Palazzo Isimbardi: decisivo il dialogo ta le due istituzioni. Dopo la notte trascorsa in piazza della Repubblica, i rifugiati, espulsi dalla Svizzera, sono stati accolti nel dormitorio di viale Ortles.
«Va bene, andiamo». Le porte dell’autobus si chiudono alle 20.30. Da piazza della Repubblica, ieri sera, i 62 profughi del Darfur vengono riaccompagnati nel centro d’accoglienza di viale Ortles, il dormitorio da cui erano «scappati» il 10 gennaio per cercare di raggiungere la sede dell’Unhcr a Ginevra. Davanti al monumento intitolato a Mazzini rimangono i cartoni e la cenere del falò, segni dell’ultima notte al gelo. I profughi di via Lecco, espulsi martedì dalla Svizzera, accettano le condizioni di Palazzo Marino «in attesa del trasferimento nel convitto messo a disposizione dalla Provincia in viale Piceno». Dieci giorni al massimo. In teoria. «Perché ora devono sottostare a tutte le regole dell’istituto: l’unica differenza con gli altri ospiti è che non pagano», spiega l’assessore ai servizi sociali del Comune, Tiziana Maiolo.
Solo una volta sottoscritto il regolamento del dormitorio e il programma semestrale di integrazione (corsi di italiano e avviamento al lavoro) «valuteremo la possibilità eventuale di trasferirli in viale Piceno». Come dire: aspettiamo a dar per chiusa la partita. Il trasferimento in viale Ortles arriva in fondo all’ennesima giornata di mediazioni, accelerate nel primo pomeriggio dall’ultimatum dell’assessore Guido Manca: «Se i rifugiati continueranno a bivaccare in strada, chiederemo al prefetto che siano ricondotti nelle prefetture di provenienza». Alle 16 si apre l’incontro tra i delegati della comunità e l’assessore provinciale ai Diritti dei cittadini, Francesca Corso. Poi il confronto si sposta nel convitto di viale Piceno, fino a ieri affidato dalla Provincia al Fatebenefratelli per l’alloggio delle infermiere (ma utilizzato parzialmente), ora per metà a disposizione dell’emergenza profughi (servono 9-10 giorni per la ristrutturazione).
E' la svolta: i sudanesi sono soddisfatti. «È la dimostrazione che il dialogo tra istituzioni favorisce la risposta ai bisogni», commenta l’assessore Corso. «Ci auguriamo che la questione si sia avviata verso una soluzione definitiva», sottolinea Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr. Il primo gruppo entra in viale Ortles alle 21.15. Registrazioni e visite mediche. Ci sono almeno quindici casi sospetti di tubercolosi: i medici decidono nella notte il trasferimento all’ospedale San Paolo per evitare «un eventuale contagio». Delle polemiche degli ultimi giorni resta solo la querela per diffamazione presentata dalla Maiolo e dall’inviato del governo in Darfur, Barbara Contini, contro il rappresentante dei sudanesi, Imam Ahmed. Per ora.
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