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Ringraziamenti a tutti
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Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi Tuesday, Jan. 31, 2006 at 6:23 PM |
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Voglio ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine e che hanno contribuito alla lotta contro l'ennesima impunità a favore degli uomini in divisa. Purtroppo, ma c'era da aspettarselo, anche la procura di Genova ha deciso di archiviare le mie denunce, anche se è stata costretta ad ammettere la validità della controperizia e quindi in pratica a sconfessare la vergognosa versione ufficiale che parla di aritmia cardiaca. Sono sicura che, anche se gli uomini di tribunale se ne sono lavati le mani, la gente generosa che odia le ingiustizie saprà fare in modo che non ci si dimentichi di Marcellino. Grazie, Maria Ciuffi
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ingiustizia maledetta ingiustizia
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orso che corre Tuesday, Jan. 31, 2006 at 6:55 PM |
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aquila.nera@angelo rosso |
dai vostri tribunali, cosi'come dalle carceri vi sentite padroni delle nostre vite,ci uccidete in 1000 modi. Oltraggiate i nostri corpi, tanto siam sempre noi i colpevoli. ma mai e poi mai potrete strapparci dai cuori dei nostri cari. con marcello nel cuore. un abbraccio e un bacio,Ciao maria ERIC TATTOL libero professionista sovversivo.
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grazie a te
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zia Tuesday, Jan. 31, 2006 at 8:46 PM |
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grazie a te e a tutte le madri che non si arrendono.
mi chiedo quanto pelo sullo stomaco devono avere avuto i giudici ricordando le foto di marcello ancora mi si accappona la pelle
e' vero che non ci interessa la *giustizia borghese*, pero' questo ennesimo calcio sui denti e' proprio difficile da digerire.
spesso, come stasera, ho sentito la mia solidarieta' impotente.
ma e' tutto quello che ho, insieme alla memoria.
e cerchero' di tenerle tutte e due vive, per marcello, per maria, per la mia dignita'.
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purtroppo
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mk Wednesday, Feb. 01, 2006 at 1:58 PM |
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purtroppo "la gente generosa che odia le ingiustizie" sembra vada diminuendo...
solidarietà umana alla madre di Marcello e a tutte le madri - da Genova a Ferrara - che lottano per conoscere la Verità NON ufficiale, la Verità VERA, quella che lo Stato non può accettare e che la gente in generale si rifiuta di vedere.
“Se uno perde la coscienza di conoscere la verità, quella persona perde la pace” (Suzuko Numata - sopravvissuta a Hiroshima)
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Non lo dimenticheremo
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Zefiro Wednesday, Feb. 01, 2006 at 11:27 PM |
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Cara Signora Maria, sono uno dei tanti che hanno in questi anni seguito la vicenda giudiziaria di suo figlio Marcello e le confermo che la sua tragica fine non verrà facilmente dimenticata, anche se viviamo in una società veramente oscena. Purtroppo ci eravamo illusi pensando che la controperizia servisse a riaprire il caso; la cosiddetta giustizia é veramente cieca quando questo le fa comodo. Perché accettare allora che venga messa in dubbio la versione ufficiale se poi questo non serve a nulla? Mi ricorda il “malore attivo” dell'anarchico Pinelli escogitato dal democratico giudice D'Ambrosio per non dovere procedere contro i questurini di Milano. Un bel modo di lavarsene le mani. Mi creda se le dico che suo figlio non verrà dimenticato. Un abbraccio Zefiro
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figli di papa ??
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Elektro2 Thursday, Feb. 02, 2006 at 10:44 PM |
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figli di papa' non mi pare ce ne siano tanti... (ne ho invece conosciuti parecchi in area destraglia (quella che raglia))
poi preferisco un ricco che sta dalla parte di chi non e' ricco, piuttosto che il contrario... (che detto tra noi mi pare pure un po' "sciemo")
(la "i" in "sciemo" e' voluta... prima che qualche "correttore di bozze" mi stigmatizzi l'errore voluto)
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La Forza della Rabbia
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Ettore Friday, Feb. 03, 2006 at 1:03 PM |
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Ti sono vicino e ti vorrei esprimere tutta la mia solidarietà di padre, che già da figlio ho dovuto subire le ingiustizie e angherie di questo stato di ingiustizia e infamità sociale. Non è cambiato niente, continuano indisturbati a perpretare repressione con chi chiede più giustizia e libertà mentre lascia indisturbati i grandi speculatori e affamotori di popoli. Ma come dicono anche loro quando vengono accusati " non ci lasceremo intimidire" dovranno pagare tutto davanti alla giustizia dei popoli in lotta per la propria identità e dignità. Andiamo avanti con i nostri mezzi che abbiamo a disposizione e anche con la forza della rabbia che abbiamo dentro accumulato. Lo dobbiamo fare per noi, per i nostri figli e per la nostra stessa esistenza.
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non si arrenda adesso nè dopo.
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gyustiziere Sunday, Feb. 05, 2006 at 12:07 AM |
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sconosciuta |
Ciao, ti siamo vicini,io sono certo che non bisogna arrendersi ma si deve insistere sempre.finchè quei porci assasini in divisa non saranno condannati kome meritano e pure peggyo vedrà ke non faranno tanta strada ma lei non si arrenda se può ,a me è successa la stessa kosa ma è finita diversamente io sono ancora vivo,e loro sono morti,e i soppravissuti vigliacchi vivono molto male.....gli tenga sempre il fiato sul loro collo attraverso difensori legali.perkè mi creda ke coloro ke l hanno ucciso vivono molto male,e basta poco x incastrarli.INSISTAAAAAAA SEMPREEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!! LA SALUTO SINCERAMENTE AFFRANTO!!!
sconosciuto
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Ennesima impunità a favore degli uomini in divisa?
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Alfredo Sunday, Feb. 05, 2006 at 12:46 AM |
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Si può senza dubbio capire il dolore di una madre, ma penso che il modo migliore per onorare la memoria non sia aggiungere ingiustizia ad ingiustizia, parlare gratuitamente male degli uomini in divisa (generalizzazione improponibile che molto lascia intendere), non mi sembra affatto giusto, è evidente che di quegli uomini molto poco si sà.
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che titolo dare se non rabbia e lacrime?
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un compagno tra i tanti Sunday, Feb. 05, 2006 at 11:38 AM |
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cara, carissima madre di Marcellino, ti dico con chiarezza una cosa che deve far riflettere tutti: del caso di marcello non sapevo nulla, nonostante io sia una persona non più ragazzino che segue e partecipa alla politica. Il sistema dei media di massa, con esclusione di siti come questo (che di massa purtroppo non è) è quindi colpevole come i giudici fascisti e i loro gendarmi. Ho cercato ora qui su Indy tutti gli atricoli relativi al caso di marcello, ho scoperto che è stato assassinato nel 2003, ho letto dei presidi, ho visto le foto aggiaccianti.....tutto materiale inequivocabile anche per il più idiota dei giudici. Cosa aggiungere, cosa dire. Sono scolvolto, commosso, inorridito e ancora una volta rabbioso. Da troppi anni assistiamo a bugie fasciste che coprono le vergogne di una (in)giustizia di classe. E cosa resta? il dolore neppur minimamente comprensibile di una madre, che si è battuta con se stessa per sopravvivere al dolore, e si è battuta con gli altri per la verità, e ha ricevuto in regalo dopo la prima tragedia la seconda tragedia dell'archiviazione. Anche la parola schifo non basta. Se potessi stringerti in un abbraccio senza altre parole lo farei subito, ora. Per quanto valga sentimi vicino, sentici vicini, perchè non siami poi cos'ì pochi... Siamo solo impotenti. Ma non vogliamo ammetterlo. E per fortuna che non lo ammettiamo, e che quindi continuiamo, imperterriti, ad andare in piazza, in strada, nei luoghi di lavoro e di studio, ad urlare contro la repressione di stato e la morte di stato. Continuiamo a farlo, da impotenti, ma senza mai aver perso la speranza. Mai. Hai perso un figlio, hai trovato tanti amici e tanti abbracci. Non consola, no! Ma forse aiuta. Tutto qui. Comunque, un'archiviazione si potrebbe anche riaprire. Continuare a battersi? provarci ancora fino allo sfinimento? Beh, in fondo cosa si può perdere ormai, se si prova di nuovo e di nuovo?
Sentimi che ti stringo forte. Ciao...
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Morte accidentale di un detenuto....
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Giorgio D'Amato Monday, Feb. 06, 2006 at 5:06 PM |
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filippoda@hotmail.com |
Gentile S. ra Ciuffi, mi scusi per l'indolenza se dopo averle inviato il racconto pubblicato su Margini non le ho dato più notizie di me. Leggo che le cose non sono andate per il meglio, c'era da aspettarselo. Tuttavia ci sono tante persone che sanno di Marcello e di come si possa morire senza motivo, sono quelle che leggono di quanto Indymedia generosamente ospita. Nel mio piccolo ho voluto contribuire a tener vivo l'episodio e sto ancora scrivendo su ingiustizie di questo tipo. A tempi migliori... Giorgio D'Amato e-mail filippoda@hotmail.com
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la memoria non si archivia
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artaud Monday, Feb. 06, 2006 at 7:22 PM |
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Mi meraviglio degli admin che non nascondono certi post così offensivi per la memoria di questo povero ragazzo... va bene mostrare tutte le miserie ma qui si esagera, Indy sta diventando la cloaca dei fasci. Fate qualcosa perfavore!!!!
Tutto l'amore e la solidarietà alla mamma di Marcello. La memoria non si archivia.
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Il caso di Marcello Lonzi: carcere e paura della verità
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Federazione Nazionale dell'Informazione dal e Thursday, Feb. 09, 2006 at 9:56 PM |
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Federazione Nazionale dell'Informazione dal e sul carcere, 9 febbraio 2006
Ci sono alcuni fatti che nella cronaca carceraria rischiano di assumere un tono scontato, quasi di normalità. E questo non perché avvengano con un'elevata frequenza, ma perché la dinamica di quel che è accaduto, l'iter investigativo, il percorso giudiziario assumono delle similitudini che non possono che far riflettere. È così la storia di Marcello Lonzi di 29 anni, "trovato morto" nella sua cella in una pozza di sangue con il cranio fracassato: siamo all'11 luglio del 2003.
Secondo l'autopsia la morte sarebbe dovuta a cause naturali, il famigerato arresto cardiaco che in carcere assume ormai, giustamente o meno, un senso cinico dell'ovvio: il cuore ha cessato di battere, come se normalmente ci fosse alternativa in caso di morte ad un "sintomo" del genere.
L'iter giudiziario lo potete leggere sul sito di "Ristretti (http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/lonzi/index.htm) e sulla newsletter del 3 febbraio 2006, e non è su questo che ci vogliamo soffermare, anche perché è tristemente simile ad altri, di altre storie che si sono interrotte dietro le sbarre, storie di giovani, di persone anziane, di uomini come di donne a cui il carcere ha arrestato il cuore: persone morte per cause "naturali".
Sono delle situazioni dove ormai c'è un senso di abbandono, di rassegnazione, dove neanche l'urlo di una madre disperata arriva a far sperare in un po' più di verità, e questo solito esito dove il massimo accertabile è che il cuore di Marcello si sia fermato lascia un sapore strano in bocca, soprattutto per chi il carcere lo conosce.
Ora la magistratura avrà sicuramente fatto il suo lavoro, avrà accertato l'accertabile, i medici avranno fatto la loro parte, certificando il certificabile, i testimoni saranno stati onesti ed avranno raccontato tutto quello che c'era da raccontare, eppure in questi episodi che avvengono dentro le carceri c'è quasi sempre qualcosa che non va.
Sarebbe fin troppo semplice attaccare a destra e a manca i vari protagonisti della certificazione di morte naturale, perchè certo per chiunque abbia visto le foto, che sono state fatte circolare, le perplessità vengono automatiche. Ma perché i magistrati avrebbero dovuto indagare male? Perché i medici avrebbero omesso di certificare le reali cause della morte? Non dovrebbe aver senso dubitare però viene automatico, le foto di Marcello, quelle immagini sono un controsenso: c'è troppa violenza in quelle foto di fronte a una "morte naturale" così beatamente certificata.. Ecco, forse quello che lascia inquieti è proprio l'assuefazione alla morte in carcere. E una foto come quella di Marcello Lonzi, finisce comunque per corrispondere all'immaginario di molta gente, per cui la violenza è "naturale" in carcere, e così quasi nessuno si meraviglia se tutto è archiviato come un episodio assolutamente nella norma.
Un tentativo di risposta a queste domande occorre iniziare a darselo, perché la vera sensazione è che non sia più possibile che quando si parla di carcere si arrivi a rendere automatica la censura su ciò che vi avviene all'interno. Il flusso delle informazioni che arrivano fuori è spesso filtrato dalle direzioni di Istituto, di tante cose che succedono non si riesce ad avere mai conferma o smentita tanto che chi si trova a tentare di fare informazione va spesso in crisi.
Nell'esperienza fatta raccogliendo notizie per il dossier "Morire di carcere" ci sembra ricorrente il tentativo di divulgare il meno possibile i fatti, di non informare, e spesso di alcune morti per malattia o "sospette" è solo grazie ai familiari ed al volontariato che ci è possibile informare.
Eppure siamo nel 2006, e non esistono ragioni di sicurezza, sufficientemente valide, per continuare ad avere delle carceri dove anche le visite ispettive dei parlamentari di rado consentono di arrivare a verificare quali sono le reali condizioni di un istituto. Quando poi succede qualcosa all'interno diventa quasi impossibile sapere la realtà dei fatti. In genere scatta il silenzio generale, si provvede a trasferimenti anomali, nemmeno chi ci vive dentro è spesso in grado di conoscere la verità.
Il carcere resta ancora una realtà chiusa e la chiusura aumenta quando succede qualcosa, il nostro lavoro sull'informazione è continuamente alle prese con notizie riportate da detenuti e sulle quali è spesso impossibile avere una verifica, notizie su fatti che non vengono mai denunciati: ma questo non significa che siano false. Succede poi spesso che arrivino anche notizie distorte, a volte strumentali, e a queste fanno da contraltare le sensazioni di sommarietà e superficialità delle indagini della magistratura.
Così dopo la seconda archiviazione della denuncia per omissione di atti d'ufficio fatta dalla madre di Marcello Lonzi, nonostante lei avesse chiesto addirittura al Presidente della Repubblica di avere maggiore chiarezza sulla vicenda del figlio, ci troviamo oggi con un senso di grande amarezza perché per quanto si sia chiesta la verità, una spiegazione coerente con quello che era possibile intuire da quelle terribili foto che erano disponibili su internet non è stata data.
Così finisce la gran parte delle storie come quella di Marcello Lonzi, una storia che non convince nessuno e che pretende di accontentare tutti, con una madre che grida all'ingiustizia ma che non ha la forza per smuovere un sistema come quello delle nostre carceri, dove la vita delle persone che vi entrano vale immediatamente di meno, e non c'è bisogno di aspettare che muoiano per rendersene conto. Basta citare la situazione della Sanità, il sovraffollamento, gli abusi per i quali certi istituti sono noti, è di fronte a tutto questo che la morte di Marcello, che resterà comunque poco chiara, diventa improvvisamente "normale", ed è contro questa assurda normalità che chi vuole veder cambiare le cose ha messo l'informazione come perno centrale ai percorsi di cambiamento della cultura penitenziaria. Senza informazione difficilmente esistono diritti, compreso quello di vivere, perché senza informazione qualsiasi cosa ti succeda in carcere praticamente non esiste, nessuno la saprà mai.
Quello che è avvenuto nel carcere delle "Sughere" sfugge ancora all'informazione e questo è emerso sin da subito, occorre quindi che i detenuti ed i volontari che credono nel senso di umanità comincino a darsi da fare, perché il carcere non sia un mondo governato fuori dalle leggi, perché storie come quelle di Marcello Lonzi, 29 anni, ristretto nel carcere delle "Sughere", non vengano dimenticate e non avvengano mai più.
P.S.: chiediamo scusa per la crudezza di queste fotografie; però sono prove importanti, ed è giusto che le vediate, come le hanno viste la mamma di Marcello Lonzi, i medici e i magistrati.
Marcello Lonzi sul pavimento della cella
Marcello Lonzi sul tavolo per l'autopsia
-------------------------------------------------------------------------------- Segreteria della Federazione Nazionale dell'Informazione dal e sul carcere Via Citolo da Perugia n° 35. 35138 - Padova Tel.: 049.654233. Fax: 049.654233 E-mail: redazione@ristretti.it - Web: http://www.ristretti.it
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