Il giorno dopo gli scontri tra studenti e polizia che hanno riportato i riflettori su Bologna e sulla amministrazione Cofferati, è un clima di apparente calma quello che si respira in città. La tensione, trascinata per mesi, esplode sulla questione della legalità che rischia di spaccare la maggioranza.
Dopo che nei giorni scorsi il sindaco ha inviato le ruspe per sgomberare le baracche dei clandestini rumeni sul lungo Reno e ha annunciato misure forti in tema di sfratti e sicurezza, lo scontro con la sinistra radicale, che ritiene repressiva la sua politica, si è infiammato. Ora gli occhi sono puntati sull’ordine del giorno sulla legalità che Cofferati intende presentare il 2 novembre. Ma l'ala sinistra della maggioranza minaccia di uscire dal governo. E la questione rischia ora di assumere un rilievo nazionale.
Cofferati però va avanti per la sua strada, anzi garantisce: «Non mi faccio intimorire. Vado avanti secondo gli orientamenti che avevo esplicitato». Un commento telegrafico, quello con cui il primo cittadino si sottrae alle polemiche e alle spiegazioni. «È molto importante che ognuno - aggiunge il Cinese- si prenda le sue responsabilità. Il mio obiettivo è quello di avere una coalizione salda, la più ampia possibile, senza sottrarre alla discussione nessun approfondimento, ma contemporaneamente senza nessuna sbavatura o incertezza». Questo è tutto quello che Cofferati ha detto martedì, il giorno dopo l’assedio a Palazzo d’Accursio.
Il sindaco non ha ancora chiarito l’accaduto e ha rinviato le spiegazioni. Tuttavia qualche passo indietro sembra disposto a farlo. Due infatti le mediazioni politiche che avrebbe garantito ai colleghi di giunta: una modalità di intervento condivisa sugli sgomberi futuri e, soprattutto, la possibilità di una mediazione sul voto dell'ordine del giorno sulla sicurezza che potrebbe non essere votato la prima volta in giunta, come previsto inizialmente, ma in consiglio comunale.
Un'ipotesi non smentita dall’assessore di Rifondazione comunista Maurizio Zamboni, in passato tra i più critici dell'operato di Cofferati, che comunque non ha voluto chiarire se il Prc uscirà o meno e ha lasciato invece un margine d’apertura: «Oggi la giunta è stata messa in condizione di poter lavorare in modo collegiale e sereno».
Quando gli studenti, lunedì, hanno tentato di bloccare la seduta del Consiglio comunale sugli sgomberi dei clandestini, la polizia per fermare i manifestanti asserragliati sotto il Comune, ha usato la mano forte. Durante la carica ci sono stati alcuni feriti, tra cui il segretario provinciale di Rifondazione comunista Tiziano Loreti, che era sceso in piazza ad esprimere il suo sdegno per ciò che stava accadendo. E che martedì ha tenuto una conferenza stampa con il tutore al collo.
Ma la spaccatura con Rifondazione comunista non è ancora da escludere. Il consigliere comunale Valerio Monteventi, che lunedì era in piazza con gli studenti, si è autosospeso e il partito ha lasciato piena libertà di decisione ai colleghi bolognesi sul voto dell'odg di Cofferati. Il capogruppo Prc alla Camera, Franco Giordano, chiarisce senza mezzi termini che se l'ordine del giorno sulla legalità non piacerà a Rifondazione comunista di Bologna «i compagni saranno liberissimi di votare contro e sarà anche utile farlo». E aggiunge: «Se si vuole costruire invece un percorso di segno diverso - riferendosi alle ventilate aperture del sindaco - bene, siamo qui. Quella dell'opposizione per noi non è una minaccia possibile. Quindi voteremo no, contro, usciremo dalla giunta, decida Cofferati». Comunque, precisa Giordano, «il caso è a Bologna, non nazionale». Rifondazione, dice, non "pugnalerà alle spalle" il prossimo governo Prodi.
Sono gli spettri del ’98, quelli che evoca Giordano, quando si consumò la frattura tra Prodi e Bertinotti. E che ora, nel dibattito bolognese, ritornano. Come ritornano anche i fantasmi del ’77. Solo qualche giorno fa Franco Berardi "Bifo", all'epoca tra i fondatori di Radio Alice -e lunedì in piazza tra i "caricati" dalla polizia - diceva che lo scontro oggi a Bologna è lo stesso di allora, con Cofferati, evidentemente, nella parte che fu di Zangheri.
Anche Romano Prodi dice che i problemi di oggi hanno origini nel passato. Ma la sua preoccupazione non riguarda i fantasmi del passato che non passa, ma la minaccia del presente. Il leader dell'Unione interviene sul "caso Bologna" non perché è la sua città, ma per mettere in guardia: «La destra si aggrappa a quanto sta accadendo a Bologna per trarne un ardito parallelismo tra il governo della giunta che fa capo a Cofferati e quello che sarà il mio governo». Per il Professore - che naturalmente si schiera per il rispetto della legalità - «quella di Bologna è sicuramente una situazione da non sottovalutare».
Cesare Salvi - della minoranza ds- pure si schiera per la legalità a Bologna come altrove ma contesta una lettura «esclusivamente repressiva» della stessa. «Sarà pur vero che la legalità non è né di destra né di sinistra - dice il senatore - ma la legalità comprende la tutela di tutti i diritti della persona umana, sanciti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, dei quali godono anche poveri, nomadi ed extracomunitari».
Mentre segnali di solidarietà arrivano a Cofferati dal centrodestra. Il presidente della Camera Pierferdinando Casini, bolognese pure lui, definisce quella all'ombra delle Due Torri «una disputa lunare» e chiosa:«È ovvio che ha ragione Cofferati: la legalità va rispettata». La Lega invita il sindaco ad andare avanti. Per gli azzurri «quello che sta avvenendo attorno a Cofferati, è solo l'aperitivo di quel che toccherà all'Italia se dovesse vincere Romano Prodi». Bologna è avvisata...
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