finalmente si parla di "3+2"
Resistenza studentesca una piccola storia una grande speranza Tutto è iniziato così: Era la notte di sabato 15 e ci trovavamo in autobus di ritorno da Roma, reduci dalla manifestazione nazionale contro la direttiva Bolkestein. Già durante il viaggio di andata iniziò a farsi strada la voce che timidamente qualcosa stava muovendosi tra gli studenti e le studentesse di Scienze Politiche, che proponevano tra di loro l’idea di bloccare i corsi della propria facoltà. Così, nonostante fossimo distrutti dal corteo e dal viaggio, iniziammo a discutere circa il da farsi. “ Siete di Scienze Politiche” “ Come è la situazione” “Cosa volete fare” Tutto è iniziato quindi per caso. Il giorno seguente ci incontrammo per continuare a discutere sul come muoverci, ma più che discutere ci ritrovammo a tirar fuori tutto il veleno che avevamo in corpo. Iniziarono ad emergere i nostri disagi, quelli che quotidianamente viviamo sulla nostra pelle (non quelli dei Baroni e dei Barboncini), l’ostilità verso l’ affermarsi di una concezione strumentale dell’università, che si prepara a sfornare quelle “risorse umane” necessarie al “Potere” per mantenere il buon funzionamento del competitivo sistema-mercato. Si è inveito contro i ritmi frenetici e anche contro i salati costi di affitto, contro il numero chiuso delle lauree specialistiche, insomma ci siamo ritrovati a tirar fuori la frustrazione del sentirci studenti precari proiettati verso un futuro precario e a prender coscienza del fatto che più che un’università, la nostra è una fabbrica. Per anni molti di noi hanno volantinato l’università, partecipando alla costruzione di una mobilitazione contro il DDL Moratti . Ora però tutto è diverso, si parla con più forza della Zecchino-Berlinguer , si combatte contro il nostro esistente di studenti non automizzati e per questo didatticamente emarginati, non è un caso che lo studente fuori corso è visto quasi come fosse un costo morto, un’anomalia che segnala ciò che non si deve essere, uno scarto del processo produttivo. È quasi impossibile seguire i ritmi di produzione just in time del “3+2”, come rischiano di impazzire gli operai di Melfi, così anche noi, e non solo, poiché in questo gioco di mercato la quantità sembra stia sostituendo la qualità, si rischia soprattutto di essere cestinati perché troppi e mediocri …e da qui parte dall’alto l’esigenza del numero chiuso! Sulla scorta di questa presa di coscienza, abbiamo allora bloccato le lezioni di Scienze Politiche, e pur rendendoci conto, durante le numerose assemblee, che non sarebbe stato facile bloccare l’intera l’UNICAL (università degli studi della Calabria),così come non è stato facile bloccare la produzione a Melfi, non ci siamo arresi ed armati di megafono e volantini siamo entrati in tutte le aule, in meno di una settimana abbiamo quindi esteso lo stato di mobilitazione all’intero ateneo, bloccando tutte le lezioni, e creando un seguito di compagni-studenti di notevole consistenza. Come un fiume in piena, il cui corso era stato deviato, si riappropria con irruenza del proprio letto, così centinaia di studenti ci riversavamo nelle aule in cui c’era ancora lezione e ci appropriavamo dei nostri spazi, rivendicando il diritto di avere un’università a misura di studente che formi sapere e libere coscienze e non tecnocrati “precari” e “preautomatizzati”. La cosa ha funzionato, l’incessante processo produttivo è stato arrestato, il prato verde del “nuovo ordinamento” si è colorato di rosso, lo stesso rosso che ha ravvivato i 21 giorni di Melfi. Insieme andremo Roma per manifestare ancora il nostro dissenso, per difendere la nostra università pubblica, per confermare il nostro NO al processo di standardizzazione e mediocrizzazione.
COLLETTIVO RESISTENZA STUDENTESCA
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