Gli uccelli volano, i pesci nuotano e gli animali
corrono. Quello che corre può essere arrestato da una
trappola, quello che nuota da una rete, e quello che
vola da una freccia. Ma qui abbiamo un drago; non so
come cavalchi nel vento, né come arrivi al cielo.
La sfida (al) cinese?
Nelle rovine dell’Impero, nelle crepe scavate dalle guerre, dall’odio, da una temporalità opprimente e insostenibile, dalla dissociazione tra soggetto e desideri, il drago si è coagulato senza un inizio e senza una fine, il drago E’ e arriva dalle insenature del tempo, e dalle pieghe dello spazio per creare aldilà di sé, sé stesso.
Il drago è antropologicamente Altro, anzi il drago è l’incontenibile Altro. Il drago è mostruoso perché il potere non ne coglie l’incommensurabile bellezza. Il drago non si droga, E’ droga. Dragatevi.
Il drago ha portato i nostri senni sulla luna e non intende riportarli indietro.
Il drago è un benefattore: ha già conquistato il cielo.
Nel drago l’ibridazione non ha dove. Il drago è il non luogo che si fa luogo. È la mente che si fa carne. Il drago è l’annullamento delle gerarchie. E’ moltitudine dentro e fuori di sé, unaninamente condiviso. Il drago cavalca su rizomi. Il drago è superficie rizomatica.
Il drago è creolizzazione nomade. Il drago è post, molto post.
Il drago è dono. Il drago non ha paura di morire, perché lui è nei corpi che tocca. Il drago non lavora, possiede il tempo per il sogno, il sogno incarnato nel reale. Solo chi ha il tempo per delirare e per sognare trova la saggezza.
Il drago è la vernice che dipinge attraverso i nostri corpi la realtà inafferrabile.
Il drago è la riappropriazione circolare della vita quotidiana. Il drago è un ouroburos positivo. Il drago ti implora di vivere davvero. Non di sopravvivere. Il drago è nomade. Il drago è riappropriazione dell’essere, è resistenza ontologica.
Il drago è uguale e diverso da tutti. Il drago è dada. Dada è spirito.
Il drago è il readymade della nostra inquietudine. Come una fonte di energia rinnovabile che sgorga e si dimena e non il petrolio del cazzo. Il drago ti mastica se ti fai masticare, è ingordo, sceglie le sue prede con cura.
Il drago sputa il fuoco prometeico: un fuoco creativo, una condivisione della sapienza, una fonte inesauribile, libera, sempre eccedente. Il drago è la liberazione dal peccato, la riappropriazione dei corpi, è riappropriazione dell’erotismo contro la dittatura della pornografia. Il fuoco del drago è la passione dentro i nostri corpi che esplode contro le costrizioni e gli irrigidimenti del potere. Il drago è una tecnologia spirituale. Il drago non crede a nulla, ma ogni dio è in lui.
Il drago è l’eroico furore di chi lotta per disgelare gli inganni di una cultura statica e vessatoria.
Il drago libera Sisifo dalla sua pena eterna, dall’eterno ritorno della responsabilità.
Il drago è un soffio divino, come nell’energia sufi, baraka che si diffonde nei corpi, attraverso i corpi.
Il fuoco del drago è conatus. Il drago non è un maialone.
È forse la cecità con la quale il sindaco si arrocca nella sua concezione dispotica e repressiva di legalità. In quel momento il drago è stato scoperto a singhiozzare:
E’ degrado impedire la felicità e la socialità libera. Il drago vuole vederci felici. Il drago danza, è la festa perenne, è la circolarità delle relazioni. Il drago non ama il celeste impero, ma la moltitudine caleidoscopica.
Il drago ha colpito ancora. Ieri 22 Ottobre il drago cinese ha trascinato centinaia di studenti nella “zona rossa” di piazza Verdi.
Il drago è la gioia che resiste.
Il drago ieri ha danzato nelle strade di Bologna, alla ricerca di quella cosa chiamata “degrado”.
Cosa è il degrado si chiede il grande drago.
E’ forse l’incapacità dell’amministrazione comunale di confrontarsi con ciò che non capisce?
Gli uccelli volano, i pesci nuotano e gli animali corrono. Quello che corre può essere arrestato da una trappola, quello che nuota da una rete, e quello che vola da una freccia. Ma qui abbiamo un drago; non so come cavalchi nel vento, né come arrivi al cielo.
La sfida (al) cinese?
Nelle rovine dell’Impero, nelle crepe scavate dalle guerre, dall’odio, da una temporalità opprimente e insostenibile, dalla dissociazione tra soggetto e desideri, il drago si è coagulato senza un inizio e senza una fine, il drago E’ e arriva dalle insenature del tempo, e dalle pieghe dello spazio per creare aldilà di sé, sé stesso.
Il drago è antropologicamente Altro, anzi il drago è l’incontenibile Altro. Il drago è mostruoso perché il potere non ne coglie l’incommensurabile bellezza. Il drago non si droga, E’ droga. Dragatevi. Il drago ha portato i nostri senni sulla luna e non intende riportarli indietro. Il drago è un benefattore: ha già conquistato il cielo.
Nel drago l’ibridazione non ha dove. Il drago è il non luogo che si fa luogo. È la mente che si fa carne. Il drago è l’annullamento delle gerarchie. E’ moltitudine dentro e fuori di sé, unaninamente condiviso. Il drago cavalca su rizomi. Il drago è superficie rizomatica. Il drago è creolizzazione nomade. Il drago è post, molto post. Il drago è dono. Il drago non ha paura di morire, perché lui è nei corpi che tocca. Il drago non lavora, possiede il tempo per il sogno, il sogno incarnato nel reale. Solo chi ha il tempo per delirare e per sognare trova la saggezza. Il drago è la vernice che dipinge attraverso i nostri corpi la realtà inafferrabile. Il drago è la riappropriazione circolare della vita quotidiana. Il drago è un ouroburos positivo. Il drago ti implora di vivere davvero. Non di sopravvivere. Il drago è nomade. Il drago è riappropriazione dell’essere, è resistenza ontologica. Il drago è uguale e diverso da tutti. Il drago è dada. Dada è spirito. Il drago è il readymade della nostra inquietudine. Come una fonte di energia rinnovabile che sgorga e si dimena e non il petrolio del cazzo. Il drago ti mastica se ti fai masticare, è ingordo, sceglie le sue prede con cura. Il drago sputa il fuoco prometeico: un fuoco creativo, una condivisione della sapienza, una fonte inesauribile, libera, sempre eccedente. Il drago è la liberazione dal peccato, la riappropriazione dei corpi, è riappropriazione dell’erotismo contro la dittatura della pornografia. Il fuoco del drago è la passione dentro i nostri corpi che esplode contro le costrizioni e gli irrigidimenti del potere. Il drago è una tecnologia spirituale. Il drago non crede a nulla, ma ogni dio è in lui. Il drago è l’eroico furore di chi lotta per disgelare gli inganni di una cultura statica e vessatoria. Il drago libera Sisifo dalla sua pena eterna, dall’eterno ritorno della responsabilità. Il drago è un soffio divino, come nell’energia sufi, baraka che si diffonde nei corpi, attraverso i corpi. Il fuoco del drago è conatus. Il drago non è un maialone.
È forse la cecità con la quale il sindaco si arrocca nella sua concezione dispotica e repressiva di legalità. In quel momento il drago è stato scoperto a singhiozzare: E’ degrado impedire la felicità e la socialità libera. Il drago vuole vederci felici. Il drago danza, è la festa perenne, è la circolarità delle relazioni. Il drago non ama il celeste impero, ma la moltitudine caleidoscopica.
Il drago ha colpito ancora. Ieri 22 Ottobre il drago cinese ha trascinato centinaia di studenti nella “zona rossa” di piazza Verdi. Il drago è la gioia che resiste.
Il drago ieri ha danzato nelle strade di Bologna, alla ricerca di quella cosa chiamata “degrado”. Cosa è il degrado si chiede il grande drago. E’ forse l’incapacità dell’amministrazione comunale di confrontarsi con ciò che non capisce?
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