Con l’operazione del 20 luglio 2005 che ha portato all’arresto di 7 compagni, all’inquisizione di altri 10 per devastazione, saccheggio, aggressione, resistenza e al sequestro del Fenix nella nostra città qualcosa è cambiato. Siamo di fronte a degli arresti inconcepibili e denuncie sproporzionate rispetto ai fatti in sé contestati (disordini in pieno centro a seguito di una carica scomposta delle forze dell’ordine), non solo: ci troviamo di fronte a un “monstre” giudiziario in cui il PM Tatangelo cerca di unire avvenimenti diversi (contestazione sotto il cpt di c.so Brunelleschi, manifestazione antifascista del 18 giugno) provando a minacciare l’ipotesi di un reato associativo. Siamo prossimi alle Olimpiadi e chi a vario titolo governa la città vuole ordine e pace sociale. Ma non può esistere pace sociale all’interno di una città che mostra evidenti le sue pesanti contraddizioni e che di fatto è oggi immersa in una crisi che produce precarietà ed esclusione sociale. E che proprio per cancellare la crisi si riscopre vero e proprio laboratorio di repressione e criminalizzazione del dissenso. I migranti sono (anche grazie al clima di paure terroristiche costruito ad hoc) uno dei soggetti sociali più evidentemente esposti: braccati, rinchiusi nel lager di corso Brunelleschi, espulsi o uccisi durante le retate delle forze dell’ordine.
Perché a Torino si vuole imporre una svolta legalitaria, che in realtà tutela interessi particolari, e vuole annientare i bisogni materiali e le rivendicazioni sociali di cui si nutrono i conflitti che nel quotidiano fanno vivere forme di autogestione ed auto-organizzazione impossibili da mettere in scaletta nel grande show delle olimpiadi invernali. Gli spazi sociali sgomberati e l’accanimento giudiziario che colpisce ad ampio raggio tutti i settori del movimento antagonista sono tappe di questo percorso. La repressione che ha duramente colpito tutto il movimento torinese rappresenta quindi in quest’ottica l’ennesimo segnale pubblico lanciato da chi tutela i poteri forti della città. E’ un segnale chiaro, che esige una risposta altrettanto chiara che intendiamo dare proprio sul terreno delle lotte sociali che si vorrebbero annientare.
Il conflitto non si arresta. Lo dice la Val di Susa con la sua opposizione popolare al TAV, lo dicono i migranti con le fughe e le lotte estreme nel lager di corso Brunelleschi, e lo vogliamo ribadire ancora una volta in piazza: non siamo disposti a fare nessun passo indietro in difesa dei bisogni collettivi, in difesa della nostra agibilità politica e sociale. E’ una battaglia che non può essere solo nostra, ma che deve riguardare la Torino dell’opposizione sociale, a cui chiediamo di scendere in piazza per riaffermare un diritto collettivo di resistenza.
Centri Sociali e Case occupate Torino Coordinamento Antifascista
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