Gli scontri di sabato a Milano Patto tra «duri» per riconquistare la scena Così è stata preparata la guerriglia. In piazza anche no global del G8. La «chiamata alle armi» viaggiava su Internet da giorni STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO MILANO - «Non possiamo perdere la faccia». Tarda serata della settimana scorsa. Stanzone appartato di un centro sociale milanese. Si sono radunati, qui, i duri del movimento. La chiamata alle armi per la manifestazione milanese viaggia su Internet da giorni. Quello della Rete, attraverso i siti a cui può accedere chiunque, è il versante pubblico della mobilitazione. Dietro c’è un altro livello, più ristretto. Almeno tre riunioni, con delegati da Brescia, Bergamo, Torino. «Si era detto che dovevamo esser pronti a qualsiasi scontro, che a Milano si arrivava con le pietre - racconta chi ha partecipato - ma non ci aspettavamo quel delirio». Il delirio si scatena alle 12.30, tre ore e mezza prima che parta il corteo della Fiamma tricolore, quello che «si doveva sbarrare». Per capire perché un raduno di protesta sfoci immediatamente nella guerriglia, ancor prima che molti dei partecipanti siano arrivati in piazza, si può scorrere l’elenco dei 41 arrestati. Nella lista si incontrano due nomi già noti alle questure di Genova e Milano. xxxxxxxxxxxi, 41 anni, nata a xxxxx, e xxxxxxxxxxxxi, 32 anni, di xxxxxxx (Bergamo). Arrestati entrambi per gli scontri del G8. Anarchica e animalista, la prima sarebbe la persona ripresa in un video mentre lancia una molotov contro il carcere di Marassi. Rigettando una richiesta di scarcerazione, il Tribunale del riesame di Genova concluse che non avrebbe accettato gli arresti domiciliari per «conservare la propria immagine di eroina/prigioniera». xxxxxxxxxi e la xxxxxxx provengono dalla «Villa Okkupata», centro sociale della zona Nord di Milano. Un luogo che è un marchio, il tempio dell’anarco-insurrezionalismo milanese, che intrattiene rapporti con i duri e puri del Nord Italia. Qui, secondo un rapporto dei carabinieri, venne progettato l’attacco dell’8 novembre 2004 contro San Vittore. Quella notte esplosero tre bombe. Il secondo centro sociale che ritorna nella lista degli arresti è la «Panetteria occupata» di via Conte Rosso. Diversa matrice ideologica: marxismo-leninismo ortodosso, alcune persone con un passato di contatti con le Brigate rosse. Ma il profilo di Villa e Panetteria è simile: gruppi ristretti, che nella galassia dell’estremismo rosso «hanno un nome e un peso - spiega un investigatore - è gente che conta». Tra gli arrestati ci sono anche due ragazze dell’Orso (xxxxxxxx e xxxxxxxxxxx, quest’ultima scarcerata in serata), già coinvolte nel 2001 in una manifestazione degenerata in scontri dopo un raduno di Forza Nuova. Allacciando i fili dei contatti intorno a questi nuclei, il cerchio si chiude. Si capisce perché i 350-400 di corso Buenos Aires sono scesi in strada con tirapugni di ferro, zaini pieni di pietre, coltelli a serramanico, bulloni, bombe carta farcite di chiodi, taniche di benzina, scudi di plexiglass, caschi e passamontagna. Perché un dirigente di polizia racconta che «un tale livello di violenza a Milano non si vedeva da 10 anni». Perché Leoncavallo e altri centri sociali storici hanno preso le distanze dalla manifestazione (non autorizzata) di sabato. È come se intorno a questa protesta si fosse coagulato il cuore più duro delle realtà antagoniste del Nord. Gli altri arrestati provengono da Brescia, Bergamo, Como, Trento, Bolzano e Novara, i milanesi sono 21 - tra cui 3 minorenni, due studenti e una studentessa di licei del centro, che «probabilmente - accenna un investigatore - non si sono resi conto di quale sarebbe stato il livello dello scontro». Ma perché tanta violenza? I fattori sono diversi: l’anima milanese del movimento è in crisi; in tutta la Lombardia, da oltre 3 anni, si moltiplicano raid di gruppi neonazisti contro i centri sociali; nel più grave, a Milano, il 16 marzo di 3 anni fa, venne ucciso Davide «Dax» Cesare; l’anno dopo venne assaltata una birreria «rossa» sui Navigli (quattro accoltellati, clima in città sempre più incandescente); da ultimo, l’Olimpiade di Torino, con gli anarchici di mezza Europa che hanno criticato gli italiani per «scarso attivismo». Così, da una parte, bisognava rilanciare il movimento. Dall’altra, permettere che un corteo della Fiamma Tricolore sfilasse nel centro di Milano senza una reazione massiccia sarebbe stato uno smacco inaccettabile. Fino a quella sensazione diffusa: «Bisogna salvare la faccia». Per salvarla, se la sono coperta con i passamontagna neri.
Gianni Santucci 13 marzo 2006
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