L'azione della procura di Sulmona contro una rete di server casalinghi.
Non sono un gruppo di animalisti radicali né una gang, ma una rete di server condivisi per il downloading di file musicali. Che la polizia ha preso di mira tra lo sconcerto generale. I retroscena della prima operazione contro il peer to peer, dopo la finta depenalizzazione del governo
FRANCESCA BRIA ALESSANDRO MANTOVANI
Un notevole battage mediatico del Viminale, lo scorso 6 giugno, ha annunciato «l'operazione più importante mai condotta in Italia contro le violazioni delle leggi sul diritto d'autore», lo «smantellamento di un'organizzazione criminale» dedita allo «scambio illecito di file musicali, cinematografici e programmi per computer basato sul peer to peer, cioè sulla possibilità di utilizzare programmi che consentono a due o più utenti connessi in Internet di scambiarsi file gratuitamente». Il comunicato apparso su http://www.poliziadistato.it si riferiva alle 55 perquisizioni della polizia postale e delle comunicazioni (Polpost) a carico di gestori e utenti del sito http://www.cucciolandia.org, indagati per la prima volta per associazione a delinquere finalizzata alla violazione del copyright. Cucciolandia non è un gruppo di animalisti radicali e nemmeno una «gang», come invece l'ha definita il tg di Studioaperto. È una rete di sette server basati su protocollo OpenNap, la prima forma di condivisione di file a sorgente aperto programmata analizzando il funzionamento di Napster, accessibile tramite software come WinMx o Lopster. Sono server casalinghi dei quali in Italia, dal `99, ci fu un vero e proprio boom. È nata tre anni fa per condividere materiale in rete files, musica, films, software e giochi per iniziativa di ragazzi che gestivano una chat e amavano smodatamente i cuccioli, tanto da chiamare ogni server con il nome della razza canina preferita: dobermann, pastore tedesco, chiwawa, eccetera. Alcuni gestori, contattati dal manifesto, hanno spiegato che lo scambio di file, sui loro server, è disattivato dal febbraio 2004. Decideranno i giudici e non sarà una cosa breve.
Operazione «pastore abruzzese»
L'operazione «pastore abruzzese», disposta dalla procura di Sulmona (L'Aquila), è stata eseguita il 30 maggio ma è venuta fuori, guarda un po', solo alla vigilia della Giornata mondiale della proprietà intellettuale e del relativo convegno che ha riunito, martedì 7 all'istituto San Michele di Roma, ministri del calibro di Buttiglione, Landolfi, Stanca e l'indimenticabile Scajola, con i responsabili della Siae e della Fpm (federazione contro la pirateria), il vicecapo della polizia prefetto De Sena e generali dei carabinieri e della finanza.
Non è stato un gran trionfo. Solo la Fimi, l'organizzazione delle case discografiche autrice della segnalazione all'origine dell'inchiesta di Sulmona, ha pubblicamente applaudito. I ministri l'hanno presa alla lontana, sfuggendo alle polemiche già montavano dalla rete ai banchi parlamentari: «Ma che fanno? Perquisiscono i ragazzini che scaricano film e canzoni da internet?». Questo si leggeva sul web, nei forum e nelle chat animate dagli stessi perquisiti di Cucciolandia o da chi teme di fare la stessa fine. E questo si diceva nei corridoi, a Montecitorio come al San Michele. C'è aria di pesante criminalizzazione verso pratiche ormai familiari a milioni di persone, come il peer to peer e altri sistemi di condivisione in rete. Così, nel silenzio ipocrita dei ministri, è toccato al questore Domenico Vulpiani, direttore della Polpost, rispondere che «no, per carità, altrimenti finiremmo per dover arrestare anche i nostri figli. Nelle perquisizioni - ha segnalato Vulpiani - abbiamo trovato apparecchi di duplicazione. La legge ci dà un discrimine preciso: c'è fattispecie penale laddove si riscontra lo scopo di lucro, se non c'è scopo di lucro c'è solo la sanzione amministrativa».
Insomma sembra ragionevole, se manca lo scopo di lucro niente polizia, niente perquisizioni, niente associazione a delinquere. Lo ripete da settimane anche Fiorello Cortiana, senatore verde e presidente del comitato parlamentare per l'innovazione tecnologica, sostenitore delle battaglie di libertà sul web ma soprattutto estensore di alcune delle ultime modifiche (legge 43 del 2005) alla vecchia legge 633 del `41 sul diritto d'autore, che hanno attenuato la portata repressiva del decreto dell'ex ministro Giuliano Urbani, oggi consigliere Rai (d.l.72/2004 convertito in l.128/2004).
In effetti l'articolo 174 quater, che esclude finalità di profitto o lucro, punisce con la semplice sanzione amministrativa di 154 euro (fino a 1032 per diverse violazioni, più eventuali confische e la pubblicazione dei provvedimenti) chiunque «abusivamente utilizza, anche via etere o via cavo, duplica o riproduce opere o materiali protetti», dunque il singolo utente che scarica il film per vederlo o la musica per ascoltarla. Ma poco più su l'articolo 171, che pure esclude eventuali scopi di lucro o di profitto, prevede sanzioni penali per chi, oltre a scaricare dalla rete, partecipa ad attività di scambio: «Chiunque mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, opere protette da copyright, è punito con una multa da 51 a 2065 euro». Grazie a un emendamento di Cortiana e altri, prima dell'emissione del decreto penale di condanna o dell'apertura del dibattimento, oggi si può evitare il processo ed estinguere il reato pagando una somma pari alla metà del massimo previsto. Si rimane però in campo penale e poiché il nuovo articolo 171 esiste solo dal 1° aprile non si sa ancora, per esempio, se si potranno accumulare infinite sanzioni, una per ogni file protetto scambiato, o se sarà applicato il massimo di tre che vige per le sanzioni amministrative. Fa una bella differenza per coloro che sono accusati, nel caso Cucciolandia, di aver condiviso migliaia di file protetti.
Nessun file share dal 2004
Di queste due norme sulle violazioni senza lucro, ad ogni buon conto, non c'è traccia nel fascicolo del procuratore di Sulmona Giovanni Melogli. L'associazione a delinquere «smantellata» sarebbe infatti finalizzata ai più gravi reati di cui agli articoli 171 bis e 171 ter della legge autore: il primo punisce la duplicazione, importazione, distribuzione e vendita di software protetti da copyrigt e l'eventuale possesso di programmi che permettono il loro «crackaggio», richiede un generico fine «di trarne profitto» e prevede da sei mesi a tre anni di reclusione più la multa da 2.682 a 15.493 euro; il secondo commina le stesse pene per il traffico di musica, film o libri e richiede la specifica finalità «di lucro», ma la cassazione ha già stabilito che il possesso di 50 copie della stessa opera fa venir meno l'onere di dimostrare il lucro.
Contro gli indagati di Cucciolandia non ci sono specifici indizi di attività come la duplicazione e la rivendita di opere protette. Anzi «nelle precedenti indagini sui dvd e cd pirata che si vendono in giro - spiega un investigatore abruzzese - non abbiamo quasi mai riscontrato contatti tra chi scarica dalla rete e chi produce falsi su scala più o meno industriale». Al massimo c'è qualche sospetto perché, durante le perquisizioni, a qualcuno è stato trovato più di un masterizzatore e una gran quantità di cd e dvd vergini. «Non si può credere - osserva un investigatore - che abbiano speso soldi senza guadagnarci». E' un tipico ragionamento da poliziotti e loro lo sanno: «L'ipotesi dell'associazione a delinquere non poggia sul lucro - spiegano - ma sull'organizzazione che serviva a violare il diritto d'autore».
Per ora la Polpost, nell'informativa datata 7 maggio, ha attribuito un ruolo «organizzativo» ai gestori dei server e agli utenti in possesso di oltre 13 mila file condivisi. Secondo l'informativa le intercettazioni autorizzate su cinque dei sette server, tra marzo e aprile, hanno registrato migliaia di scambi in poche ore, dai Guns'N Roses al gioco del calcio per la playstation. Gli investigatori, moltiplicando quei dati per i prezzi medi delle opere, scrivono di danni all'industria, all'erario e alla Siae per 35 mila euro l'ora. E su questa base hanno chiesto non solo le perquisizioni ma l'arresto dei cinque gestori dei server intercettati. Per fortuna non hanno convinto la procura. Un gestore indagato nega decisamente: «Lo share su Cucciolandia è chiuso dal febbraio 2004, da prima della legge Urbani. Basta collegarsi a WinMx per verificare: 0 files condivisi». Per i poliziotti «sono trucchi». Un altro indagato rivendica: «Non mi sento criminale in quanto faccio una cosa in cui credo e che ritengo giusta, in quanto condivido, scarico e promuovo l'utilizzo legale del p2p e l'utilizzo di nuove licenze». I giudici stabiliranno se sono avvenuti scambi illeciti e se risultano coinvolti i server oltre ai soli utenti direttamente impegnati. Il reato associativo passa da lì e peraltro ci richiede almeno tre persone.
11mila denunce in tutto il mondo
Secondo la Ifpi, l'associazione delle industrie musicali, nel mondo sono più di 11 mila le denunce contro utenti di sistemi file sharing - molte riconducibili ai discografici americani (Riaa) e agli studios di Hollywood (Mpaa) - di cui centinaia contro utenti europei. In Italia l'ultima ondata di azioni legali contro il p2p risale ad aprile, quando le 1400 le case discografiche dell'Ifpi hanno denunciato 963 persone nel mondo e tra queste 26 utenti italiani dei sistemi di file sharing più noti (Kazaa, e-Donkey, eMule, WinMX, BitTorrent) e gestori di server OpenNap. E in Italia a marzo e a ottobre 2004 erano stati denunciati altri 37 utenti.
Il battage mediatico del 6 e 7 giugno ha recapitato anche all'ultimo ragazzino che scarica musica su internet il messaggio che sta a cuore all'industria discografica: il peer to peer è un reato grave e conviene starne fuori, altrimenti arriva la polizia e porta via computer, masterizzatori e dischetti. Ma non sarà così facile. Cucciolandia è stata presa di mira dopo accurata selezione della Polpost, altre reti si rivelano meno vulnerabili perché tengono i server all'estero o si proteggono dalle intercettazioni con sistemi di criptazione.
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