«Voglio verità sulla morte di mio figlio»
«La storia» è stata pubblicata il 2 gennaio. Dopo una sola settimana il blog è tra i più cliccati di Kataweb, una delle maggiori società nazionali nel settore dei servizi internet. Quella «storia» è ferrarese: Federico Aldrovandi, 18 anni, è morto il 25 settembre 2005 nei pressi dell’Ippodromo in circostanze non chiarite. Dietro alla tastiera c’è la madre del giovane, Patrizia, che racconta la sua verità e chiede una risposta alle indagini in corso. Le sue parole hanno catturato l’attenzione di tanti naviganti sul web.
Il ricordo, accorato e commosso, si trova all’indirizzo http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it ed è tutto contenuto in cinque pagine di stampa. «Non scriverò tutto di mio figlio - avverte l’autrice del testo - non si può raccontare una vita, anche se di soli 18 anni appena compiuti». Nel testo compaiono spezzoni di vita familiare, le immagini - rese in parole - dell’ultimo giorno di vita di Federico, la cronaca di quelle tragiche ore. E anche la «pasticca o simili» che gli è stata venduta «da uno dei ragazzi», «lo definiscono lo sballo del sabato sera. E’ sbagliato sì, ma non si muore di questo...». Poi il rientro a Ferrara con gli amici verso le 5 del mattino, il passaggio offerto «dai ragazzi ma Federico non aveva voglia di rientrare subito. Sarebbe tornato a piedi. Era vicino a casa...». Infine la scoperta che il giovane non era tornato a casa. Il padre, Lino, chiama il figlio sul cellulare, risponde la voce di un agente. L’angoscia che sale, le informazioni che non arrivano, «altre tre ore» che passano telefonando «agli ospedali, ai suoi amici e di nuovo, ripetutamente, alla questura». Sono aspetti noti della vicenda, come la ricostruzione delle urla sentite dai vicini nel luogo dove Federico è morto, le notizie avute dalla polizia alle quali la madre di Federico non crede: non è vero, scrive, «che si era ferito da solo» e parla dei «numerosi segni delle percosse in tutto il corpo». Percosse su cui bisogna indagare, ripete la madre di Federico.
Tante le domande che sono state consegnate al web e a cui, insiste la madre di Federico, nessuno ha ancora risposto. «Se fosse vero che Federico dava in escandescenze da solo perchè non è stata chiamata subito l’ambulanza? Perchè atterrarlo in modo tanto violento e cruento? Perchè aspettare tanto prima di avvisare la famiglia?». Aspetti al centro di una inchiesta giudiziaria che da quasi quattro mesi sta cercando di far luce sulle cause del decesso ma che non ha ancora fornito elementi certi ed esaustivi. Interrogativi che stanno facendo discutere la comunità dei cibernauti. Il blog è l’ultima invenzione di ciò che alcuni chiamano la “democrazia del web”. E’ una parola entrata recentemente nel linguaggio comune: è più leggero, più elastico e meno impegnativo di un sito internet, consente a chi dialoga con la “rete” di intervenire, di esprimere la sua opinione, di rispondere giorno per giorno. Qualcuno ricorderà i blog sulla guerra in Iraq del giornalista Enzo Baldoni e quello super-cliccato di Beppe Grillo. A decine in questi giorni hanno risposto alla lettera della madre di Federico Aldrovandi. I più (tra cui amici e conoscenti della vittima) offrendo la propria solidarietà alla famiglia e rilanciando accuse (al momento tutte da dimostrare) contro la polizia. Qualcuno denuncia: «Federico è stato lasciato solo»; qualcun altro chiede «verità» e informazioni; pochi parlano di montatura. Quasi tutti invocano: «Divulgate al massimo questa storia». (gi.ca.)
(11 gennaio 2006)
www.kataweb.it/articolo/1250824
|