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[BO] C.U.A.zine # Gen'06
by C.U.A. - BO Thursday, Feb. 09, 2006 at 4:46 PM mail: cua_bo (a) inventati.org

C.U.A.zine - FOGLIO DEL COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO – BO - GENNAIO 2006

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by C.U.A. - BO Thursday, Feb. 09, 2006 at 4:46 PM mail: cua_bo (a) inventati.org

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Qui di seguito il testo della zine:


C.U.A.zine
FOGLIO DEL COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO – BO
GENNAIO 2006


Primo numero del foglio del Collettivo Universitario Autonomo, C.U.A.zine vuole essere momento di riflessione collettiva e di costruzione di spazi comunicativi in cui andare a declinare tutte le sfaccettature di una lettura di parte, antagonista, del mondo universitario e non.
per contattarci: cua_bo@inventati.org


E’ stato un caldo autunno quello che abbiamo passato quest’anno; mesi di lotte, manifestazioni e occupazioni che in tutta Italia hanno visto riemergere con determinazione la soggettività studentesca.
Un movimento nato in occasione della mobilitazione su scala nazionale contro l’approvazione definitiva del d.d.l. Moratti, un ulteriore tassello del progetto ormai quindicinale di trasformazione del mondo della formazione in fabbrica sociale, come luogo della produzione e riproduzione dei rapporti sociali di sfruttamento basati sulla precarietà lavorativa ed esistenziale.
Un movimento che con forza e determinazione ha saputo opporre l’antagonismo studentesco, con pratiche di riappropriazione di tempi, di spazi e di saperi.

Bologna è stata protagonista di uno dei momenti più alti della mobilitazione sia nell’elaborazione teorica che nella messa in pratica di percorsi di rottura con l’esistente e, in questo caso, con il futuro che ci è stato imposto dall’alto. Dalle occupazioni delle facoltà di Lettere, Scienze Politiche e Giurisprudenza, momento primo di riappropriazione di tempi e spazi, si è subito manifestata la capacità di allargare l’ambito della mobilitazione: innanzi tutto investendo il sistema universitario nel suo processo di aziendalizzazione, dalla legge Ruberti sulla autonomia finanziaria dell’89 alle leggi Moratti, passando per la riforma Zecchino-Berlinguer varata dal centrosinistra; in secondo luogo, leggendo l’università come luogo della produzione di precarietà e, conseguentemente, allargando il piano del discorso (critico) a tutti quegli ambiti di vita che fanno dello studente universitario un precario (in formazione): dalla mensa, alla casa, al desiderio di una socialità liberata da logiche di mercato, ai saperi e alla cultura. Quest’ultimo ambito della mobilitazione ha portato il movimento studentesco a rivendicare al fianco degli altri soggetti precari (migranti e lavoratori) i propri bisogni come nuovi diritti da conquistare attraverso la riappropriazione diretta e il conflitto sociale dal basso.
L'impatto di questa dirompente onda d'urto ha prodotto momenti di conflitto anche radicali con le istituzioni, nazionali e cittadine, riuscendo a portare all'ordine del giorno dell'agenda politica nazionale temi sociali di rilevante emergenza e importanza, ma sino ad allora taciuti, come quello della situazione abitativa.
La forza e la volontà dei discorsi portati avanti hanno dovuto, però, subire in più occasioni la sorda risposta dei manganelli e della repressione che contraddistinguono indifferentemente i governi, locali e nazionali, di centrodestra come di centrosinistra.

Nonostante il calo della mobilitazione sia a livello locale che nazionale, niente è andato perso della ricchezza prodotta dal movimento, dalla realtà delle analisi alla determinazione e radicalità delle lotte.
Si è così sedimentato un importante patrimonio di esperienze di lotta dal quale poter e dover ripartire verso la liberazione dei tempi di vita e dei modi del sapere, attraverso la riappropriazione diretta degli spazi e dei luoghi necessari all'auto-determinazione dei nostri percorsi di vita come studenti e alla condivisione, libera circolazione e produzione dal basso di nuovi saperi che sappiano scardinare il meccanismo perverso della formazione/lavoro, ponendosi nei termini di una continua riflessione critica dell'esistente e di quanto ci viene propinato quotidianamente da quegli esamifici a pagamento che sono oggi le università.

Da queste esperienze, e con la determinazione di difendere e moltiplicare tutto il patrimonio di lotte che si è fin qui manifestato in ambito universitario bolognese è nato il Collettivo Universitario Autonomo, un gruppo di studenti di varie facoltà uniti dalla condivisione delle pratiche e delle analisi sviluppate dal movimento studentesco in questi mesi e decisi a praticare e diffondere l'antagonismo studentesco come strumento di liberazione dai ritmi e dai contenuti imposti dal sistema universitario di produzione/alienazione.

In continuità con le passate esperienze, il C.U.A. si propone di essere e promuovere istanze e saperi critici all'interno dell'università nonché del più ampio contesto cittadino e di lottare per la riappropriazione del tempo di vita che ci è sottratto dall'organizzazione aziendale dell'università, primariamente attraverso la liberazione di spazi e tempi all'interno del contesto universitario, nei quali soddisfare i nostri bisogni di studenti, basando sempre il nostro agire sull’autorganizzazione, intesa come metodologia decisionale basata sul confronto/dibattito totalmente orizzontale in assemblee che sono il luogo in cui sviluppare collettivamente la nostra progettualità.

Nell'università consegnataci dal DDL Moratti, in continuità con le riforme precedenti, proprio sulla questione dei tempi e dei luoghi di noi studenti si gioca infatti una partita importante della possibilità e capacità di lottare per lo scardinamento del sistema accademico nel suo complesso. Stritolati tra la spasmodica accumulazione di cfu, rincorrendo decine di micro-esami ogni anno, sotto il costante ricatto di non accedere alle ridicole borse di studio, spesso costretti in contemporanea a lavori precari per mantenere i costi troppo alti di affitto, tasse universitarie, etc., abbiamo perso parte della nostra capacità di organizzarci per rivendicare l'accesso a quella ricchezza che a Bologna contribuiamo largamente a produrre e alla quale non abbiamo accesso, per costruire un sapere autonomo che porti il segno del nostro essere antagonisti, in aperta rottura con ogni tentativo di ricerca del profitto e di controllo nel mondo universitario. Una componente, quella studentesca, costretta a farsi spazio a suon di occupazioni per riconquistare il terreno sottrattole dall'incalzare della ricerca del profitto nell'atto stesso dello studio, vista la mancanza cronica di luoghi d'autorganizzazione slegati dalle varie mafie associazionistiche per cui una manciata di iscritti, e di denari, vale più dei bisogni insoddisfatti della totalità di noi studenti.

Per molti questo hanno significato le esperienze delle facoltà occupate e dell'AULA Scaravilli, questo era ciò che altri non potevano tollerare: unanime la scelta del consiglio di facoltà di Economia, con "rappresentanze studentesche" in prima linea (dalla Sinistra Universitaria dei DS, fino ai ciellini di Student Office), di chiedere lo sgombero; risoluto l'intervento del rettore Calzolari, mandante dello sgombero dell'AULA effettuato dalla Digos. Scelte che portano nella vita universitaria il marchio indelebile di una politica di continuità con l'opzione legalitaria in voga nelle politiche cittadine; la repressione come marchio distintivo dell'agire politico del rettorato in continuità con le scelte di sgomberi di esperienze di autogestione nel tessuto cittadino; di questa estate lo sgombero del Laboratorio del Precariato Metropolitano CRASH!

Politiche mirate allo spegnimento di ogni conflittualità sociale, politiche che ci privano di quanto ci siamo saputi prendere, che completano il quadro di un'università-fabbrica in cui ogni energia, ogni minuto speso nello studio debba essere necessariamente ricondotto alla legittimazione dell'esistente, alla più becera razionalizzazione dei processi di produzione, riproduzione e controllo.

Se da un lato l'astrazione del nostro lavoro di studenti ci imbriglia nei tempi che per noi vengono costantemente dettati dall'alto, dall’altro la privazione di spazi d'autogestione ci consegna al rigore delle aule e al grigiore delle sale studio, ci costringe a cercare altrove ambiti di socialità che a forza viene fatta passare dai vari locali del centro iper-militarizzato, come anche dai “divertimentifici” della periferia, si diano o meno questi ultimi vezzi di cultura alternativa.

Per questo sentiamo forte la necessità di un luogo da cui ripartire per la costruzione di autorganizzazione, contropotere studentesco, e socialità non mercificata, per dare continuità a quello che hanno significato le occupazioni di Lettere e Filosofia, Scienze Politiche e Giurisprudenza, confluite poi nell'occupazione dell'AULA di Piazza Scaravilli: ambiti in cui abbiamo saputo modellare su tempi nostri le nostre esigenze, momenti di lotta capaci di restituirci un ruolo primario nelle politiche universitarie.

L'iniziare a provvedere autonomamente alla soddisfazione dei nostri bisogni, il tornare a discutere di come contrapporsi agli attacchi che le nostre condizioni di vita quotidianamente subiscono, il conquistare nuovi ambiti di comunicazione e espressione sono passi fondamentali che dobbiamo saper muovere. In questa direzione va questo primo foglio di comunicazione muraria, che di fatto inaugura una campagna che miri all'ottenimento di spazi autonomi degli studenti in università, che sappiano coagulare le esperienze di lotta, che possano essere luoghi di espressione di un immaginario altro e contro rispetto ad un'università che, pur di massa, diviene sempre più luogo di controllo di massa.


IL C.U.A. SI TROVA IN ASSEMBLEA TUTTI I MARTEDI ALLE 17 IN ZAMBONI 38
mail: cua_bo@inventati.org

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