un articolo di Human Rights Watch sulla presenza di luoghi di detenzione segreti gestiti dagli USA in Europa orientale
Il 3 novembre 2005 il Washington Post ha riportato che gli Stati Uniti hanno usato e tuttora usano strutture di detenzione segrete in Europa orientale e in altri paesi per trattenere illegalmente persone sospettate di terrorismo senza garantirgli alcun diritto, neanche quello al processo. Motivando la sua decisione con le preoccupazioni del governo USA, l'articolo non specificava la posizione di quelle strutture.
Human Rights Watch ha condotto ricerche indipendenti in merito all'esistenza di luoghi di detenzione segreti che conferma le affermazioni del Washington Post riguardo alla presenza di simili prigioni in Europa orientale.
Nello specifico, HRW ha raccolto informazioni secondo cui tra il 2003 e il 2004 alcuni aerei partiti dall'Afghanistan avrebbero compiuto voli diretti verso piste d'atterraggio isolate in Polonia e in Romania. Human Rights Watch ha esaminato alcuni resoconti ufficiali di volo secondo cui un Boeing 737, numero di protocollo N313P -- un aereo che la CIA ha usato per trasportare svariati prigionieri da e verso l'Europa, l'Afghanistan e il Medio Oriente nel 2003 e nel 2004 --, era atterrato in due occasioni nel biennio 2003-2004 in Polonia e in Romania dopo un volo diretto dall'Afghanistan. HRW ha trovato conferme di fonti indipendenti ad alcuni dati di quel resoconto ufficiale e ha integrato i dati con ricerche proprie.
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L'aereo N313P e altri velicoli usati a quanto pare dalla CIA per il trasporto di prigionier, sono anche atterrati a più riprese in Giordania, Marocco, Egitto e Libia, oltre che in Germania, nel Regno Unito, in Svizzera, in Spagna, in Portogallo, in Macedonia, a Cipro, nella Repubblica Ceca e in Grecia. In genere questi atterraggi si sono svolti in importanti aeroporti civili o in aeroporti misti civili e militari, di modo che è improbabile che vi abbiano avuto luogo operazioni clandestine. Le piste d'atterraggio Szymany e Mihail Kogalniceanu [rispettivamente in Polonia e in Romania] sono invece più isolati.
Occorranno ulteriori indagini per stabilire se la Polonia e la Romania si stiano rendendo complici delle gravissime attività descritte dall'articolo del Washington Post. La detenzione arbitraria e non comunicata è vietata dal diritto internazionale, e spesso costituisce il presupposto della tortura e del maltrattamento dei detenuti. Parlando in via anonima con i giornalisti, alti funzionari USA hanno ammesso che alcuni prigionieri detenuti segretamente sono stati sottoposti a torture e a sevizie, tra cui era compreso anche il "waterboarding" (una pratica per cui il prigioniero viene immerso o tenuto con la testa nell'acqua finché non teme di morire affogato). I paesi che permettono la detenzione segreta sul proprio territorio si rendono complici delle violazioni dei diritti umani commesse su prigionieri.
Human Rights Watch conosce il nome di 23 sospetti di alto livello detenuti in segreto da personale statunitense in luoghi ignoti. Un numero sconosciuto di altri prigionieri potrebbe trovarsi su richiesta del governo degli Stati Uniti in carceri del Medio Oriente e dell'Asia. Alcuni funzionari dei servizi segreti USA hanno dichiarato alla stampa in via anonima che circa 100 persone sono detenute in segreto in paesi esterni al territorio statunitense.
Human Rights Watch sottolinea che queste strutture di detenzione segrete gestite dagli Stati Uniti esistono senza dubbio. L'amministrazione Bush ha parlato, in discorsi e in documenti pubblici, dell'arresto di vari individui sospettati di terrorismo che al momento si trovano in luoghi ignoti. Tra i detenuti nominati dal governo vi sono. Abu Zubaydah, un palestinese arrestato in Pakistan nel marzo del 2002; Ramzi bin al-Shibh, arrestato nel settembre del 2002; Abd al-Rahim al-Nashiri (anche noto come Abu Bilal al-Makki), arrestato negli Emirati Arabi Uniti nel novembre del 2002; Khalid Sheikh Mohammed, arrestato in Pakistan nel marzo del 2003 assieme a Mustafa al-Hawsawi; e Hambali (alias Riduan Isamuddin), arrestato in Thailandia nell'agosto del 2003.
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notizia completa all'indirizzo http://hrw.org/english/docs/2005/11/09/usdom12006.htm.
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