le imputate e gli imputati del processo "Fiordalisi" a Cosenza rilanciano la solidarietà a tutte le compagne ed i compagni inquisiti in Italia nelle diverse azioni giudiziarie intraprese dalla nuova inquisizione
Diritto di resistenza COMUNICATO CON PREGHIERA DI DIFFUSIONE, Mercoledì 22 giugno 05
In tutta Italia, e addirittura con mandati di cattura oltreconfine, in Francia e in Spagna, si moltiplicano azioni repressive con arresti di compagne e compagni, attivisti politici dei movimenti, ad opera di alcune procure da sempre distintesi nell'infame campagna di restrizione dei diritti e delle libertà. In particolare le procure di Roma e di Bologna in questi giorni sono iperattive: il loro normale compito di difendere le leggi dei potenti e la giustizia degli ingiusti, sembra sostituito da vere e proprie campagne di criminalizzazione contro chi lotta o anche semplicemente esprime il suo pensiero. Per i servitori togati dello stato, spesso di sinistra, l'importante è colpire chi si batte contro la vergogna dei lager per migranti, chi lotta per il diritto alla casa e al reddito, chi partecipa ad iniziative di sostegno alle lotte del sud del mondo, chi si batte contro la guerra. Negli ultimi giorni, dopo l'indicazione diretta del ministro degli interni Pisanu, vi sono state decine di persone incarcerate con accuse supportate solo da teoremi, proprio come avviene nel nostro processo di Cosenza. Proprio come avviene anche nel processo contro i manifestanti a Genova. Associazione sovversiva, associazione a delinquere, compartecipazione psichica, eversione all'ordine democratico, finalità di terrorismo, cospirazione politica contro lo stato: queste sono le formule utilizzate per giustificare il sequestro nelle carceri, ai domiciliari, al confino di oppositori politici scomodi. E ovviamente questo è il modo di lanciare un messaggio, nel puro stile mafioso che contraddistingue chi comanda, a tutti e tutte noi: chi si ribella, o anche pensa solo di ribellarsi, alle ingiustizie, paga caro. Questo in un quadro complessivo che vede restringere sempre più gli spazi sociali del dissenso, dalle limitazioni ormai totali del diritto di sciopero all'incremento esponenziale dell'uso dei dispositivi di controllo sulle persone. La guerra permanente è anche questo. Ma la solidarietà, che esprimiamo a tutti coloro che oggi patiscono carcere e restrizioni a causa dello stato, non può bastare. Contro la guerra, anche quella scatenata con i mandati di cattura e i processi politici, è necessario articolare resistenza, esprimere il diritto di resistenza. Che significa certo continuare a fare ciò che facciamo, lottare, ma anche far diventare un problema politico e sociale per tutti il tema della restrizione dei diritti e delle libertà. E' necessario aprire una nuova stagione di lotte che abbia al suo interno la battaglia per l'amnistia e l'indulto, che si ponga il problema del sostegno articolato e moltitudinario alle rivolte che scoppiano all'interno dei lager per migranti, denunciando e attaccando fuori chi lucra sulle sofferenze come moderno e privato carceriere. E' necessario che tutti attiviamo reti sociali e di pressione contro la sorveglianza video/audio/digitale che impesta la nostra vita e su cui ormai costruiscono totalmente ogni provocazione giudiziaria. E' necessario che contribuiamo a che nascano circuiti di difesa legale e di critica, anche dall'interno, dei dispositivi della legalità a senso unico. Tante, tante cose ci sono da fare. Ognuno magari con le sue differenze, i suoi percorsi, le sue convinzioni. Ma dobbiamo fare tutti qualcosa. Da qui può partire la sconfitta dei cani da guardia di un mondo inaccettabile.
Compagne e compagni processati in corte d’assise a Cosenza
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