Niente più distinzioni fra «leggere» e «pesanti», pene restrittive anche per chi la usa, istituzionalizzazione delle comunità terapeutiche per il recupero. La linea dura del Polo sugli stupefacenti rischia però di dividere il mondo degli operatori.
Dopo quelle sull'aborto e sulle case per gli sfrattati, il centrodestra prepara una nuova offensiva in vista delle elezioni 2006. Anche questa riguarda un'emergenza sociale e, come le altre battaglie, presterà il fianco a un'infinità di polemiche. È la guerra alla droga, un vecchio pallino del leader di An, Gianfranco Fini, artefice di una riforma affidata ora alle cure del ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, dell'Udc. Di che si tratta? Ecco dettagli e retroscena dell'operazione. Già dal 2003 il presidente di Alleanza nazionale, vicepremier e non ancora ministro degli Esteri, aveva deciso di fare della lotta alla droga una priorità di governo; portando all'approvazione del Consiglio dei ministri un disegno di legge in 120 articoli che si muoveva su tre direttrici.
Prima, l'eliminazione di ogni «fuorviante distinzione» tra droghe leggere e pesanti. «La leggerezza di alcune droghe non esiste» era ed è l'opinione di Fini. «Lo spinello e i derivati della cannabis, che dieci anni fa avevano un principio attivo che non superava l'1,5 per cento, oggi vengono reperiti anche al 15 per cento, moltiplicando così gli effetti devastanti e progressivamente irreversibili». Punto due della legge Fini, l'inasprimento delle pene non solo per gli spacciatori ma anche per i consumatori. Le sanzioni venivano reintrodotte anche per la modica quantità e il consumo personale. Punto tre, istituzionalizzazione delle comunità di recupero, che avrebbero dovuto registrarsi a un albo speciale e stipulare convenzioni con le regioni e con il ministero della Giustizia, con l'obiettivo di certificare e accogliere i tossicodipendenti evitando il più possibile di intasare ulteriormente le carceri.
Ma in questi due anni la legge si è incagliata tra le commissioni di Camera e Senato. «Nel frattempo, come avevamo previsto, la droga si è trasformata in una emergenza nazionale» dice Andrea Ronchi, portavoce e braccio destro di Fini in An. «Dilaga nelle scuole e perfino tra gli undicenni. La cocaina viene venduta a pochi euro. E c'è il rischio che vicende come quella di Lapo Elkann e Kate Moss, anziché creare scandalo, producano fenomeni di imitazione». Insomma, secondo molti nella maggioranza, era il momento di agire. Ma, visti i tempi parlamentari ormai strettissimi, non certo riproponendo una riforma così ampia, e che aveva già sollevato perplessità tra gli addetti ai lavori e tra gli antiproibizionisti del centrodestra.
Così sei mesi fa si è materializzata l'idea di una delega a Giovanardi, esperto navigatore tra gli scogli parlamentari, in buoni rapporti con parte del volontariato cattolico (che controlla molte comunità di recupero) e convinto come Fini dell'urgenza della questione. Obiettivo: riesumare il disegno di legge, ridurlo a uno stralcio snello da 20 articoli e riproporlo al governo e quindi alle camere. Ora la riforma è pronta: «Però prima di riportarla a Palazzo Chigi» anticipa il ministro a Panorama «la presenteremo alla Conferenza nazionale sulla droga, aperti a suggerimenti costruttivi». Organizzato per legge e a scadenza biennale dai governi in carica, fin dai tempi dell'Ulivo, il summit si svolge quest'anno il 5, 6 e 7 dicembre a Palermo, fra il teatro Politeama e Palazzo dei Normanni, sede della regione. E vedrà la presenza di cariche istituzionali, come il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, e politiche, come il ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi (Udc): a lui la delega sulla droga
Anche Fini vorrebbe però intervenire: come ministro degli Esteri si è occupato di coordinamento antidroga a livello europeo. Sicuramente per An ci sarà Maurizio Gasparri, in un faccia a faccia con Daniele Capezzone, segretario radicale e alfiere della linea antiproibizionista. Ex ministro delle Comunicazioni, poi uscito dal governo e dal vertice di An, Gasparri sta recuperando i buoni rapporti con Fini. Il quale gli ha affidato la preparazione della conferenza nazionale del partito prevista a fine gennaio 2006 (sede probabile, Bari). Un'altra ribalta dove la guerra alla droga dovrebbe trovare ampio risalto. Ma intanto c'è da superare l'appuntamento di Palermo, che si presenta particolarmente complicato. In un appello firmato tra gli altri da giornalisti come Gad Lerner e politici come Marco Boato, Franco Corleone e Pietro Folena, il fronte antiproibizionista ha definito «una provocazione» la legge Fini-Giovanardi e «un rito inutile» la conferenza di Palermo. Mentre i Sert, i servizi pubblici di trattamento delle tossicodipendenze, hanno annunciato che non parteciperanno.
La defezione è giunta dopo che il presidente della loro federazione, Alessandro Coacci, aveva garantito la presenza a Palermo. Ne è seguito un duro scontro fra Coacci e il direttivo della federazione. In una lettera del 12 novembre il presidente accusa di aver fatto circolare un comunicato utilizzando arbitrariamente la sua firma; ma alla fine Coacci ha dovuto arrendersi e dare le dimissioni. Anche le regioni amministrate dalla sinistra (tutte tranne Lombardia, Veneto e Sicilia) hanno annunciato la diserzione: protestano sia contro la legge sia contro i tagli dei fondi statali, previsti dalla Legge finanziaria. Le contestazioni più dure potrebbero venire dalla sinistra antagonista e no global, pronte ad accusare di oscurantismo la riforma stralcio. Ci saranno invece, a fianco del governo, la Comunità Incontro di don Pierino Gelmini e quella di San Patrignano di Andrea Muccioli.
In sintesi che cosa prevedono i 20 articoli della legge a firma Giovanardi e Fini? Intanto di portare a sei mesi, dai quattro attuali, il periodo da trascorrere nelle comunità di recupero, passato il quale un tossicodipendente che ha commesso reati può finire in galera. «Ma contiamo di evitare il contatto con i detenuti comuni usando strutture dedicate come quelle di Castelfranco Emilia e Giarre, o costruendo reparti appositi a Roma, Napoli e Torino» assicura Raffaele Lombardo, capo del dipartimento per le politiche contro la droga di Palazzo Chigi.
Poi la legge stabilisce pari trattamento tra servizi pubblici e comunità private. E fin qui tutto, o quasi, è filato liscio. A far esplodere le contestazioni da parte degli antiproibizionisti e del centrosinistra è una serie di tabelle destinate a cancellare il concetto di modica quantità, oggi lasciato al giudizio soggettivo dei singoli magistrati e pilastro della legislazione in vigore. Le tabelle fissano i principi attivi di allucinogeno contenuti nelle diverse droghe, dall'hascisc alla cocaina, all'eroina, e in alcuni farmaci usati come stupefacenti. Incrociando questi dati con la quantità trovata addosso a una persona, il governo punta a stabilire parametri oggettivi per perseguire penalmente i consumatori.
Un giro di vite è previsto anche sull'«uso personale» degli allucinogeni, altro cavallo di battaglia degli antiproibizionisti. Verrà considerato tale solo quello fra le mura di casa e che non costituisca un pericolo per gli altri. Quindi niente più droghe, per esempio, per chi guida l'auto. Tutto questo, oltre alle proteste di alcuni intellettuali, Sert e regioni, secondo le quali il governo metterà la conferenza di fronte a un fatto compiuto, ha già prodotto uno scambio di accuse tra il cattolico Giovanardi e sacerdoti impegnati in attività sociali come Antonio Mazzi, o schierati a sinistra come Andrea Gallo. Ora sta per scendere in campo Alleanza nazionale. Decisa a fare della guerra alla droga un tema elettorale centrale.
Fonte: http://www.panorama.it/italia/politica/articolo/ix1-A020001033744
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