Ieri in numerose città Italiane si sono svolti presidi informativi per dire no a qualunque modifica della legge 194, che tutela il diritto di Aborto...
In queste ultime settimane i media hanno ripreso a parlare di noi donne e del nostro corpo. Ancora una volta l’attenzione non viene posta sulle politiche sociali nell’ottica di consentire alle coppie di affrontare con maggiore serenità la genitorialità, oppure sull’educazione sessuale in ottica preventiva (uso di contraccettivi, possesso delle informazioni, ecc.), ma bensì ci troviamo di nuovo di fronte ad un attacco alla legge 194 sull’aborto. Le polemiche portate avanti dalla Chiesa e da vari esponenti politici hanno bloccato la sperimentazione della pillola abortiva RU486 iniziata due settimane fa all’ospedale Sant’Anna di Torino. La RU486 viene distribuita in Francia dal 1988 e può essere utilizzata nella maggior parte dei paesi facenti parte della Comunità Europea. Pertanto la sua efficacia e validità non possono essere messe in discussione e in Italia la sperimentazione va puramente intesa come apprendimento delle tecniche di utilizzo e della metodologia di funzionamento da parte del corpo medico. E’ bene ricordare che nel nostro paese 25 anni fa è stata approvata la legge 194 che permette di abortire legalmente a carico del Sistema Sanitario Nazionale, e che non dà indicazioni limitative sul metodo. In Svizzera è stato realizzato un raffronto tra i due metodi che permette di comprendere come entrambi siano efficaci e sicuri; le differenze riguardano tempi e percezione. Ogni donna deve poter scegliere liberamente a quale dei due affidarsi, ovviamente previo consiglio medico. Stiamo ora assistendo ad una strumentalizzazione della tutela della salute della donna. Noi siamo le prime a esigere e ritenere necessaria una sperimentazione controllata, ma questa attenzione, visti i recenti episodi di malasanità che hanno portato anche alla morte di alcune persone, dovrebbe rivolgersi anche ai metodi considerati “collaudati” e sicuri. E’ evidente come gli attacchi alla sicurezza della pillola abortiva siano solo un mero pretesto per rimettere in discussione un diritto acquisito da noi donne con anni di lotte politiche e sociali. Intervenendo su questo argomento, la Chiesa ha manifestato ancora una volta la sua morbosità nel tentare il sabotaggio di pratiche considerate “peccato”, per la cristiana concezione che la colpa si debba espiare nella sofferenza. Con il suo condannare la contraccezione, la Chiesa è il vero colpevole della paura che porta molte donne, per via dell’ignoranza, a non affidarsi all’aborto, spesso prediligendo cassonetti e sacchi neri come luogo in cui far sparire la loro “vergogna”. A testimonianza delle sue continue ingerenze, vi sono le recenti dichiarazioni di Ruini sulle coppie di fatto. Questa è solo l’ultima delle intromissioni della Chiesa nella gestione della cosa pubblica. La Chiesa continua a proporre un unico modello famigliare, senza però considerare la crisi che esso sta attraversando; ormai sempre più spesso ci troviamo di fronte a tragedie consumate tra le mura domestiche. Le espressioni “per sempre” e “fino alla morte” si rivelano sovente delle gabbie da cui l’indottrinamento cattolico non permette di liberarsi,arrivando così all’esasperazione.
Tutti si sentono in diritto di parlare del corpo delle donne, ma sono le donne a dover parlare del loro corpo: noi donne vogliamo essere libere di decidere con consapevolezza.
Vogliamo essere libere di poter scegliere un metodo alternativo, meno invasivo e già ampiamente sperimentato, quale è la pillola abortiva.
Per l’autodeterminazione delle donne
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