La democratica Italia critica gli stati teocratici, ma si lascia mettere in ginocchio dall'onnipotenza degli anziani signori del Vaticano
La paura delle donne La democratica Italia critica gli stati teocratici, ma si lascia mettere in ginocchio dall'onnipotenza degli anziani signori del Vaticano, scrive Irene Mayer
Il modo in cui le donne sono trattate in Italia nel 2005 è indegno. È vero che gli antiabortisti sono sul piede di guerra in tutto il mondo, ma qui la popolazione femminile è colpita in modo particolare a causa dell'onnipotenza del Vaticano. In Italia una donna non ha mai ragione.
Se decide di non tenere un figlio e di interrompere la gravidanza, viene punita. Se desidera troppo avere un figlio, viene punita lo stesso (si pensi al referendum sulla fecondazione assistita). È con sconcerto che leggo i commenti esultanti sul divieto imposto dal ministro italiano della sanità alla pillola abortiva Ru486: uomini ultracinquantenni danno libero sfogo a miserevoli filippiche sui rischi e l'immoralità di questo "letale preparato". I loro discorsi si fondano su teorie reazionarie che ricordano i dibattiti dei cupi anni settanta.
In Francia, la pillola abortiva Mifegyne Ru486 è stata autorizzata nel 1988: negli ultimi anni nel paese e in Svezia circa il 40 per cento delle interruzioni di gravidanza è stato effettuato con la Mifegyne. Il farmaco è stato dichiarato legale in quasi tutti i paesi europei, tranne in Irlanda, Malta, Polonia e Italia, ed è venduto negli Stati Uniti dal 2000. Gli studi dimostrano che la Mifegyne sottopone il corpo a sollecitazioni inferiori agli altri metodi di interruzione di gravidanza, ma l'ex neofascista che ora siede sulla poltrona ministeriale non si è preso la briga di informarsi sulle ricerche cliniche.
I patriarchi vogliono che la sessualità femminile resti legata alla paura di una gravidanza indesiderata e ai rimorsi dell'aborto. Vogliono vietare anche alle donne del ventunesimo secolo una maternità consapevole. L'aborto non è una grazia, ma un diritto. La democratica Italia critica – a ragione – le condizioni disumane in cui versano gli stati teocratici, ma si lascia mettere in ginocchio dall'onnipotenza dei canuti signori del Vaticano. Anche una donna consapevole e illuminata può rimanere incinta senza volerlo, e perfino il contraccettivo più sicuro, la pillola, presenta qualche rischio.
Come quasi ogni donna, anch'io conosco la situazione in cui si contano i giorni che mancano all'arrivo delle mestruazioni. Nella mia vita mi è capitato varie volte di pensare: se sei incinta ora, è finita. Insomma, nella mia testa ho abortito molte volte. Le angosce segrete delle donne, gli effetti devastanti che il timore di una gravidanza indesiderata esercita sulla sessualità, il rapporto con gli uomini e la vita sono esperienze femminili elementari. È con gran pena che avverto la mancanza delle urla indignate delle organizzazioni femministe. Sorelle, dove siete?
Il grado di cinismo e di disprezzo per l'umanità, l'indifferenza dei commentatori ufficiali verso la vita, risultano tra l'altro evidenti in un caso particolare: dov'erano i responsabili politici e i gerarchi vaticani quando quest'autunno, nell'arco di un solo mese, quattro donne incinte sono morte a causa dell'incuria dei medici di alcuni ospedali siciliani? Solo pochi giornali hanno rivolto la loro attenzione al "campo di battaglia ospedaliero": ma del resto a perdere la vita è stata solo qualche donna insieme al suo bambino.
Certo, questi temi sono meno attraenti dei servizi fotografici sulle veline, la chirurgia estetica e le sfilate di moda. Quand'è che alle donne italiane sarà permesso di pensare più in grande, oltre la maternità – desiderata o indesiderata – e oltre l'ossessione della bellezza? Ma forse questo è uno degli obiettivi del logorante dibattito sull'aborto: dobbiamo restare al nostro posto invece di proiettarci verso nuovi orizzonti.
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