Un'accusa che viene rivolta a chi si oppone allo stupro della Val di Susa è quella di opporsi al progresso.
retrogradi bifo
• From: rekombinant • • Date: Fri, 09 Dec 2005 14:50:26 +0100
Un'accusa che viene rivolta a chi si oppone allo stupro della Val di Susa è quella di opporsi al progresso. E' un'opera indispensabile, dicono all'unisono Berlusconi e Fassino, Lunardi e Chiamparino. Chi si oppone a quest'opera è antiscientifico, antimoderno. Grazie a questo traforo diventerà possibile trasferire su rotaia parte del traffico merci che oggi si svolge su gomma. Prendiamo sul serio questa accusa, vediamo quanto sia fondata. Se me lo concedete vorrei fare una precisazione di ordine personale: da moltissimo tempo mi occupo di nuove tecnologie, e non sono mai stato favorevole alla tecnofobia. Il mio punto di vista è sempre stato quello dell'innovazione. Nel 1994, in collaborazione con Stefano Bonaga, che era per l'appunto assessore all'innovazione del Comune di Bologna, e con Oscar Marchisio, che era presidente del Consorzio Università Città, organizzammo il primo convegno italiano dedicato alla rete telematica che in quegli anni stava emergendo come una promessa, come una possibilità ancora scarsamente compresa . Il convegno si chiamava Cibernauti, e una sezione era dedicata alle trasformazioni che le tecnologie digitali erano destinate a indurre sul territorio, nella forma della città, dei trasporti e della mobilità (chi fosse interessato all'argomento può cercare i quattro volumetti pubblicati da Castelvecchi nel 1995). Alora come oggi non mi riconoscevo affatto nel cliché dell'anti-modernista. Ma quando veniamo alla questione dell'alta velocità e dell'alta capacità nel trasporto merci, io mi chiedo: chi sarebbe retrogrado? Abbiamo sentito voci autorevoli e competetenti che ci hanno spiegato che cinquantre chilometri di traforo in quella montagna devasteranno la vita della valle, diffonderanno nell'ambiente tonnellate di amianto destinato a spargere il cancro molto al di là della Val di Susa, e così via. Ma io voglio lasciare da parte queste considerazioni, e voglio riflettere su un punto di altro genere. Ammettiamo pure che in nome del progresso generale si debbano sacrificare le esigenze di una comunità locale, ammettiamo pure che in nome di una più razionale viabilità si possa accettare un aumento delle malattie mortali nella regione PIemonte. Ma c'è qualcuno che pensa davvero che tra venticinque anni, quando il traforo avrà devastato la montagna, distrutto una comunità, umiliato la democrazia, (e naturalmente arricchito enormemente alcune cooperative emiliane vicine ai politici che tanto si sbattono per imporre con le buone o con le cattive l'esecuzione dei lavori) tra venticinque anni, ripeto, il sistema di distribuzione delle merci avrà ancora le caratteristiche di irrazionalità e dispersione che esso ha attualmente? Ridurre l'inquinamento prodotto dal traffico su gomma, ridurre l'ingombro e il pericolo rappresentato dai TIR è un obiettivo sacrosanto, ed è assurdo pensare che dovremmo attendere venticinque anni per realizzarlo. Ma la soluzione di questo problema non consiste affatto nel sostituire ai TIR i treni ad alta velocità. La soluzione consiste nell'applicazione intelligente delle nuove tecnologie, nel passaggio dal trasferimento di merci materiali al trasferimento di informazioni. Qualcuno dirà che non si possono digitalizzare oggetti metallici, legnosi o comunque materiali, né volatilizzare pesanti condensati di atomi. Verissimo. Ma il punto è un altro: le tecnologie dell'informazione rendono possibile un'organizzazione della distribuzione del tutto diversa da quella attuale (residuo di un passato industriale che sta scomparendo).
Nick Negroponte, l'autore di Being digital, un libro che dovrebbe piacere molto ai nostri innovazionisti al prosciutto, scrive: "le autostrade dell'informazione riguardano il movimento globale di bit privi di peso alla velocità della luce. Il futuro è quasi al cento per cento delle aziende capaci di trasferire su forma digitale i prodotti e i servizi. Se produciamo maglie di cashmere o cibo, dovremo aspettare un bel pezzo prima che questi si trasformino in bit. Ma questo non significa che le tecnologie digitali saranno inutili per il design la produzione e la gestione dei materiali basati sull'atomo." Un centesimo dei danari che si stanno sprecando per fare un buco gigantesco in un'innocente montagna andrebbe spostato in direzione della ricerca sulla gestione informatizzata delle risorse materiali e della loro allocazione sul territorio. Basterebbe per ottenere il risultato di razionalizzare la distribuzione e di far scomparire centomila inutili TIR. Qui non stiamo parlando di domani o dopodomani, stiamo parlando di quello che accadrà fra venticinque anni. C'è davvero qualcuno che pensa che tra venticinque anni la distribuzione di merci sarà ancora paragonabile a quella di oggi?
La lotta dei valligiani non è affatto retrograda. Anzi, essa è l'occasione per ragionare finalmente sul futuro del trasporto, della distribuzione, della mobilità. Retrogradi sono coloro che pur di incassare cifre da capogiro sono pronti a violentare l'ambiente e una intera comunità in nome di un progetto che è già vecchio oggi, e sarà antidiluviano quando il buco sarà stato fatto.
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