Forum Salute Mentale 29 Giugno 2005 contro i CPT
Collettivo di Psicologia, Comitati di base studenti libertari Collettivo di Psicologia
NO CPT
Crediamo sia abbastanza superfluo e deprimente elencare tutti i motivi che ci fanno pensare sia giusto impegnarsi per migliorare la qualità della vita degli immigrati, uno per tutti: il rispetto per la persona e la sua libertà. Riteniamo invece, fin troppo infondato e carente il discorso di chi vuole rispedirli a casa poiché “l’Italia è degli italiani”. Ma chi sono gli italiani? E chi gli immigrati? Siamo persone. Ma allora siamo tutti uguali? No, per fortuna. Nella diversità c’è la ricchezza della vita, il pregiudizio di ordine qualitativo invece è proprio dell’uomo. Tale pregiudizio, di antichi natali, alimenta e genera forme legislative di puro razzismo neo-radical-chich, procedure altamente “democratiche” di alienazione della diversità extra europea. Quale il filo conduttore di questa lunga storia? L’egoismo, l’indifferenza, il bisogno, da un punto vista della logica di mercato e non solo, di prevalere sull’altro per poterlo controllare ed usare, qualcuno disse “Dividi et impera”…. Potremmo andare avanti, ma vogliamo sottolineare come anche e soprattutto il CPT è palesemente un anello di questa lunga catena di eventi e leggi repressive, forse la sua forma più manifesta ed inaccettabile. Un luogo chiuso, mura, fil di ferro, spazi grigi, incomunicabilità, diversità sottolineata da forti sbarre di ferro alle finestre… troppo, troppo vicina come descrizione a quel che furono, neanche 20 anni fa, i Manicomi. Impossibile impedire all’immagine di riaffiorare, in questo periodo di re-istituzionalizzazione totale. Il CPT rappresenta, “la risposta più violenta e disumana al bisogno che uomini e donne esprimono di esistere e contare per quello che sono e rappresentano senza negare le proprie origini, o rinunciare alla propria specificità, di soggetto, di genere, di cultura” (Assunta Signorelli “individuo e collettività: diritti, democrazia, esclusione”)
CPT e psicofarmaci
Dedichiamo una piccola parte di questo breve documento per esporre la questione dell’utilizzo degli psicofarmaci all’interno dei Centri di Permanenza Temporanea. Rocco Canosa, Presidente di Psichiatria Democratica e direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL 4 di Matera, è uno dei pochissimi che sono riusciti ad entrare in visita in un CPT (Brindisi, ottobre 2003). Descrive con cura l’utilizzo, la somministrazione e la tipologia farmacologia più utilizzata all’interno dei Centri. Ansiolitici ( detti tranquillanti minori ). benzodiazepine come Valium, Rivotril eccetera - neurolettici, che vengono usati per curare le forme più gravi, come la schizofrenia, e il Farganesse un vecchio antipsicotico ormai in disuso, della classe dei neurolettici, con effetto potentemente sedativo ed ancora Fenobarbital e carbamazepina. Farmaci pesanti, di quelli capaci di far addormentare un cavallo, il Fernobarbital «Somministrato a un paziente sano in dosi normali come è ipotizzabile in questo caso - spiega Sandro Burattini, farmacista - lo fa dormire moltissimo. Quando è sveglio il soggetto vive comunque in un mondo ovattato, la sensibilità è ridotta, persino i colori appaiono sbiaditi. Il cervello diventa incapace di connettere le cose viste con il loro significato». Senza alcun presidio di pronto soccorso e senza alcun consulto diagnostico con uno specialista in Psichiatria, farmaci, posologia, metodi di somministrazione, vengono gestiti sotto “l’attenta vigilanza e preparazione” di Medici di Base! Al disagio di un internato, si aggiunge quello di una dipendenza, tali farmaci psicotropi, infatti, sono ad alto rischio di assuefazione. Senza contare le forti ripercussioni di salute su altri organi. Spesso la contenzione farmacologica avviene ad insaputa dell’’ “ospite” del Centro, da qui l’episodio emblematico del centro di permanenza temporanea di via Mattei a Bologna, dove fu necessario uno sciopero della fame, da parte degli internati, per ottenere di essere sottoposti in massa ad un esame del sangue (Bologna, gennaio 2004). La figura dello psicologo, non sempre presente, svolge attività marginale. Diversi sono i casi segnalati di autolesionismo che non vengono seguiti da nessun aiuto psicologico né psichiatrico. Nei casi più gravi, il suicidio diventa il metodo migliore per volare oltre le gabbie nere dell’Occidente.
Fuori dal CPT…
“Comunità senza confini o barriere che non siano quelle dei corpi, della fisicità concreta di ciascuno che non può, non deve essere violata. Comunità aperta ed in continuo divenire perché, lo abbiamo imparato, sono le certezze, le convinzioni incrollabili (scientifiche, religiose, politiche, culturali fa lo stesso) che hanno prodotto i mostri del nostro tempo, prima fra tutti la guerra” (Assunta Signorelli “individuo e collettività: diritti, democrazia, esclusione”)
Noi, figli del Primo Mondo, portatori di guerra, vittime di un avanzato materialismo, siamo diventati eccezionalmente abili a catalogare un individuo sol conoscendo la sua Terra Madre, la sua sessualità e la sua condotta di vita. Ci rifacciamo insomma alla più stretta etimologia della parola Persona, che si limita a designare la maschera che ognuno porta e plasma, per quanto ne sia capace, fin dalla nascita. Non si vogliono qui rivendicare le battaglie fatte, e che si continuano giustamente a fare, contro le varie forme di razzismo, ma si vuol sostenere come sia limitativo per qualsiasi tipo di società ed ergo soggetto, la catalogazione dell’essere umano. Si parla tanto di integrazione culturale e dialogo interreligioso e poi lo si ostacola con la prevenzione di eventuali pericoli e ingrandendo fantasie di paura. “Saranno tutti potenziali delinquenti coloro che sbarcano nel nostro Occidente? Probabilmente sì. Che fare allora? Creiamo Centri di “Accoglienza” dove possano aggregarsi per aumentare le nostre distanze.”
Troppo lontano e difficile diffondere teorie sull’Immaginario e sull’Inconscio Collettivo per il quale molti Saggi del nostro tempo hanno speso vite, cercando di dimostrare, più o meno empiricamente, che oltre l’Io c’è un contenitore di elementi psichici comuni agli uomini di ogni luogo e tempo; perciò il dibattito, rimanendo comunque in superficie, è da delegare alle fazioni politiche che reclamano le proprie ragioni. Se fossimo come quei Saggi, certamente ci sarebbero più simpatici i politici dell’uguaglianza e dell’integrazione, che riducono l’ignoranza ed aumentano la possibilità di una conoscenza, non più fisicistica, bensì indirizzata sulla via di una spiritualità dell’individuo, che esuli sempre più dalla simbologia materialistica di una banconota (utopia!) e che finalmente cominci a valorizzare le anime (altra utopia!!). Su questa prospettiva alquanto onirica della realtà, il nostro Io ci richiama in terra e ci spinge fieramente a dubitare di ogni politica che tenga ad escludere ed emarginare qualsiasi tipo di diversità, poiché solo ciò che è diverso può arricchire le nostre ormai statiche menti. Tenendo lontano preventivamente il dissimile non si fa altro che incrementare la nostra innata xenofobia, con tutto ciò che ne consegue.
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