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Università: 7 giorni di buoni propositi
by il manifesto Sunday, Oct. 16, 2005 at 4:44 AM mail:

il manifesto 15 ottobre 2005

Dalla Sapienza sette giorni di buoni pensieri
A Roma 12 facoltà occupate. Week end ludico con «i Guzzanti» e poi tutti contro «la congiura del silenzio»


Manifestazione il 25 Studenti a Montecitorio contro il via libera al ddl Moratti. Ma prima tanti cortei, assemblee, «street parade» e occupazioni «ovunque è possibile»
M. BA.
Se qualcuno pensa che le facoltà occupate della Sapienza cedano alla stanchezza si sbaglia di grosso. Perché tra assemblee, iniziative e continui scambi di idee gli studenti e i precari che hanno quasi paralizzato «l'ateneo più grande d'Europa» di smettere sul più bello non ci pensano proprio. Anzi, si preparano ad arrivare bene «in forma» alla manifestazione nazionale convocata a Roma per il prossimo 25 ottobre, data presunta del via libera definitivo alla riforma Moratti della docenza universitaria. Dieci giorni dunque, 240 ore per vivere o morire, perché, come dice uno studente in una stracolma assemblea di ateneo: «Dopo le riforme di questi anni dell'università italiana rischia di non rimanere in piedi neanche un mattone». Non per cupio dissolvi di chi negli atenei lavora e studia, ma per i desideri dei tanti legislatori che al desco accademico si sono accomodati. Per questo dalla Sapienza parte la richiesta a tutte le università in lotta di puntare su una mobilitazione a livello territoriale per il prossimo 21 ottobre con cortei in ogni città.

A Roma per ora il menù è quanto mai ghiotto. Ieri gli occupanti si sono trasferiti al teatro Capranica partecipando alla protesta della cultura la sofferenza delle università. Ma non di solo impegno vivono l'uomo e la donna. Ecco dunque un week end ludico con un dj set lungo una notte nel cortile del rettorato. E tempo permettendo la festa potrebbe anche sfociare in una rumorosa «street parade». Per domenica sera invece voci di corridoio danno per sicura la partecipazione dei «due Guzzanti», Corrado e Sabina, a una performance di solidarietà dentro l'università occupata. Smaltiti i postumi però si tornerà a fare sul serio. Martedì e mercoledì si cercherà di rompere la «congiura del silenzio» con azioni sul territorio che informino (decisamente) meglio sul malessere degli atenei e le proposte degli studenti. Teatri, cinema, luoghi di informazione, saranno tutti tappe della «gita» oltre le mura dell'accademia. Venerdì, come detto, i cortei per preparare al massimo la manifestazione nazionale del 25.

Progetti ambiziosi? Non tanto. Anche nell'altro ateneo romano, Tor Vergata, ci si mobilita come si deve: ieri è stata occupata la facoltà di Scienze. E giovedì prossimo alle 10 Roma Tre organizza un «funerale dell'università» a Montecitorio. Intanto via a liberi gruppi di studio tra studenti, docenti e ricercatori per discutere davvero dell'«esperienza dell'università», di cosa è oggi, di cosa dovrebbe essere, senza l'incubo di ddl indigesti.

Se Roma si muove il resto d'Italia non è da meno. Difficile raccontare un movimento così multiforme e disomogeneo, ma sempre più spesso manifestazioni anche piccole rompono quel muro di disimpegno che nell'esamificio della «laurea a crediti» inibisce quasi qualsiasi esperienza collettiva.

A Pisa un centinaio di precari e studenti hanno fatto irruzione in un'assemblea «No Moratti» gestita dal rettore dell'ateneo insieme a Realacci (Margherita) e Modica (Ds). Perché dietro la decantata eccellenza dell'ateneo pisano c'è una realtà fatta soprattutto di (tanto) precariato. E anche a Firenze, fin dall'inizio in prima fila nella lotta contro il ddl Moratti, un'assemblea a Lettere «bella e strabordante» ha innescato un corteo non programmato per le vie della città. Con la gentile richiesta - non è mai troppo tardi - di dimissioni dei rettori. Ogni scelta, sul blocco della didattica e sulle modalità della protesta, è gestita dal basso, lasciando la massima autonomia ai collettivi delle facoltà. Una rete che però non impedisce mobilitazioni condivise.

Qualcuno vedendo tanta moderazione cade dalle nuvole. «Mi stupisce che la protesta sia così blanda, nel `68 avrebbero distrutto tutto e nel `74 bruciato intere facoltà». Domenico De Masi, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza non si nasconde: «L'università italiana è un malato terminale». Forse perché i professori a contratto che saranno messi a regime dalla riforma oggi esistono già: «Si tratta di persone chiamate per fare conferenze e che invece tengono lezioni e preparano tesi, retribuite con 2mila euro lordi l'anno». Nella sua facoltà, dice De Masi, sono «132 docenti su 204». Più del 60 per cento. Domani saranno di più.

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