Autoriduzione in mensa, scontro Movimento-Procura
di Gianluca Rotondi
«Fermare quel pm che criminalizza le lotte sociali». Il Movimento dice basta e di fronte alla quinta inchiesta della Procura (stavolta per l’autoriduzione alla mensa universitaria di piazza Puntoni dell’aprile 2005) nella quale viene ipotizzata l’aggravante dell’eversione dell’ordine democratico, chiama in causa il Governo, quello nuovo.
La richiesta d’intervento «all’intera Unione sul caso Bologna», arriva dalle diverse anime che compongono l’antagonismo bolognese, ma non solo. È Tiziano Loreti, segretario provinciale di Rifondazione, a chiedere che la maggioranza si pronunci sull’«anomalia bolognese» diventata tale anche grazie, spiega Loreti, alla discussione sulla legalità a Palazzo D’Accursio: «Non è stato ininfluente il clima di quei giorni ed è chiaro che la Procura si è buttata a capofitto».
Valerio Monteventi, consigliere indipendente di Rifondazione, va giù duro: «A Giovagnoli (il pm titolare dell’inchiesta) dobbiamo dire fermati - ha attaccato il portavoce del Bologna Social Forum - o altrimenti dobbiamo fermarlo politicamente. Serve uno strumento di riduzione del danno».
L’obiettivo è il pm Paolo Giovagnoli, il magistrato che in questi anni ha associato il proprio nome alle inchieste che hanno fatto infuriare il movimento: «Quale è il progetto di Giovagnoli? Vuole essere il Calogero del terzo millennio?, come quel giudice che negli anni '70 individuava nell’Autonomia il gruppo sovversivo che mirava alla rivoluzione armata?».
Per il consigliere comunale indipendente di Rifondazione comunista, «queste forme di lotta non hanno nulla di eversivo e nessuno può dire di aver fatto parte del Movimento se non ha mai fatto un’azione di autoriduzione. Ma se si legge in questa forma di lotta politica un meccanismo eversivo, significa che in questa città c'è un problema di democrazia.
Forse Giovagnoli fa il gioco politico di qualcuno, ma deve smettere di utilizzare lo strumento giudiziario per colpire». Il consigliere indipendente ha poi rispolverato vecchi ricordi vissuti in prima persona: «Forse Giovagnoli dovrebbe fare l’avvocato dei calciatori come fece il giudice Catalanotti», magistrato che si occupò a lungo del ‘77 bolognese. La politica, dunque, ma anche iniziative personalizzate come i manifesti che il movimento vuole affiggere in città contro le iniziative del pm.
Non meno decisa la presa di posizione della “Rete universitaria” che il 19 aprile 2005, in piazza Puntoni, mise a segno il blitz alla mensa gestita dalla Concerta, «la mensa universitaria più cara d’Italia». Per Gennaro «quella della mensa fu un’autoriduzione che si svolse in maniera pacifica e che si inserisce in una campagna per il diritto allo studio che a Bologna viene negato, a partire dalla mensa più cara d’Italia, dove un pasto costa 6 euro. E’ una campagna che noi rivendichiamo e che continueremo a praticare». Per i prossimi giorni, infatti, la “Rete” ha annunciato iniziative nelle strade dell’ateneo per informare gli studenti.
Di «caso Bologna», da studiare e analizzare, hanno parlato anche i legali dei 20 indagati (tra questi compare anche Tiziano Loreti, ma solo per manifestazione non autorizzata, una contravvenzione). Secondo l’avvocato Andrea Ronchi non c'è corrispondenza fra ciò che si trova scritto negli atti dell’indagine, per esempio le note della Digos, e le parole scritte dal Pm nell’avviso di fine indagini: «A fronte di un episodio che non ha avuto momenti di tensione o comportamenti violenti - ha spiegato il legale - c'è un’imputazione pesante da parte del Pm con l’aggravante dell’eversione. I documenti parlano da soli».
Dell’applicabilità dell’aggravante dell’eversione ha parlato anche l’avvocato Marina Prosperi che ha ricordato come solo il 19 gennaio scorso («non certo dieci anni fa») la Cassazione abbia respinto la linea della Procura in un’altra inchiesta (per l’occupazione di uno stabile di via del Guasto) nella quale si contestava l’aggravante: «Il significato di eversione dell’ordine democratico, così scrive la Corte - ha detto Prosperi - non può limitarsi al solo concetto di azione politica violentà... ma deve necessariamente identificarsi nel sovvertimento dell’assetto costituzionale esistente, ovvero nell’uso di ogni mezzo di lotta politica che tenda a rovesciare il sistema democratico previsto dalla Costituzione, nella disarticolazione delle strutture dello Stato o, ancora, nella deviazione dei principi fondamentali che lo governanano». «Ormai - ha concluso il legale - nel mondo dei giuristi si fanno dei convegni su questa anomalia bolognese».
|