Dario Fo: «Si approfitta della disattenzione della città». Gli immigrati lasciano lo stabile e chiedono una soluzione. Allestito un tendone riscaldato in via di Breme. Maiolo: «È tutto pronto».
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È stato completato lo sgombero dell'edificio di via Lecco 9 occupato dallo scorso 15 novembre da un gruppo di africani. Alle 13.10 di martedì gli immigrati hanno lasciato lo stabile dopo il lavoro di mediazione di don Virginio Colmegna, che ha incontrato il prefetto Gian Valerio Lombardi insieme a una delegazione di immigrati. Sul posto la polizia in assetti antisommossa, che ha intimato lo sgombero, e i vigili del fuoco. Poi le cose si sono complicate ulteriormente: centinaia di ex occupanti sono rimasti sotto la pioggia in via Lecco, con le loro cose. Rifiutano di essere portati in via Barzaghi così come la proposta della Cgil di trasferirsi alla Camera del Lavoro per decidere cosa fare. Uno dei tre rappresentanti degli ex occupanti ha detto che i rifugiati, per spostarsi da via Lecco, chiedono un impegno scritto da parte dell'amministrazione comunale perché le soluzioni abitative nei container e nei dormitori siano temporanee in vista di una soluzione definitiva, cioè una casa in muratura con luoghi di socializzazione.
Una delle proposte del Comune, l'allestimento di un tendone riscaldato per poter stare insieme nei pressi degli alloggi predisposti in via di Breme, è stata accolta, ma solo da una trentina di ex occupanti. «Tutto è pronto per accogliere queste persone, l'importante è che prima si facciano identificare, anche perché molti sono richiedenti asilo, non rifugiati politici - ha detto l'assessore Tiziana Maiolo -. Abbiamo fatto il possibile per andare loro incontro, ci rendiamo conto delle loro necessità e delle loro esigenze, ma loro devono capire che non hanno solo diritti, ma anche doveri». Tutti gli alloggi predisposti, ha spiegato l'assessore alle Politiche Sociali, sono stati riscaldati e sistemati in modo accogliente. «Non possiamo costringere nessuno, ma se entro mercoledì mattina non si sono trasferiti faremo spegnere i riscaldamenti» ha detto l'assessore. E proprio il freddo potrebbe convincere gli ultimi irriducibili ad accettare l'offerta del Comune. «Non è ideale ma è una soluzione temporanea per uscire dalla strada - ha detto Don Colmegna -. Il nostro compito, come associazione, a questo punto finisce qui».
Il prefetto Lombardi intanto ha assicurato che sarà fatto il possibile per trovare in futuro soluzioni migliori ma che al momento «la situazione di illegalità non poteva essere protratta». «Lo sgombero è un atto dovuto perché la proprietà rivuole lo stabile e le forze dell'ordine non hanno margine di discrezionalità su questo - ha aggiunto il prefetto -. Inoltre ci sono problemi di sicurezza e igienici nell'edificio e non possiamo correre il rischio che accada qualcosa a chi sta dentro». Lombardi ha spiegato di essere in continuo contatto con l'amministrazione comunale e di aver parlato con il sindaco Albertini poco prima dell'incontro con la delegazione. «Il sindaco mi ha detto che le offerte trovate sono anche superiori alle necessità - ha detto il prefetto -. Se c'è qualche proposta non gradita sarà fatto il possibile per trovarne di migliori: insomma non si giustifica più un'occupazione illegale».
«Abbiamo preso atto che questo sgombero si deve fare: ci auguriamo solo che ci aiuteranno poi a passare da una situazione di emergenza a una situazione di stabilità» ha detto don Colmegna, subito dopo l'incontro con il prefetto. Della delegazione facevano parte, Gianni Occhi, consigliere comunale di Rifondazione Comunista, Graziella Carneri, della Camera del Lavoro, un rappresentante di un'organizzazione internazionale per la pace, in qualità di osservatore, e diversi occupanti con gli interpreti. «Purtroppo con questa amministrazione corriamo il rischio che la situazione di emergenza diventi definitiva - ha detto Carneri -. Abbiamo solo la parola del prefetto».
Dopo il vertice in prefettura la delegazione è tornata in via Lecco, dove ha illustrato le proposte avanzate dal prefetto. Angelo Menegatti, direttore dei servizi sociali per adulti del Comune, ha detto che i rifugiati, dopo essere portati alla sede della protezione civile di via Barzaghi, riceveranno l'offerta di essere alloggiati nei container di via Di Breme (130 posti), nel dormitorio pubblico in viale Ortles, in via Pucci (60 posti) e in via Anfossi (50). Per le donne e i bambini la soluzione proposta dall'amministrazione è in via Sanmartini (dove ci sono ancora liberi 40 posti). Altri posti sono disponibili a Legnano e a Gallarate (Varese). «Quello che più temono - ha detto Carlo Monguzzi, capogruppo dei Verdi in Regione, riferendosi agli immigrati che avevano occupato lo stabile - è di essere divisi. Vengono da paesi in guerra e sono giunti in un'Italia civile. Spetta a noi trovare per loro una soluzione dignitosa».
Lo sgombero dello stabile era iniziato martedì mattina intorno alle 10. La polizia, in tenuta antisommossa, ha spostato di peso gli occupanti, che si erano incatenati davanti al portone e, tra proteste e urla degli stranieri, ha sfondato il portone d'ingresso. Alcuni immigrati si sono arrampicati sul tetto per sfuggire allo sgombero e i vigili del fuoco hanno steso un materasso pneumatico per tentare di salvarli in caso di caduta. Alcuni, infatti, avevano minacciato di gettarsi nel vuoto. «Siamo rifugiati politici, siamo persone come voi, non siamo bestie» hanno detto gli occupanti parlando dalla finestra con un megafono. La polizia ha quindi accompagnato all'interno don Virginio Colmegna, nella speranza di convincere gli occupanti ad uscire spontaneamente. Ed è stato proprio don Colmegna, poco prima delle 11, ad annunciare una visita al prefetto, insieme a rappresentanti della Cgil e di Rifondazione Comunista, «nel tentativo di stemperare la tensione - ha detto - e di trovare una soluzione». Presenti, oltre a don Colmegna, Dario Fo e Franca Rame, fotografi, cameramen, giornalisti ed esponenti dei centri sociali. La polizia, presente in forze, ha bloccato le strade adiacenti via Lecco. Alcuni rifugiati e un esponente dei centri sociali si sono incatenati davanti al portone, sprangato con una catena e un lucchetto. «Si approfitta della disattenzione della città e della gente in vacanza per fare una cosa orrenda - ha detto Dario Fo -. Sembra che li portino nei container. Vorrei ogni tanto che nei container ci andassero a vivere gli amministratori comunali. È disumano, è infame trattarli così. Tanto sono neri, sono abituati al disagio. A Milano ci sono un sacco di case libere: o c'è una volontà politica seria, oppure si mette questa gente nei container».
Davanti al portone sono stati affissi dei cartelli: «Abbiamo visto i container offerti dal Comune. Andate a vederli anche voi, non sono adeguati neppure per un animale. Chiediamo ai medici dell'Asl di verificare se quelle lamiere sono adeguate per un essere umano. Dove è finita la prima proposta del Comune che ci aveva offerto dei posti (non dormitori, non container) offrendoci sei mesi gratis e dopo proponendoci di pagare 3 euro al mese? Chiediamo a tutte le realtà che ci appoggiano, di sollecitare un incontro urgente con il prefetto. Grazie». Poco prima delle 10 un funzionario della Digos si era avvicinato al portone d'ingresso intimando lo sgombero. Gli ha risposto il consigliere provinciale di Rifondazione comunista Luigi Tranquillini, che ha chiesto un colloquio con il prefetto e lo sgombero è stato momentaneamente sospeso. Poi il funzionario ha ripetuto l'ordine di sgombero con un megafono. «Gli occupanti sono invitati a uscire immediatamente - ha detto -. Sono state adottate idonee soluzioni abitative da parte di enti istituzionali e caritatevoli. Si invita gli occupanti di nuovo a lasciare immediatamente lo stabile per evitare il ricorso alla forza pubblica».
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