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Una svolta epocale
Il Congresso di Montesilvano del 28 e 29 febbraio 2004 ha palesato le trasformazioni che da qualche tempo attraversavano il Movimento Sociale – Fiamma Tricolore. Già nel 2002 la carica di segretario nazionale era passata nelle mani di Luca Romagnoli, ricercatore dell'Università “La Sapienza” di Roma ed europarlamentare, ponendo il fondatore e capo storico Pino Rauti, personaggio chiave della strategia della tensione dai tempi di Ordine Nuovo, nella posizione più defilata di presidente del partito. All’inizio del 2004 le tensioni esistenti all’interno dell’organizzazione emergevano in tutta la loro asprezza quando Rauti e Romagnoli si estromettevano a vicenda dai rispettivi incarichi, inducendo il primo dei due a convocare il Congresso. In quella sede il colpo di scena: Rauti veniva espulso e costretto a crearsi un nuovo partito, il Movimento Idea Sociale, che per le prossime elezioni ha per altro già stretto accordi ufficiali con il leader della Casa delle Libertà Silvio Berlusconi. Questa scissione costituisce una svolta importante per la Fiamma Tricolore; una svolta che va ben oltre l’avvicendamento alla leadership del partito e che colloca questa minuscola formazione in una nuova e pericolosa posizione nel panorama della destra radicale italiana.
Elettoralistiche convenienze: Fiamma Tricolore e Casa delle Libertà
Le cause di questa svolta “epocale” andrebbero ricondotte alle divergenti vedute di Rauti e Romagnoli in tema di alleanze politiche, da ricercare con i partiti di governo nelle intenzioni del primo e con la lista di Alessandra Mussolini in quelle del secondo. Questa controversia non appare però così determinante se si prende in considerazione il comportamento adottato fino ad oggi dall’ex partito rautiano rispetto a questo tema. In effetti per la Fiamma Tricolore le convergenze di elettoralistica convenienza con la coalizione di Berlusconi non sono certo una novità dell’ultima consultazione elettorale. I voti di questa formazione della destra radicale già nel 2000 risultavano determinanti per la vittoria della Casa delle Libertà nelle elezioni regionali in Abruzzo e in Calabria. Anche nelle elezioni politiche del 2001, dopo aver dichiarato di presentarsi autonomamente (con proprie liste e candidati), la Fiamma Tricolore concludeva con la coalizione di centro-destra patti di desinenza espliciti, come in Sicilia, e mascherati, come nelle regioni Lazio, Abruzzo e Umbria, garantendosi in questo modo l’elezione del senatore Luigi Caruso nel collegio di Avola, un comune della provincia di Siracusa. Durante il terzo Congresso del partito, tenutosi nel febbraio del 2002, cioè quando Romagnoli assumeva la carica di segretario nazionale, veniva quindi formalizzata la “nuova tattica politica” incentrata sull’alleanza con la Casa delle Libertà, suggellata qualche tempo dopo in occasione delle elezioni parziali amministrative con un accordo che coinvolgeva più della metà dei Comuni chiamati al voto. Questa “nuova tattica politica”, in realtà, sembrerebbe non essere stata accantonata nemmeno dopo l’espulsione di Rauti, come dimostrerebbero i toni possibilisti rispetto a eventuali accordi con la coalizione di centro-destra espressi da alcune componenti del partito durante lo stesso Congresso del 2004. L’esistenza di queste posizioni troverà poi conferma in occasione delle elezioni amministrative a giugno dello stesso anno. Il 21 marzo le formazioni facenti parte la lista di Alternativa Sociale (a cui la Fiamma Tricolore aveva inizialmente aderito) diffondevano un comunicato congiunto in cui si affermava l’incompatibilità del partito di Romagnoli con la lista della Mussolini. Vi si legge: «Lo spirito originario e prioritario della coalizione “Per una Alternativa Sociale” e delle forze che lo compongono è quello di porsi politicamente in antitesi sia verso la Casa delle Libertà in ogni sua componente che verso la sinistra. In queste settimane abbiamo avuto modo di constatare che la Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli, al contrario, unilateralmente ha deciso di stringere in molte significative realtà locali accordi organici o di desistenza con la Casa delle Libertà e con Alleanza Nazionale in particolare. […] Questo atteggiamento mina alla base l'accordo e colloca di fatto al di fuori di Alternativa Sociale la Fiamma Tricolore». L’integrità di Alternativa Sociale rispetto a questo caposaldo sembra comunque essere stata messa in discussione negli ultimi mesi dai continui ammiccamenti della Casa della Libertà all’indirizzo della lista di Alessandra Mussolini, di fronte ai quali la nipote del duce ha manifestato decisamente il proprio interesse, confermando ulteriormente la preoccupante prossimità culturale e politica delle diverse anime della destra italiana, dai settori più moderati e istituzionali fino alle formazioni più radicali. Appare evidente a questo punto come dietro all’espulsione di Rauti vi siano cause ben più profonde delle divergenze di vedute in materia di alleanze politiche, cause riconducibili in primo luogo alla volontà di rinnovamento espressa da una componente del partito tutt’altro che minoritaria.
Nuovi orientamenti
Per comprendere il nuovo orientamento della Fiamma Tricolore è sufficiente un rapido colpo d’occhio tra i nomi che compongono l’attuale segreteria nazionale del partito. In particolare due di questi nomi, comparsi dopo l’ultimo Congresso, non possono che destare giustificata sorpresa, trattandosi di due personalità ben note già dai primi anni ’90 quali figure di prim’ordine del network nazista Base Autonoma: Piero Puschiavo e Maurizio Boccacci. Il network, che raccoglieva a livello nazionale tutte le sigle e i principali gruppi della galassia boneheads, aveva il proprio centro di coordinamento nell’associazione Skinheads d’Italia, composta, oltre che dall’organizzazione milanese Azione Skinheads (capeggiata da Duilio Canu, l’attuale coordinatore regionale di Forza Nuova in Lombardia, e divenuta in seguito la fazione madre italiana del network nazista Hammerskins), proprio dal Veneto Fronte Skinheads di Puschiavo e dal Movimento Politico romano di Boccacci e, secondo quanto segnalato dal numero 1/2005 di Gnosis (rivista di intelligence pubblicata dal SISDe), «avrebbe dovuto lavorare per la nascita di un vero e proprio movimento politico di marca naziskin, legato al circuito internazionale Blood and Honour». Mentre nel maggio del 1993 Base Autonoma veniva smantellata da una operazione di Polizia, questi due personaggi seguiteranno nella propria attività pressoché indisturbati, superando brillantemente le varie vicissitudini giudiziarie che negli anni li vedranno protagonisti.
Pericolose convergenze
Piero Puschiavo, imprenditore e padre di famiglia di 39 anni, è considerato fondatore e leader dell’associazione culturale “Veneto Fronte Skinheads”, l’organizzazione di boneheads più longeva e radicata della penisola, che può contare su alcune centinaia di attivisti disseminati nel bacino compreso tra le città di Verona, Vicenza, Padova e Treviso. Il Veneto Fronte Skinheads è collegato al network nazista internazionale Blood & Honour attraverso l’etichetta vicentina War Sound, già Tuono Records, di Andrea Bellini, un altro leader storico dell’organizzazione, e costituisce l’anima del circuito White Power Rock del nord-est, aderente già dalla fine degli anno ‘80 a White Noise e in grado di organizzare il suo primo raduno internazionale nazi-rock nel 1988.
L’organizzazione di Puschiavo giunge agli onori della cronaca il 29 gennaio 1993, quando la Magistratura emette quindici avvisi di garanzia per ricostituzione del partito fascista nei confronti di altrettanti esponenti dell’organizzazione, nell’ambito della “Operazione Runa”, volta a colpire il network nazionale di Base Autonoma. Dopo questa operazione di Polizia il Veneto Fronte Skinheads è l’unica formazione del network a mantenere in vita il proprio tessuto organizzativo, ma i guai giudiziari sono appena cominciati. Il 4 ottobre 1994 lo stesso Puschiavo, insieme ad altri sei aderenti all’organizzazione (tra cui Alessandro Castorina, componente della band nazi-oi Gesta Bellica), vengono arrestati con l’accusa di violazione della “Legge Mancino”. Tra gli episodi contestati l’esposizione di striscioni di stampo nazista allo stadio Bentegodi di Verona in occasione della partita Italia–Uruguay del 22 aprile 1989, l’organizzazione di una cena conviviale avvenuta il 18 aprile dello stesso anno in occasione del centenario della nascita di Adolf Hitler e, tra gli altri, l’affissione in piazza Bra a Verona di un manifesto che recitava: «Siamo un gruppo di giustizieri nazifascisti. Rivendichiamo la nostra territorialità messa a dura prova con l’arrivo di questi cani negri che contaminano la nostra terra e che portano la loro droga nel sangue italiano». La vicenda giudiziaria volgerà alla conclusione solo il 22 ottobre del 2004 con l’assoluzione di tutti gli imputati, attraverso una sentenza del Tribunale di Vicenza, presieduto da Giuseppe Perillo, destinata a costituire un fortunato precedente per la destra radicale italiana. Il Collegio, pur riconoscendo la natura dell’ideologia politica, economica e sociale del Veneto Fronte Skinheads, «che accoglie integralmente le note dottrine del totalitarismo nazista e fascista, dottrine che si auspica diventino la guida degli Stati dell’Europa occidentale», ha ritenuto che i fatti oggetto del capo di imputazione, cioè l’enunciazione dei principi dell’associazione attraverso la diffusione della rivista “l’Inferocito” (bollettino ufficiale dell’organizzazione) e di altri volantini e manifesti per sostenere una visione storico-ideologica che accredita la superiorità della razza bianca, vanno analizzati e confrontati con l’articolo 18 e 21 della Costituzione: rispettivamente, il diritto dei cittadini di associarsi liberamente e la possibilità di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. In virtù di questi dettami costituzionali, secondo Perillo, può essere punito dalla norma incriminatrice «non il contenuto del pensiero istigatore, ma l’azione pratica di questo, diretta ad influire sulla psiche della persona incitata, spinta ad operare, nella propria sfera di attività concreta, nel senso voluto (e frequentemente attuato come esempio da seguire) dall’agente». Secondo la sentenza del Tribunale di Vicenza, la propaganda razzista del Veneto Fronte Skinheads non costituirebbe perciò una violazione della “Legge Mancino”, in quanto si sarebbe avvalsa «soltanto dell’efficacia persuasiva dell’argomentazione e della comunicazione, senza l’apporto di azioni concrete ed effettive di incitamento». E’ superfluo sottolineare come in realtà le “argomentazioni persuasive” del Veneto Fronte Skinheads si manifestino spesso attraverso forme che travalicano decisamente lo strumento della mera comunicazione ed è lo stesso Puschiavo a confermarlo nell’intervista concessa a “Il Giornale di Vicenza”; alla giornalista che gli domanda provocatoriamente se oggi sarebbe disposto a ripetere tutto ciò che ha fatto in passato «compresi gli errori, le pestate e gli slogan sui muri», Puschiavo replica lapidariamente: «Senta, credo sia chiaro a tutti che noi non siamo certo per la filosofia del “porgi l'altra guancia”. Detto questo preciso anche che siamo sempre stati militanti di piazza e in piazza lo scontro può essere sempre imminente. E comunque ricordo che ogni nostra azione “pesante” era di riposta ad una precedente provocazione pesante».
E’ importante mettere in evidenza come, nella battaglia giudiziaria del Veneto Fronte Skinheads per affermare la legittimità della propria attività propagandistica, l’organizzazione di Puschiavo abbia potuto beneficiare della solidarietà attiva di amministratori locali e rappresentanti di partiti di Governo, dimostrando un consolidato radicamento territoriale che si manifesta anche e soprattutto attraverso notevoli entrature nell’ambito della politica istituzionale. Nel marzo del 2001 si svolgeva presso la sala Verde della Provincia di Verona e con il patrocinio della regione Veneto, il convegno intitolato “Giustizia Giusta. Uso politico della giustizia e processi alle idee. Quali riforme attuare?” che si prefiggeva l’istituzione di un osservatorio sulla giustizia (che dispone per altro di un proprio organo di stampa, il periodico “Giustizia Giusta” diretto dall’ex leader di Ordine Nuovo e Lotta di Popolo Paolo Signorelli, in passato coinvolto nelle indagini sulla stragi del 12 dicembre 1969, in Piazza Fontana a Milano, e del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna) contro il progetto della ”magistratura comunista” di applicare in maniera discriminatoria la “Legge Mancino”. Il convegno, oltre a offrire una testimonianza eloquente delle entrature di cui dispone l’organizzazione di Puschiavo, costituisce la riprova delle inquietanti convergenze esistenti all’interno del variegato panorama della destra intollerante veronese; queste convergenze evidenziano una volta di più la prossimità culturale ravvisabile in questa città (ma in modo meno marcato anche altrove) dei partiti della Casa delle Libertà con le frange più “dure” del secessionismo, del tradizionalismo cattolico e delle principali sigle del neofascismo, da Forza Nuova, al Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, fino al circuito boneheads, laddove l’amministrazione locale ha rivestito essa stessa un ruolo non marginale, supportando e incoraggiando la promozione di una cultura antidemocratica e intollerante. Nel corso dell’incontro, salutato dal Presidente della regione Giancarlo Galan di Forza Italia, parteciparono il Veneto Fronte Skinheads, diversi esponenti di Forza Nuova e del tradizionalismo cattolico veronese, un giornalista de “La Padania”, un membro del gruppo dei “Serenissimi” della Liga Veneta (che nel 1997, in abiti paramilitari, armati di un mitragliatore MAB e con un mezzo blindato furono autori del blitz per “liberare” il campanile di San Marco a Venezia), ma anche il vicesindaco di Verona Luca Bajona di Alleanza Nazionale e alcuni parlamentari sempre di Alleanza Nazionale e della Lega Nord-Padania. L’osservatorio sulla giustizia non era altro che la prosecuzione di quel comitato “vittime dell’ingiustizia” fortemente voluto dal parlamentare di Alleanza Nazionale Nicola Pasetto in seguito alle inchieste condotte dal magistrato Guido Papalia contro il Veneto Fronte Skinheads e le Guardie Verdi di Mario Borghezio, il corpo di sicurezza della Lega Nord-Padania. A richiedere e ottenere il patrocinio dell’iniziativa di marzo 2001 da parte della regione è il responsabile del comitato, Andrea Miglioranza, attivista del Veneto Fronte Skinheads e membro della band nazi-oi Gesta Bellica, anche egli allora sotto processo per violazione della “Legge Mancino”. Tutti i componenti dei Gesta Bellica appartengono al Veneto Fronte Skinheads e alcuni dei loro testi offrono prova inequivocabile dell’orientamento della band: «Tu rosso compagno di negri e immigrati, vigliacco e senza onore»; «Tu ebreo maledetto, giudeo senza patria»; «Tu vigliacco drogato senza futuro sei già fallito»; «Bianco, potere bianco!»; «Io sono camicia nera, la mia patria è la mia bandiera». Il 4 novembre del 2000, in occasione del “Concerto per la vittoria”, i Gesta Bellica si esibiscono al teatro tenda “Estravagario”, convenzionato con il Comune di Verona. Già nel 1999, lo spazio “Estravagario” aveva ospitato il “Concerto per l’Europa” (in cui si esibirono le band naziste Aurora, 270 bis e Roccaforte), iniziativa patrocinata dall’Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Verona, presieduto da Massimo Mariotti di Alleanza Nazionale. Il 16 novembre del 2000 l’assessore Mariotti sponsorizzerà anche il “Concerto per il Solstizio d’Inverno”, un raduno nazista internazionale partecipato da oltre 500 boneheads e in cui si esibiranno le band nazi-oi Ultima Thule, Fronte 82 e gli inglesi Condemned 84. L’iniziativa sarà patrocinata oltre che dall’Assessorato comunale alle Politiche Giovanili di Mariotti, da quello Provinciale alla Cultura (!!), anche questo retto da un esponente di Alleanza Nazionale.
Una finestra aperta sulla politica istituzionale
Nell’ambito di una intervista concessa a “Il Giornale di Vicenza” e pubblicata martedì 28 dicembre 2004, Puschiavo fa chiarezza sulla natura del legame che intercorre attualmente tra il Veneto Fronte Skinheads e la Fiamma Tricolore. Puschiavo motiva la sua decisione di entrare nel comitato centrale del partito di Romagnoli spiegando come fino a quel momento il Veneto Fronte Skinheads abbia agito «da una posizione rigorosamente extraparlamentare, sostenendo “collaborazioni” trasversali con i partiti che riteneva in sintonia con il proprio pensiero» e, con essi, portando avanti diverse iniziative con successo ma senza riscontri in termini politici; da ciò è emerso «il bisogno di raccogliere ciò che si semina e poi di quantificarlo». Appare evidente come la scelta individuale di Puschiavo risponda in realtà a un’esigenza avvertita da tutta la sua organizzazione, a maggior ragione considerato che, da parte del Veneto Fronte Skinheads, «il dialogo con la Fiamma, soprattutto a livello locale, c'è sempre stato, viste anche le precedenti collaborazioni». Già il 6 marzo 1999 il Veneto Fronte Skinheads partecipava ad una manifestazione nazionale indetta dalla Fiamma Tricolore a Verona contro l’immigrazione e la società multietnica. Alla manifestazione aderiva anche la Lega Nord-Padania di Umberto Bossi, i cui militanti descrivevano la loro partecipazione come «un atto dovuto» nei confronti della Fiamma Tricolore, «dimostrazione che al di là delle bandiere, ci accomunano i principi». Questo episodio, oltre a dimostrare la sostanziale concomitanza di vedute delle diverse anime della destra italiana intorno ad alcune tematiche specifiche come quella dell’immigrazione, evidenzia la pericolosa risorsa che la Fiamma Tricolore costituisce per il Veneto Fronte Skinheads, ponendosi come interlocutore riconosciuto della destra istituzionale e, per i boneheads di Puschiavo, un ponte verso di essa: «il senso di tutto questo è proprio quello di avere un referente preciso che sia la voce di tutti». Il Veneto Fronte Skinheads non si è però avvicinato al partito di Romagnoli con la sola intenzione di “prendere”, ma, come lascia intendere Puschiavo, facendosi interprete di una “nuova linea” e portando con sé la propria identità: «Io non entro in un partito per “prendere”, bensì per "dare" e per avere la possibilità di esplicitare a livello politico le mie battaglie». Anche rispetto alla propria appartenenza bonehead Puschiavo è categorico quando la giornalista gli domanda ironicamente se con la nuova investitura politica intenda farsi crescere i capelli: «Assolutamente no». La saldatura del Veneto Fronte Skinheads con il partito di Romagnoli si presenta perciò come espressione della reale volontà di rinnovamento della Fiamma Tricolore e della sua apertura verso questo movimento e le istanze che esso incarna; per questo motivo si tratta di una trasformazione molto pericolosa, beneficiando la Fiamma Tricolore di propri rappresentanti nel Parlamento italiano e in quello europeo e potendo costituire quindi per il Veneto Fronte Skinheads, come già spiegato, una pericolosa finestra aperta sulla politica istituzionale. Un comunicato pubblico dello stesso Puschiavo, diffuso in data 8 gennaio 2005 in risposta alla critiche ricevute dal Veneto Fronte Skinheads per la scelta (reputata “compromettente”) di affiancarsi ad una formazione partitica, fornisce una riprova di quanto appena affermato: «Il fatto “scandaloso” è che per la prima volta qualcuno, ha aperto la porta ad una realta' skinhead solida, seria e radicata, senza peraltro chiedere nulla e soprattutto senza imporre (o solo palesare) mire egemoniche e di controllo, secondo un rapporto chiaro e rispettoso, basato sulla reciproca volontà di iniziare un’attività politica con una nuova mentalità e con una strategia mirante ad occuparsi di quelle forti tematiche di giustizia sociale che noi da sempre portiamo nel cuore». In effetti il ruolo rivestito da Puschiavo all’interno della segreteria nazionale della Fiamma Tricolore è tutt’altro che secondario. La presentazione del programma politico della Fiamma Tricolore per le elezioni del 2006, avvenuta nell’ufficio stampa della Camera dei Deputati del Parlamento italiano, era presieduta oltre che dal vice-segretario nazionale Roberto Bevilacqua, anche da Alfio Di Marco, Mario Coen Belinfanti e proprio Pietro Puschiavo, che insieme ad altri tre dirigenti della Fiamma Tricolore figura persino come autore dello stesso programma politico. L’iniziativa fu presieduta anche dal deputato Antonio Serena, che nell’occasione confermava il proprio sostegno alla Fiamma Tricolore fino alla fine della legislatura e che, quanto a prese di posizione pubbliche, incarna egregiamente la nuova linea del partito di Romagnoli. Serena, autore anche di alcune pubblicazioni revisioniste, nella propria carriera politica ha attraversato diverse formazioni della destra italiana; originariamente proveniente dal vecchio Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, compare in seguito tra i fondatori del movimento de “L’Uomo Qualunque”, e confluirà con esso nella Liga Veneta, da cui migrerà quindi nel partito di Gianfranco Fini. Serena verrà quindi espulso dal gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale nel novembre del 2003 per aver recapitato provocatoriamente a tutti i deputati del Parlamento italiano il video dell’autobiografia di Erich Priebke, l’ufficiale nazista delle SS responsabile del massacro delle “Fosse Ardeatine” a Roma, la terribile rappresaglia in cui 335 civili, tra cui 57 ebrei, vennero giustiziati con un colpo alla nuca e seppelliti in fosse comuni, in seguito ad un’azione dei Gruppi di Azione Partigiana dove persero la vita 33 soldati (e altri 38 rimasero feriti) del battaglione nazista “Bozen”, specializzato in azioni di rappresaglia. Il gruppo di partigiani dei G.A.P. attaccava la colonna nemica in via Rasella per rispondere a una serie di massacri perpetrati nei mesi precedenti dai soldati tedeschi nelle zone intorno alla capitale ai danni di persone innocenti, spesso donne, vecchi e bambini. La provocazione di Serena era tanto più grave perché giungeva quattro giorni prima della partenza del vicepresidente del Consiglio dei Ministri Gianfranco Fini per Israele, una svolta storica per Alleanza Nazionale, fortemente contestata dai settori più radicali della destra italiana. Già nel luglio dello stesso anno Serena era entrato nella polemica per la concessione della grazia ad Adriano Sofri proponendo un provvedimento di grazia anche per Priebke, con la motivazione che «concedere la grazia a Sofri e non a Priebke rappresenterebbe un’inaccettabile discriminazione nei confronti dei tedeschi». D’altronde, la questione delle “Fosse Ardeatine” è il cavallo di battaglia del deputato del partito di Romagnoli già da diverso tempo: il 14 ottobre del 1998, l’allora presidente del Senato Nicola Mancino interrompe una interrogazione di Serena nella quale il deputato parlava, a proposito di via Rasella, di “vile atto terroristico” e di “innocenti uccisi barbaramente”. Il 22 luglio del 1997, quando Priebke viene condannato in primo grado, dice: “c'è una lobby ebraica che sparge odio”, e all'inizio di novembre dello stesso anno il senatore dichiara che Erich Priebke è destinatario di “crudeli e inutili comportamenti che lo porteranno ad eliminazione fisica mediante condanna a morte per carcerazione”. La battaglia di Serena in favore di Priebke costituisce un esempio particolarmente interessante di sinergia, trattandosi di una campagna condotta dall’allora deputato di Alleanza Nazionale all’interno del Parlamento italiano e condotta energicamente a Roma dai militanti del Movimento Politico di Maurizio Boccacci, attraverso azioni eclatanti e, in alcuni casi, provocazioni molto gravi.
L’intramontabile Boccacci, il cognato di Morsello e altre storie romane
Prima di approdare alla Fiamma Tricolore, Maurizio Boccacci ha alle proprie spalle una lunga carriera politica nelle fila della destra radicale, anche essa, come quella di Puschiavo, costellata da svariate vicissitudini giudiziarie. Nonostante queste traversie, come si diceva inizialmente comunque superate sempre senza particolari intoppi, Boccacci conduce in modo continuativo e indisturbato la propria attività fino ai giorni nostri. All’interno del network di Base Autonoma l’organizzazione da lui capeggiata, il Movimento Politico occuperà una posizione di particolare rilevanza, determinando la linea politica nel network. Infatti, mentre il Veneto Fronte Skinheads e la milanese Azione Skinheads si presentavano come associazioni culturali (costituendo concretamente le strutture di riferimento del circuito nazi-rock della propria regione e dedicandosi perciò in gran parte all’organizzazione di concerti), il Movimento Politico si presentava come un’organizzazione politica a tutti gli effetti. Anzi, la formazione di Boccacci costituì il primo tentativo di coniugare intorno a una sigla un’organizzazione politica di orientamento nazional-rivoluzionario, il Movimento Politico Occidentale, con un progetto di tipo culturale, la “Divisione Artistica” del Fronte della Gioventù (la struttura giovanile del Movimento Sociale Italiano), nato alla fine degli anni ottanta con il proposito di creare aggregazione attraverso i codici della cultura “pop” ed in particolare la musica rock, e intorno al quale ruotava il circuito White Power Rock romano e nacque la storica band nazi-oi Intolleranza, la cui storia si intreccia inestricabilmente con la storia stessa di questa scena musicale a Roma. Tra gli interpreti del progetto politico troviamo anche Roberto Valachi, l’anima del primo nucleo di boneheads dei Colli Albani, confermando una volta di più l’intuizione di Boccacci che, cogliendo la trasformazione sociale in atto quegl’anni nel mondo della destra radicale, aggregava nel proprio gruppo politico coloro che all’interno di questa trasformazione erano portatori di un fenomeno culturale nuovo: i boneheads. Il Movimento Politico, che diventò ben presto la maggiore organizzazione giovanile della destra radicale romana, presentava un punto di forza fondamentale: la capacità di nuotare con disinvoltura nelle acque dello spontaneismo xenofobo e dei “codici della strada”. Alla luce di ciò è possibile cogliere, con preoccupazione, le possibili motivazioni che hanno determinato l’ingresso di Boccacci nella segreteria nazionale della Fiamma Tricolore in qualità di responsabile dell’organizzazione; questo ruolo è innanzitutto, come nel caso di Puschiavo, per nulla secondario, e in secondo luogo fortemente strategico nelle gerarchie di un partito, il che rivela una volta di più la “nuova linea” della formazione di Romagnoli e l’intenzione di questa di rivolgersi al movimento che Puschiavo e Boccacci in qualche modo rappresentano. Il dossier “Alla luce del sole”, pubblicato nella primavera del 2005 da Bergamo Antifa, permette di ricostruire l’esperienza politica di Maurizio Boccacci dopo la dissoluzione di Base Autonoma. Di seguito ne riportiamo un estratto.
«Dopo il 1993, non solo le organizzazioni che facevano parte del network continuano ad operare alla luce del sole, ma anche i suoi personaggi di spicco non abbandonano la scena. Così, mentre il Veneto Fronte Skinhead conserva non solo il nome ma anche il proprio tessuto organizzativo, sia Duilio Canu che Maurizio Boccacci saranno nuovamente al centro di una serie di fatti eclatanti. Per quanto riguarda Boccacci, l’ex leader di Movimento Politico si è reso protagonista di una serie di episodi di tutto rilievo: Il 16 aprile del 1994, come già anticipato, guida un centinaio di boneheads all’assalto del centro sociale “Break Out” a Primavalle e, nello stesso anno, il 20 di novembre, partecipa agli scontri tra ultras e Polizia in occasione della partita Brescia-Roma, quando viene accoltellato il vice questore Giovanni Selmin. Rispetto a quest’ultimo episodio è necessario sottolineare come lo stadio rappresenti per la destra radicale un bacino di utenza privilegiato e come i collegamenti di Boccacci, come di altri personaggi della destra radicale, con questo ambiente non siano episodici ma, come si spiegherà in seguito, ben strutturati. Il ritorno in scena vero e proprio ha luogo però nel 1995, quando Boccacci sarà impegnato nella campagna per la liberazione dell’ex capitano SS Erich Pribke; l’11 dicembre dello stesso anno viene infatti fermato, insieme ad alcuni ex militanti di Movimento Politico, durante l’affissione di manifesti che chiedono la libertà per il boia nazista responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, per il quale, in occasione del processo nel 1996, organizzerà anche una manifestazione di solidarietà fuori dal tribunale di Roma. Il processo Pribke costituisce uno straordinario catalizzatore di energie ed un’occasione di mobilitazione permanente per i gruppuscoli intolleranti della destra radicale romana, rivelando il sostanziale fallimento della “operazione Runa”. Tra il 1996 e il 1997 a Roma, oltre a svariate aggressioni nei confronti di migranti, ha luogo uno stillicidio d’attentati e provocazioni. Ad “aprire le danze” è ancora l’organizzazione di Boccacci: il 16 gennaio 1996 viene collocata una lapide commemorativa in via Rasella (teatro di una azione partigiana nel corso della quale vennero uccisi 33 volontari altoatesini delle SS e alla quale seguì la violentissima rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine, in cui furono uccise 335 persone) accompagnata da una corona ai caduti fascisti e dalla successiva telefonata di rivendicazione: «Movimento Politico. Abbiamo messo una lapide in via Rasella». Carla Capponi, bersaglio delle provocazioni, minimizza: «Sono dei mentecatti, ci mancherebbe. Ma scrivetelo che sono stati ospiti di una sezione di Alleanza Nazionale, scrivetelo». Alcuni mesi dopo tre individui si presentano a casa dell’ex deputata del Partito Comunista Italiano; al giardiniere, che li avverte che la signora non c’è, mostrano minacciosamente una pistola e allontanandosi velocemente avvertono: «Tanto prima o poi la dobbiamo ammazzare». A quest’episodio ne seguono altri:
_Nel gennaio 1996 viene saccheggiata e devastata la sede dell’Associazione dei familiari dei martiri caduti per la libertà della patria.
_A febbraio una bomba carta esplode all’ingresso della sede dell’Associazione partigiani e un ordigno disinnescato, accompagnato da volantini alla memoria delle SS tirolesi uccise dai partigiani, viene rinvenuto davanti agli uffici della Polizia giudiziaria di via Rasella.
_Nelle settimane seguenti si susseguono attentati contro alcune sedi periferiche di partiti della sinistra (in quei mesi vengono colpite la sede di Torpignatara del Partito dei Democratici di Sinistra e ben 5 sedi di Rifondazione Comunista) e contro quella del comitato di quartiere dell’ Alberone.
_Il 29 dicembre vengono profanate 13 tombe nel cimitero ebraico di Prima Porta.
_Il 7 gennaio, per l’anniversario del massacro dell’Acca Larentia, in un migliaio sfilano in corteo in provincia di Roma; la manifestazione è indetta dal Movimento Sociale-Fiamma Tricolore e dall’associazione “Acca Larentia”. Quando un gruppo di un centinaio di manifestanti incappucciati si stacca dal corteo, muovendo verso la sede del Partito dei Democratici di Sinistra, si scatenano pesanti scontri con la Polizia, nei quali 4 poliziotti rimangono feriti e alcune camionette vengono date alle fiamme.
_Nel 1997, alla vigilia della visita dell’allora capo dello stato Eugenio Scalfaro, in occasione della ricorrenza della festa della Liberazione, vengono imbrattate le lapidi alla memoria dei martiri delle Fosse Ardeatine, già divelte la notte tra l’8 ed il 9 aprile del 1996.
Nel 1999 avranno quindi luogo nella capitale due attentati rivendicati da un sedicente “Movimento Antisionista” ricollegabili alla mobilitazione antisemita innescata dalla campagna per la liberazione di Pribke. Dei due attentati sarà incolpato l’ultras giallorosso di 23 anni Giuliano Castellino, legato al partito intollerante Forza Nuova, cognato di Morsello (come vedremo ideatore insieme a Fiore dello stesso partito) ed il cui nome ritornerà in seguito insieme a quello di Boccacci alla guida della nuova Base Autonoma. L’11 novembre una bomba esplode al museo della Liberazione di via Tasso e 5 giorni dopo un ordigno viene collocato al cinema Nuovo Olimpia, dove è in programma la proiezione del film documentario sul processo al criminale nazista Adolf Heichmann. Per questo secondo attentato la Digos di Roma, che indirizzò le indagini verso l’ambiente degli ultras capitolini, denuncerà come responsabile proprio Castellino, inchiodato dalle riprese di una telecamera e da una perizia vocale da cui risultò che la sua voce era la stessa del telefonista che aveva rivendicato l’attentato. I legami di questo personaggio con Forza Nuova rimarranno nell’ombra. […]»
Nel 2002 il nome di Base Autonoma fa la sua ricomparsa a Roma. Alla guida della nuova organizzazione troviamo l’intramontabile Boccacci e proprio Giuliano Castellino. Anche in questo caso un estratto del dossier “Alla luce del sole” riassume l’attività di questa organizzazione.
«Il 28 ottobre 2002, in occasione dell’ottantesimo anniversario della marcia su Roma, il nome di Base Autonoma fa la prima vera riapparizione pubblica convocando una provocatoria sfilata a piazza Vittorio, nel cuore multietnico del quartiere Esquilino, per “liberare gli italiani prigionieri in territorio straniero” e per “riprendere le strade”. Una trentina di militanti di Base Autonoma il 14 dicembre dello stesso anno manifestano sotto il carcere di Regina Coeli ed un numero ancora più esiguo di loro assalta tempo dopo un Mc Donald’s per protestare contro la globalizzazione americana. Base Autonoma ha anche aderito al corteo di tutta la destra radicale romana, nell’anniversario della strage dell’Acca Larentia e, più di recente, i suoi militanti hanno tenuto una iniziativa a Genzano, con tanto di bastoni e disposizione militare, accompagnati peraltro da un consigliere comunale di Alleanza Nazionale. Il nome di Base Autonoma questa volta non rimanda ad un network nazionale, bensì ad un’organizzazione le cui dimensioni sono circoscritte alla provincia di Roma. A capo del gruppo intollerante, il cui insuccesso è dimostrato dai numeri esigui richiamati dalle iniziative fino ad ora messe in campo, troviamo comunque dei nomi non nuovi o, per meglio dire, sempre i soliti nomi: Maurizio Boccacci e, come accennato, Giuliano Castellino, quest’ultimo in più di una occasione pubblica presentatosi come responsabile politico della nuova Base Autonoma».
Prima di intraprendere questo nuovo progetto, Boccacci è stato per diversi anni un dirigente del partito intollerante Forza Nuova, per il quale si è anche candidato sindaco il 13 giugno 1999 a Frascati e al quale la nuova Base Autonoma sembrava inizialmente (anche se non ufficialmente) collegata. Il capo e fondatore di Forza Nuova è l’ex leader di Terza Posizione Roberto Fiore, rifugiato in Inghilterra sotto la protezione del Governo britannico per sfuggire al mandato di cattura spiccato nei suoi confronti per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Fiore, durante la sua latitanza protetta, non è rimasto con le mani in mano, dando vita insieme al socio Massimo Morsello (anche egli latitante in Inghilterra poiché coinvolto nella strage alla stazione di Bologna e fondatore di Forza Nuova insieme a Fiore) alla holding “Meeting Point”, il cui patrimonio ammonterebbe a una cifra superiore ai quindici milioni di euro e che è presente in Italia con la catena di agenzie di viaggio-studio “Easy London”, con la quale Forza Nuova finanzia la propria attività. Anche Castellino, per altro legato da vincolo parentale a Massimo Morsello (scomparso nel marzo del 2001), è transitato da Forza Nuova nella nuova Base Autonoma ed è attualmente il responsabile della federazione romana della Fiamma Tricolore, oltre a figurare tra i nomi di coloro che hanno partecipato alla realizzazione del programma politico per le elezioni del 2006 del partito di Romagnoli. Base Autonoma, che aveva sede nella sezione dell’Acca Larentia del Movimento Sociale, è transitata interamente all’interno della Fiamma Tricolore insieme ai suoi capi, modificando il proprio nome in “Giovine Italia” e presentandosi come la componente giovane, socialista e nazionale del partito di Romagnoli. Giovine Italia aderisce anche al coordinamento per il mutuo sociale dell’area non conforme, che raccoglie le occupazioni di case della destra radicale. Possiamo fare per l’organizzazione di Boccacci e Castellino un discorso analogo a quello già affrontato rispetto al Veneto Fronte Skinheads di Puschiavo, potendo affermare che la Giovine Italia all’interno della Fiamma Tricolore di Roma influenza decisamente la linea del partito, innanzitutto per i ruoli rivestiti da suoi capi. E’ un segnale evidente di questa influenza la stessa manifestazione nazionale organizzata il 29 ottobre del 2005 a Roma (di cui è possibile scaricare un video sul sito di new global vision), dal titolo evocativo “Marcia su Roma”, con evidente riferimento alla marcia sulla capitale delle camice nere, con cui, il 28 ottobre del 1922, il Partito Nazionale Fascista affermò la presa del potere e l’inizio della dittatura ventennale di Benito Mussolini. Dal 22 ottobre 2002 l’iniziativa per ricordare la marcia su Roma era stata tenuta da Base Autonoma, da quando Forza Nuova aveva rinunciato all’appuntamento lasciando spazio all’organizzazione di Boccacci e Castellino. La Fiamma Tricolore inglobando Base Autonoma fa proprio anche questo appuntamento annuale, affermando la “nuova linea” del partito e presentandosi come la prima organizzazione della destra radicale romana. L’operazione non è però circoscritta solo alla capitale e si prefigura tutt’altro che indolore; il partito di Romagnoli svecchiandosi raccoglie i consensi di coloro che non avevano accettato di buon grado la svolta elettoralistica di Forza Nuova, e in questo modo raccoglie la base militante a discapito della lista di Alessandra Mussolini. L’avvicendamento tra il partito di Fiore e la Fiamma Tricolore è evidente. Forza Nuova, alla sua nascita, aveva di fatto raccolto l’esperienza movimentista del network di Base Autonoma, circostanza provata anche dal fatto che numerosi personaggi di spicco del network erano convogliati proprio nel partito di Fiore, esattamente come Boccacci. La trasformazione della Fiamma Tricolore segna un nuovo passaggio del testimone e il nuovo assetto della formazione di Romagnoli assume sempre di più le sembianze di un inedito “partito dei boneheads”. La pericolosità di personaggi politici come Maurizio Boccacci e Giuliano Castellino è riposta nella loro capacità di parlare alla strada e, anche se non sempre con efficacia, di coinvolgere lo spontaneismo razzista e nazistoide che da essa proviene. La forte presenza di cui gode Base Autonoma all’interno delle tifoserie ultras sia della Roma che della Lazio offre un’eloquente conferma di ciò ed è ancora il dossier di Bergamo Antifa ha fornirne uno spaccato fedele.
«Il fatto che Castellino provenga dall’ambiente ultras, così come il coinvolgimento di Boccacci negli scontri del 20 novembre 1994, sono circostanze tutt’altro che casuali ed il nome di Base Autonoma nelle tifoserie delle due squadre capitoline non è per nulla sconosciuto. Gli stessi disordini avvenuti durante la partita Brescia-Roma nel 1994, videro la partecipazione di tifosi appartenenti sia al gruppo romanista “Opposta Fazione” che a quello laziale degli “Irriducibili” (entrambi di non celata fede politica di destra), fattore che fa pensare ad una matrice politica dell’accaduto e al contempo mette in luce la convergenza di alcuni gruppi delle due diverse tifoserie intorno a questioni che di sportivo hanno gran poco. Dello stesso avviso sarà la p.m. di Brescia Paola De Martiis che, al processo per i fatti di Brescia, contesterà ai 27 imputati (tra cui Boccacci), oltre a lesioni gravissime, porto e detenzione d’arma, resistenza aggravata e attentato alla pubblica sicurezza, proprio il reato d’apologia di fascismo. A conferma di quanto sostenuto, oltre a Boccacci, al quale sarà comminata una pena di 4 anni e 2 mesi, tra gli imputati figureranno vari nomi di militanti della destra radicale capitolina. Legami e contatti tra gruppi ultras ed organizzazioni della destra romana sono comunque ravvisabili da sempre nella curva nord laziale e già dai primi anni ’90 anche nella curva sud romanista. La cacciata dalla curva giallorossa del gruppo storico “Commando Ultrà”, avvenuta a metà anni ’90, viene considerato infatti lo spartiacque della colorazione politica della curva sud, dalla quale comunque già da qualche anno si assisteva ad un allontanamento dei militanti della sinistra antagonista che, forse poco inclini ad un certo modo di intendere il tifo e al giro d’affari che intorno ad esso cominciava a crescere, lasciarono agibilità ai militanti della destra radicale. In particolare, per quanto riguarda la curva nord laziale, sono noti i legami tra il gruppo degli Irriducibili e Forza Nuova; nel 1996 Fiore, leader dell’allora neo nata formazione intollerante, affida a Maurizio “Catena”, al tempo dei fatti leader degli Irriducibili, la gestione romana di Easy London, l’agenzia turistica con filiali in tutta Italia che assicura sostegno economico alle attività di Forza Nuova. L’egemonia degli Irriducibili sembra oggi messa in discussione da un gruppo di più recente formazione e con una forte connotazione politica a destra, “Banda Noantri”, all’interno della quale la nuova Base Autonoma conta per altro diversi militanti. Anche nella curva giallorossa troviamo un gruppo legato alla formazione intollerante capitolina, forse il più politicizzato della curva sud, che si rifà esplicitamente alla lezione evoliana importata alla stadio: “Tradizione-Distinzione”. Una riprova dei legami di questo gruppo con l’organizzazione di Boccacci e Castellino sarebbe fornita da un episodio avvenuto in occasione del derby del 27 ottobre 2002 allo stadio Olimpico, quando nel settore di Tradizione-Distinzione apparve uno striscione che recitava “28.X.02 Marciare per non marcire”, con evidente riferimento all’ iniziativa del giorno seguente, con cui il nome di Base Autonoma avrebbe fatto la propria ricomparsa ufficiale. A questo proposito sul sito della Polizia di Stato si può leggere: «L’infiltrazione di Base Autonoma all’interno della due curve ha contribuito a superare la storica rivalità tra le due tifoserie, i cui aderenti, oramai uniti dal medesimo orientamento politico, sono soliti partecipare anche ad iniziative di piazza [...]».
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