“Non è stata droga, né sono state le percosse, Federico è morto per asfissia”. È la conclusione cui sono giunti Fabio Anselmo e Riccardo Venturi, i legali della famiglia Aldrovandi che hanno voluto anticipare in una conferenza stampa i risultati cui i loro consulenti sono giunti. “A causare la morte del ragazzo lo scorso 25 settembre è stata la posizione cui Federico è stato sottoposto per circa 15 minuti”, sostengono gli avvocati dopo aver esaminato gli atti di indagine provenienti dalla polizia, dalla Procura e dai propri periti. “Asfissia posturale” è il termine tecnico che viene usato durante la versione di parte dei fatti. “Dopo l’arrivo della prima pattuglia del 113 – ricostruisce Venturi -, vi fu una violenta colluttazione tra il ragazzo e gli agenti intervenuti (che nel frattempo da due erano diventati quattro con l’arrivo della seconda volante), seguita dall’immobilizzazione forzata a terra del ragazzo, protrattasi per alcuni minuti, in posizione prona e ammanettato con le mani dietro la schiena, mentre almeno un agente di polizia gravava su di lui, comprimendogli la cassa toracica”. La colluttazione sarebbe ammessa, secondo gli avvocati, dagli agenti e testimoniata dalle impronte dei manganelli sul corpo di Federico e dalle ferite al volto e al capo, “anche se – specifica Venturi - gli agenti negano che tali ferite siano riconducibili a percosse da loro inferte”. L’“immobilizzazione forzata” sarebbe confermata dalla “testimonianza di persone – continua il legale -, che hanno assistito all’episodio e sentito i rantoli e le richieste di aiuto del giovane”.
Dal referto di servizio del 118 sarebbe possibile inoltre ricostruire lo svolgersi temporale dei fatti. “La chiamata dalla centrale operativa – prosegue Venturi - del 113 è delle 6.08, l’ambulanza della Croce Rossa e l’auto medicalizzata partono alle 6.10, l’arrivo sul posto della prima risale alle 6.15 e quello della seconda alle 6.18. Dagli atti della polizia emerge inoltre che la richiesta di invio di un’ambulanza è stata radiotrasmessa dalla volante “alfa 3” alla centrale alle 6.04, quando sul posto era già intervenuta la volante “alfa 2””. Secondo questa ricostruzione Federico sarebbe rimasto a terra con le braccia immobilizzate dietro la schiena per undici minuti. “La consapevolezza della necessità di un soccorso medico – aggiunge il difensore – non può che precedere la chiamata delle 6.04; c’è inoltre una testimone, residente nei pressi di via Ippodromo, che riferisce di aver sentito nei minuti precedenti Federico rantolare e chiedere aiuto, e che un poliziotto, steso a terra in posizione prona, tentava di ammanettarlo. Una scena che consente di far risalire a prima delle 6.04 l’inizio del “contenimento” e della compressione toracica cui Federico fu sottoposto: è perciò altamente probabile che l’immobilizzazione forzata si sia protratta per circa 15 minuti con conseguenze letali”.
Gli avvocati scartano anche l’ipotesi droga (“l'assunzione di modesti quantitativi di sostanze stupefacenti (eroina e ketamina) da parte del giovane, alcune ore prima della morte, pare avere efficacia causale assai discutibile”). A questo punto Venturi chiede che vengano effettuate “le opportune valutazioni, anche in ordine all’efficacia causale del tardivo soccorso prestato a Federico e al mancato utilizzo del defibrillatore portatile normalmente in dotazione sulle vetture della polizia”.
I consulenti nominati dagli avvocati degli Aldrovandi, Giorgio Gualandri, Manuela Licata e Antonio Zanzi, depositeranno le loro conclusioni lunedì. Per lo stesso giorno si aspetta anche il deposito della perizia medico-legale disposta dal pm sul corpo del ragazzo. Un incrocio di perizie che potrebbe aiutare anche a chiarire alcuni punti oscuri che emergono dal confronto tra la tesi dei legali e la ricostruzione della Questura.
La chiamata al 113 che ha attivato l’intervento della prima volante “non riferirebbe – afferma Venturi - di comportamenti autolesionistici di “un giovane che urlava frasi sconnesse e colpiva alcuni pali della luce con il capo”, ma parlava semplicemente di “un giovane che dà calci dappertutto”. Particolare che farebbe cadere l’ipotesi delle lesioni al capo e al viso che il giovane si sarebbe procurato sbattendo la testa contro pali della luce”. Secondo le forze dell’ordine, inoltre, gli stessi sanitari, al loro arrivo, consigliarono di lasciargli le manette che “solo successivamente gli furono tolte”. “Dalla nostra versione risulta invece – chiarisce l’avvocato - che Federico era già morto all’arrivo dell’ambulanza e proprio i sanitari avrebbero invece chiesto di togliere le manette per eseguire il tentativo di rianimazione, altrimenti impossibile da eseguire”.
“Non vogliamo puntare il dito contro gli agenti intervenuti – assicura Anselmo -, né contro la polizia. Vorremmo però che fosse chiaro che se ci fosse stata maggior trasparenza da parte delle forze dell’ordine e maggiore efficacia nelle indagini nei momenti iniziali di questa drammatica vicenda, molto meno e forse quasi per nulla si sarebbero verificate le polemiche che hanno caratterizzato il caso e che ci vedono tutti sconfitti”.
17/2/2006 - http://www.estense.com
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Aveva parlato di “divergenze concrete”. E aveva ragione. Sono state confermate le parole di Stefano Malaguti, il consulente del pm incaricato della perizia sul corpo di Federico Aldrovandi. Questa mattina è stato lo stesso Procuratore capo della Repubblica di Ferrara Severino Messina ad anticipare ai giornalisti accorsi in via Previati “una sintesi della consulenza medico-legale d’ufficio depositata martedì mattina”. Capovolta la versione fornita dai legali della famiglia Androvandi, che parlava di “asfissia posturale dovuta a compressione toracica protratta per una quindicina di minuti”. La causa avanzata dalla consulenza medico-legale d’ufficio, una novantina di pagine, parla di “una insufficienza miocardica contrattile acuta, sostenuta da una condizione di stress psicofisico, determinante massimale stimolazione simpatica, responsabile dell’incremento dell’attività cardiaca e quindi del suo fabbisogno di ossigeno, non adeguatamente supportato per l’indebolimento funzionale dei centri respiratori bulbari conseguente all’assunzione di eroina, ketamina ed alcool”. Lo stato fisico e mentale di Federico avrebbe quindi provocato una stimolazione eccessiva del cuore che, aumentando notevolmente i battiti, necessitava di maggior quantità di ossigeno. Questo non è stato possibile perché gli organi respiratori erano inibiti dal mix di psicofarmaci assunto alcune ore prima del decesso.
La perizia entra anche nel dettaglio delle sostanze stupefacenti assunte quella sera dal ragazzo: “la concentrazione di morfina nel sangue – si legge nel comunicato di Messina – (pari a 0.36 microgrammi per millilitro) non può, sulla base di un’ampia letteratura, essere ritenuta di basso livello, rappresentando viceversa uno stato significativo rientrante nel range dei valori di concentrazioni ematiche di morfina in soggetti venuti a morte in seguito ad assunzione di oppioidi (valori tra 0,1 e 2) per il suo effetto deprimente le funzioni respiratorie. In ogni caso i valori riscontrati non escludono affatto gli effetti psicodislettici e sistemici dello stupefacente a carico del sistema nervoso centrale e cardiovascolare. Lo stesso tasso alcolemico (gr. 0,4 g/l) ha rappresentato un valore comunque non trascurabile per l’associazione e l’interazione con le sostanze stupefacenti”. Il cuore e gli organi respiratori di Federico sarebbero quindi risultati inibiti, alterati, dalle sostanze presenti nel sangue.
La consulenza ha rilevato inoltre che sarebbe da “escludere con elevata probabilità che le lesioni tegumentarie rilevate in sede cranica e maxillo-facciale e lo stesso fenomeno emorragico osservato, possano avere rivestito ruolo causale rispetto all’evento morte”. Scartata anche l’ipotesi delle percosse (le lesioni al volto e alla nuca) che possono aver procurato il decesso, la perizia smonta anche la versione dello schiacciamento toracico: “il mancato riscontro di lesività traumatiche a carico del tessuto cutaneo, sottocutaneo, muscolare ed osseo a livello toracico appare poco suggestivo di una valida ed importante compressione applicata alla gabbia toracica, osservando che nelle forme classiche di immobilizzazione del mantice respiratorio la compressione risulta comunque tale da produrre protrusione dei globi oculari, turgore delle labbra e del volto, fenomeni assenti nel caso di specie”. Rilevate anche “l’assenza di lesioni traumatiche a carico di altri distretti anatomici quali collo ed orifizi respiratori esterni”.
Questa dunque la sintesi fornita delle conclusioni che Messina ha voluto anticipare, spinto “dal clima pesantissimo – afferma egli stesso - che si è creato in città. Abbiamo ritenuto di dare notizie pubbliche alla stampa che si è occupata del caso, che fino ad oggi ha sentito una sola campana. La campana istituzionale non ha suonato perché non aveva ancora motivi per farlo. Dopo una prima lettura delle perizie medico-legali dei periti del pm, abbiamo ritenuto opportuno diffondere questo comunicato. Sono stato accusato di coprire la polizia, è stato detto che alcuni teste erano stati intimiditi, sono comparse in città scritte del tenore “Polizia assassina”. Ormai c’è un processo in corso, quello che si fa per strada e per il quale la sentenza sembra sia già stata scritta”. Il Procuratore tiene a precisare che questa perizia sarà confrontata con quella fornita dai consulenti dei legali degli Aldrovandi e “se dopo la comparazione rimarranno elementi dubbi – aggiunge Messina -, ci avvarremo di altre consulenze”. Mentre sono in corso ulteriori indagini tossicologiche finalizzate alla ricerca di altre eventuali sostanze stupefacenti, i cui risultati verranno acquisiti entro i primi di marzo, il pm preferisce non rilasciare ulteriori dichiarazioni, ricordando che “le valutazioni giuridiche saranno fatte nelle opportune sedi e nei tempi idonei, speriamo i più brevi possibili, per trarne le conclusioni”.
22/2/2006 - http://www.estense.com
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