Chi giudica si pone al di fuori di ciò che giudica, e la sua critica si trasforma in sentenza.
Come da premessa, non sento alcun bisogno di giudicare chi ha agito come ha creduto a Milano. Mi pare che ci sia troppa gente che di fronte ai movimenti si ponga come un critico a Cannes, e si diverte tanto a "recensire", bocciare, promuovere, ad alzare il pugno o abbassare il pollice.
Ciò non impedisce, però, di ragionare su ciò che è accaduto. Mentre lo shopping veniva sconvolto e Milano tornava ad essere la Milano "da bere" per decine di persone colpevoli solo di alimentare il mercato assicurativo, a Roma si è svolta una parade dilagante, con 50mila persone in strada a rivendicare spazi di libertà e autonomia di scelta; la precarietà, la sorveglianza, il fascismo schiacciano la vita, trasformandola in un unico blob di lavoro e (r)esistenza, in un lungo file di dati al servizio di banche, ospedali e polizie, in una continua esperienza di intolleranza verso il diverso, il divelto, il dissenso. La criminalizzazione della droga è la criminalizzazione di chi non si accontenta di svagarsi con tabacchi, alcol, prostitute, videopoker, forme più redditizie e "inquadrate" di tempo "libero".
A Roma e a Milano si perseguivano obiettivi tanto diversi? A Roma dai camion si urlava "corri più veloce", a Milano lo si faceva. E cosa respingeva di più il riaffiorare di fascismo e leghismo? Grazie ai media, nessuno ha potuto sapere che l'antiproibizionismo è una scelta di massa. Si sa come sono fatti i media, no? Oggi gli antifa di Milano si lamentano perché i media amplificano i bottegai benpensanti, e gli antipro a Roma perché l'antiproibizionismo è stato censurato. Si sa come sono fatti i media.
Chi è stato più antifascista? Chi è stato più antiproibizionista? Si può essere antifa senza essere antipro, e viceversa? Chi è stato più punito dai benpensanti?
Sabato 11 marzo, da Milano a Roma c'è stata una sola manifestazione. Domani dovremo correre tutt* più veloce.
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