si conclude il processo san paolo. Delle forze dell'ordine una sola lieve condanna per l'unico carabiniere ripreso in un video a dare un calcio. Gli altri, nonostante gli indizi, assolti. Due dei quattro attivisti, con a riprova solo l'identificazione fatta dagli agenti imputati nel medesimo processo e niente altro, sono condannati a un anno e otto mesi.
PROCESSO SAN PAOLO - XIII UDIENZA - SENTENZA
Nel giorno dell'eclissi parziale, 29 marzo 2006, si conclude il primo grado del processo per i fatti del San Paolo, in cui le forze dell'ordine aggredirono e pestarono brutalmente decine di giovani degli spazi sociali milanesi accorsi al San Paolo per avere notizie del ferimento di due loro compagni e dell'accoltellamento mortale di un terzo, Davide, detto Dax. Le forze dell'ordine dopo averli scherniti e insultati, partono alla carica, inseguendoli fino dentro le corsie del pronto soccorso.
Il processo si conclude con la condanna di due dei quattro attivisti denunciati per resistenza aggravata e lesioni a un anno e otto mesi e decine di migliaia di euro di risarcimento a poliziotti feriti e allo Stato per i danni riportati sia fisicamente che in termini di immagine. Dei due carabinieri e del poliziotto imputati, solo un carabiniere inchiodato (tanto quanto il poliziotto) da un video amatoriale e' stato riconosciuto colpevole e condannato a 7 mesi e un riasarcimento minimo.
Prima di alcune conclusioni politiche, i fatti relativi a questo processo.
Dei due compagni assolti non ci stupiamo dato che uno era a farsi medicare al pronto soccorso, dato che era uno degli accoltellati con Dax. Nessuno gli ha imputato altra condotta che non quella della disperazione per la morte di Dax. Condannarlo sarebbe stato impossibile, piu' che ingiusto. Stesso discorso per LB, uno degli altri attivisti imputati. Nessuno lo riconosce tra i testi, non si capirebbe come condannarlo.
Dei due imputati condannati: DB e' uno dei migliori amici di Dax, viene riconosciuto come quello che si dispera di piu' al pronto soccorso tirando testate contro il muro. Per questo viene condannato a un anno e otto mesi. Misteri della fede nella giustizia.
OE ha una storia particolare: lui si riconosce come vittima del pestaggio ritratto da un video amatoriale. In seguito a questo riconoscimento e alla pubblicazione del video un poliziotto e un carabiniere vengono indagati, e guarda caso gli unici che riconsocono OE come autore materiali di reati, aggressioni e altro, sono proprio i due imputati. Che oltre ad essere innocenti evidentemente sono anche attendibili come contastorie. L'amarezza non ci consente di dire altro.
Per quanto riguarda gli agenti imputati, vale il teorema della mela marcia. In questo caso di nome Misenti, condannato a 7 mesi per il calcetto che si vede dare con protervia nel fianco di OE nel video amatoriale. Per il resto, nema problema. Spedicato viene assolto grazie alla parte di sbirro buono e sensibile che ha giocato nel processo, ligio al proprio dovere, ne' di destra ne' di sinistra. In quanto assolto la sua testimonianza diventa evidentemente attendibile per condannare OE. Zen, il carabiniere in questo momento in carcere per altre vicende e accusato di girare per il pronto soccorso con una mazza da baseball in mano, oggi ha mandato una lettera al tribunale: "a usare la mazza non ero io ma il maresciallo Miccoli, che era malato all'epoca dei miei interrogatori e che speravo mi scagionasse". In ogni caso il reato e' prescritto per cui sia Miccoli che Zen risultano assolti. In sostanza il tribunale raccoglie il suggerimento del pm Gittardi, che ha ritenuto i fatti del San Paolo correttamente anche se magari inopportunamente gestiti dalle forze dell'ordine, e i compagni e le compagne presenti i soli responsabili delle aggressioni e delle violenze. Il tribunale si attacca a qualche cavillo per salvare addirittura Zen, che non gode certo di buona fama essendo in carcere per reati commessi indossando la divisa. Evidentemente le decine di ragazzi e ragazze feriti al San Paolo si saranno fatti tutto da soli, ed evidentemente tutti i medici e gli infermieri che hanno visto violenze solo da parte di agenti e carabinieri si saranno inventati tutto perche' sono conniventi con i centri sociali. Una versione della storia che convincerebbe chiunque, non c'e' che dire.
Si conclude cosi' la vicenda processuale del San Paolo. Non ci aspettavamo giustizia, forse per pregiudizio ideologico (ma che vede nei fatti e nella sentenza una piena conferma), ma quantomeno obiettivita'. L'obiettivita' di fatti ovvi e lampanti a tutti coloro che non solo li hanno vissuti ma li hanno appresi attraverso i media e la mostra che i ragazzi dell'Orso hanno portato in giro in tutti questi anni. Un tribunale non processa lo stato, non processa la polizia e i carabinieri, suoi fedeli servitori, neanche quando questi hanno dimostrato di non essere niente di piu' che dei vili, dei codardi che indossano una divisa per giustificare il loro odio verso chi mette in discussione lo status quo. Ma un tribunale poteva almeno non sconfessare fatti che sono sotto gli occhi di tutti: quella sera al San Paolo ci fu un secondo atto della diaz, l'espressione di un odio violento e irrefrenabile, la sensazione da parte delle forze dell'ordine di poter agire sempre e comunque nella piu' assoluta impunita', la voglia di dimostrare con i fatti chi deve aver paura e chi deve amministrarla. Chi di noi ha seguito il proseguio di quelle vicende lo ha fatto per dimostrare che quella dimostrazione non c'e' e non c'e' stata, che non ci sarebbe stato silenzio e omerta', accondiscendenza alle forme piu' violente del potere. Forse pensare che un pezzo di verita' storica potesse essere considerato da un tribunale per scrivere una sentenza e' stata una speranza fin troppo democratica. Il massimo risultato che si e' concesso il tribunale e' stato quello di condannare sia "giovani dei centri sociali" che "forze dell'ordine", anche se nel primo caso a pene gravi e danni pecuniariamente molto elevati, e nel secondo caso a una bazzeccola in entrambi gli aspetti della pena.
Ci spiace molto per il tribunale, e forse anche per chi cantera' vittoria con il suo poliziotto buono assolto, ma non esiste nessuna teoria della mela marcia, non esiste eccezionalita' dell'accaduto, come non esiste per la Diaz: esiste solo l'ordinarieta' di uno scontro tra chi difende a oltranza il potere e le sue prevaricazioni quotidiane, e chi difende le persone, la liberta' propria e altrui, e chi lotta per una vita piu' degna. Esiste solo una realta' omogenea di gestione della forza, un prolungamento della logica del dominio che ci vede assaltati, assassinati, vede i nostri posti bruciati da fascisti e nazisti, e allo stesso tempo vede la polizia aiutare questi soggetti, coprirli, facilitarli, quando non completare (come nel caso del San Paolo) il lavoro che questi "agenti sociali del potere" hanno lasciato a meta'. Non esistono mele marcie, cari giudici. Non esiste giustizia da parte vostra. Non esiste acquiescenza da parte nostra. Continueremo a lottare.
Police par tout, justice null part On se voit dans le rue, on va voir dans le rue de la ville
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