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Interventi non autorizzati dei detenuti della Papillon ad un convegno di Rifondazione
by Ass. Papillon-Rebibbia Sunday, Nov. 20, 2005 at 6:14 PM mail: papillonrebibbia@katamail.com

Pubblichiamo due testi distribuiti venerdì 18 novembre a Roma, durante il convegno di Rifondazione Comunista sulle possibili riforme dell'Ordinamento Penitenziario e del Codice Penale



PRIMO DOCUMENTO.

Egregi Signori di Rifondazione Comunista,
scusate se interveniamo con questi documenti senza essere stati invitati, ma del resto sono ormai anni che sulle questioni del carcere il Vostro gruppo alla Camera dei Deputati procede in completa indipendenza (e anzi, a volte in aperta contrapposizione) con le analisi, le proposte e le pratiche di lotta pacifica organizzate dalla più grande e combattiva associazione di detenuti esistente in Italia, preferendo invece circondarsi da ossequiosi e ben pagati “professionisti del disagio sociale”, sempre pronti a scodinzolare e sostenere anche le Vostre più strampalate proposte e scelte politiche che hanno ben poco a che vedere con la reale difesa dei Diritti e della Dignità dei Cittadini detenuti.
Grazie comunque dell’occasione offertaci.

SESSANTAMILA CITTADINI SEPOLTI E MORTIFICATI NELLE GALERE ITALIANE

Si avvia a conclusione la lunga stagione di elezioni europee, locali, e nazionali che avrà il suo culmine nella primavera del 2006.

Come è giusto che sia, i temi della pace e della guerra, del carovita e dei licenziamenti, dei crack finanziari e del debito pubblico, dell’ambiente e della sanità, delle pensioni e della disoccupazione, sono al centro della vita quotidiana di milioni di Cittadini ed assumono quindi per le forze politiche una rilevanza maggiore della pur importante contesa sui problemi della Giustizia.

Ciònondimeno, è di tutta evidenza l’esistenza di una stretta correlazione tra l’aggravarsi dei problemi sopra richiamati, l’espandersi delle diverse forme di emarginazione e di piccole e grandi illegalità, e i problemi della Giustizia italiana; primo fra tutti quello di un sistema penale e penitenziario assolutamente inadeguato al rispetto del dettato costituzionale, il quale vorrebbe la quantità e le modalità esecutive della pena finalizzate certo alla difesa della società e al sacrosanto Diritto dei Cittadini alla sicurezza quotidiana, ma perseguendo al contempo la “rieducazione” e il reinserimento sociale dei detenuti.

L’atteggiamento cinico e arrogante del Governo, sempre forte verso i deboli e supino con i potenti, è invece andato in tutt’altra direzione e siamo ormai arrivati a sessantamila detenuti e ai limiti del collasso del sistema penitenziario.

Contro questa deriva, noi detenuti –sostenuti dalla Chiesa e da tante associazioni di volontariato e spezzoni del variegato “movimento dei movimenti”- abbiamo organizzato le nostre pacifiche lotte di questi ultimi anni, richiamando alle sue responsabilità tutto il Parlamento. Ma come è noto, non c’è peggior sordo……..

Eppure, anche soltanto ragionando sullo specifico dell’ordinamento penitenziario, ad esempio, ci vuole davvero un bel coraggio per non vedere che la catena di relazioni tra area educativa/direzione/forze di polizia/Magistratura di Sorveglianza sembra diventare ogni giorno più pesante e farraginosa, come se dappertutto venisse applicata una sorta di linea politica di riduzione ai minimi termini del Diritto ai permessi premio, alle misure alternative, al differimento della pena, all’uscita dall’incostituzionale art. 41 bis, alla liberazione anticipata, ecc..Il che moltiplica gli effetti di un sovraffollamento che si accompagna alle delizie della malasanità penitenziaria, all’abuso della carcerazione preventiva, ai tanti, troppi suicidi e alla estrema limitatezza di spazi e di attività culturali e formative.

Ed è bene sottolineare che alcuni di questi problemi sono stati sollevati in questi anni anche dai più grandi sindacati degli operatori penitenziari.

Purtroppo, la politica del Governo sul carcere ha trovato un alleato anche nella disinvoltura con la quale una larga parte dell’opposizione parlamentare ha dapprima fatto finta di credere alla favola dell’indultino e si è poi via via defilata da quella richiesta di un provvedimento di amnistia e di indulto generalizzato avanzata da noi detenuti, dagli operatori penitenziari, da tante associazioni del volontariato e dal “movimento dei movimenti”, considerandola un atto minimo di Giustizia e la base di qual si voglia reale riforma positiva del nostro sistema penale e penitenziario.

Certo non saremo noi detenuti a condannare l’opposizione prima di vederla governare concretamente, ma troppe volte anche questi politici oggi vincenti nell’Unione, ad impegni presi a parole non hanno fatto seguire i fatti, come ad esempio è accaduto quando Giovanni Paolo II ha chiesto provvedimenti di amnistia e indulto (sia durante il Giubileo del 2000 che in Parlamento nel 2002) e per tutta risposta la maggioranza e l’opposizione unite idearono e approvarono la truffa dell’indultino, con l’appoggio propagandistico esterno del Partito Radicale.

Ecco perché riteniamo utile sottolineare che soltanto l’ignoranza o la malafede (di destra, di Centro o di Sinistra, poco importa) può far vendere pubblicamente l’illusione che i problemi della Giustizia e del carcere saranno risolti da un nuovo Codice Penale (pur necessario) che nella migliore delle ipotesi non potrà essere discusso, approvato e applicato prima di altri tre anni, con buona pace dei Cittadini detenuti e della loro drammatica realtà quotidiana (per esemplificare: sette morti in agosto e undici durante il mese di settembre!).

E inoltre, consideriamo anche un po’ ridicolo e offensivo il tentativo di offrire ai detenuti il classico specchietto per allodole con la proposta di Legge sul presunto “Garante Nazionale”, la quale non tiene minimamente conto dei limiti dimostrati dall’esperimento dei vari uffici dei “Garanti dei Detenuti”, ed ha come effetto quello di evitare anche soltanto il tentativo di proporre provvedimenti legislativi che da un lato permettano ad ogni singolo detenuto di “garantirsi” da solo, come ogni Cittadino adulto della nostra Repubblica, e dall’altro garantiscano a tutti l’effettiva libertà di associazione, di lotta pacifica e di comunicazione con la società esterna, senza dover pagare ogni volta il prezzo di minacce, ricatti, provvedimenti disciplinari, rigetti della Magistratura di Sorveglianza, denunce, trasferimenti e persino maltrattamenti, come avviene oggi in molte carceri (comprese quelle dirette da Vostri amici “illuminati e progressisti”!).


Concludendo, Egregi Signori, ci permettiamo di tornare a chiedere a TUTTI i partiti di assumere fin d’ora nel programma elettorale la drammatica realtà delle carceri italiane.

Insieme alle tante realtà del “Movimento dei Movimenti”, ai tanti Cittadini che si battono contro lo stravolgimento del Diritto e a tutte le forze politiche che vorranno partecipare, noi della Papillon ci sentiamo impegnati fin da ora ad organizzare, fuori dalle carceri, tutte le iniziative necessarie per affermare:

-) un provvedimento di ampia amnistia, che includa anche tutti i reati connessi con l’organizzazione delle lotte sociali, ed un provvedimento di indulto generalizzato di almeno tre anni che riguardi tutti i detenuti;

-) un provvedimento che ponga fine agli abusi che si compiono nell’uso della custodia cautelare (oltre 23000 sono i detenuti in attesa di giudizio e le statistiche ci dicono che mediamente oltre la metà verranno assolti, ossia sono oggi detenuti pur essendo innocenti!);

-) Una serie di provvedimenti che rendano in un certo senso “obbligatoria” (ossia riducano al minimo l’eccessiva “discrezionalità” del Magistrato di Sorveglianza) l’applicazione piena ed integrale della Legge Gozzini in TUTTI i Tribunali di Sorveglianza e per TUTTI i detenuti, siano essi italiani o stranieri, malati o in buona salute, ristretti in sezioni normali o in carceri e sezioni speciali.

Su questi importanti obiettivi, già nei mesi scorsi, durante le “primarie” dell’Unione, si è determinata, per la prima volta dopo quasi trenta anni, ed in un contesto assolutamente pacifico, una sostanziale unità tra chi vive dall’interno la drammatica realtà del carcere e cerca di denunciarla e contrastarla con mobilitazioni e proteste pacifiche che hanno degli indubbi limiti oltre i quali non possono e non devono andare, e tutti quei soggetti sociali che all’esterno lottano contro la guerra, la precarietà, l’emarginazione, i CPT, per il diritto alla casa e contro lo stravolgimento generale del Diritto.

Questa sostanziale unità va difesa e sviluppata, perché chi vive nelle galere italiane conosce la disgregazione e la sfiducia che si sono andate diffondendo a partire dall’approvazione della truffa dell’indultino e sa bene che la disperazione aumenta ogni giorno e va assolutamente evitato che sfoci in rivolte, ma si organizzi invece per collegarsi stabilmente con le tante realtà di lotta sociale, sindacale e politica esterne alle galere.

Facciamo quindi appello ai tanti Cittadini sensibili al dramma delle carceri affinché siano al nostro fianco in questa mobilitazione pacifica che si snoderà prima, durante e dopo le prossime elezioni politiche.


Roma, novembre 2005 PAPILLON




SECONDO DOCUMENTO

A PROPOSITO DI LEGALITA’ E STORIA DELL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO….


Quasi per una classica ironia della storia, nel mentre in Italia qualcuno apre ed alimenta un chiacchiericcio astorico sulla “legalità”, le periferie delle grandi e medie città francesi sembrano invece ricordare a tutti che sempre e dovunque (nell’antica Roma o nella moderna Asia, nell’Europa feudale o in tutto il moderno continente americano) lo sviluppo della civiltà e del progresso sociale è stato contrassegnato da pratiche sociali che “forzano” i limiti della legalità e creano così le condizioni per dei salti di qualità delle diverse espressioni del Diritto.

Non di meno, anche gli Stati hanno sempre “forzato” la loro stessa legalità, regalando alla storia quei crimini contro l’umanità che arrivano fino ai giorni nostri. E forse con un po’ di impegno anche i protagonisti di questo strampalato dibattito sulla legalità potrebbero accorgersi che uno dei più autorevoli e impertinenti disobbedienti della storia è stato quel Gesù di Nazareth, richiamandosi al quale persino l’attuale Catechismo della Chiesa Cattolica riconosce il Diritto dei popoli alla resistenza “illegale” contro la negazione dei Diritti sociali e delle libertà politiche, civili e religiose.

A GUARDAR BENE, ANCHE L’ORDINAMENTO PENITENZIARIO NON SFUGGE A QUESTE COSTANTI DELLA STORIA, visto che in Italia c’è un “non luogo”, composto da oltre duecento carceri, dove negli anni 1969-1974 la violazione della legalità da parte dei Cittadini detenuti (o meglio, la loro contrapposizione alla violenza legalizzata predominante all’epoca nelle carceri) ha facilitato un piccolo, momentaneo ma importante passo in avanti del Diritto penitenziario.

Con la loro protesta, parte integrante di un mix di proteste pacifiche e non pacifiche che da anni si succedevano nelle carceri maschili e femminili, quei detenuti ponevano fine ad un estenuante dibattito sul Diritto penale, la pena, la loro funzione, ecc. che in Italia andava avanti da almeno settanta anni senza risultati significativi sul piano della reale difesa della vita e della dignità delle persone detenute. E, cosa ancora più importante, con le loro proteste “i dannati della terra” italiani finivano di essere considerati esclusivamente come “sottoproletariato” ed entravano nei fatti in quell’ampio e variegato conflitto di classe che da anni attraversava il paese e dal quale emergevano richieste di mutamenti radicali in ogni ambito della vita sociale e politica.

Questo legame costituì la principale spinta propulsiva che impose la riforma dell’Ordinamento Penitenziario del luglio 1975. I detenuti pagarono veramente con il sangue (nel senso letterale del termine) le loro aspirazioni e soltanto grazie al loro sacrificio fu valorizzato anche il decennale impegno di tante intelligenze sinceramente riformiste.

Come molte riforme, anche quella del luglio 1975 fu appunto “un sottoprodotto” di un più ampio movimento di lotta generale, ma non di meno costituì la nuova base di partenza per tutti (conservatori, reazionari, progressisti e rivoluzionari compresi) per ragionare di Diritto penale e Diritto penitenziario. Per i conservatori e i reazionari si trattava di riaffermare al più presto la piena natura di classe del Diritto e del carcere; per un’ampia parte dei movimenti sociali e politici dell’epoca si trattava invece di proseguire sulla strada della critica alle tante ingiustizie del presente (comprese l’ingiustizia e la violenza che sono insite nel Diritto e nel carcere) per la costruzione di relazioni sociali più ricche e di forme di Democrazia più alte ed estese.

E’ da questo conflitto che nasce la storia della lotta di classe nelle carceri italiane della seconda metà degli anni ’70 e dei primi anni ’80, e che soltanto la cattiva coscienza di qualcuno vorrebbe liquidare come “scontro tra i prigionieri politici e lo Stato”, ostacolando così qualsiasi riflessione sulle continue regressioni del Diritto penale e del Diritto penitenziario imposte in quegli anni da tutta la classe politica e pagate anch’esse con il sangue versato da una parte e dall’altra.

MA ANCHE QUELLA IMPORTANTE RIFORMA VA ORMAI SUPERATA GUARDANDO IN AVANTI, AD UN SISTEMA PENALE NON PIU’ FONDATO SULLA RECLUSIONE.
Ecco perché, nella necessaria odierna critica al carcere riteniamo sia utile sottolineare uno dei lati contenuti nella riforma del 1975 che più di altri contiene un’ambiguità di fondo.

Ci riferiamo a quel concetto di “osservazione scientifica della personalità” che fu immesso nel sistema penale italiano dal fascismo (applicandolo al trattamento dei minori) e che si fonda su quella bizzarra concezione che ha sempre bisogno di fornire una ipocrita cornice pseudoscientifica alle sue prosaiche scelte in campo sociale e politico.

Dall’idea che una situazione “innaturale” (o “desocializzante”) permetta l’osservazione scientifica della personalità, ne discende che la modifica dei comportamenti , sia quelli immediati che quelli futuri, esterni al carcere, non è il frutto di un elevamento della coscienza, ossia il frutto delle più alte forme della ricchezza umana che sono appunto la quantità e la qualità delle relazioni sociali che ognuno vive, bensì tali comportamenti si dovrebbero modificare in positivo attraverso l’applicazione di un sistema pedagogico premiale, fondato sul rapporto premio/punizione, appunto quello che si utilizza per l’addestramento degli animali e in particolare per quelli considerati selvaggi.

Comunque la si giri e la si rivolti, la sostanza è questa: il carcere è un’istituzione stupida e violenta che considera i detenuti alla stregua di animali ed al contempo ha l’ipocrita pretesa di far credere ai liberi Cittadini che sia possibile “risocializzare recludendo”. Essendo ciò impossibile, è inevitabile che ancora oggi ciclicamente dalle carceri si levino grida pacifiche che lo mettono in discussione, pretendendo la difesa dei Diritti e della Dignità dei cittadini detenuti e interrogando l’intera società sulla possibilità di creare già oggi un sistema penale che non sia più fondato sul carcere.

Come sempre, la lotta, anche quando rinuncia alla violenza, alla fin fine riesce a volare più alto della violenza e dell’ipocrisia del carcere.

Forse è il caso che anche la odierna sinistra, dentro e fuori dalle Istituzioni, inizi a rendersi conto che anche gli odierni “dannati della terra” (e le loro aspirazioni) gli appartengono sia per storia che per collocazione di classe, e si impegni un po’ di più nel sostenere le loro difficili ma importanti battaglie di civiltà, a partire da quella per provvedimenti di amnistia e di indulto generalizzato, contro gli abusi della carcerazione preventiva e per l’applicazione integrale ed uniforme della Legge Gozzini per TUTTI i detenuti e in ogni Tribunale di Sorveglianza.



PAPILLON


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