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La rivolta degli «invisibili» sotto la Mole
by dal manifesto Saturday, May. 28, 2005 at 12:37 PM mail:

Quattro immigrati morti in pochi mesi e polizia sotto accusa. La comunità straniera si ribella

Ieri mattina in corso Taranto e nella vicina piazza Sofia c'era un'atmosfera tranquilla. La stessa di tutte le mattine, assicurano i pochi che hanno voglia di parlare. «Quelli là - dice un signore che chiede l'anonimato - sono tutti spacciatori». La polizia ha giustificato il blitz in quella palazzina sostenendo che è una casa nota per lo spaccio e la prostituzione. Mercoledì pomeriggio non è stato trovato nulla nelle perquisizioni. E' morto invece un giovane uomo. Caduto dal terzo piano di una palazzina di nove. Era uscito dalla finestra del piccolo appartamento dove la fidanzata viveva con altre persone. Aveva sentito la polizia arrivare. E lui, che a Torino come raccontano i suoi amici era arrivato soltanto il giorno prima (proprio per stare con la fidanzata), e che non aveva il permesso di soggiorno, deve aver pensato che era meglio tentare la fuga (per quanto disperata) che rischiare l'arresto. Così Steve Ewemade Osakue, ventitré anni, cittadino nigeriano, è uscito dalla finestra. Le sue mani hanno tentato di penetrare il cemento del cornicione. Dev'essere stato terribile. Il giovane non è riuscito a rimanere là appeso, forse ha ceduto il cornicione. Mentre gli agenti, una trentina, proseguivano la loro operazione di controllo all'interno del piccolo appartamento, un tonfo ha squarciato l'aria. Il giovane Steve è morto sul colpo. Paralizzati dal dolore, sconvolti, gli amici quando si sono resi conto che l'uomo era morto. Distrutta la giovane fidanzata. La polizia ha portato numerosi migranti in questura per accertamenti. Ma intanto nei pressi di quella palazzina la rabbia stava montando. Rabbia mista a dolore e alla consapevolezza di una profonda ingiustizia. «Che cosa abbiamo fatto? - diceva ieri mattina una delle poche ragazze nigeriane disposta a parlare - perché ci odiano qui?». Mercoledì sera la rabbia si è trasferita in strada. E qualche decina di cittadini migranti ha urlato il suo dolore contro la polizia (intervenuta subito con i manganelli) che «uccide». Qualcuno ha sfogato la rabbia contro qualche auto in piazza Sofia, qualcun altro ha rovesciato dei cassonetti dell'immondizia. Il traffico è rimasto bloccato per un paio d'ore. Poi la situazione è rientrata, anche a colpi di manganelli. Ma la tensione rimane alta e purtroppo ricorda le torride estati del `95,'96, e ancora del `98. Anche lì le vittime furono migranti e anche in quella occasione i migranti, gli "invisibili", si ribellarono.

Ora questo quarto morto in pochi mesi pesa come un macigno. E chiama in causa anche le istituzioni che in questi mesi non hanno saputo o voluto affrontare una realtà che è anche quella dei migranti. Perché la Bossi-Fini è una legge che ha come scopo la repressione. Che parte dal presupposto che i migranti sono criminali a priori. Sta a loro dimostrare il contrario. Ma anche perché le forze dell'ordine interpretano quella legge (e certe direttive sulla pulizia della città in vista delle prossime Olimpiadi invernali) con modalità che Rifondazione ieri ha definito «da condannare». «Invece che ricercare soluzioni positive - scrive il Prc - si continua imperterriti sulla strada della repressione, generando terrore e isolamento come se la vita di queste persone non valesse nulla».

Di certo non si parla delle condizioni di vita e di sfruttamento di centinaia di migranti in città. Nessuno si è preso la briga di denunciare che nei cantieri olimpici vigono il lavoro nero, il caporalato e che la forza lavoro (oltre il 50% non italiana) è pagata dai 2 ai 5 euro l'ora e lavora in condizioni di insicurezza totale. Ma non si parla nemmeno di come sono costretti a vivere migliaia di migranti. A meno che non succeda una tragedia. Così quando sono morte la giovane mamma rumena e la sua bimba di otto anni, schiacciate dalle macerie di una ex fabbrica abbandonata e inagibile, si è scoperto che i cittadini stranieri se non abitano i cimiteri industriali di questa città vivono stipati in appartamenti con affitti da capogiro.

Come accade alla giovane donna nigeriana, madre di due bambini, che ci porta nel suo alloggio nei pressi di corso Taranto. «Ecco - dice indicando una porta di legno a cui è stato incollato di lato un pannello di cartone che funge da muro - questa è la nostra stanza». La giovane armeggia con la serratura e finalmente riesce ad aprirla. La stanza, neanche tre metri per due, è piena zeppa di cose: una valigia aperta su una sedia, vestiti appesi, le cartelle di scuola dei bimbi. Il letto a una piazza e mezza, dove dormono tutti e tre. «Paghiamo 800 euro al mese - dice la donna - per l'intera casa. Per la stanza sono 250». Le stanze sono tre. «Sì - dice - il clima in città si è fatto ancora più pesante del solito. Ci fermano mille volte per strada». Il plurale include poliziotti, ma anche carabinieri, finanzieri, vigili urbani e i poliziotti di quartiere. Dal Giappone il sindaco Sergio Chiamparino si dice «addolorato per la vicenda ma guai a condannare la polizia e a ridurre i controlli sul territorio che stanno dando ottimi frutti». Ieri sera si è svolto un presidio organizzato da Rifondazione a cui hanno partecipato centro sociale Gabrio, Laboratorio sociale occupato, Torino social forum, Porfido e altri. Domani è prevista una manifestazione a Porta Palazzo, il quartiere multietnico per eccellenza.


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