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[PERIFERIA] PRODI: PER L'ITALIA E' SOLO QUESTIONE DI TEMPO !
by rivoltanews Sunday, Nov. 06, 2005 at 1:30 PM mail:

RIBELLIONE GIOVANILE NELLE PERIFERIE ? PER L'ITALIA SOLO QUESTIONE DI TEMPO !

Le violenze nelle periferie di Parigi animano il dibattito politico italiano. Il leader dell'Unione Romano Prodi avverte: ''Non siamo diversi da Parigi. E' solo questione di tempo'', lanciando l'allarme circa la condizione delle periferie delle città in Italia. ''Abbiamo - osserva Prodi - le peggiori periferie d'Europa. Sono una tragedia umana. Si vive bene nei paesini, quelli che io chiamo le 'realaccerie'; si vive bene nel centro, ma non nelle periferie dove c’è minore integrazione con gli immigrati, infelicità e condizioni di vita pessime anche dove vivono solo italiani''. Ecco perché ''occorre assolutamente - sottolinea il Professore - mettere mano all'edilizia sociale, ricostruire le reti di protezione sociale, altrimenti avremo tante Parigi dappertutto. Le nostre periferie sono la nostra tragedia''.

''Che l'Europa sia ancora più necessaria lo dimostrano i fatti anche gravi che stanno accadendo in Paesi coma la Francia, manifestazioni anche di violenza che impongono una risposta europea''. A pensarla così è il vice presidente della Commissione europea Franco Frattini, intervenuto oggi al Com-Pa di Bologna. ''Tutti capiscono che di fronte a grandi sfide come quella dell'integrazione, dell'immigrazione e del terrorismo, gli Stati membri non possono stare da soli'' ha continuato Frattini, precisando che si deve ''lavorare moltissimo con una strategia politica''. ''Non prevedevo la gravità dei fatti francesi'' ha ammesso il vice presidente, facendo notare che ''non si può rispondere con misure di emergenza perché questa non è una emergenza ma una situazione che ci accompagnerà per decenni''. Inoltre, ''più integrazione e un rispetto della legge sopra ogni cosa'' è quanto ci vuole secondo Frattini per far fronte alla situazione. ''Se discutiamo anche sul fatto se la legge debba essere applicata, facciamo un passo indietro'' ha concluso.

Per il coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord e ministro per le Riforme istituzionali e la devoluzione, Roberto Calderoli, ''la guerriglia metropolitana che sta verificandosi in questi giorni a Parigi è soltanto la punta dell'iceberg di quello che, a breve, accadrà in Francia, in Olanda e in tutti i Paesi che, in conseguenza di una politica coloniale, hanno dovuto accettare una forte immigrazione''. Secondo quanto affermato dall’esponente leghista in una nota, ''se non viene messo uno stop all'invasione nel nostro, di Paese, di immigrati irregolari, a breve noi dovremo pagare lo stesso prezzo, pur non avendo mai avuto le colonie, con tutti gli annessi vantaggi''.

se è per questo ...
by anti.com Sunday, Nov. 06, 2005 at 4:22 PM mail:

Se è per questo quando verrà su il prode Prodi non cambierà un cazzo ... o poco (viste le sue dichiarazioni).
Quindi credo che anche in italia rimmarrà il malcontento.
Magari una bella guerra civile e si farà un pò di pulizia sommaria e necessaria.

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La collera degli esclusi
by Bernardo Valli Sunday, Nov. 06, 2005 at 5:17 PM mail:

LA COLLERA DEGLI ESCLUSI


di BERNARDO VALLI
Nei giorni festivi, ma soprattutto le sere che li precedono, il venerdì e il sabato, i giovani traboccano dalla banlieues. Si riversano nel quartiere dove abito da quasi trent’anni: un arrondissement, il Nono, che io chiamo di confine, perché da un lato si stende fino al centralissimo Boulevard des Italiens, e include l’Opera Garnier: e dall’altro, nella parte alta, si arrampica sul crinale di Montmartre, incollandosi a Barbès, dove sono cresciute generazioni di Beurs.

Si chiamano così, Beurs, nel gergo dei sobborghi diventato linguaggio comune, i figli o i nipoti degli immigrati. I quali non sono più autentici magrebini, perché sono nati in Francia e hanno studiato nelle scuole laiche della République; ma che non si sentono neppure autentici francesi, pur avendone spesso la nazionalità, perché sanno di non essere accettati come veri cittadini. Non basta un passaporto per essere tali, per usufruire di tutti i diritti enumerati ed esaltati dalla retorica ufficiale repubblicana imparata sui banchi di scuola, il più delle volte disertati, per rifiuto o disaffezione.

La sera, attraversando Place Clichy, per raggiungere il Cinema des Cinéastes o la Brasserie Weppler, incontro stormi di giovani arabi che sprigionano le loro frustrate energie. Non passeggiano, corrono, galoppano. Consumano la loro forza inutilizzata gesticolando, urtandosi, gridando. Nella calca, quando sfioro le loro spalle o sono investito dal loro vocìo frastornante, ho l’impressione di scontrarmi con una massa rovente.

Non è certo la folla soffice, educata o esangue, che, scendendo verso la Senna, incontro nel Faubourg - Saint - Honoré, su cui si affacciano le vetrine di Hermès e il Palazzo presidenziale dell’Eliseo, dove abita Chirac, il vecchio monarca repubblicano, Quei giovani, figli o nipoti di immigrati, in cui mi imbatto ai piedi di Montmartre o nella non lontana Barbès, garantiscono la crescita demografica della Francia, altrimenti condannata all’invecchiamento.

Essi rappresentano gran parte dei quattrocentomila francesi che ogni anno si affacciano sul mercato del lavoro. E il più delle volte vengono respinti, perché se non sono più ufficialmente algerini, tunisini o marocchini, non sono neppure considerati del tutto francesi da chi può dare un impiego o una casa.. Adesso è esplosa la loro collera. La quale non sembra una rivolta contro lo Stato, ma contro la condizione cui sono condannati. È rabbia. Qualcosa di molto vicino alla disperazione. Una collera che non è islamica. L’Islam non c’entra. Né c’entrano altre ideologie.

I giovani che appiccano il fuoco alle automobili private, alle scuole pubbliche, alle biblioteche, non scandiscono slogan politici. E si guardano bene dall’affrontare la polizia, come facevano i giovani borghesi del maggio ’68 sui boulevards della Riva Sinistra. Al massimo lanciano qualche pietra e si disperdono nei desolati labirinti della banlieue. La loro è una rabbia nuda, cruda, che non investe la società benestante delle città.

È una collera che resta, perlomeno a questo stadio, confinata nelle periferie. Le masse di giovani che il sabato sera e la domenica invadono il mio arrondissement parigino per ora non hanno appiccato il fuoco neppure a una bicicletta. Usciti dalle loro periferie cessano di essere piromani. Non so fino a quando rispetteranno questa regola. Nell’era del terrorismo i Beurs rappresentano una preda molto ghiotta per i gruppi estremisti.

Questo spiega la cautela, l’apprensione, con cui la classe politica francese commenta gli avvenimenti. È altamente apprezzabile il comportamento della popolazione adulta che nelle banlieues invita figli e nipoti a mantenere la protesta entro i confini della legge. È un po’ come essere sull’orlo di un precipizio. Nelle periferie parigine, a Clichy-sous-Bois, dove tutto è cominciato, a La Courneuve, e in tanti altri centri dell’Ile-de - France, la regione che circonda la capitale, come nelle periferie di Marsiglia, di Lione, di Digione, di Tolosa, di Strasburgo, i Beurs bruciano le automobili dei vicini di casa, spesso immigrati come i loro genitori e i loro nonni. I poveri colpiscono i poveri.

Autodistruzione? Masochismo? La collera, la rabbia, la disperazione non spingono ad atti razionali e ancor meno ragionevoli. Sono sentimenti che conducono a gesti dissennati. Le loro manifestazioni possono essere spiegate, come in questo caso, perché sono la conseguenza di precedenti assennate proteste rimaste insoddisfatte. Ma non sono giustificabili. La morte, il 27 ottobre, di due adolescenti, fulminati nella cabina elettrica in cui si erano rifugiati per sfuggire a un controllo della polizia, ha fatto da detonatore. Due giorni prima, ad Argenteuil, il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, aveva già acceso gli animi chiamando " feccia " i giovani frustrati senza lavoro della periferia. Spesso teppisti, certo, ma per mancanza d’alternativa.

I giovani piromani in collera non suscitano la simpatia dei francesi, al massimo hanno la comprensione di alcuni strati della società, disposti a capire le tragiche condizioni che li hanno spinti alla violenza. Ma è una comprensione venata di paura. Tra di loro ci sono pochi studenti. Molti sono senza lavoro, sono emarginati cronici, probabilmente non insensibili ai richiami di bande malavitose. E tuttavia questo trauma, che investe l’intero paese, riconduce a una riflessione non certo nuova, ma relegata in una inconcludente routine, o peggio ancora congelata nell’autosoddisfazione. Chi crede ancora che il modello francese di integrazione abbia garantito progressi sociali e abbia offerto ai figli degli immigrati tutti i diritti riservati ai francesi, ha una buona occasione per ricredersi.

Il modello si basava sull’assimilazione ed escludeva il comunitarismo di stampo britannico, considerato una minaccia per la compattezza della nazione francese. Quel che sta accadendo nelle periferie dimostra che, nonostante la scolarità di massa e le decretate garanzie sociali, il paventato comunitarismo sta corrodendo la République. La quale si è assicurata la crescita demografica ma non la compattezza nazionale. In queste ore affidata alle forze dell’ordine chiamate da Nicolas Sarkozy a disciplinare la "feccia" delle periferie. È ovvio ricordare che gli avvenimenti francesi riguardano tutti i Paesi europei posti di fronte agli stessi inevitabili problemi.

http://www.repubblica.it/2005/k/sez...



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ARTICOLO INSERITO NELLA RACCOLTA SULLA RIVOLTA IN FRANCIA
by pinna Sunday, Nov. 06, 2005 at 6:37 PM mail:

Articolo nascosto e inserito nella raccolta di post sulla rivolta in Francia pubblicato qui:

http://italy.indymedia.org/news/2005/11/915636.php

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