo compreso che finalmente gli steccati tra politica e società, steccati altissimi e inaffrontabili, erano definitivamente caduti. Uno spazio ideale e propositivo si era aperto nella sinistra di questo Paese. Una sinistra che poteva riallacciare un amore col suo popolo, con la sua comunità. E una comunità, che a sua volta, poteva ricostruire un’idealità interrotta, frantumata dalla tattica, dall’assenza di una strategia d’amore per la società e di una prospettiva di trasformazione sociale profonda.
Ma qualcosa in questi mesi si è bloccato, tirando il freno a questa prospettiva. E la causa non si chiama solo Guerra o Nuovo ordine mondiale. Hanno preso di nuovo piede il quieto vivere delle nostre sonnolenze, l’assenza di coraggio e del riconoscersi in un’identità comune. Ci si è bloccati in un pantano di tentennamenti, di strozzature, di incertezze, soprattutto sui territori locali, nelle città. E’ riemersa forte, ancora una volta, l’incertezza storica della sinistra di questo Paese; i tempi storici tradizionali di un fare politica, inadeguati ai sommovimenti e ai cambiamenti di questi tempi drammatici. Per questo, insieme a tanti compagni di strada, abbiamo fortemente voluto e lavorato per il dibattito pubblico di lunedì 17 dicembre al TPO di Bologna. Si deve ripartire insieme da qui, da questo momento, adesso, con la determinazione e l’urgenza di ripensare ad un nuovo agire politico.
Non possiamo tornare indietro. Nessuno può più farlo, anche se volesse. A Genova abbiamo ricolto il senso profondo della nostra comunità, l’integrità di esseri “compagni per un bene comune”, del nostro essere vivi, e capaci di costruire un futuro. A tutte quelle persone che sono state con noi, che hanno immaginato un mondo possibile, che con noi hanno rischiato la vita ed hanno pagato col sangue e con le mille torture psicologiche e fisiche di quelle giornate, cosa diciamo? Che la prospettiva di un cambiamento sociale è lontana, che una nuova sinistra capace di vivere dentro la società di questo Paese non è pronta, non è fattibile, perché ci sono “ancora da appianare le divergenze tra le varie anime e le figure che compongono il corpo storico della dirigenza politica?!” “ Che dovremmo trovare mediazioni e dibattere su ipotesi largamente condivise di Welfare, di Sviluppo, ecc…”. Tradotto, “che ci sono vecchie cariatidi e vecchi cortili da conservare, e che si devono autoriprodurre le forme della rappresenta politica di chi ha governato la sinistra fino ad oggi”! -No! Dobbiamo parlare e parlarci e aprire una nuova fase, di visione, progetto e strategia, con la migliore intelligenza dei nostri giorni-
Il cuore dei 300.000 di Genova non può più sopportare un teatrino di comparse. La destra attacca le garanzie costituzionali, la convivenza civile, il potere contrattuale dei sindacati, i diritti sociali, del lavoro, ed ogni ipotesi di vita degna per tutti. L'attività legislativa del Parlamento Italiano è un costante attacco brutale alla democrazia. E camminando per le strade delle nostre città scorgiamo migliaia di persone aggredite dalle ingiustizie quotidiane e incapaci di sopportare le sofferenze di questo sistema sociale ed economico.
Solo trovando un percorso comune tra chi ha una visione spirituale del mondo e chi ha una pratica politica esercitata lungo le linee di frontiera della quotidianità è possibile mettere in atto un processo di trasformazione profondo di questa società, e spazzare via la miseria di questo sistema globale.
Dopo le giornate di Genova la nostra generazione ha mostrato di avere il coraggio e lo spessore per aprire una fase storica, un ponte ideale tra le sinistre e tra le generazioni, in grado di dialogare con le generazioni precedenti e con le sinistre del passato per non perdere un’occasione che si presenta come epocale. Siamo in grado, insieme, adesso, di ripensare e costruire categorie adeguate a questo presente. Siamo pronti ad una nuova fase. Una fase in cui sinistra sociale e sinistra istituzionale si mettano completamente in discussione e ripensino ad un percorso in avanti, per il domani. Perché niente può essere più come prima! Nessuno può essere più come era prima!
Se all’inizio del secolo scorso i proletari e la classe operaia furono in grado di creare movimenti sociali di lotta e costruire i partiti di massa, noi dobbiamo essere in grado di osare, e immaginare un nuovo agire politico. L’agire di un soggetto che viva nella società reale, in grado rappresentare le passioni e gli interessi dei cittadini comuni e delle forze produttive vecchie e nuove, e che una volta per tutte parta da una cesura, da una rottura con la vecchia forma della politica per rinascere dalle ceneri di questo presente. Un soggetto che sappia farsi attraversare dai movimenti sociali e vivere col cuore e l’intelligenza di questi movimenti, che sappia immaginare un modello di istituzioni adatte ai nostri bisogni, per una nuovo modello di democrazia e di società. Ma occorre aver il coraggio di dirlo: è giunta l’ora una Fase Costituente per l’intera sinistra di questo Paese. Oggi, per parlare credibilmente di democrazia non si può prescindere da una nuova Fase Costituente.
Se Milano è stata eletta capitale economica, morale e immorale d’Italia, se Roma è la capitale politica e Genova, per la sua storia, è stata deputata capitale sociale, Bologna è uno dei più significativi laboratori politici di questo Paese. La “sinistra-ulivista” ha costruito sull’amministrazione comunale di Bologna i quadri dirigenziali e la visione politica del centro-sinistra che con Prodi ha poi governato l’Italia. La destra è ripartita da Bologna, con l’ipotesi Guazzaloca-sindaco, per sfondare l’immaginario dell’elettorato italiano, dimostrando che anche una città amministrata da 50 anni da una sinistra “responsabile” poteva essere governata da un amministratore-impreditore, che era in grado di calmare i dissensi e gestire i conflitti. Una vittoria che non è esagerato considerare come una seria ipoteca per il governo nazionale di Berlusconi.
Bologna è, anche per noi, un laboratorio. Deve esserlo, per la costruzione di un nuovo soggetto. Un soggetto definibile radicalmente New Global. In grado di guardare oltre gli steccati della sinistra e di ricomporre i soggetti sociali e del lavoro verso una prospettiva unitaria. Che abbia il coraggio di sedimentare e scrivere su tavole di legge le battaglie dei diritti civili e le battaglie di cittadinanza che conduciamo da più di un decennio.
Occorre giocare fino in fondo la partita. La partita dei 25.000, sfilati a Bologna al ritorno da Genova e delle migliaia di cittadini che scendono in piazza per ogni iniziativa. Ed è un segno incontrovertibile che si può ripartire da qui, da questa terra, dallo spazio pubblico di chi non ha una rappresentanza politica diretta e che meriterebbe una testa, un corpo politico e anche una dirigenza in grado di sognare con talento, idee e intelligenza. E non ci oltremodo indubbio sostenere l’evidenza che in questi tempi a Bologna, come Genova questa estate, anche i cosiddetti ceti medi, che la sinistra storicamente insegue al centro o a destra, si siano collocati in questo percorso, in un percorso coraggioso di politica per il cambiamento sociale profondo.
Ognuno deve giocare un ruolo del “pensare globale e agire locale”. Noi Verdi disobbedienti ne giocheremo uno: la critica radicale alle forme esistenti della politica, che non traduce più concretamente le esigenze delle lotte sociali nei nessi amministrativi. Vogliamo essere portatori di un cambio di paradigma che è già in potenza e che tutti leggiamo nella realtà. I soggetti sociali già costruiscono reti sul territorio in grado di andare al di là delle specifiche rivendicazione settoriali. Da una parte i movimenti dall’altro un soggetto politico in grado di ripensare a modelli istituzionali adeguati. Vogliamo portare dentro il contesto municipale e amministrativo la determinazione delle lotte di cittadinanza che i Centri Occupati Autogestiti hanno costruito negli ultimi 15 anni. … E pensare ad un ecologia urbana in grado di andare oltre questa città, e oltre le città.
Tutti dobbiamo giocare un ruolo. Da adesso, da ora.
Antonio Amorosi e Davide Caligiuri VERDI disobbedienti di Bologna
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