Steve Biko lo aveva detto:" Il giorno che mi prenderanno, mi ammazzeranno, perché io o li picchierò o mi farò picchiare fino a farmi ammazzare".
Non ci pensò due volte Gideon Nieuwoudt, il poliziotto abituato a torturare e uccidere studenti neri fermati durante le manifestazioni di protesta, trascinati nel carcere di Port Elizabeth per poi, molti di loro, bruciarli vivi e farli sparire dalla circolazione. Da ReporterAssociati
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Biko: morto il suo torturatore
di Nardino Cosmai
24 Aug 2005
Tshwane - Steve Biko lo aveva detto:" Il giorno che mi prenderanno, mi ammazzeranno, perché io o li picchierò o mi farò picchiare fino a farmi ammazzare".
Non ci pensò due volte Gideon Nieuwoudt, il poliziotto abituato a torturare e uccidere studenti neri fermati durante le manifestazioni di protesta, trascinati nel carcere di Port Elizabeth per poi, molti di loro, bruciarli vivi e farli sparire dalla circolazione.
Non ci pensò due volte il tenente colonnello Gideon Nieuwoudt e prese a torturare Biko e poi, non soddisfatto, a spaccargli la testa con una spranga per finirlo, in quel carcere dove venivano sbattuti a centinaia i giovani neri e ognuno di loro con la semplice colpa di reclamare la fine dell'odio razziale.
Ora però Gideon, il poliziotto torturatore, dopo 28 anni dai massacri, se ne è andato dalla faccia della terra senza però dimenticarsi di portarsi addosso i suoi bagagli colmi di altre storie pesanti, come le accuse di omicidio nei confronti di suoi tre colleghi - neri anche loro- e di un pentito che minacciava di rivelare altri dettagli di quei delitti e di altre efferatezze.
Steve Biko, 31 anni, studente in medicina e leader della lotta anti-apartheid, fu picchiato selvaggiamente mentre si trovava in stato di arresto per aver "insultato" un poliziotto. Dal carcere di Port Elizabeth, ormai in fin di vita, venne poi trasportato a morire lontano oltre mille chilometri, in un ospedale di Pretoria (oggi la città si chiama Tshwane "siamo tutti uguali", un significato che forse rende giustizia a tutti quelli che morirono per essere "tutti uguali" , un nome che sarebbe piaciuto sicuramente a Biko). Biko, fondò alla fine degli anni '60 il movimento "Black Consciousness" , espressione della generazione di giovani neri che attraverso nuovi ideali cercavano di ridare impulso alla lotta antirazzista e antisegregazionista dopo la messa fuorilegge, l'arresto e la condanna all'ergastolo nel 1964 di Nelson Mandela, leader dell' Anc (African National Congress).
Steve Biko non predicava l'odio razziale, perché - diceva - non si combatte con l'odio e invitava i giovani neri a distinguere tra i bianchi e il loro governo. Lo faceva ricordando dignità e fierezza al suo popolo. Ma era considerato troppo pericoloso per il regime di Botha: ed ecco perché venne torturato e ucciso.
La morte di Biko fece il giro del mondo e indignò. La sua vicenda ispirò anche un film, "Grido di Libertà", e canzoni, come quella di Peter Gabriel che colpisce al cuore martellandolo dolcemente ma con rabbia: "... potete spegnere una candela ma non potete spegnere un fuoco, una volta che le fiamme cominceranno ad attecchire, Il vento le soffierà più in alto…Oh Biko, Biko, perché Biko Yihla Moja, Yihla Moja. L'uomo è morto. E gli occhi del mondo, ora, lo stanno guardando ora, lo stanno guardando ..."
Nardino Cosmai
l.cosmai@reporterassociati.org
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