Ieri, a sorpresa, un corteo è uscito dalle facoltà occupate verso il centro città. Occupazioni anche a Padova, Firenze e Bologna.
vallegiulia.jpg, image/jpeg, 320x228
Tutti erano molto determinati, quelli coi manganelli e quelli con le mani che, però, arrivano quasi dove volevano arrivare. Ci saranno altre occasioni per dire che non è solo il decreto Moratti a fargli occupare le università ma i tagli continui delle finanziarie, le privatizzazioni delle aziende per il diritto allo studio e l'intero impianto, il 3+2, che la pessima ministra liberista ha ereditato dal centrosinistra e poi ci ha ricamato sopra rendendolo più odioso. «Zecchino è quello che ha immesso negli atenei un esercito di 40mila ricercatori a contratto che guadagnano da zero a mille euro a semestre», spiega Andrea Capocci della rete dei ricercatori precari. Sul versante studentesco è stata prodotta una "licealizzazione". Fa i conti Ivan, 21 anni, teramano di Lettere: «180 crediti da conseguire in prove da 4 ciascuna, significa 45 esami in 3 anni». Tempi e ritmi che impediscono socialità e sapere critico. E piccoli lavori precari per far fronte al caro affitti che si mangiano il poco tempo libero. «L'occupazione ci rivela dimensioni negate della facoltà», dice Giorgio, perugino ventenne, che da tre notti dorme e vive a Fisica. Per questo le facoltà occupate si riempiono subito di giocolieri, musicanti e si reinventano spazi per discutere. Coi compagni, coi docenti, coi ricercatori, con le matricole che sono un po' spaesate, due giorni che erano iniziate le lezioni e già si occupa. «Ci sarà da fare una seria campagna di comunicazione in facoltà e fuori», pensa Mery, 21 anni pure lei, viene da Gaeta per studiare psicologia. Non è stata a Genova, non aveva mai occupato neppure al liceo eppure, dice, «stavolta è scattato qualcosa». Ha occupato per denunciare l'incubo di 18 esami spalmati in 4 appelli l'anno e con la seria probabilità che il numero chiuso sbarri l'accesso al biennio specialistico, il più costoso. «La nuova consapevolezza - conferma Elisa Coccia del coordinamento dei collettivi - scaturisce proprio dalle condizioni alienanti di vita e di studio e trova sbocco nella radicalità delle occupazioni, l'unico luogo per creare partecipazione». Gli striscioni rivelano la voglia di autorganizzazione, il desiderio di spazi, cultura, tempo, casa. «Né Moratti, né Zecchino», si leggeva sul drappo violetto che li precedeva nella lunga marcia verso Termini che si conclude con un boato di fischi e slogan contro la guerra quando si passa sotto il ministero dell'aeronautica. «Sono quelli del triennio di base - spiega Gigi Roggero, giovane ricercatore di sociologia a Cosenza - "nati" dentro questo ordinamento e lontani dalla politica. Sembra un momento di dissoluzione del pessimismo ma tutto si giocherà sulla capacità di generalizzazione». «La chiarezza sul modello Zecchino segna la nostra autonomia dai tentativi dei rettori di mobilitare dall'alto», aggiunge Aringoli. Di certo c'è quella «presa di parola straordinaria, questa rottura del silenzio e della normalità», che segnala anche Francesco Raparelli di Esc.
Oggi alla Sapienza la rete dei ricercatori precari ha promosso un dibattito sul senso della ricerca stessa, contemporaneamente, a Roma III, la facoltà di filosofia ospiterà un'assemblea d'ateneo da cui partirà, più tardi un funerale dell'università messo in scena da studenti di scienze rigorosamente in abito scuro. Alla Sapienza, alle 10.30 è già ora di un'altra assemblea d'ateneo. In attesa di segnali da altre città universitarie.
|