E a “Chi l’ha visto” nuove rivelazioni sul ragazzo morto in un controllo di polizia
Ferrara, attesa
per l’autopsia di Aldro.
Domani il responso Checchino Antonini C’è sempre più gente a Ferrara, il sabato pomeriggio, al sit-in degli amici dell’Aldro“ nella centralissima piazza Trento e Trieste. In tanti si fermano sotto lo striscione che domanda di rompere il silenzio, che reclama verità e giustizia per il diciottenne morto durante un misterioso controllo di polizia all’alba del 25 settembre scorso. Ieri la scena s’è ripetuta con parecchi ferraresi in fila per leggere la rassegna stampa incollata sui cartelloni dai ragazzi del comitato. Tra loro è stato riconosciuto Giuliano Giuliani, il padre di Carlo, ucciso da un carabiniere nel 2001, negli scontri innescati da una carica illegittima contro un corteo regolarmente autorizzato.
Lunedì dovrebbero essere rese pubbliche, a quasi cinque mesi dai fatti, le considerazioni dei periti del pm sugli esami autoptici. L’altroieri, i legali della famiglia, hanno messo in fila alcune certezze acquisite nella faticosissima indagine, ripartita solo grazie al blog messo in rete dalla madre di Federico Aldrovandi, da cui si evince che il ragazzo è morto per asfissia meccanica, perché dopo le percosse («ipotetiche» solo per chi crede nella versione ufficiale ripetutamente rettificata dalla questura) qualcuno lo avrebbe immobilizzato e tenuto a faccia in giù con la forza. Numerose testimonianze, messe insieme, concordano sul particolare di almeno un agente, dei quattro intervenuti, che schiacciava una persona stremata, che chiedeva aiuto, che diceva di smetterla con quel trattamento, che rantolava. Le ferite sul volto e sul capo di Federico danno ragione dei due sfollagente riportati in pezzi alla centrale mentre altri segni, sul collo, sugli occhi e sui polmoni, rivelerebbero che il giovane fu messo in condizione di non respirare, come accade spesso, secondo la letteratura scientifica, nei manicomi o in caserme delle forze dell’ordine di mezzo mondo. Sulla volante doveva esserci un defibrillatore ma a nessuno venne in mente di usarlo. Ambulanzieri e medici del 118, più una gazzella dei carabinieri, troveranno un corpo ammanettato e inanimato. Gli inquirenti avranno a che fare con versioni contraddittorie delle due volanti e dichiarazioni del questore incoerenti con le evidenze.
Fin dall’inizio, quando verrà suggerita ai giornali la versione del malore fatale per droga, si punterà a costruire un’immagine falsata di Federico - “tossico”, violento, con una consuetudine col Sert e una famiglia problematica alle spalle - e della scena dei fatti. Le ferite sul ragazzo verranno giustificate dalla polizia come risultanti dalla presunta aggressione di Aldrovandi a una delle due volanti (addirittura si sarebbe schiacciato lo scroto rimanendo a cavalcioni di uno sportello) ma le perizie, il sangue sugli abiti e le testimonianze, sarebbero piuttosto chiare nello svelamento dell’oggetto lungo e di forma arrotondata che ha massacrato il ragazzo che, poco dopo, sarebbe stato messo in condizione di non respirare. Al contrario, quelle ferite sarebbero incompatibili con il tipo asfalto su cui, a detta degli agenti, sarebbe rovinato il diciottenne.
La perizia tossicologica, fin dal principio, negherà che le lievi tracce di oppiacei e chetamina possano aver causato la morte ma la pm Guerra si è riservata, al 9 marzo, l’ultima parola sull’eventuale incidenza di stramonio. Potrebbe dire qualcosa di più la puntata di “Chi l’ha visto” di domani (Rai 3 ore 21). La trasmissione Rai s’è impegnata a fondo sul caso e ha sottoposto la perizia tossicologica al professor Ferrara, dell’istituto di medicina legale di Padova, un luminare che lavora spesso con la procura locale. Leggendo le carte, senza sapere a chi fossero riferite, il medico ha fornito un parere oggettivo sulla combinazione di sostanze rintracciate dalle analisi sul corpo di Federico. E’ possibile che quel parere mandi in crisi le affermazioni sui comportamenti aggressivi, anche contro se stesso, di Federico Aldrovandi.
Forse non furono le percosse a ucciderlo ma certamente c’entra il trattamento complessivo a cui fu sottoposto dai poliziotti un ragazzo che avrebbe avuto il solo torto di tornare a casa a piedi, all’alba, senza documenti in tasca. I genitori, Lino e Patrizia, e i legali, Venturi ed Anselmo, sono molto chiari su un punto: non chiedono «nessuna frettolosa condanna». Ma si domandano, con buona parte della città: «Perché così poca trasparenza?». Fonte: http://www.liberazione.it/giornale/060219/LB12D6B7.asp
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