dossier neofascismo: dopo le elezioni tra tradizionalismo, xenofobia e terzomondismo
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FLZP Thursday, Apr. 20, 2006 at 10:37 AM
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L'area dell'estrema destra italiana si trova a fare i conti con la sconfitta cocente che hanno avuto i partitini alla destra di Alleanza Nazionale.
La sconfitta della Casa delle Libertà è stata anche la sconfitta del movimento di ALTERNATIVA SOCIALE di Alessandra Mussolini che raggruppava le componenti estremistiche di Forza Nuova e Fronte Nazionale. Anche la FIAMMA TRICOLORE di Romagnoli non è riuscita a superare l'1% dei voti e quindi rimane fuori dal parlamento.
L'ennesima sconfitta dell'estrema destra elettorale avrà ripercussioni su tutto un ambiente da anni in attesa di agganciarsi al carro del berlusconismo ma sempre scaricato e rigettato nell'extraparlamentarismo.
L'estrema destra si trova in Italia a rivedere le sue strategie dopo l'ennesima debacle elettorale. A destra di A.N. si trova un pò di tutto: dai tradizionalisti cattolici a quelli pagani, dai sindacalisti rivoluzionari ai filoislamici, dai razzisti schietti e dichiarati alla Franco Freda fino ai terzomondisti e agli eurasiatisti.
Un magma , un autentico crogiulo di sigle e movimenti, nomi di associazioni culturali e riviste, che da decenni muta pelle ma non cambia idee. Intorno agli anni novanta abbiamo assistito alla rifondazione del neofascismo dopo che il MSI-DN si preparava a trasformarsi in Alleanza Nazionale.
Nacquero in quei primi anni novanta diverse sigle che andarono a ricostituire ambienti scompaginati dopo la chiusura di Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e Terza Posizione.
LA BASE AUTONOMA raggruppava l'area degli skinhead's nazisti e razzisti italiani che ruotava attorno alla figura di Maurizio Boccacci (capo del Movimento Politico Occidentale a Roma). Attorno a Base Autonoma si unirono il VENETO FRONTE SKINHEADS di Puschiavo e AZIONE SKINHEAD'S di Duilio Canu. Anche Avanguardia di Popolo di Napoli aderì al progetto Base Autonoma che verrà definitivamente messo nel cassetto dopo che il Ministero degli Interni varerà la Legge Mancino nella primavera 1993.
Al fianco della Base Autonoma si poneva l'ambiente culturale dell'UOMO LIBERO, rivista e casa editrice nel milanese, di Sergio Gozzoli, Piero Sello, Gianantonio Valli, Alberto Mariantoni e Mario Consoli. Tutto l'ambiente skinheads , dopo aver creato altre sigle come la famigerata HAMMERSKINS , sembra essere rifluito dentro la FIAMMA TRICOLORE o FORZA NUOVA.
Un progetto sempre impostato sulla xenofobia e il razzismo fu quello portato avanti negli stessi anni anche dal procuratore padovano Franco Giorgio Freda, un passato da primula nera del neofascismo molti anni di carcere per Piazza Fontana e editore a Brindisi delle Edizioni di "Ar". Freda diede vita ad un organizzazione politica chiamata FRONTE NAZIONALE che propagandava l'inizio delle guerre razziali. Il Fronte Nazionale venne sciolta nell'estate del 93 in base alla Legge contro antisemitismo e razzismo voluta dall'allora ministro d.c. Nicola Mancino.
In quel periodo agiva a Roma anche l'altro vecchio del neofascismo italiano, Stefano Delle Chiaie, che aveva dato vita alla LEGA NAZIONAL-POPOLARE con l'ex deputato missino Staiti di Cuddia.
Collegata al movimento di Delle Chiaie - presentatosi senza successo in alcune tornate elettorali regionali - c'era la rivista "LA SPINA NEL FIANCO" di Luca Galmozzi.
Altra realtà dei primi anni novanta attivissima nell'area di Roma fu il Movimento di MERIDIANO ZERO fondato dal figlio dell'ex capo di Ordine Nero , Clemente Graziani, Rinaldo Graziani che aveva collegamenti con ambienti del MSI-DN in particolare Fare Verde e FUAN (i gruppi studenteschi e ecologisti del partito di Gianfranco Fini).
Meridiano Zero decise l'autoscioglimento per evitare le perquisizioni che in quella primavera del 1993 colpirono tutta l'area dell'estrema destra. Collegato al movimento di Graziani anche il Centro Studi "Orientamenti e Ricerca".
Realtà emergenti in quel periodo dell'area neofascista si rivelarono due riviste: la milanese "ORION" e la trapanese "AVANGUARDIA".
Nata nei primi anni ottanta "Orion" propagandava una visione eurasiatista, l'alleanza con l'Islam e gli ambienti nazionalisti russi e intrattenne relazioni di alto livello con ambienti del FRONTE NAZIONAL COMUNISTA anti-Eltsin.
Direttore della rivista milanese era Maurizio Murelli, arrestato nel 1972 per la bomba di Milano che uccise durante una manifestazione missina l'agente di P.S. Marino. Tra i collaboratori di "Orion" anche Alessandra Colla, moglie del Murelli, Claudio Mutti , Carlo Terracciano, Marco Battarra.
"Orion" ha mantenuto ottimi rapporti con l'UCOII (unione delle comunità islamiche in italia) di Roberto Hamza Piccardo , con gli sciiti napoletani dell'agenzia di stampa del "Puro Islam" diretta da un convertito italiano e con diversi esponenti dei centri studi strategici e militari russi.
Collegate a "Orion" in quei primi anni novanta sia il FEL (Fronte Europeo di Liberazione) sia SINERGIE EUROPEE (che si riuniva per delle Università estive) che il MOVIMENTO POLITICO ANTAGONISTA costituito attorno al mensile milanese assieme all'altra rivista d'area "AURORA" stampata a Cento e diretta da Costa. Collegayo al M.P.A. anche il gruppo militante di Nuova Azione che si dichiarava apertamente nazionalcomunista.
Molti dei responsabili di "Orion" - tra cui Terracciano, Mutti e la Colla, - sono passati a "Eurasia".
"AVANGUARDIA" mensile trapanese diretta dall'ex dirigente missino Leonardo Fonte propagava l'idea di un progetto - denominato "Eurasia-Islam" - di "alleanza spirituale , politica e rivoluzionaria" con l'Islam in particolare con la Repubblica Islamica dell'Iran
Fautore di questo progetto l'avvocato pescarese Maurizio Lattanzio , già autore di un volume "Stato e Sistema" per le edizioni di "Ar" e collaboratore di "Ideogramma", "Orion" e "Jihad".
La collaborazione di Lattanzio si interromperà senza lasciare traccia verso la metà degli anni novanta e la rivista continuerà a pubblicare articoli di revisionismo storico, negazionismo e saggi sul Terzo Reich.
Tra i collaboratori di "Avanguardia" ricordiamo Paolo Rada, Manuel Negri, don Curzio Nitoglia (cattolico tradizionalista e direttore di un mensile antisemita "SODALITIUM" stampato in Piemonte) , Dagoberto Bellucci (poi convertitosi all'Islam sciita) e Vincenzo Vinciguerra (l'autore reo confesso della strage di Peteano che nel 73 colpì a morte tre carabinieri in Friuli condannato all'ergastolo e autore di memoriali ripubblicati dal mensile trapanese).
La situazione da allora è molto cambiata.
"Orion" , sotto la direzione di Gabriele Adinolfi - ex di Terza Posizione - ha abbandonato molte delle sue posizioni antimondialiste e terzomondiste per rispolverare i cardini sociali del primo fascismo movimentista e "di sinistra".
"Avanguardia" , senza l'apporto teorico di Maurizio Lattanzio, ha sviluppato il suo programma di Comunità Politica Nazionale con diverse redazioni regionali e la collaborazione con l'editore "Malatempora".
Testi di Negri e Lattanzio sono inoltre stati pubblicati dal sito islamico , revisionista e negazionista con accenni antisemiti, di Ahmed Rami - ex ufficiale marocchino rifugiato in Svezia dopo un tentativo di colpo di stato contro il re Hassan.
Maurizio Lattanzio sembra abbia collaborato di recente con l'agenzia stampa "Islam Italia" diretta da un altro ex militante di "Avanguardia" , Dagoberto Bellucci, finito nel Libano degli Hizbollah e pubblica articoli per "Assadakah" , una rivista pro-araba di Roma, e sul suo sito "Mokawama" collegato alla resistenza islamica libanese.
Nuove realtà sono cresciute nell'estrema destra dal fallimento degli anni novanta: dall'Associazione di Amicizia Italia-Iraq con sede nel bresciano alle organizzazioni militanti di FORZA NUOVA (Roberto Fiore e Maurizio Morsello) , FRONTE NAZIONALE SOCIALE ( Adriano Tilgher con l'imprimatur del leader dell'omologo Front National francese del razzista Jean Marie Le Pen) e ALTERNATIVA SOCIALE (creato nel 2003 dall'onorevole Alessandra Mussolini dopo la sua decisione di abbandonare ALLEANZA NAZIONALE).
Anche gli ambienti più radicali dentro Alleanza Nazionale si sono organizzati dentro la DESTRA SOCIALE del ministro Alemanno e del presidente uscente della regione Lazio on. Storace.
A compattare i movimenti radicali alla Destra Nazionale sembrano diversi centri sociali autogestiti a Roma e occupati da neofascisti (Casa Pound tra tutti) e la rivista patinata del partito di Gianfranco Fini, "Area" diretta dall'ex Terza Posizione Marcello De Angelis.
Collegamenti con ALLEANZA NAZIONALE e LEGA NORD sono anche quelli che hanno gli ambienti integralisti cattolici raccolti in Italia attorno a due testate "SODALITIUM" di don Francesso Ricossa e "LA TRADIZIONE CATTOLICA" pubblicato a Rimini dove opera anche il Centro Studi Federici.
Nell'area dei cattolici tradizionalisti lefebriani troviamo anche alcune case editrici ( la bresciana "Civiltà") l'organizzazione "Militia Christi" attiva a Roma e il Centro Studi Lepanto diretto fino a qualche anno or sono da Massimo Introvigne.
Un tentativo di riunificare le realtà militanti è stato quello promosso dal MOVIMENTO NAZIONAL-POPOLARE che pubblica a Roma la rivista "ORIENTAMENTI"
"Orientamenti" è diretta da Nicola Cospito ed ha , tra i suoi collaboratori Ulderico Nisticò, Giovanni Perez, Andrea Monastra e altri ex appartenenti al Msi in contatto con la Fondazione "Julius Evola" - diretta da Gianfranco De Turris - e la casa editrice romana del "Settimo Sigillo" di cui pubblicizzano e recensiscono i testi.
Marco Tarchi è il responsabile italiano della Nuova Destra collegata alla omologa francese del pensatore e filosofo Alain De Benoist. Da anni Tarchi si è allontanato dall'area neofascita , dirige il mensile "DIORAMA LETTERARIO" a Firenze e in passato anche la rivista di approfondimento culturale "ELEMENTI".
Interessante anche il percorso seguito dai fuoriusciti da "Orion" che hanno dato vita al centro studi Arktogaia successivamente diventato la base del COORDINAMENTO PROGETTO EURASIA e del trimestrale "EURASIA" - rivista di studi geopolitici.
Direttore di "Eurasia" è Tiberio Graziani. Tra i collaboratori in redazione spiccano i nomi di Claudio Mutti (responsabile delle edizioni "All'insegna del Veltro" di Parma ed ex collaboratore di "Orion", "Bell'Italia", "L'Umanità" e "Italia Settimanale"), Aleksandr Dughin (direttore della rivista russa "Den" e autore di saggi di geopolitica e studi internazionali), Aldo Braccio (che ha pubblicato per "Ar" di Franco Freda), Daniele Scalea, Martin A. Schwarz, Carlo Terracciano (autore di numerosi saggi di geopolitica e collaboratore di "orion" defunto nel settembre scorso), Stefano Vernole (che pubblica, assieme a Scalea, articoli di politica internazionale sui siti di Italiasociale e Aljazira quest'ultima diretta da un altro dei collaboratori del trimestrale geopolitico , Enrico Galoppini, che si occupa del mondo arabo e islamico in particolare della situazione palestinese traducendo da quotidiani e settimanali di lingua araba).
Editore di "Eurasia" è "All'Insegna del Veltro" di Parma che ha dato alle stampe anche testi di filosofia, religione, geopolitica e il famigerato "Rapporto Leuchter" che nega le gasazioni ad Auschwitz , libello antisemita utilizzato per anni dagli "storici" revisionisti e negazionisti alla Faurisson e alla Irving per le loro deliranti conferenze.
Collegate ad "Eurasia" sono le comunità militanti di Torino e diversi siti come quello della Brigata Eurasiatista.
Riportiamo alcuni dei siti consultabili per una maggiore informazione:
interessanti anche alcuni dei siti di riferimento pro-palestinesi spesso citati dai siti dell'estrema destra tra i quali citiamo:
troppi link di siti fascisti su questo post e riferimenti espliciti all'area neofascista. Pubblicità dei soliti spammoni fascisti o post di informazione? mettetelo nel forum che ne parli qualcuno laggiù non nel newswire
comunque se questa è l'estrema destra possiamo stare tranquilli
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cccp Thursday, Apr. 20, 2006 at 11:20 AM
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più che di questi scapestrati io mi preoccuperei dei vari Saba e compagnia bella , quelli legati alla vecchia P2 e che hanno legami istituzionali dentro FF.AA. , C.c., P.s. ECC. ECC.
veramente non mi sembra che ci siano da fare troppi aggiornamenti visto che parte analizzando la sconfitta dei neofascisti alle ultime elezioni che cazzo volevi anche quanti bidet si fa la Mussolini? quanti post spamma Blondet? le pippe di Mutti con Palazzi? le stronzate di amina suina dell'ucoii? il comitato antisuina e le avventure boccaccesche di bellucci con la Henger? gli ufo di claudio? guarda che di queste coglionate c'é pieno il newswire, cercatele e non rompere le palle.
carlo terracciano r.i.p. "avanguardia" e' ormai in simbiosi con "comunitasisti" e campo antiimperialista aka iraq libero aka legittima difesa settimo sigillo pubblica anche i saggi del filosofo Preve con zeribinatura di mutti... e vissero tutti felici e contenti...
E che centra queste dossier su il neofascismo , con il link dei siti che parlano dei palestina .Perche per esempio non ai fatto vedere le fotografie di Finni con Sharon ? , e chiaro lo che cerchi té !!!! ,con la scussa di postare informazione antifascista , lo che voi dire é ,che chi é con la resistenza irachena e con il popolo palestino , é un fascista .tu lo che sei un luppo travistitto di pecora !!!!!!!!!! , vaiiiii a cagareeeeeeeeee ! , va fanculo té e i fascisti !!!
Ci sono troppe informazioni vecchie di quindici anni che non solo risultano penalizzanti l'intero post ma soprattutto sono sorpassate. Freda per esempio è stato messo al gabbio con altri dirigenti del Fronte Nazionale ma nel dossier non se ne parla. La Lega Nazionalpopolare di Delle Chiaie ha avuto vita assai breve e tutt'altro che intensa limitandosi a rarissimi volantinaggi a Roma e provincia. Oggi non esiste più. "Avanguardia" è allineata con il Campo Anti-imperialista di Pasquinelli e con i "Comunitaristi" mentre "Orion" è fascista con rarissime posizioni in politica estera (Adinolfi poi ha spesso criticato la nuova dirigenza iraniana mentre la vecchia direzione del mensile milanese era quasi tutta filoislamica). Insomma tranne qualche errore e dati vecchi il post è accettabile. I siti palestinesi effettivamente c'entrano poco comunque se ce li ha messi un motivo ci sarà. Non sono solo i fasci a solidarizzare con la resistenza in Iraq e Palestina stanne certo.
Non è affatto vero che "Orion" ha abbandonato "molte delle sue posizioni antiimperialiste e antimondialiste" come ha scritto FLNZ
In questo dossier sono contenute anche delle inesattezze sull'ideologia di questi gruppi.
"Orion" è sempre organo del fronte antimondialista , pubblica ogni mese dei bellissimi dossier contro la violenza criminale dei sionisti in Palestina e quella delle cosiddette forze multinazionali mondialiste in Iraq e Afghanistan.
chi ha postato questo articolo deve conoscere poco il lavoro di ricerca e il salto di qualità che "Orion" ha fatto dalla gestione Adinolfi fino ad oggi.
Zoroaster scrive che i siti sulla Palestina non ci stanno bene. Io dico: e allora? perchè c'entra qualcosa il Campo Antimperialista? Franco Cardini? De Turris? anche alcune delle case editrici citate non hanno certo l'etichetta di essere di estrema destra. Mi sbaglio oppure oggi c'è stato un attacco di coglionaggine acuta che pare abbia colpito gli utenti di indymedia? Forse è bene continuare a menarsela con le porcate nazistoidi degli spammatori alla Palazzi, alla Amina Suina, alla Naziberto Bellucci, alla Claudio o alla Antision. E' chiaro che se ogni discussione sul neofascismo o ogni tentativo di analisi del neofascimo vanno a finire con un "hidda il fascio" e cazzate simili non si farà mai luce su quello che è il mondo dell'estremismo radicale neofascista. Indymedia è uno spazio aperto per postare notizie e opinioni su episodi e fatti. Benissimo. E questo post spiega in maniera abbastanza sommaria quello che è il neofascismo italiano. Vediamo di continuare casomai a postare commenti utili per capire meglio chi sono e cosa fanno i neofascisti italiani. Intanto molte delle differenze ideologiche che sono presenti in questo dossier mi erano sconosciute così' come non avevo idea delle divergenze che esistevano in questi ambienti. Indymedia deve cercare di lavorare per aprire varchi nelle fila nemiche, capire chi sono e come si muovono, quali strategie e obiettivi hanno i neofascisti. Intanto sono fuori dal governo e anche dal parlamento: che non è male.
qualche dritta di una qualche utilità sulle radici del neofascismo
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. Friday, Apr. 21, 2006 at 3:52 PM
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Scriveva venticinque anni fa il prof. Franco Ferraresi sulla "destra radicale" in un capitolo del suo libro "LA DESTRA RADICALE" ediz. Feltrinelli 1984 :
"Intorno alla metà degli anni settanta la lettura della situazione politica italiana e internazionale effettuata dalla destra radicale può essere induttivamente ricostruita nella maniera che segue. La politica almirantiana del doppio binario (doppiopetto più uso della "piazza di destra" con ammiccamenti ai simpatizzanti del colpo di forza) fallisce nel suo obiettivo principale, lo spostamento a destra dell'asse politico del paese, che al contrario va scivolando a sinistra. Ciò comporta anche una valutazione negativa delle ipotesi di Destra Nazionale e Eurodestra (...).
L'emergere dei nuovi bisogni porta all'apparizione di nuovi soggetti rivoluzionari , non riducibili alla lotta operaista; la lotta contro la repressione e la marginalizzazione si trasforma in maniera drastica e frontale nello scontro con un 'palazzo' che raccoglie ormai anche le forze della sinistra. (...)
Di questa fase la nuova destra fornisce una lettura per molti aspetti analoga a quella dell'estrema sinistra , recuperandone anche, almeno in parte, gli strumenti di analisi e le chiavi interpretative al punto di giungere all'ipotesi di una linea strategica comune (...).
Il referente metapolitico principale per questa analisi è il secondo dei grands textes politici di Evola, "Cavalcare la tigre", nella più radicale delle letture da esso consentita, quella proposta già alla fine degli anni sessanta da Franco Freda (...).
...senza volersi addentrare nell'esegesi del pensiero evoliano basta accennarem che uno dei concetti principali di "Cavalcare la Tigre", quello di apolitia, è suscettibile di almeno due letture: una prima esclusivamente centrata sulla dimensione interiore dell'individuo (...) , la seconda lettura interpreta l'apolitia come rifiuto di inserirsi nel sistema politico attuale e quindi di aderire alle componenti che l'hanno espresso (l'Antitradizione come spirito del male evocato dalla sovversione borghese) e addita l'impegno politico (...) - esasperato sotto forma di 'milizia', 'via eroica', 'guerra santa' - come lo strumento più valido e autentico di realizzazione spirituale.
E' questa la linea suggerita da Freda fin dalla recensione del 1963 al testo evoliano , poi ripresa e sviluppata ne "La Disintegrazione del Sistema" del 1969, opuscolo ormai ritenuto un 'classico' , il manifesto del manifesto del "quarto fronte", il fronte europeo...
crf Franco Ferraresi - "La Destra Radicale" - edizioni Feltrinelli - Milano 1984.
Visto che si parla di neofascisti aggiungerei anche queste considerazioni
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antimperialista Friday, Apr. 21, 2006 at 4:14 PM
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Indymedia spesso ha inserito il nome dei rappresentanti del Campo Antimperialista nel novero dei fascisti. Noi rifiutiamo qualsiasi contaminazione con i fascisti e siamo per un dialogo solo con quelle realtà autenticamente democratiche e rivoluzionarie che abbiano sottoscritto il nostro appello a favore della Resistenza in Iraq. Il professor Franco Cardini ha sottoscritto, assieme al prof. Costanzo Preve, il nostro appello alcuni anni or sono per aderire ad una manifestazione indetta a Roma in favore del blocco di forze della Resistenza irachena. Non è essere fascisti cercare di opporsi all'imperialismo americano. Se anche esponenti della destra neofascista hanno ritrenuto giusto aderire non è comunque un operazione legittima , nè moralmente nè politicamente, additare un area eterogenea come quella del Campo Antimperialista come un covo di fascisti.
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ugo maria tassinari Friday, Apr. 21, 2006 at 4:38 PM
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Nel suo volume Ugo Maria Tassinari , "Fascisteria" , ha ricostruito la storia dell'estrema destra fino a qualche anno fa. Riporta anche i seguenti link di siti dell'estrema destra neofascista alcuni ancora on line e di un certo interesse per saperne di più su questi ambienti.
(sito di ambienti nazional-bolscevichi collegato a Orion e al Coordinamento Progetto Eurasia, con testi di Jean Thiriart, Julius Evola, Aleksandr Dughin e Guillaume Faye).
(sito di Miguel Martinez già responsabile di Nuova Acropoli , specie di setta new age di destra creata in Argentina , e di Alleanza Cattolica)
A proposito della destra cattolica tradizionalista ricorderei pure i nomi di Massimo Introvigne, già direttore del CESNUR e del Centro Studi Lepanto. Introvigne dovrebbe essere in ottimi rapporti con la massoneria francese se la filiale oltrealpe del Cesnur di Parigi riceve sovvenzioni e finanziamenti ingenti dalla Grande Loggia Nazionale Francese.
Sempre tra le fila della destra cattolica esiste il bollettino "Controrivoluzione" , organo ufficiale dell'anti-89 , con redazione a Firenze e agganci nella Casa delle Libertà (specie con la Lega Nord).
Andrea Insabato , il neofascista che cercò di far esplodere una bomba nella sede de "Il Manifesto" , viene dagli ambienti di Militia Christi altro gruppuscolo cattotradizionalista romano in contatto con i lefebvriani di don Curzio Nitoglia dell'Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia (TO) cioè il centro di diffusione della rivista "sodalitium" su posizione dichiaratamente pre-conciliari. Priore dell'Istituto è don Ugolino Giugni. Il centro sodalitium ha anche una casa editrice che ha sfornato una serie di pubblicazioni dai toni furiosamente antiebraici:
- Israel Shahak - "Storia ebraica e giudaismo" - San Giovanni Crisostomo - "Omelie contro gli Ebrei" - Emmanuel Ratier - "Misteri e segreti del B'nai B'rith" - Emmanuel Ratier - "I guerrieri di Israele" - don Curzio Nitoglia - "Dalla sinagoga alla chiesa" - don Curzio Nitoglia - "Sionismo e Fondamentalismo"
ricordo che l'animatore di questa congrega di conservatori ultracattolici piemontesi, don Nitoglia, collaborava anche con l'antisemita "Avanguardia" di Trapani e aderì a messe in memoria dei fasci a Acca Larenzia nella sezione di Alleanza Nazionale più nera della capitale.
Collegato al centro studi cattolici ci sarebbe pure un circolo di studi cattolici , il "Davide Albertario" di Milano che ha anche un proprio sito internet ( http://www.davidealbertario.it) e organizza conferenze e incontri con esponenti della casa delle libertà.
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Antifascismo militante Friday, Apr. 21, 2006 at 4:53 PM
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Visto che state cercando di saperne di più sull'estrema destra italiana allora non dimenticatevi di dare un occhio anche a questi tizi della casa editrice "Graphos" di Genova. Si dichiarano marxisti di tendenze bordighiste. La maggioranza dei responsabili di questo gruppuscoli proviene dalle fila del vecchio partito comunista internazionalista , come Graphos hanno pubblicato opere di Pederiali e dello stesso Bordiga sulla questione marxista ma anche parecchio materiale revisionista e studi che negano l'olocausto ebraico in Europa. Alcuni titoli dal loro catalogo sono indicativi di una tendenza precisa che li colloca a destra rispetto al movimento No Global:
- Robert Faurisson - "E' autentico il diario di Anna Frank?" (2000) con introduzione di Cesare Saletta;
- Paul Rassinier - "La Menzogna di Ulisse" - nuova edizione del 1996 con prefazione di Cesare Saletta;
- Cesare Saletta - "Per il revisionismo storico contro Vidal Naquet" (1993). contiene un appendice di Robert Faurisson dedicata ai processi contro il negazionista canadese Ernest Zundel accusato dal Tribunale Federale di Ottawa di aver diffuso menzogne a mezzo stampa.
- Roger Garaudy - "I miti fondatori della politica israeliana" (1996). Aberrante libello antisemita mascherato con l'antisionismo di un ex filosofo marxista convertito all'Islam come il francese Garaudì. contiene una nota editoriale probabilmente a firma di Corrado Basile.
- AA.VV. - "Sul terrorismo israeliano" (2004) una serie di saggi antisionisti raccolti dal francese Serge Thion. Tra gli altri sono presenti scritti di Noam Chomsky, Israel Shahak (ebreo molto apprezzato dall'estrema destra europea), Oded Yinon, Livia Rokach, Nasser H. Aruri, Arno Weinstein.
- Franco Deana - "Studi Revisionisti" (2002) con prefazione di Cesare Saletta.
si consulti per altre informazioni anche il sito della Graphos:
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Antifascismo militante 2 Friday, Apr. 21, 2006 at 5:13 PM
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Tra i fascisti filoislamici c'é la Comunità Politica Nazionale di "Avanguardia" che ha un mensile e un sito internet informativo ( vedi http://www.avanguardia.tv/notizie.htm ). Il mensile è diretto dal rautiano Leonardo Fonte e vanta tra i suoi collaboratori Manuel Negri, Paolo Rada, Giuseppe Candelo. In passato scriveva per il mensile trapanese anche l'economista Giacinto Auriti , l'inventore anni fa della moneta locale chiamata SIMEC.
"Orion" ha sempre sottolineato di rappresentare il Mensile del Fronte Antimondialista e l'organo di riferimento del Fronte Europeo di Liberazione vantando collaborazioni a sinistra, manifestando con militanti di Rifondazione Comunista e organizzazioni islamiche italiane contro l'aggressione americana in Iraq e dedicando ampi dossier alla questione palestinese.
"Movimento Sociale - Fiamma Tricolore" dopo la svolta alla segreteria nazionale e l'affermazione di Romagnoli che ha spodestato Pino Rauti il MS-FT è stata l'unica forza politica che ha preso posizione a favore della Repubblica Islamica dell'Iran quando nel novembre scorso il presidente iraniano Mahmood Ahmadinejad dichiarò di voler cancellare Israele dalle carte geografiche del medio oriente.
troppi dati sono stranoti e vecchi cercate di aggiornarli o evitate di postare
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luca Friday, Apr. 21, 2006 at 5:33 PM
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Molti dei link riportati sono chiusi, alcuni sono poco aggiornati e altri sono di associazioni che non hanno a che vedere con i fascisti. I siti palestinesi all'inizio del post non c'entrano davvero niente con l'estrema destra. I neofascisti lo sappiamo amano farsi pubblicità su Indymedia. Comunque cercherei maggiori dettagli sul web e posterei solo notizie degli ultimi cinque-sei mesi per poter esser certi che siano attendibili.
anche Maurizio Blondet è un bello spammone fasciocattolico
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blondet Friday, Apr. 21, 2006 at 5:45 PM
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Non dimenticherei neanche di inserire in questo dossier il nominativo di Maurizio Blondet lo spammone che impesta indymedia di post antisemiti.
Ha scritto anche dei libri il giornazista cattolico tra cui "Complotti" (i fasci si sa che sono complessati dalla mania complottista), "Gli adelphi della dissoluzione" (un libro assolutamente allucinante e demenziale che vorrebbe far ricadere tutti i disastri dell'umanità sulla casa editrice "adelphi" . roba da matti!) e "Osama bin Mossad" oltre al noto "Chi comanda in America" entrambi pubblicati dalle edizioni effedieffe milanesi
neofascismo e sionismo ci sono anche quelli proisraeliani
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)- Friday, Apr. 21, 2006 at 6:13 PM
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Mica tutti i fascisti sono filoislamici come scrivete voi sopra. Ci sono stati anche dei movimenti fascisti pro Israele. Pensa che quelli di Terza Posizione e dei Nar alla fine degli anni settanta andarono a combattere con i maroniti libanesi al fianco degli israeliani contro i palestinesi sostenuti dai comunisti e dai progressisti locali.
Un troll da due soldi che spamma cazzate contro i palestinesi da anni , una macchietta che tutta Indymedia conosce anche troppo bene. Non è fascista è solo un idiota.
Visto che il dossier che hanno presentato è alquanto datato mi permetto di dare alcune ulteriori informazioni prese su internet.
L'area dei Comunitaristi per fare un esempio è attivissima nel Lazio e in Abruzzo , pubblica la omonima rivista "Comunitarismo" e sostiene il Campo Anti-Imperialista di Moreno Pasquinelli al quale avevano aderito anche i CARC. Anche se quest'area non è collegata all'estrema destra è però storicamente provato che aderirono ad alcune delle loro iniziative molti nomi noti del neofascismo italiano a cominciare da Claudio Mutti , Franco Cardini, Alessandra Colla che sottoscrissero l'appello per la manifestazione pro-resistenza irachena nel dicembre 2003. La realtà emergente dell'area neofascista resta "Eurasia" che , oltre all'omonima rivista di studi geopolitici , pubblica on line analisi e notizie di politica internazionale. Tra i collaboratori non citati di "Eurasia" figurano anche l'ex ambasciatore a Mosca e politologo Sergio Romano, lo storico Stefano Fabei (autore tra l'altro di un bellissimo libro sul Gran Muftì di Gerusalemme , Haji Amin al Husseini, intitolato "Una Vita per la Palestina" ediz. Mursia), Entico Galoppini (che dirige il sito http://www.aljazira.it sul quale compaiono anche articoli di Vernole, Scalea e Mutti) e la comunista Susanne Scheidt.
Nel numero di presentazione di Eurasia si parla anche di un sito internet dedicato ad una rivista di geopolitica turca "2023" ( on line si trova a http://www.2023.gen.tr ).
Definire comunque il Progetto Eurasiatico come "fascista" credo sia limitativo e fondamentalmente scorretto anche perchè sia Costanzo Preve che la Scheidt sono noti storici marxisti di valore.
Eurasia e' una rivista di geopolitica fascista. Non e' affatto "emergente". Anzi il tentativo di infiltrare l'estrema sinistra e di fare "egemonia" culturale sulla base di un "antiamericanismo" insensato e privo di analisi (basato ovvero sul rifiuto dell'America e degli americani in quanto tali, ovvero secondo uno schema fascista/razzista) ha fallito già anni fa. Gli unici che hanno "convinto" sono gli "strani" noglobal del campo antimperialisti e qualche ml in odor di servizi. E ormai da anni hanno smesso di fare quei (pochi) proseliti che avevano cominciato a fare nel 2002/2003.
Prova a darmi un nome, ripeto un solo nome, di qualcuno del Campo Antimperialista che sia di estrema destra.
Se escludi l'appello pro-resistenza irachena , di cui ho citato antefatti, non esiste alcun rapporto organico tra elementi neofascisti e il Campo Antimperialista.
Anche i "Comunitaristi" non possono essere accusati di neofascismo visto che la loro linea è di superare gli opposti estremismi.
"Eurasia" è una rivista che eventualmente riunisce firme diverse di autori provenienti sia da destra che da sinistra (il fatto che l'editore sia il Veltro di Mutti ovviamente può rafforzare l'idea di un iniziativa d'area neofascista ma così non è).
Hai mai letto realmente quello che pubblicano su "Eurasia"? Non c'é nessun esplicito riferimento nè al Fascismo storico e neanche al neofascismo.
Freda pubblica i libri con le prefazioni di Ferrara
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Tabula Rasa Saturday, Apr. 22, 2006 at 3:59 PM
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Oramai anche il più noto antisemita tra gli antisemiti italiani, il nazista Franco Freda , ha gettato la spugna. Le sue Edizioni di Ar - si veda il sito http://www.libreriar.it - si limitano a ripubblicare tutti i classici del pensiero di destra (tra i libri anche scritti di Adolf Hitler, Pierre Drieu de la Rochelle, Leon Degrelle, Julius Evola, Cornelio Codreanu insomma i vecchi gerarchi nazi d'Europa) e , tra le altre cose, ha pubblicato un libro di Pisciafuoco con introduzione del maialone della "7" già psi,forza italia e altro Giuliano strutto Ferrara. VERGOGNA! Un mezzo ebreo lardoso che collabora con Freda! Non c'é più religgione!
Anche se quest'area non è collegata all'estrema destra è però storicamente provato che aderirono ad alcune delle loro iniziative molti nomi noti del neofascismo italiano a cominciare da Claudio Mutti , Franco Cardini, Alessandra Colla che sottoscrissero l'appello per la manifestazione pro-resistenza irachena nel dicembre 2003.
FRANCO CARDINI E' UN NOME NOTO DEL NEOFASCISMO ITALIANO. FRANCO CARDINI HA SCRITTO PIU' VOLTE SULL' "UNITA'". DUNQUE "L'UNITA'" E' UN GIORNALE NEOFASCISTA. D'ALTRONDE "L'UNITA'" HA PUBBLICATO UN DVD DI MARCO DOLCETTA INTITOLATO "LE TORRI DEL DIAVOLO".
Nel numero di presentazione di Eurasia si parla anche di un sito internet dedicato ad una rivista di geopolitica turca "2023" ( on line si trova a http://www.2023.gen.tr ).
SONO I FASCISTI TURCHI. NON A CASO SI INTITOLANO "2023", CHE E' UN NUMERO MAGICO DEI FASCI.
Il movimento nazionalpopolare non esiste neanche più!
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uthrecth Saturday, Apr. 22, 2006 at 6:30 PM
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Le notizie che sono state date sono in parte superate. Intanto il Movimento Nazionalpopolare di cui si parla non esiste da diversi mesi e la rivista "Orientamenti" non l'ho più vista in giro. Tra le case editrici di estrema destra credo che le più attive siano Effedieffe di Milano (che pubblica a raffica saggi antisemiti di Maurizio Blondet), Il settimo sigillo di Roma , "Ar" di Padova (quella di Freda), la graphos di Genova, All'Insegna del Veltro di Parma (diretta da Mutti che è anche l'editore di "Eurasia" come giustamente è stato scritto) e Effepi di Genova (ci pubblicano i loro deliranti scritti sia Mutti sia Bellucci che don Nitoglia il quale ha dato alle stampe un opuscolo ignobilmente antigiudaico che riprende e spaccia per buone le storielle medioevali sui crimini rituali commessi dagli ebrei con ostie cristiane su vittime cristiane: un vero delirio!).
In passato pubblicava anche Barbarossa collegata a "Orion" mentre al sud c'era la cooperative del "Cinabro" a Catania, "Avanguardia" a Trapani (suo il volume "Camerati addio" di Vinciguerra) e "Malatempora" che si occupa prevalentemente di economia ed è vicina al Campo antimperialista.
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Strategia della Tensione Saturday, Apr. 22, 2006 at 7:09 PM
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Vincenzo Vinciguerra è un reo confesso per strage. Ex militante e responsabile ordinovista di Udine attuò , assieme ad alcuni dei suoi camerati, l'assassinio di tre carabinieri innocenti imbottendo una 500 a Peteano di Sagrado. Protetto per anni dalle strutture di sicurezza atlantiche di Gladio scappò prima in Spagne e infine in sudamerica da dove rientrerà in Italia alla fine degli anni settanta. Si continua a dichiarare soldato-politico dopo aver scritto libri che rivelavano la struttura Gladio e infamavano l'intero neofascismo. Tra i suoi volumi "Ergastolo per la Libertà" e "Camerati Addio". Ha collaborato con scritti inediti con la Comunità Politica di "Avanguardia".
Veramente , se proprio c'é un numero che i fasci e i nazi adorano, il numero sarebbe il 99 (cioè due volte la nona lettera dell'alfabeto "H" che questi coglioni utilizzano per H.H. che significherebbe Heil Hitler).
Ora siccome nel Lotto ci sono solo 90 numeri mi sa proprio che i nazifascisti si dovranno rassegnare ad una vita da pezzenti quali sono. ah ah ah
Gli ex di Terza Posizione in posti chiave con la cdl e nell'estrema destra
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cccp Sunday, Apr. 23, 2006 at 7:08 PM
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E' comunque importante sottolineare come molti rottami dell'organizzazione terroristica neofascista di Terza Posizione degli anni settanta si siano rifatti una verginità politica sotto le bandiere della casa delle libertà. Marcello De Angelis dirige il mensile "Area" che è l'organo ufficiale della corrente destra sociale vicina a Alemanno e Storace; Roberto Fiore è responsabile di Forza Nuova (una riedizione di Avanguardia Nazionale con picchiatori professionisti assoldati nella mala) e Gabriele Adinolfi ha occupato stabilmente la redazione milanese di "Orion" che ha abbandonato il nazionalbolscevismo a favore di un ritorno alle origini fasciste e corporativiste tipo RSI o primo fascismo anni Venti. Insomma i fasci si ricicleranno ma sempre merde all'ombra del potere e mazzieri della borghesia sono.
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Comitato anti-Suina Sunday, Apr. 23, 2006 at 7:13 PM
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Anche Amina la Suina se la fa con i fasci. Su Indymedia ha sempre difeso sia quel nazista infame antisemita di Hossein Bellucci sia quei maiali del campo antimperialista di Preve, Neri, Pasquinelli e i loro amici di "Eurasia" (Mutti, Graziani e il nazzo russo Dughin).
La suina è anche responsabile con quella demente di Dacia Valent della IADL (Islamic Anti-Defamation League) un organizzazione che vorrebbe difendere i musulmani in Italia ma che in realtà serve alle due compari per sbarcare il lunario e arrotondare lo stipendio.
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scovaantisemiti Sunday, Apr. 23, 2006 at 7:26 PM
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In ordine tra la destra radicale i più notoriamente antisemiti sono quelli della Comunità Politica di "Avanguardia" che ha un omonima rivista pubblicata a Trapani e un sito internet.
A guidarli fino a qualche anno fa c'era il nazista fanatico antisemita Maurizio Lattanzio , autore di volumi per le edizioni "ar" di Freda e fautore del cosiddetto progetto EURASIA-ISLAM.
Probabilmente è stato mutuato da questo progetto anche il seguente Progetto Eurasiatista di "Eurasia" visto che anche Claudio Mutti ha fatto parte della redazione di "Avanguardia" e di quella di "Orion" oltre a scrivere articoli a pagamento per il giornale del PSDI , "L'Umanità".
Notoriamente antisraeliana è anche "Orion" mensile del fronte antimondialista diretto da Alessandra Colla vicina al Campo Antimperialista e dal marito, Maurizio Murelli.
Antisemiti pure i due musulnazi di Indymedia testè citati, Amina Salina (ex appartenente all'estrema sinistra trotzkysta) e Hossein Bellucci (ex di "Avanguardia" scappato a Beirut dove dirige un sito a favore di Hizbullah il partito di Dio sciita filoiraniano).
Posizioni antisemite anche quelle della Fiamma Tricolore che ha manifestato contro Israele e a favore del presidente iraniano Mahmood Ahmadinejad dopo le dichiarazioni di quest'ultimo sulla necessità di "cancellare Israele dalle carte geografiche del Medio Oriente".
Antisemite quasi tutte le case editrici di destra: dall'Insegna del Veltro a Effedieffe (dove scrive il fasciocattolico integralista antisemita Maurizio Blondet) fino a "ar" e "effepi".
Posizioni radicalmente ostili a Israele anche sulla rivista dei Comunitaristi dove scrive un certo Giancarlo Paciello. Maurizio Neri direttore responsabile di "Comunitarismo" è un altro ex di Terza Posizione.
Estremamente antisemita pure l'area skins costituita da ex di Base Autonoma e confluita nell'Alternativa Sociale della Mussolini o nella Fiamma Tricolore di Romagnoli.
Revisionisti quelli della Graphos di Genova e quelli della Sentinella d'Italia a Trieste.
Anche su "Eurasia" sono apparsi molti articoli anti-sionisti a firma dei principali collaboratori del trimestrale milanese.
sull'ala cattolica tradizionalista della destra estrema
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cloroalclero Monday, Apr. 24, 2006 at 2:45 PM
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Alleanza Cattolica nasce come branca del più vasto movimento settario di T.F.P. (Tradizione, Famiglia, Proprietà) fondato negli anni settanta in Brasile da un fanatico religioso di nome Plinio Correa de Oliveira che comincerà a portare acqua al mulino delle tesi neocons in ambienti neofascisti sia in sudamerica che in Europa. La setta di TFP costituisce in Italia Alleanza Cattolica agli inizi degli anni ottanta. Dirigenti nazionali sono Marco Invernizzi e Giovanni Cantoni. Secondo un dossier su TFP e Alleanza Cattolica pubblicato vari anni fa dal mensile "Orion" e da un suo collaboratore , Luca Tancredi, il gruppo di Alleanza Cattolica si sarebbe adoprato per infiltrare l'estrema destra neofascista riproponendo le tesi più note del pensiero neocons americano (antiamericanismo e antiislamismo). Anche il coordinatore di Alleanza Nazionale per la Giustizia e poi sottosegretario nel Governo Berlusconi, Alfredo Mantovano, proviene dai ranghi di Alleanza Cattolica.
Non dimenticate di inserire anche il fasciosuino Palazzi Abdul Hadi che prima collaborava con l'ambasciata iraniana poi, finiti i soldi, è stato al servizio dei sauditi e alla fine è passato direttamente a leccare il culo per quattro shekel a Israele.
Il 25 aprile i fasci si dovrebbero nascondere in qualche fogna e invece sono tornati a rompere i coglioni i soliti teppistelli assoldati da Forza Nuova in varie città d'Italia. Vorrei sapere dai compagni di Cagliari se hanno notizie che nella loro città o in sardegna questi si sono fatti vivi.
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scovasuini panzonsionisti Thursday, Apr. 27, 2006 at 4:39 PM
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Abdul Hadi Palazzi ah ah ah ah ah alias Maulana ma vaffanculo Palazzi insignito dell'Ordine dello Sciacallo e della medaglia della Iena UOMMEEMMERDAAAAAAAAAAA
Tra i filoislamici ci sono anche quelli di Rinascita
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scovafasci Friday, Apr. 28, 2006 at 6:48 PM
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Tra i fascisti proIslam c'é anche il quotidiano dell'estrema destra "Rinascita" diretto da Ugo Gaudenzi e venduto in tutte le edicole romane. Rinascita cura un sito http://www.rinascita.net oppure http://www.rinascita.info (vedi anche http://www.rinascitanazionale.com ) e ne propaganda altri dell'area. Il quotidiano pubblicizza le iniziative dei fascisti serbi , legati alla rivista "Europa Nazija", quelle di padre Benjamin ( che distribuisce dalle pagine del quotidiano romano il suo dvd "democrazia-export" sui massacri americani in Iraq ) che ha un sito http://www.benjaminforiraq.org dove sono segnalate tutte le iniziative dell'estrema destra a favore della resistenza irachena (lo stesso padre Benjamin ha pubblicato un testo per le "Edizioni All'Insegna del Veltro"). Su "Rinascita" trovano pubblicità anche le iniziative di http://www.librad.com , dei fascisti milanesi dell'Uomo Libero (sito http://www.uomolibero.com )e dell'economista di destra Marco Saba che presenta il suo libro "Bankenstein" contro la globalizzazione finanziaria. La linea editoriale è antiglobalizzazione e antimperialista con accenni di antisionismo esasperato che spesso pottrebbero essere definiti come antisemiti.
tra i gruppuscoli emergenti della galassia neofascista italiana si segnala a Verona Alternativa Antagonista. E' un movimento apparentemente non collegato a nessuna delle sigle nazionali anche se schierato con una visione eurasiatica militante (raccoglie consensi anche in curva sud tra le famigerate Brigate Gialloblue dell'Hellas).
Legati a Eurasia come si legge in questa rivista distribuita anche al Bentegodi i fasci di A.A. sembrano violentemente razzisti.
Su Eurasia , a proposito, hanno ospitato diversi articoli piuttosto violenti contro il popolo ebraico - non solo contro Israele - in particolare segnalo sul nr 3 quello a firma di un certo Marek Glogozowski
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help me grazie Friday, Apr. 28, 2006 at 7:58 PM
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come si fa a mettere in pdf questo dossier? se qualcuno sa farlo sarebbe utile per il sito sull'antifascismo di rifondazione comunista (potreste anche dire agli admin di inserirlo stabilmente nei link sull'antifascismo). ci sono notizie abbastanza aggiornate
solita pappardella di nomi, sigle e riviste che nessuno s'incula
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azet Thursday, May. 04, 2006 at 4:02 PM
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Ha ragione chi ha scritto che questo dossier è vecchio come il cucco. Ci sono i soliti nomi di neofascisti noti e stranoti, vecchie conoscenze dell'area antagonista come Freda e Delle Chiaie , Mutti e Fiore, Rauti e quelli del campo anti-imperialista di Preve, Neri e Pasquinelli. Aggiornare o hiddare.
La rivista di studi geopolitici "Eurasia" non è assolutamente una rivista di "destra". Anche se ci collaborano dei nomi noti nell'area neofascista come Mutti o Graziani o la Colla - moglie di Maurizio Murelli e direttrice di Orion - ci sono anche numerosi e validi apporti culturali di filosofi marxisti come Costanzo Preve, della comunistissima Susanne Schaidt, di Daniele Scalea (che è un marxista che ha un sito internet ottimo di geopolitica e studi vari) e pure molti illustrissimi ospiti come per esempio Sergio Romano ex ambasciatore a Mosca e affatto vicino alla destra estrema o di governo. vediamo di non confondere i neonazi di Forza Nuova con questi ambienti intellettuali che non hanno niente a che spartire con il neofascismo e rifiutano la contrapposzione destra-sinistra.
A questo punto aggiungerei anche i neofascisti presenti su Indymedia
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. Saturday, May. 06, 2006 at 4:47 PM
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In un altro post si è aperta una discussione sull'antisemitismo negli ambienti della sinistra radicale e no global dopo i fischi alla Moratti e alla Brigata Ebraica in occasione dello scorso 25 Aprile.
Immagino che molti compagni che erano presenti quel giorno a Milano non fossero d'accordo a contestare i valorosi reduci della Brigata Ebraica che combattè contro i nazifascisti nelle truppe anglo-americane.
Ora siccome si è fatto un gran parlare del problema dei troll neonazisti su Indymedia e vedo che spesso anche in questo dossier vengono citati sia l'ex appartenente ad Avanguardia , Dagoberto Hossein Bellucci, sia altri noti esponenti della destra radicale spesso visti sul sito (Maurizio Blondet ma anche quelli del Campo Antimperialista, gli scritti di un Costanzo Preve, un Claudio Mutti ecc. ecc.) non vorrei che qualcuno si dimenticasse della presenza di altri vicini al pensiero neofascista terzoposizionista e eurasiatista tra cui sicuramente Claudio (da qualcuno pare riconosciuto come un finocchietto, vabbè contento lui), amina salina (musulmana sunnita amica di Bellucci) e ultimamente pare che ci si siano messe anche Laura Todisco alias Elle o Tristesse che si dichiara esperta di medioriente e dovrebbe essere stata nella FGCI di Napoli e una certa laelena (qualcuno dice sia solo Claudio che ha cambiato nickname ma non credo a questo probabilità).
Insomma se ci sono molti antisemiti a destra è evidente che non ne mancano neanche a sinistra se la Todisco proviene dalla vecchia Fgci e la stessa Amina era trotzskista.
scusate ma chi ve l'ha detto che Dagoberto e Amina sono morti? E' vero che non ci sono loro tracce da diversi mesi su Indymedia ma com'é che gira sta voce?
Tra gli altri esponenti di Terza Posizione presenti sulla scena politica vi siete dimenticati di ricordare oltre a Roberto Fiore e Gabriele Adinolfi anche il direttore del mensile della destra sociale , Marcello De Angelis che dirige "Area". Mi pare che siano davvero troppi i neofascisti presenti dentro e fuori a.n. che provengono dall'area terzoposizionista romana.
vedrete che sono le solite panzane di qualche aspirante becchino che su Indymedia si diverte a postare queste notizie funebri. scommetto che amina, dagoberto e i gattini kitten samurai di londra stanno benone e vi mandano allegramente a fare in culo brutti corvacci neri portajella che non siete altro.
su terza posizione che occuperebbe tutti questi posti devo dire che me n'ero accorto anche io che c'erano un pò troppi ex ancora vivi e vegeti e ai vertici dei vari movimentini del neofascismo degli anni duemila.
Altre riviste neofasciste di cui non avete parlato finora
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Antifascismo ora e sempre Saturday, May. 13, 2006 at 9:05 AM
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Sul quotidiano neofascista "Rinascita" sono stati pubblicati anche i nomi di queste altre riviste d'estrema destra non elencate fino a questo momento nel dossier e neppure tra i commenti. Rinascita riporta le seguenti pubblicazioni:
"Acta" rivista ufficiale dell'istituto storico della RSI ;
"Boia chi Molla" organo di una Associazione Culturale intitolata al fascista Giorgio Pisanò che ha pure un indirizzo email : bordin.boiachimolla@tiscalinet.it
"Nuovo Fronte" con casella postale nr 434 e sede a Trieste;
"Orizzonti" di un Circolo Culturale Filippo Corridoni con sede a Parma e email: filippocorridoni@libero.it ;
"Riaffermazione" organo di una consulta della repubblica sociale italiana;
"Identità" stampata a Torino
se avete altre informazioni di riviste d'estrema destra postatele che serviranno ad aggiornare questo dossier che , per come è nato, effettivamente era un pò troppo datato.
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caduto dalle nuvole Saturday, May. 13, 2006 at 9:50 AM
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Ma da quando Viviana Vivarelli scrive su "Eurasia"???
Ho letto qualche nr della rivista di studi geopolitici e non ho trovato alcun articolo di questa signora/signorina . dove l'avete letto che la Vivarelli collabora con eurasia?
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Giannino Stoppani Friday, May. 19, 2006 at 9:08 AM
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questo sopra mi sembra che stia messo davvero male oh ragà fatevi meno in vena che siete alla frutta! e questi sarebbero i fasci? cominciamo bene a scoprire indymedia
questo dossier sui nazionalcomunisti è interessante anche se datato
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Trotzkista Tuesday, May. 23, 2006 at 9:31 AM
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interessante e utile per comprendere alcune delle evoluzioni dell'estrema destra neofascista italiana
QUANDO IL FASCISMO SI COLORA DI ROSSO
di Archivio Antifascista Venezia
Premessa
Si racconta che una volta Jack Kerouac presentò una sorta di programma
politico-culturale della Beat Generation che parlava della "volontà
che unisce i nostri gruppi e che ci fa comprendere che gli uomini e le donne
devono apprendere il sentimento comunitario al fine di difendersi contro
lo spirito di classe, la lotta delle classi, l'odio di classe!" e che
si concludeva con l'auspicio "Noi andiamo a vivere presto in comune
la nostra vita e la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace,
per la prosperità spirituale, per il socialismo".
Il pubblico composto da "alternativi" di sinistra ne fu entusiasta
ma si raggelò subito apprendendo di aver applaudito un discorso pronunciato
da Adolf Hitler al Reichstag nel 1937.
Di simili provocazioni ci sarebbe ancora bisogno.
In tempi in cui molte cose si confondono, trascolorano e sembrano sempre
più assumere contorni incerti, mentre in politica la destra gioca
la carta dello sfondamento a sinistra -emblematica l'affermazione elettorale
del partito nazional-populista di Haider quale primo "partito operaio"
austriaco- e i partiti che si richiamano alla sinistra rincorrono la destra
per accreditarsi davanti ad un indistinto elettorato quale garanzia d'ordine,
annullando in questo modo la loro identità legata all'idea stessa
di liberazione sociale, tutto si presenta come paralizzante quanto sfuggente
complessità e di conseguenza constatiamo, come sostiene un attento
osservatore di tali implicazioni, di non essere "più in grado
di sorvegliare con attenzione la realtà"[1].
In un presente in cui è possibile riscrivere la storia, ossia la
memoria della società, capovolgendo ruoli e parti, col rischio di
dover rivivere un passato che troppo in fretta era stato lasciato alle spalle,
sta passando quasi inosservata la ricomparsa di un fascismo rivoluzionario
che, in contrapposizione anche con la destra borghese e nostalgica, mantiene
le sue radici nelle componenti più radicali dei movimenti nazionalisti
che portarono al potere Mussolini ed Hitler per poi finire da questi liquidate
in quanto ormai incompatibili con il regime, e riprende le esperienze teoriche
e organizzative che tra gli anni `60 e `70 cercarono di ritrovare la rotta
e nuove sponde tra i marosi della ribellione sociale.
Anche se per il momento, il ritorno sulle scene europee di queste componenti
variamente connotate come nazionalrivoluzionarie, nazionalcomuniste o nazionalcomunitariste
non sembra avere la forza per determinare rilevanti cambiamenti negli attuali
rapporti sociali, è altrettanto vero che queste avvertono il favorevole
mutarsi della situazione internazionale; da un lato infatti la prospettiva
della Nazione Europea, da loro da sempre auspicata ed intesa soprattutto
come potenza economica-militare, è ormai un "luogo comune"
che appartiene in modo trasversale sia alla destra che alla sinistra politica
ma, allo stesso tempo, questa comporta l'apertura di nuovi conflitti per
l'egemonia tra le varie nazioni e i diversi gruppi economici, così
come si assiste ad un'accelerazione delle tensioni tra gli Stati facenti
parte dell'Unione Europea e gli USA che rendono tutt'altro che stabile il
tanto celebrato nuovo ordine mondiale seguito alla caduta dei regimi dell'Est.
In questo contesto infatti, la Germania "unificata" è tornata
a giocare un ruolo centrale quale principale potenza della Mitteleuropa
con la missione storica di mantenere la coesione interna del Vecchio Continente;
contemporaneamente, la dissoluzione dell'Unione Sovietica e l'impetuosa
ripresa del nazionalismo russo permettono di immaginare la realizzazione
di uno spazio geopolitico euro-asiatico così come avrebbero voluto
i nazionalbolscevichi tedeschi negli anni Trenta e come venne teorizzato
nel dopoguerra da Jean Thiriart che, per fondare il movimento di Jeune
Europe poté contare anche su non trascurabili finanziamenti tedeschi.
Difficile prevedere quali sviluppi futuri e quali margini d'azione politica
sullo scacchiere internazionale potranno aprirsi per questa variante del
fascismo che, sotto vario nome e con ogni mezzo necessario, persegue l'obiettivo
di un nuovo ordine europeo non lontano da quello prefigurato negli originali
piani di dominio del Terzo Reich; ma poichè la penetrazione ideologica
e culturale, mirante a sostituire l'identità di classe con il mito
della comunità di "sangue e suolo" e a soffocare nel nazionalismo
ogni ipotesi di liberazione sociale, è la condizione necessaria per
imporre nuove gerarchie e immutate logiche di sfruttamento, è più
che mai necessario sviluppare l'opposizione antiautoritaria e anticapitalista
anche attraverso la ricerca storica e persino l'analisi filologica.
Se dopo la loro lettura troverete queste pagine allarmanti, il loro intento
potrà considerarsi almeno parzialmente raggiunto.
IL PARADOSSO DELLA CONTRORIVOLUZIONE
La destra deve diventare sempre più
di sinistra.
(Roberta Angelilli, già simpatizzante di Terza Posizione attualmente
eurodeputata di Alleanza Nazionale)
Il panorama storico e politico del neofascismo è senz'altro complesso
e per certi aspetti contraddittorio: vi sono forze che siedono in parlamento
ed altre extraparlamentari, si trovano gruppi che si dichiarano tradizionalisti,
altri che si professano rivoluzionari e vi sono persino quelli che si definiscono
rivoluzionari conservatori o "anarchici di destra"; alcune formazioni
si rifanno ai fascismi e altre al nazismo; alcuni settori si accreditano
come strenui difensori dei valori cattolici, altri si dichiarano filoislamici,
altri ancora sono attraversati dall'esoterismo e vi sono pure quelli che
parlano il linguaggio della New o della Next Age.
Premesso questo non deve sorprendere quindi il fatto che vi siano settori
a cui va stretto l'abito della destra e che conseguentemente affermano di
collocarsi "oltre la destra e la sinistra", oppure che affermano
persino di ritenersi una componente storica del movimento operaio.
Emblematico a tal riguardo quando scritto solo pochi anni fa da un militante
nazional-comunista:
Il fascismo italiano, quello nato come movimento il 23 marzo del 1919
a Milano, è una costola del pensiero marxista. Esso riconosce l'esattezza
delle teorie marxiste del plusvalore, che pensa di restituire ai proletari
socializzando le imprese. Esso però respinge l'internazionalismo
proletario, naufragato con lo scoppio della prima guerra mondiale, e vuole
unire alla lotta sociale quell'Italia, nazione proletaria, contro le potenze
plutocratiche allora come oggi padroni del mondo. Esistono varie tendenze
in seno al marxismi: stalinisti, maoisti, operaisti, economicisti ecc.
(...) Aggiungete dunque i fascisti tra queste tendenze[2].
Nel più recente passato in Italia si sono peraltro registrati
precedenti di questo tipo: basti pensare ai "nazi-maoisti" e a
Lotta di Popolo; alle teorizzazioni nazional-popolari di Franco Freda e
Paolo Signorelli negli anni '70; all'attività clandestina di gruppi
quali i Nuclei Armati Rivoluzionari, Terza Posizione e Costruiamo l'azione
che, a cavallo degli anni '70 e '80, pur con impostazioni ideologiche diverse
riprendevano almeno parte delle posizioni teoriche del fascismo più
radicale.
Prima vedevo -dirà Valerio Fioravanti, uno dei fondatori dei
NAR- che vi erano tre forze che si contrapponevano, e cioè i fascisti,
i comunisti e lo Stato democratico, ritenevo che noi fascisti dovessimo
appoggiare lo Stato democratico contro i comunisti per poi affrontare il
vincitore dello scontro che sarebbe risultato indebolito. In seguito risultò
molto più logico il contrario, e cioè appoggiare i comunisti
contro lo Stato democratico; (...) questo sia per una minor fiducia nei
fascisti, sia per una rivalutazione degli schemi rivoluzionari marxisti-leninisti
[3].
Tutto questo può apparire soltanto un gioco di mascheramenti oppure
l'espressione marginale di un ribellismo inclassificabile; la questione
invece è assai più seria e basta infatti conoscere un po'
di storia per sapere che il termine nazista era semplicemente la contrazione
dell'aggettivo nazional-socialista scelto da Hitler per il suo partito,
così come aveva voluto la bandiera rossa quale sfondo per la svastica
nera su cerchio bianco in quanto doveva rappresentare "l'idea sociale
del movimento" [4].
ALLA SINISTRA DI HITLER
La definizione che abbiamo dato del fascismo come rivoluzione
di destra resta in sostanza comune a tutte le sue varianti.
(George L. Mosse) [5]
Il termine "nazionalbolscevismo" comparve per la prima volta
in un opuscolo dal titolo omonimo, pubblicato dopo la Prima Guerra Mondiale
in Germania, scritto da un accademico di destra, tale Eltzbacher, che di
fronte alle sanzioni economiche e all'occupazione militare degli Alleati
vittoriosi auspicava una Germania bolscevizzata. Nel biennio 1919 - '20,
i comunisti Wolffheim e Laufenberg ripresero queste teorizzazioni, richiamandosi
alle tesi di W. Rathenau per la "resistenza armata" di tutto il
popolo contro l'imperialismo e, implicitamente, alle classiche tesi fichtiane
sullo "Stato corporativo chiuso", battendosi per la collaborazione
tra "nazionalisti rivoluzionari" e Partito comunista, sia contro
i capitalisti che contro la socialdemocrazia [6].
Secondo numerosi storici, soprattutto di scuola liberale, tale convergenza
tra "opposti estremismi" contro la democrazia non solo vide in
seguito la luce ma fu la causa della morte della Repubblica di Weimar e,
a supporto di tale tesi si citano come prove il referendum contro il governo
prussiano retto dal socialdemocratico Otto Braun e lo sciopero dei trasporti
pubblici di Berlino con la strana intesa tra le "camicie brune"
delle SA (Sturmabteilung) e la Lega dei combattenti del Fronte Rosso;
in realtà però tale visione non tiene conto della guerra civile
combattuta strada per strada dai militanti comunisti del K.P.D., assieme
agli anarcosindacalisti della F.A.U. (Freie ArbeiterUnion)
e a settori operai socialdemocratici, contro le squadre naziste. Le responsabilità
della sinistra social-comunista tedesca furono semmai altre, a partire dal
fallimentare progetto di costruzione di un socialismo di Stato, in grado
di eliminare le contraddizioni tra Capitale e Lavoro, fatto proprio dai
nazisti e poi usato da Hitler nella costruzione del suo Stato totalitario;
inoltre rimane un'ombra inquietante la connivenza di buona parte della sinistra
tedesca di fronte al montante antisemitismo.
La questione centrale resta però in gran parte da indagare e riguarda
l'identità "anticapitalista" e "antiborghese"
che la propaganda nazionalsocialista seppe costruire attorno al suo effettivo
ruolo reazionario e antiproletario, affermandosi anche in settori decisamente
popolari; sovente infatti si tende a dimenticare che le prime SA fondate
nel '21 erano composte da operai, disoccupati e sottoproletari, e che i
veri artefici dell'affermazione nazista nelle roccaforti operaie di Amburgo,
Berlino e Lipsia furono dei "filosovietici" come i fratelli Strasser[7] assieme all'organizzazione delle cellule
di fabbrica nazionalsocialiste (NSBO) di Reinhold Muchow [8].
Se si considerano le ricerche statistiche riguardanti la composizione sociale
degli elettori del Partito Nazista, dei suoi iscritti e dei membri delle
SA c'è di che rimanere allibiti; bastino solo alcune cifre: gli operai
dequalificati costituivano tra il '25 e il '33 la categoria sociale più
numerosa tra i membri del NSDAP (ossia del Partito Nazionalsocialista Tedesco
dei Lavoratori) e il 62% circa degli squadristi SA erano lavoratori industriali
e agricoli [9].
L'estrazione popolare e proletaria di buona parte delle SA, assieme all'estremismo
socialista di alcuni suoi comandanti legati a Gregor Strasser, tra l'altro
determinarono tra il dicembre `32 e il gennaio `33 autentici casi di rivolta
contro la direzione politica imposta da Hitler; nella Franconia Centrale
buona parte delle 6/7.000 "camicie brune" sotto la guida del loro
comandante Wilhelm Stegmann costituirono un'organizzazione paramilitare
indipendente affermando che le SA dovevano smettere di essere soltanto i
"vigili del fuoco" o le "guardie di palazzo". Analoga
sedizione si registrò in Assia e a Berlino vi furono scontri tra
SA e SS. Inoltre "in diverse parti del paese membri delle SA delusi
passarono ai comunisti, che li arruolarono prontamente nei propri reparti
paramilitari" [10].
La corrente "anticapitalista" del nazismo fu molto forte sino
ai primi anni Trenta e, oltre che all'interno di ampi settori delle SA,
la sua influenza era avvertibile a diversi livelli della società
tedesca.
Nel `33 il presidente dell'Alta Slesia, Bruckner, attaccò con forza
i grandi industriali "la cui vita è una continua provocazione".
A Berlino, tale Koeler, della Federazione operaia nazista, ebbe a dichiarare:
"Il capitalismo si arroga il diritto esclusivo di dare lavoro alle
condizioni da lui medesimo stabilite. Questo dominio è immorale e
dobbiamo spezzarlo", mentre Kube, capo del gruppo nazista al Landtag
prussiano, se la prendeva con i latifondisti ed il governo sollecitando
la riforma agraria mediante la confisca prevista dal programma del partito.
Da tempo ormai però il führer aveva deciso altrimenti
incaricando il principale capitalista tedesco, Krupp von Bohlen, della riorganizzazione
dell'industria tedesca, mentre il Consiglio generale dell'economia risultava
composto da 17 membri, comprendenti tutti i maggiori industriali e i più
importanti banchieri della nazione che avevano appoggiato la controrivoluzione
nazista.
Dopo la conquista del potere Hitler, ormai Cancelliere del Reich, avviò
pertanto un'opera di spietata normalizzazione interna al fine di "mantenere
l'ordine nelle strutture economiche (...) secondo le leggi originarie radicate
nell'umana natura"; l'apice di tale stabilizzazione venne raggiunto
il 30 giugno 1934 durante "La Notte dei Lunghi Coltelli", quando
vennero sterminati un certo numero di politici conservatori scomodi, personalità
cattoliche e militari dissidenti, assieme alla "sinistra" del
nazionalsocialismo facente capo al capi delle SA di Roehm, e a settori di
destra, capeggiati dall'ex-cancelliere generale von Schleicher, che tramavano
contro Hitler utilizzando tatticamente anche la corrente "rossa"
del Partito nazista che si riconosceva in Gregor Strasser; ma il senso principale
del massacro fu quello descritto con precisione da Julius Evola:
Fra le SA, le Camicie Brune, il cui capo era Ernst Roehm, si era fatta
largo l'idea di una "seconda rivoluzione" o di un secondo tempo
della rivoluzione; si denunciava il sussistere nel Reich di gruppi "reazionari",
che erano quelli della Destra, e una combutta di Hitler coi "baroni
dell'esercito e dell'industria" (...) Ebbene, il 30 giugno 1934 valse
essenzialmente come lo stroncamento di questa corrente radicalista del
partito e di un suo supposto complotto [11].
D'altra parte fu lo stesso Hitler, durante il discorso pronunciato al
Reichstag il 13 luglio seguente, ad assumersi la responsabilità di
"giustiziere supremo del popolo tedesco" e a rivendicare la legittimità
delle centinaia di assassini compiuti dalle SS e dalla Gestapo che in questo
modo avevano sventato una "rivoluzione nazionalbolscevica" [12].
Sul finire del `34 e ai primi del `35 circa centocinquanta comandanti delle
SS furono trovati uccisi; sui loro cadaveri un cartoncino con le lettere
R.R. per Roehms Rächer (Vendicatori di Roehm) farebbe pensare
ad un'estrema vendetta dei nazisti ormai nemici di Hitler; ma ormai per
il Fronte Nero, per Opposizione e per gli altri gruppi della Rivoluzione
Conservatrice, su posizioni diverse ma accomunati dalla visione secondo
cui Germania e Unione Sovietica avrebbero dovuto dare vita ad un'alleanza
anticapitalista in funzione anti-Occidente, non rimaneva che scomparire
in attesa di momenti più propizi che si sarebbero presentati sul
finire della Seconda Guerra Mondiale.
Interessante peraltro notare che anche una parte del fascismo russo avrebbe
maturato simili convinzioni, giungendo ad affermare che "le aspirazioni
nazionali della Russia si sono espresse nell'azione del Partito comunista
e dei suoi dirigenti" e ritenendo che lo stalinismo avesse finito per
riflettere le loro idee [13].
Il destino dei sospetti nazionalbolscevichi tedeschi, schedati e perseguitati
dalla Gestapo [14], fu in alcuni casi
quello dell'eliminazione fisica o della deportazione nei lager [15], tanto che sono stati definiti come i "trotzkisti"
del nazionalsocialismo; ma così come difficilmente si può
negare che Trotzky sia stato un comunista per il fatto che venne fatto assassinare
da Stalin, altrettanto difficilmente si può negare che i nazionalbolscevichi
siano stati solo la "sinistra" del movimento nazista e, paradossalmente,
lo stesso Hitler fu a modo suo "nazionalbolscevico" quando nel
`39 Ribbentrop e Molotov firmarono l'infame patto di non-aggressione tra
Germania ed URSS.
L'EREDITA' POLITICA DI J. THIRIART
Quando la vittoria non toccasse al Tripartito, i più
dei fascisti veri che scampassero al flagello passerebbero al comunismo,
con esso farebbero blocco. Sarebbe allora varcato il fosso che separa le
due rivoluzioni.
(P. Drieu La Rochelle, "Italia e Civiltà", 23.5.1944)
Negli ultimi anni, dopo la sua rifondazione, è tornato a far parlare
di sé il ]Partito Comunitario Nazional-europeo (PCN), costituendo
un punto di riferimento sia teorico che organizzativo anche per i nazionalcomunitaristi
italiani che, dopo aver chiuso la loro esperienza come tendenza più
o meno interna al Fronte Nazionale di A.Tilgher, hanno costruito
precisi rapporti con questo partito tanto che è andata formandosi
una "Rete di lingua italiana" ad esso collegata che pubblica "Nazione
Europa", ossia la versione italiana della testata storica del PCN "La
Nation Européenne".
Le origini del PCN sono abbastanza note. All'inizio degli anni '60 ebbe
una certa notorietà l'organizzazione Jeune Europe con la sua
omonima rivista, entrambe fondate e dirette dal belga Jean-François
Thiriart (noto anche con il nome di Jean Tisch), che andò sviluppandosi
sino a contare undici sezioni europee, tra cui quella italiana che fu tra
le più consistenti e durature [16].
Ma chi era questo Jean Thiriart, già facente parte degli Amis
du Grand Reich Allemand, che affermava di essere disposto anche ad "allearsi
col diavolo" e che per riferimenti storici aveva Federico II di Prussia
e Stalin? E chi erano i militanti di Jeune Europe che lui stesso
definì come "i cavalieri dell'Apocalisse, gli uomini di una
situazione disperata"?
Nato a Liegi da una famiglia di tradizioni liberali, secondo i suoi biografi[17], Thiriart aderì in un primo
tempo alla Jeune Garde Socialiste e al Partito Comunista, ma con
lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale e l'occupazione tedesca entrò
a far parte del Fichte Bund, una formazione legata al movimento nazionalbolscevico
di Wolfheim e Laufenberg, arruolandosi poi volontario nelle SS; processato
e condannato a morte per collaborazionismo fu quindi graziato e divenne
imprenditore nel settore ottico.
Nel dopoguerra Thiriart fu tra i fondatori del Movement d'Action Civique
di cui nel `60 divenne il principale dirigente assieme al dott. Paul Teichmann;
pur respingendo la definizione di fascista il MAC assunse subito come proprio
simbolo la croce celtica del movimento francese Jeune Nation e risultò
essere, secondo lo studioso Michel Géoris-Reitshof, "l'unico
movimento fascista serio e organizzato".[18]
Il suo organo di stampa si chiamava "Nation Belgique" e proprio
sulle sue pagine Thiriart, grazie all'apporto teorico di Henri Moreau, ex-socialista
e antisemita, mutilato di guerra per aver combattuto in Russia con le Waffen-SS,
cominciò a teorizzare il "comunitarismo" come superamento
del fascismo uscito dal conflitto mondiale. Forte della credibilità
acquisita in patria Thiriart si candidò, con la sua formazione, alla
direzione del neofascismo europeo e, potendo contare su consistenti finanziamenti
da parte della Union Miniére belga e della finanziaria tedesca Misereor,
fondò Jeune Europe lanciando nel giugno `62 un Manifesto alla
Nazione Europea che, significatamente, s'apriva con lo slogan "Né
Mosca né Washington" e in cui si faceva appello alla costruzione
di "una grande patria comune, una Europa unitaria, potente, comunitarista",
"contro la partitocrazia, per la preminenza dell'individuo sul termitaio,
perchè l'Africa resti all'Europa".[19]
Tra le prime iniziative politiche di Jeune Europe vi fu l'appoggio
incondizionato al regime portoghese impegnato in Angola e in Mozambico contro
la guerriglia anticolonialista, appoggio che Lisbona avrebbe ricambiato
con generosi finanziamenti.
In breve tempo l'esperienza di Jeune Europe, quale "organizzazione
per la formazione di un quadro politico" cosÏ come amava definirsi,
si rivelò molto importante rappresentando il tentativo più
avanzato del neo-fascismo europeo di uscire dalle posizioni nostalgiche
e di mettersi in gioco all'interno dei sommovimenti politici, sociali e
culturali dell'epoca, recuperando sia parte dell'eredità storica
del "nazionalbolscevismo" tedesco che le teorie di D. La Rochelle
e E. Malynski.
La critica del "mondialismo", successivamente sviluppata da Alain
de Benoist e quindi oggi fatta propria da quasi tutta la destra, ha proprio
in Thiriart il primo teorico che, fin dai primissimi anni `60, aveva definito
il "mondialismo" come
espressione delle scadute concezioni dell'ideologia liberalborghese
e dei suoi derivati che, partendo dalla considerazione che gli uomini sono
uguali, ritengono che sia possibile stabilire delle regole generali, applicabili
a tutti e in tutti i tempi [20].
In verità dal 1960 al `62, l'organizzazione si prestò a
fornire appoggio politico e logistico, attraverso le sue articolazioni in
Belgio, Francia, Spagna, Italia e Germania, all'organizzazione filogolpista
OAS che raccoglieva i militari e i colonnelli francesi oltranzisti impegnati
in Algeria contro la guerriglia di liberazione nazionale; tale scelta, nettamente
in contrasto con l'affermata volontà di schierarsi a fianco dei movimenti
nazional-rivoluzionari extraeuropei, venne in seguito motivata con ragioni
tattiche francamente poco plausibili.
Su impulso di Thiriart, nel '62 sembrò che a livello europeo si andasse
verso la costituzione di un Partito Nazionale Europeo; nel protocollo costitutivo,
rispettivamente firmato a Venezia dallo stesso Thiriart per ]Jeune Europe,
da Adolf von Thadden per il Deutsche Reichspartei, da sir Oswald
Mosley per l'Union Movement e dal conte Alvise Loredan per il Movimento
Sociale Italiano [21], si poteva leggere
la seguente solenne dichiarazione d'intenti:
La data del 4 marzo 1962 deve essere ricordata. Essa segna il giorno
della creazione di un Partito nazionale nazionale europeo fondato sull'idea
dell'unità europea. A differenza di tutti gli altri partiti e movimenti
cosiddetti europei, il nuovo partito non accetta che l'Europa sia un satellite
degli Stati Uniti e non rinuncia alla riunificazione dell'Europa e al recupero
dei nostri territori orientali, dalla Polonia alla Bulgaria, passando per
l'Ungheria [22].
Il programma politico del Partito Nazionale Europeo fissava quindi questi
obiettivi:
- la creazione di un governo europeo centrale rinnovabile ogni 4 anni;
- il ritiro immediato delle truppe sovietiche e americane dalle basi europee;
- la fine dell'ingerenza politica e militare dell'ONU nei problemi europei;
- la spartizione dell'Africa, in modo che per un terzo risultasse assegnata
agli europei e per i rimanenti due terzi agli africani;
- la riunificazione dell'Europa, da Brest a Bucarest.
I quattro partiti firmatari si guardarono bene dal mutare i loro nomi in
quello di Partito Nazionale Europeo, come era stato deciso dalla Conferenza
veneziana e soltanto l'UnionMovement adottò come nuovo
simbolo la folgore, facendo naufragare sul nascere questo processo di unificazione,
poi ripreso anni dopo.
Nel `63 Jeune Europe proseguiva quindi da sola la sua strada, potendo
contare su proprie numerose sezioni, per un totale di circa 20.000 aderenti;
oltre che in Belgio e in Europa aveva gruppi affiliati anche in Sud Africa
e in America Latina dove assunsero invece la denominazione Joven America
[23].
Nonostante questo rilevante sviluppo internazionale, nell'estate del `63
Jeune Europe entrò in crisi, quando Jean Thiriart si trovò
in posizione di minoranza sia a causa della sua intenzione di presentarsi
come candidato alle elezioni comunali nel `64 e a quelle legislative del
`65, ma soprattutto si rivelò lacerante la questione dell'Alto Adige;
i nazionaleuropei belgi e italiani si trovarono infatti contrapposti ai
camerati tedeschi-occidentali, austriaci, olandesi e scandinavi, favorevoli
alla creazione di uno Stato tirolese indipendente e solidali con i gruppi
terroristici che perseguivano tale obiettivo.
La contraddizione era evidente: da un lato i sostenitori della Nazione Europa,
dall'altro gli oltranzisti delle "piccole patrie"; le conseguenze
di tale dissidio furono laceranti e le sezioni di diversi paesi abbandonarono
Jeune Europe dando vita ad un nuovo raggruppamento internazionale,
denominato Europafront, sotto la direzione dell'austriaco Fred Borth,
ma di questa frazione si perderanno presto le tracce [24].
Successivamente, dopo aver liquidato nel `64 i dissidenti interni del gruppo
franco-belga di Lecerf, Nancy e Jacquart, e della corrente anticomunista
di Teichman, le posizioni di Thiriart dal `65 in poi risulteranno sempre
più connotate in senso antiamericano ed è soprattutto a lui
che il neo-fascismo deve la più estrema "denuncia dell'Occidente
e dei suoi lacchè, la designazione degli Stati Uniti come nemico
principale dell'Europa, l'idea di un'Europa indipendente ed unita da Dublino
a Vladivostock e l'idea di un'alleanza con i nazionalisti ed i rivoluzionari
del Terzo Mondo" [25].
Allo stesso tempo Thiriart sviluppò le sue posizioni "nazional-comuniste"
che individuavano nel Comunitarismo la futura prospettiva del "socialismo
nazionaleuropeo" e, coerentemente con tale impostazione, cercò
e talvolta stabilì rapporti politici con settori governativi della
Yugoslavia di Tito, la Romania di Ceaucescu, la Germania Orientale e la
Cina popolare; sul piano organizzativo, dopo il superamento dell'esperienza
di ]Jeune Europe, Thiriart dette vita nell'ottobre `65 al Parti
Communautaire Européen con "La Nation Européenne"
quale giornale di partito, diretto da Gérard Bordes, anche se formalmente
espressione del Centre d'études politiques et sociales européenne
e fin dall'inizio sia su questa testata che sulla sua versione italiana
"La Nazione Europea" non mancheranno articoli, interviste e dichiarazioni
di volta in volta a favore del Vietnam, delle lotte di liberazione in America
Latina da Peron a Che Guevara, del popolo palestinese, dei Paesi arabi e
persino delle Pantere Nere in USA [26].
Il progetto di un'alleanza tattica tra Cina e Europa in funzione anti-USA
se non ebbe risultati concreti nonostante un incontro avvenuto a Bucarest
tra lo stesso Thiriart e il primo ministro Chou En-Lai nell'estate del `66,
sul piano della cosiddetta immagine servÏ moltissimo ad accreditare
i "nazional-europei" presso alcuni gruppi e partitini maoisti,
di matrice marxista-leninista, presenti in Europa; tali "relazioni
pericolose" non partorirono in realtà iniziative significative,
ma sicuramente videro il passaggio di un certo numero di militanti da una
parte all'altra, più o meno in buona fede [27].
Nel `68, i rivoluzionari nazional-europei viaggiarono molto cercando alleati
contro l'imperialismo e il sionismo in Algeria, Egitto, Libano, Siria, Palestina,
Iraq, allo scopo di creare i presupposti politico-militari per la costituzione
di un Esercito Popolare di Liberazione dell'Europa; ma non riuscendo a trovare
adeguati sostegni economici, la loro rete organizzativa entrò in
crisi: l'ultimo numero de "La Nation Européenne" uscì
nel febbraio `69, mentre le diverse sezioni europee si scioglieranno una
dopo l'altra - ultima quella italiana nel giugno 1970.
Lo stesso Thiriart si ritirò dalla politica attiva, mentre una parte
dei "quadri" nazional-europei nei primi anni `70 daranno vita
ai diversi gruppi di ]Lutte du Peuple che sarà, a tutti gli
effetti, l'erede delle sue teorie, così come negli anni `80 con la
rifondazione del Parti Communautaire Européen in Belgio e
l'uscita in Francia del periodico "Le Partisan Européen"
si assisterà ad una loro nuova primavera, sull'onda anche delle alleanze
sancite in Russia tra nazionalisti e stalinisti che hanno fatto tornare
Thiriart alla politica attiva sino alla sua morte, avvenuta alla fine del
`92.
Nel suo "testamento politico" sta scritto che
La vita politica di una Nazione si concentra in alcuni centri nervosi:
informazione, sindacalismo, movimenti giovanili. Introdursi in questi centri
nervosi, progressivamente e silenziosamente, permette di produrvi un giorno
dei cortocircuiti.
Il fatto che lo abbiamo direttamente ripreso da "Nazione Europa"
del 19 maggio 2000, ossia dalla nuova serie del settimanale comunitarista
del P.C.N., recante in prima pagina l'immagine simbolo del "Che"
Guevara, dimostra che il "testimone" di Thiriart è stato
raccolto.
LA SINISTRA NAZIONALE IN ITALIA
Se Lenin, che ho sempre stimato profondamente, fosse vissuto,
il programma dell'Urss sarebbe stato diverso. Avremmo visto con tutta probabilità
Fascismo, Nazionalismo e Bolscevismo uniti contro l'altro nemico: la plutocrazia.
(N. Bombacci) [28]
Le correnti del socialismo nazionale e corporativo che si era riconosciute
nella vagheggiata socializzazione delle imprese durante la Repubblica di
Salò, dopo la liberazione ebbero un ruolo importante nella ricostituzione
del movimento fascista, dando vita a diverse importanti testate.
Oltre a "Manifesto" di Pietro Marengo, anche "Rivolta Ideale"
sviluppò immediatamente tematiche di sinistra, repubblicane e mazziniane,
apertamente filosocialiste, individuando in una "sinistra nazionale"
la collocazione del neofascismo unitariamente inteso. Sulla stessa linea
"Meridiano d'Italia", al quale la direzione di Franco De Agazio,
dal giugno 1946 al marzo 1947, impresse una decisa sterzata a sinistra;
e soprattutto "Rosso e Nero", nato il 27 luglio 1946 e diretto
da Alberto Giovannini [29].
Tale sinistra fascista "storica", decisa a non permettere che
il neocostituito Movimento Sociale Italiano assumesse posizioni conservatrici
e reazionarie, riteneva che l'esperienza della R.S.I. avesse rappresentato
una netta cesura col fascismo-regime, nonchè con la monarchia, e
condusse una lunga battaglia interna al partito affinchè la sua identità
non si confondesse nel coro dell'anticomunismo cattolico-moderato. Inoltre
vi era un altro gruppo su posizioni "di sinistra" composto da
ex-repubblichini facenti capo a Stanis Ruinas e a "Il Pensiero Nazionale",
che rivendicavano l'eredità ideologica del fascismo rivoluzionario
ma che avevano ben presto rotto col M.S.I. ed anche con la sinistra missina.
Una volta sconfitte sia la linea moderata del M.S.I. sotto la guida di De
Marsanich, Michelini e del più "duro" Almirante, che comunque
non abbandonò mai lo schieramento filoatlantico e l'aspirazione di
andare al governo con la Democrazia Cristiana, con il fallimento dell'operazione
Tambroni sancito da una vera insurrezione antifascista e l'avvento del centrosinistra,
negli anni `60 parvero aprirsi nuovi spazi d'azione per i gruppi fascisti
della "sinistra nazionale" che ebbero come punto di riferimento
la rivista "L'Orologio", espressione di una linea nazionalpopolare
con forti accenti anticlericali, fondata da Luciano Lucci Chiarissi [30].
La questione della nazione risultò centrale nell'elaborazione teorica
de "L'Orologio", articolandosi sul piano interno e su un livello,
più vasto, di carattere europeo che diveniva il modo per trasferire
in chiave continentale un concetto di nazione uscito sconfitto dalla Seconda
Guerra Mondiale. Conseguentemente il problema dell'Europa-nazione portava
alla ribellione nei confronti della sua spartizione sancita a Yalta, al
rilancio dell'Europa come terza potenza mondiale e al sostegno verso tutte
quelle realtà nazionali o nazionaliste che destabilizzavano il falso
equilibrio internazionale e che si opponevano, in particolare, all'imperialismo
americano ritenuto più estraneo alla cultura europea del comunismo
sovietico.
Il completo sganciamento dell'Europa dalla logica dei blocchi era possibile,
secondo i nazionalpopolari, attraverso l'uscita dalla NATO, il riarmo europeo,
l'introduzione della moneta unica europea e un sistema economico in cui
si riproponevano sia il modello corporativo che accenti autarchici. Una
non minore importanza veniva data alla necessaria rivoluzione in ambito
culturale che permise a tale rivista di schierarsi incondizionatamente a
fianco delle lotte studentesche culminate nel `68, dando vita ai Gruppi
de "L'Orologio" e fiancheggiando alcune formazioni missine che,
disobbedendo alle direttive del partito, preferivano le barricate dei "rossi"
piuttosto che l'ordine democristiano.
La visita di Nixon, in piena guerra del Vietnam, in Europa e in Italia vide
quindi oltre che violente dimostrazioni antimperialiste promosse dai gruppi
dell'estrema sinistra, anche la mobilitazione dei gruppi de "L'Orologio"
duramente polemici con la posizione filoamericana assunta dalla destra missina,
come testimoniano vari volantini diffusi a Pisa [31],
firmati sia come Gruppi Nazional-Popolari che come I nazionalrivoluzionari
de "L'Orologio" in cui, tra l'altro, veniva affermato che:
La civiltà europea, la nostra rivoluzione non ha bisogno di bandiere
stellate. Se la democrazia puttaniera ha accettato una volta la tua "liberazione",
adesso è ora di finirla. Diamo il benservito all'alto protettore
americano. Dimostriamo che l'Europa -da Brest a Bucarest- è in grado
di difendersi da sola con le sue forze economiche e militari, e, quel che
più conta, di riprendere con energie morali e rinnovata coscienza
politica il suo posto alla guida del mondo.
Apparentemente tale impostazione poteva risultare non dissimile alla
propaganda neofascista dell'epoca, ma in realtà il riferimento alla
rivoluzione europea, da Brest a Bucarest, dimostrava piuttosto la diretta
parentela con le tesi di Thiriart e di Jeune Europe, come peraltro
confermato da alcuni slogan proposti in quei volantini quali:
No alle ingerenze della CIA nei sindacati italiani
No agli agenti del MSI, PSI, PCI, DC, PLI, PRI, PSIUP
No al SIFAR agli ordini della Casa Bianca
No al condominio USA-PCI-VATICANO sulla socieà italiana
Slogan sicuramente incompatibili con la politica filoatlantica e filovaticana
del Movimento Sociale Italiano e dei gruppi alla sua destra, quali Ordine
Nuovo e Avanguardia Nazionale, oscillanti tra radicalismo, golpismo e collusione
con gli apparati di Stato.
Alla fine del `68, "L'Orologio" poteva quindi rivendicare come
frutto dell'azione nazionalrivoluzionaria dei suoi gruppi l'occupazione
dell'ateneo di Messina in risposta ai tragici fatti di Avola; mentre altre
agitazioni a Roma e a Perugia avevano visto il protagonismo del Movimento
Studentesco Europeo, altra emanazione universitaria della rivista.
Confermando la propria avversione allo "spirito di Yalta", veniva
quindi attaccato anche il P.C.I. in quanto "gendarme del capitale USA
per ordine dell'URSS", come si trova conferma in un volantino ancora
del Gruppo Nazional-popolare pisano, datato 2 aprile `69, in occasione della
morte di Eisenhower:
I lacché dell'imperialismo americano piangono la scomparsa di
chi, distruggendo l'indipendenza dell'Europa, li ha insediati sui loro
seggi di cartapesta. Anche i Comunisti, tanto antiamericani a parole, certamente
si associeranno al cordoglio. Ventiquattro anni fa Eisenhower non sottomise
solo l'Europa occidentale all'America ma anche quella orientale alla Russia.
E i comunisti, da buoni servi di Mosca, lo piangeranno.
Con il rifluire della contestazione sociale, tra repressione e stragi
di Stato, e il ritorno di Almirante alla segreteria del M.S.I., l'esperienza
de "L'Orologio" finì per esaurirsi nel `73 mentre sul piano
organizzativo, buona parte dei Gruppi Nazional-Popolari sarebbe stata assimilata
da Lotta di Popolo.
DAI NAZIMAOISTI A LOTTA DI POPOLO
La prima parte del nostro programma è così
vasta, che alla sua attuazione può contribuire anche chi si schieri
su posizioni politiche avverse.
(F. Camon) [32]
Una delle formazioni meno conosciute della destra radicale italiana è
senz'altro Lotta di Popolo che, dal `69 sino al `73, anno in cui si autodissolse
"per sfuggire alla repressione", si fece notare per le sue posizioni
anomale, tanto che i propri aderenti vennero definiti dalla stampa come
"nazimaoisti", ricorrendo ad un termine giornalistico apparso
già durante il `68.
Il neonazista Franco "Giorgio" Freda in un'intervista ebbe a commentare
tale definizione con le seguenti parole:
La formula paradossale del "nazimaoismo" - non del tutto falsa,
ma anche non del tutto giustificata - permette di scindere i suoi elementi
costitutivi, perchè i comunisti mirano a rilevare l'aspetto ]nazi
per terrorizzare i compagni e i neofascisti del MSI mirano ad evidenziare
gli aspetti maoisti per impaurire i camerati [33].
In realtà le cose non erano così semplici e la presunta
equidistanza di Lotta di Popolo tra destra e sinistra apparve fin da subito
quantomeno discutibile e venne pure rifiutata dai diretti interessati [34]; prima però di analizzarne
le posizioni è necessario fare un passo indietro per individuarne
gli antecedenti.
Tutto si può far risalire alle lotte sociali che nel fatidico `68
anche in Italia cominciarono a sconvolgere assetti politici e culture dominanti;
dentro tali sommovimenti alcuni settori, senz'altro minoritari, dell'estrema
destra decisero di "cavalcare la tigre" della contestazione, vedendovi
un importante momento di rottura e destabilizzazione dentro cui potevano
aprirsi nuovi spazi d'azione politica e penetrazione ideologica, soprattutto
nell'ambiente studentesco, preclusi alla tradizionale politica d'ordine
portata avanti con forti accenti nostalgici dal MSI.
Dietro questa scelta "movimentista" sicuramente vi erano propositi
di infiltrazione e provocazione, sfruttati anche da ambigui personaggi -quali
ad esempio Mario Merlino- in contatto o al servizio degli apparati di polizia;
ma vi erano anche esperienze di una qualche originalità ed elaborazioni
frutto di apporti intellettuali assai diversi, da Evola al situazionismo.
Fin dall'inizio degli anni `60, come si è visto, operava a livello
europeo l'organizzazione Jeune Europe; il pensiero e i programmi
di Thiriart incontrarono anche in Italia un buon interesse tra militanti
e teorici neo-fascisti già in rotta col MSI, accusato di portare
avanti una linea politica subalterna alla Democrazia Cristiana, tanto che
la sezione italiana della Jeune Europe sarebbe risultata come la
più consistente; inoltre non mancarono i collaboratori italiani (Claudio
Mutti, Claudio Orsi, Franco Freda, Antonio Lombardo, tanto per citare i
più noti e rappresentativi [35]
sia all'omonima rivista che, in un secondo momento, a "La Nation Européenne",
organo del Parti Communautaire Européen anch'esso fondato
da Thiriart [36].
In Italia Jeune Europe ebbe inizialmente tre diverse sezioni: una
facente capo alla preesistente Giovane Nazione[37]
(recapito Casella Postale 1056 Milano) col suo organo di stampa "Europa
combattente", diretta da Antonino De Bono, Spartaco Paganini, Pierfranco
Bruschi, Cinquemani e Claudio Orsi che nel `63 a Ferrara si costituì
ufficialmente come Giovane Europa; l'altra era il Movimento Politico Ordine
Nuovo presso la cui sede romana in via della Pietra 84 per qualche tempo
risultò esserci il recapito della sezione italiana di Jeune Europe
e il gruppo di "Quaderni Neri" di Salvatore Francia (recapito
Casella Postale 332 Torino).[38].
Durante il `68, l'area militante che in Italia faceva riferimento a ]Jeune
Europe, talvolta assieme ai gruppi romani Primula Goliardica e Nuova
Caravella[39], seguì le vicende
del movimento studentesco, rivendicando -a posteriori- d'essere stati a
fianco dei "rivoluzionari" sia nelle occupazioni che durante gli
scontri che avvennero all'Università di Roma, nel febbraio contro
i picchiatori guidati da Almirante e Caradonna e a marzo contro la polizia
a Valle Giulia.
Su questa partecipazione, nonostante i fiumi d'inchiostro versati per raccontare
il `68, si sa molto poco ma comunque, aldilà della partecipazione
di alcuni nuclei militanti agli scontri di piazza e la comparsa di talune
scritte murali quali "Hitler e Mao uniti nella lotta" o "Viva
la dittatura fascista del proletariato" comparse in quel periodo che
ispirarono appunto l'invenzione giornalistica dei "nazimaoisti"
[40], non sembra essere stato un fenomeno
politico rilevante, solo in qualche rara circostanza i "nazional-europei"
riuscirono a rompere l'isolamento e la diffidenza che, non senza ragione,
li circondava sia per la propria intrinseca ambiguità ideologica
sia in conseguenza dell'attività compiuta da alcuni specialisti della
provocazione e della delazione all'interno di queste dinamiche; inoltre
con il declino a livello internazionale dell'organizzazione facente capo
a Thiriart -il trentesimo ed ultimo numero de "La Nation Européenne"
è dell'inizio del `69- molti militanti cominciarono ad arruolarsi
nelle file di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale [41].
Per far fronte a questa situazione, nei primi giorni del `69 la neocostituita
Organizzazione Lotta di Popolo (O.L.P.), "iniziava il cammino verso
la costruzione di un'avanguardia che puntasse, insieme ad altre forze, alla
creazione del partito rivoluzionario del popolo" (da un documento del
gennaio 1970), raccogliendo i militanti reduci di ]Jeune Europe e
di altre esperienze quali il Movimento Studentesco Operaio d'Avanguardia,
fondato alla facoltà di Giurisprudenza di Roma da Serafino De Luia;
parte di Primula Goliardica di Roma; Avanguardia di Popolo di Pietro Golia
a Napoli e altri preesistenti nuclei nazional-rivoluzionari legati a "L'Orologio",
sicuramente presenti in Lombardia, Toscana e Meridione, sotto sigle quali
Movimento Studentesco Europeo, Potere Europeo, Università Europea,
etc.
Se la protesta anti-USA per la guerra in Vietnam e la critica sviluppata
dal movimento studentesco contro l'indirizzo riformista del PCI avevano
rappresentato altrettante ghiotte occasioni in cui inserirsi ed intervenire
politicamente, sul piano ideologico il terreno della "rivoluzione culturale
cinese" fu quello che si rivelò più interessante per
la nuova organizzazione che, da questo punto di vista, andò oltre
persino la visione di Thiriart, interessato alla Cina maoista soltanto come
potenziale alleato nella "guerra di liberazione europea"; non
fu quindi un caso che i militanti di Lotta di Popolo scelsero tale nome,
attingendo alla terminologia maoista peraltro ben presente nell'immaginario
dell'estrema sinistra, dai partitini "filo-cinesi" a Lotta Continua
[42].
Usando la situazione di Pisa come punto d'osservazione, nell'aprile `69,
i nazionalpopolari pisani che si erano anche firmati come "compagni
della Sinistra", ora sotto la firma La Lega del Popolo, intervennero
con un documentato volantino sull'uccisione a Battipaglia di due braccianti
da parte della polizia, accusando la violenza del "sistema" e
i "borghesi complessati disturbati dai loro traffici di carne umana".
In un successivo volantino, datato 27 aprile `69, La Lega del Popolo spiegava
l'abbandono della precedente denominazione nei seguenti termini:
"La sinistra" é il nome che ci ha seguito in questo
periodo di lotta contro il sistema capitalista.
Fu scelto, questo, perché ci si voleva collegare ad una tradizione
di lotte progressiste e rivoluzionarie (...)
La borghesia in tutti i paesi elabora due sistemi di governo: due metodi
di potere che ora si contrappongono, ora si alternano, ora si intrecciano.
Il primo é il metodo della violenza, del rifiuto di ogni riforma
(=fascisti, colonnelli, scelbini). Il secondo é il metodo del "liberalismo",
dei cauti passi in direzione dell'ampliamento (fasullo) dei diritti politici,
delle (false) riforme, delle concessioni (=partiti e governi democratici-borghesi).
"La sinistra" é diventato un termine integrato nel sistema
e come tale lo rifiutiamo senza rimpianti. Il mondo si muove e noi non
stiamo fermi .
Ovviamente non é solo un nome che cambia, ma é tutta una
prassi che si va perfezionando (...)
Come prima, come sempre il discorso che portiamo avanti é aperto
a tutti...
In effetti, qualcosa della "linea" nazionalrivoluzionaria precedente
stava cambiando e da quel momento tenderà ad assumere connotati ancor
più marcatamente sociali ed accenti anarchicheggianti, come testimonia
un volantino del 16 agosto `69 sul problema della casa, in cui si dichiarava
che "il ricatto della casa e del fitto, non è che un'altra faccia
dello sfruttamento che soffriamo nelle fabbriche, negli uffici per colpa
del sistema capitalistico", volantino che si concludeva con i seguenti
slogan
Nell'unità rivoluzionaria la vittoria.
Per una SOCIETA' LIBERTARIA E COMUNITARIA
Questa impostazione si continuerà a riscontrare anche nei mesi
successivi, sia a livello nazionale che locale, e nei primi mesi dell'anno
seguente si registrerà un intenso attivismo, mentre ormai Lotta di
Popolo si estendeva anche fuori dell'Italia nel tentativo di ricostruire
la precedente rete nazional-europea, con la nascita di proprie sezioni in
Francia, Germania, Spagna [43]; i nomi
più accreditati quali dirigenti dell'organizzazione risultano essere
stati Sergio Donaudi, Gianni Marino, Aldo Guarino, Ugo Gaudenzi, Enzo Maria
Dantini, Serafino Di Luia, Franco Stolzo.
Per quanto riguarda l'Italia, Lotta di Popolo aveva una sua rilevanza militante
soprattutto a Roma, incentrando la sua attività nei dintorni dell'Ateneo
e nel quartiere popolare e antifascista di S. Lorenzo, dove mantenne per
alcuni anni una sede in via G. Giraud 4 e un'altra in via dei Marrucini
8/A, scontrandosi più volte con studenti di sinistra, attivisti del
PCI e militanti della sinistra rivoluzionaria; inoltre risultava particolarmente
attiva in Lombardia, con una forte sezione in particolare a Bergamo, con
sede in via S. Alessandro 80, dove comunque la propria collocazione a destra
risultava un fatto scontato, oltre che per la generalità della sinistra,
anche per le stesse autorità [44].
Altre sezioni erano presenti senz'altro a Napoli, con sede in salita S.
Antonio a Tarsia 30; a Velletri dove veniva stampato anche il giornale,
a Milano, Cremona, Como, Imperia e in Lucania (Matera, Montalbano, Policoro)
[45]; secondo un'inchiesta pubblicata
nel `71 sul settimanale "Panorama" Lotta di Popolo poteva contare
su 500 aderenti in tutta Italia, di cui 100 in Lombardia.
Nel foglio omonimo "Lotta di Popolo", nel gennaio 1970, l'organizzazione
farà il punto della situazione politica generale, compresa una sintetica
analisi critica dei gruppi della sinistra extraparlamentare (Il Manifesto,
Potere Operaio, Lotta Continua), descrivendo le proprie esperienze d'intervento
all'interno delle scontro sociale, soprattutto in ambito studentesco e in
alcune zone del Sud.
Oltre alla denuncia della "vecchia tesi degli opposti estremismi (fascismo-antifascismo)",
immancabili in tale documento anche alcuni riferimenti alle "bombe
di Milano" e "all'assassinio di Pinelli" avvenuti appena
due mesi prima; in realtà neanche Lotta di Popolo che sostenne l'innocenza
sia di Freda che di Valpreda, fu indenne da frequentazioni filogolpiste,
come dimostrano sia la partecipazione in Italia e all'estero a convegni
dove erano presenti anche i rappresentanti di Ordine Nuovo, di Avanguardia
Nazionale e del Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese, sia le biografie
tutt'altro che cristalline di alcuni suoi fondatori e dirigenti che mal
si coniugano con la denuncia della "strategia della tensione"
fatta su "Lotta di Popolo" come una manovra "richiesta dalla
grande industria e sostenuta sul piano parlamentare dal PSI, dal PCI e dalla
sinistra democristiana per distrarre le forze popolari dalla lotta al sistema
borghese" mentre "le piccole e le medie industrie si appoggiano
al PSDI e, in secondo ordine, alle forze della destra parlamentare"
mirando "all'instaurazione di un governo forte, di tipo gollista, se
non addirittura di tipo greco" [46].
Nei primi mesi del `70 si sarebbe quindi assistito ad una rinnovata attività
contro la NATO, con la diffusione in diverse città, di un volantino
firmato dai Gruppi Nazional-Popolari in cui si tornava ad attaccare la divisione
in blocchi del mondo sancita a Yalta e il trattato di non proliferazione
nucleare voluto da USA e URSS a scapito in primo luogo dell'Europa la cui
possibile indipendenza "attirerebbe inevitabilmente a sé anche
le nazioni dell'Europa Orientale, che attualmente mordono il freno sotto
il giogo sovietico" [47]. Ai primi
di febbraio a Pisa La Lega del Popolo, dopo alcuni provvedimenti repressivi
registrati nei Licei cittadini contro gli studenti, diffondeva un volantino
in cui tali episodi vengono inseriti nella "solita repressione che
ha colpito e colpisce, prima e ora, il movimento di lotta" ed indiceva
un'assemblea-dibattito sul tema "Lotta di Popolo per una Società
Libertaria e Comunitaria contro il capitalismo e l'opportunismo", tentando
di coinvolgere la locale Federazione anarchica.
D'altra parte un altro volantino col significativo titolo "La fantasia
al posto del potere", diffuso a Roma alla fine del marzo `70 a firma
Gruppo Nazional-Popolari - Lotta di Popolo, dalle iniziali posizioni filo-maoiste
si nota un'ulteriore mutazione ideologica in senso anarchico-situazionista.
In tale volantino, tra l'altro, si poteva leggere:
...e venga pure il caos se il caos è creativo.
Per questo noi non vogliamo il potere ma la distruzione del potere.
(...) SERVITE IL POPOLO, DIO O LA PATRIA PERCHE' SIETE DEI SERVI E SENZA
PADRONI NON SAPRESTE COSA FARE. LA VOSTRA E' LA LOGICA DEI DISOCCUPATI
E NON DI UOMINI LIBERI.
Un mondo senza capi finalmente, dove ogni individuo partecipi alla vita
in comune, apportando la propria collaborazione non come dovere ma come
scelta consapevole.
Perché è tempo che l'uomo non comandi più sull'uomo,
mascherando frustrazioni o meschine vanità provinciali dietro verità
sacre eterne proletarie divine o patriottiche.
Noi non conosciamo le classi ma solo uomini come individualità perché
la società è un insieme di individui e opprimere un individuo
nella sua persona significa mutilare tutta la comunità, come pure
opprimere la comunità significa colpire l'individuo [48].
Come si può facilmente notare, il linguaggio era ora completamente
cambiato e non meno decisamente sembra superata la fase dell'innamoramento
per Mao; da sottolineare che Servire il Popolo, a cui si allude, era il
nome di uno dei più importanti gruppi maoisti di quegli anni.
In un altro volantino, diffuso a Bergamo a firma Lotta di Popolo più
o meno nello stesso periodo, con toni meno ribellistici, veniva invece riaffermato
che "antifascismo e anticomunismo sono false contrapposizioni create
dal sistema per incanalare le forze rivoluzionarie" e veniva rilanciata
l'unità del popolo italiano "al di fuori e contro le istituzioni"
per liberarsi "dall'oppressione politica, economica e culturale dell'imperialismo
russo-americano e dei suoi alleati, Vaticano e sionismo internazionale."
[49]
Nell'anno successivo nel `71, Lotta di Popolo, precisa la sua critica delle
ideologie "strumenti in mano a chi vuole il popolo diviso e contrapposto"
e ridefinisce il suo programma, abbandonando le precedenti infatuazioni
sia filomaoiste che anarcoidi e tornando al nazional-comunitarismo di Thiriart,
come si può facilmente apprendere dal seguente brano, in cui peraltro
non si perdeva occasione di citare come movimenti esemplari l'IRA, Al Fatah,
i Vietcong e il Black Panthers Party:
Occorre che i pochi elementi lucidi dei gruppi marxisti-leninisti si
scrollino dalla testa - per amore o per forza - le proprie illusioni e
le proprie superficialità (...) è ormai un dato di fatto
che la maggior parte degli operai è del tutto integrata nella borghesia
e ne ha accettato completamente la concezione mercantile e consumistica
della vita.
La realtà è ben diversa e molto lontana dalle "analisi
di classe" tanto di moda di questi tempi: lo stesso comunismo ha dimostrato
in ogni tempo che le proprie possibilità di consolidarsi si sono
sempre identificate con i potenti imperativi di un popolo: lo capì
per primo Stalin sia "russificando" il comunismo malgrado l'opposizione,
subito stroncata, sia di Trotsky, ricorrendo agli istinti "nazionali"
del popolo russo (...) è proprio questo potente richiamo alla comunità
nazionale di un popolo che è riuscito - o sta riuscendo - a modellare
delle incerte istanze di libertà dallo sfruttamento economico o
razziale, in lotta armata contro gli oppressori. [50]
Analoghi accenti si riscontrano in un pamphlet semi-clandestino
diffuso nel luglio/agosto 1971, in cui il ruolo dell'Europa torna ad essere
centrale secondo la visione di Thiriart, assieme ad un'allusione al denaro
e all'usura facilmente interpretabile in chiave antiebraica [51].
Nella presente situazione storica l'unica realtà rivoluzionaria
che sia in grado di affrontare e sconfiggere il capitalimperialismo, e
delineare la marcia di un ordine umano autentico, può essere rappresentata
da un'Europa liberata ed edificata attraverso una lotta di popolo.
Un'Europa che trovi la sua unità nella maturazione e nella convergenza
rivoluzionaria dei Popoli Europei: non Terzo Blocco teso a farsi terzo
imperialismo, ma forza-guida di tutti i popoli oppressi e sfruttati volta
a spezzare la Santa Alleanza sovietico-statunitense ed a liberare l'uomo
dalla sopraffazione del denaro e del tecnicismo asservito all'Usura.
Meritevole di considerazione anche lo sforzo in tale documento di andare
a definire non solo un'alternativa culturale ma persino "un'etica nuova":
Bisogna abituare le masse alla lotta permanente e alla diffidenza sistematica
nei confronti di tutto ciò che Ë "ufficiale" e "tipico"
di "questa" società e di questa" cultura (...) Tutte
le azioni politiche, sociali, culturali, sindacali, sono quindi valide
quando servono ad accendere e mantenere uno stato di tensione ideale e
sociale in un senso rivoluzionario antiborghese, e la valutazione della
loro utilità prescinderà sempre dai risultati contingenti
dell'azione stessa (...) La lotta rivoluzionaria pertanto, contro ogni
giudizio negativo basato sul metro del costume borghese o sull'interpretazione
borghese del diritto e della morale, possiede un alto contenuto etico.
Molto meno radicale appare invece la "Società integrale"
teorizzata da Lotta di Popolo, una comunità organica dove "il
potere politico non sarà condizionato dal potere economico"
in cui "il capitale quindi non sarà più il motore ed
il fine del moto sociale, ma solo uno strumento della civile convivenza
sotto la coordinazione del potere politico", affermazioni che rimandano
al concetto di "soldati politici" cara a tutti i fascisti rivoluzionari
che, fatalmente, ne confermano la fedeltà alla gerarchia e allo Stato.
A conferma di tale orientamento vi sono lo stesso Manifesto programmatico
dell'O.L.P. e un esteso documento teorico del `72 in cui si contrapponeva
al concetto "borghese" di classe quelli di popolo e, in primo
luogo, di comunità nazionale; conseguentemente "l'obiettivo
politico della lotta è lo stato di popolo (...) al di fuori e contro
le false contrapposizioni ideologiche", in cui "l'autogestione
significa coscienza popolare delle scelte politiche ed economiche generali
e partecipazione totale alla loro realizzazione" [52].
Questa Europa ha bisogno di costruttori dai pugni solidi
e rudi. Ha cento volte più bisogno di soldati che di avvocati, cento
volte più bisogno di acciaio che di letteratura, cento volte più
bisogno di capi che di riformatori.
(J. Thiriart)
Oltre che in Russia, anche in Europa - Italia compresa - negli ultimi
anni si va assistendo ad una certa fioritura di partiti, gruppi, giornali
che si richiamano esplicitamente all'esperienza tedesca del "nazionalbolscevismo":
rifiutano d'essere collocati nello schieramento della destra borghese, si
oppongono al capitalismo e alla Globalizzazione, prospettano la creazione
di uno "spazio euroasiatico" in funzione antiamericana, sostengono
tutti i movimenti antimperialisti e tutte le nazioni che si contrappongono
agli USA, dall'Iraq alla Serbia alla Corea del Nord.
In Italia tra le più "vecchie" testate di riferimento per
questa area vanno segnalate la rivista "Orion", fondata agli inizi
degli anni '80 ed oggi collegata all'esperienza di Sinergie Europee ed alla
Società Editrice Barbarossa che recentemente ha pubblicato un saggio
proprio sul Nazionalcomunismo; attorno ad "Orion" per un certo
tempo si formarono due gruppi, Nuova Azione di Marco Battarra e Forza Nuova
(da non confondersi con l'omonima formazione neofascista fondata nel `97),
scioltisi e presumibilmente confluiti nel Movimento Antagonista - Sinistra
Nazionale, nato attorno al mensile "Aurora", uscito la prima volta
nel 1988, su iniziativa di ex-rautiani facenti capo alla Comunità
Politica "B. Niccolai" con sede a Modigliana (Fo) e al Circolo
"A. Romualdi" di Cento (Fe).
Tra gli animatori di "Orion" vi è Maurizio Murelli, vecchio
arnese dello squadrismo fascista degli anni Settanta, che all'indomani del
crollo del socialismo reale in Russia affermava:
Per gli stalinisti, per i nazionalisti, per gli zaristi, per tutte le
espressioni panslaviste e ortodosse, il pericolo è l'Occidente,
la sua cultura, la sua economia. Quindi una alleanza operativa è
naturale, è logica (...) Innaturale è invece la rigidità
e l'ostilità dei veri comunisti nei confronti della destra che si
è allontanata dal MSI ed è tornata alle origini fasciste
in senso antiamericano, anticapitalista [54].
Tra le firme più significative comparse invece su "Aurora"
vi è quella del già citato teorico, convertito alla fede musulmana,
Claudio Mutti, autore tra l'altro di un testo dal titolo "Nazismo e
Islam", in cui vi sono messe in risalto le reciproche convergenze ed
esaltata la storia della 13ma Divisione SS, formata da musulmani della Bosnia-Erzegovina,
che combatterono a fianco dei cattolicissimi Ustascia croati, contro i partigiani
jugoslavi.
Dopo la nascita del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher ('97), fuoriuscito
dal Movimento Sociale Fiamma Tricolore, sicuramente all'interno del neo-partitino
vi era presente una non trascurabile componente e una buona incidenza culturale
"nazionalbolscevica"; interessante a riguardo il n. 10 dell'ottobre
'98 di "Fronte Nazionale" dove in prima pagina era possibile leggere
un editoriale dal titolo emblematico "Da Mosca una speranza" e
all'interno vi veniva definito lo "Spazio Autarchico Europeo",
comprendente "necessariamente la Russia e gli Stati facenti parte dell'ex
URSS", come orizzonte strategico della "federazione dei popoli
europei contro il globalismo finanziario".
Durante l'esperienza della "Linea comunitarista" all'interno del
Fronte Nazionale è nato un nuovo periodico, inizialmente "Bollettino
del Fronte Olista", dal titolo accattivante "Rosso è Nero";
le ragioni del titolo sono apertamente rivendicate nel richiamarsi ai cosiddetti
"fascisti rossi" ossia a quella componente "socialistica"
propria del primo fascismo "diciannovista", poi riemersa durante
i 600 giorni della Repubblica Sociale italiana all'ombra dell'occupazione
nazista [55], ma nella testata vi è
da subito anche un'accentuata rivendicazione dell'esperienza storica del
nazionalbolscevismo tedesco degli anni '20 e `30, tanto che viene recuperato
il simbolo dell'aquila prussiana con la spada, la falce e il martello che
compariva sulla rivista poi soppressa dal regime hitleriano.
Il primo numero reca la data del novembre '98, non appare ideologicamente
del tutto connotato, forse per alimentare il dibattito in seno al Fronte
Nazionale; infatti nel suo principale articolo viene esposta la posizione
"nazionalcomunitaria", partendo dal consueto superamento dei concetti
di destra e sinistra:
Il fascista cattivo e nostalgico non mette paura a nessuno, anzi è
utile e funzionale al sistema. Quello che mette veramente paura è
il rivoluzionario (...) Questo non significa certo diventare di sinistra,
perché questa sinistra ci disgusta quanto la destra. Significa oltrepassare
i limiti imposti dalla cultura borghese e creare una nuova concezione della
politica
al fine di "articolare un fronte nazionale, popolare, socialista
e libertario", riproponendo le stesse parole d'ordine usate come abbiamo
visto negli anni Settanta dai gruppi vicini a "L'Orologio" e a
"Lotta di Popolo".
Accanto a questa dichiarazione d'intenti, nel giornale si trovavano altri
contributi alquanto eterogenei, tra cui una sconcertante divagazione "celtico-maremmano-western"
di un collaboratore, che poi diventerà una presenza costante sulle
pagine del giornale, desideroso di
Fare un popolo con le sue città, un popolo a cavallo, uomini
e donne nel sole e nel vento, con archi e frecce, con dardi appuntiti di
legno duro a caccia di cinghiali, da cuocere al fuoco nella festa del sole,
nel giorno sacro del raccolto ed in quello della semina.
Assai più inquietante era invece un articolo su Osama Bin Laden,
che si concludeva con un'aperta apologia del nazismo:
La Legione di Osama raccoglie elementi da tutte le nazioni arabe, come
le SS da tutte le nazioni ariane. L'esaltazione della spiritualità
semita ricorda l'interesse nazionalsocialista per la spiritualità
ariana, soffocata nel sangue dall'intollerante eresia giudaica, trionfante
nella confusione razziale a Roma negli ultimi anni dell'Impero.
Nel secondo numero di "Rosso è Nero" (marzo '99), venivano
pubblicati due articoli alquanto "istruttivi" che affrontavano
la questione dell'immigrazione dal punto di vista del Fronte Nazionale (impegnato
in una campagna nazionale "per il lavoro agli Italiani") e della
sua componente "comunitarista". Vi si affermavano cose che contrastano
in modo evidente con l'attuale "rifiuto di ogni forma di razzismo e
xenofobia" proclamato da questi signori, appena un anno dopo. In particolare
vi si poteva leggere che la "primaria emergenza storica attuale"
sarebbe
la rinascita nazionale, della difesa etnica e della identità
e tradizione Euro-Italica, contro una mondializzazione aggressiva ed imperante
su tutto l'occidente europeo, dove fenomeni come immigrazione e multirazzialità
conseguente, sono strumento di un unico progetto Capital-massonico planetario.
Tali tesi infatti, figlie dirette delle teorie "differenzialiste"
di Alain de Benoist, risultano pressoché identiche a quelle di tutta
la propaganda anti-immigrati della Lega Nord, di Forza Nuova o di "Fiamma
Tricolore" da cui i nazionalcomunitaristi vorrebbero prendere le distanze.
Nel successivo terzo numero (ottobre '99), veniva sancita l'uscita-espulsione
della componente comunitarista dal Fronte Nazionale, sostenendo che era
ormai venuto il momento che "l'area nazionalrivoluzionaria e nazionalcomunista
può e deve intraprendere una necessaria revisione dottrinaria ed
ideologica (...) per trovare una sua strada del tutto autonoma" e richiamandosi
all'esperienza del Partito Comunitarista Nazionaeuropeo attivo in Belgio,
Francia, Germania. Le ragioni del "divorzio" dal Fronte Nazionale
sembrano riconducibili alla linea politica scelta da Tilgher che lo ha riportato
a più tradizionali intese con "Fiamma Tricolore" di Rauti
e a schieramenti elettorali a sostegno del tanto odiato, ma sicuramente
redditizio, Polo berlusconiano; per sottolineare la "svolta" in
tale numero di "Rosso è Nero" compariva una grande quantità
di riferimenti "estremisti": dall'elaborazione antiautoritaria
di A. Bihr al subcomandante Marcos, dal comunista-anarchico Carlo Cafiero
a Stalin celebrato quale "vero nazional bolscevico", dal Mussolini
socialista a Francesco Guccini. Dentro questo collage viene comunque
inserito anche un corposo intervento del noto Claudio Mutti sulla "guerra
di civiltà che contrappone l'Europa all'Occidente" e, in un
altro articolo, il solito Paolo Seghedoni conferma la precedente linea in
materia d'immigrazione, con argomentazioni che non meritano commenti:
Solo chi ha compreso le leggi economiche che Marx ha insuperabilmente
descritto e può quindi seguire la linea di massa facendo comprendere
ai lavoratori lo sfruttamento a cui sono soggetti, può seguire tale
linea cavalcando il bisogno delle masse di vivere in ordinate ed indipendenti
Nazioni, abbinando ai tradizionali temi della lotta di classe il recupero
dell'indipendenza nazionale contro l'immigrazione incontrollata, e una
battaglia per l'ordine pubblico che preveda anche il frequente ricorso
alla pena di morte.
Inoltre sullo stesso numero viene abusivamente pubblicato un articolo
tratto dal periodico nazionalitario "Indipendenza", giornale guardato
a sinistra con motivata diffidenza causa dell'ibrida presenza al suo interno
di ex-militanti di gruppi clandestini sia di destra che di sinistra.
Nel numero zero della nuova serie di "Rosso è Nero" (fine
'99), oltre a dedicare grande spazio alla rivolta di Seattle, venivano pubblicati
vari documenti del Partito Comunitarista Nazionaleuropeo e vi si sottointendeva,
fin dalla titolazione, l'adesione del giornale a tale percorso; tra le altre
varie "appropriazioni indebite" vanno citate la riproduzione della
copertina del periodico "Autonomia di Classe" (cordone di autonomi
incappucciati con bandiera USA in fiamme sullo sfondo) e due pagine dedicate
alle biotecnologie tratte da un lavoro di controinformazione pubblicato
da un collettivo ambientalista-radicale.
Col 2000, l'adesione al Partito Comunitarista Nazional-europeo risulta ormai
un dato di fatto; in tal senso "Rosso è Nero" ha cambiato
nome ed è diventato "Comunitarismo", quale "espressione
sintetica della fusione di "elementi comunisti ed elementi nazionaleuropei"
e a questo si affianca il settimanale comunitarista del PCN "Nazione
Europa" che riporta le notizie delle varie sezioni del partito che,
in Francia e Belgio, partecipa anche alle elezioni. L'apparenza è
ancora più marcatamente "antagonista", ma dedicando un
po' di attenzione a quanto vi viene sostenuto, non si può dire che
la "rivoluzione comunitarista" rappresenti qualcosa di diverso
rispetto al passato, indipendentemente dal fatto che alcuni redattori proverrebbero
da Rifondazione Comunista o che vi siano anche elementi che credono realmente
a quello che scrivono; inoltre, guarda caso, sembra essere nato un certo
feeling tra i "nazionalcomunitaristi" e "Rinascita.
Quotidiano di liberazione nazionale", il cui direttore è Ugo
Gaudenzi, ossia uno dei vecchi dirigenti di Lotta di Popolo e già
direttore della testata omonima.
Tra l'altro, guardando soltanto alla situazione milanese, questi "sinistri"
usano come punti di riferimento il Palazzo delle Stelline in Corso Magenta
e la Bottega del Fantastico in Via Plinio [56],
ossia due luoghi tradizionalmente legati al neofascismo milanese.
A conferma della effettiva collocazione di "Comunitarismo" (Redazione
nazionale in Via Satrico a Roma) da segnalare un articolo in cui si sostiene
che "Classe e Nazione Europea sono interessi che coincidono",
mentre in altra pagina un redattore pisano afferma esplicitamente che "Il
Comunitarismo è contrario alla lotta di classe" e che "il
lavoro sarà il criterio di valore per stabilire le nuove gerarchie
(...) Ai lavoratori migliori e più esperti non verranno dati maggiori
guadagni, ma posizioni di potenza"; in altre parole torna a riproporsi
l'idea nazista della comunità basata su "Sangue e suolo"
la cui la "forma statuale deve rispecchiare l'ordine di realtà
superiori e trascendenti" (dal n. 1 di "Rosso è Nero"),
il che mostra il vero volto di un'area che si dichiara rivoluzionaria, comunista
e persino libertaria, ma che si guarda bene dal mettere in discussione l'idea
di Stato nazionale -interpretato beninteso in chiave europea- e la struttura
gerarchica e autoritaria della società che sono parti integranti
del dominio del capitale sul lavoro.
Nell'ultimo numero consultato di "Comunitarismo", datato settembre/ottobre
2000 con il sottotitolo "Democrazia diretta-Socialismo-liberazione",
la veste e i contenuti risultano ancora in larga parte dedicati all'opposizione
contro "il ]moloch neoliberista" e nell'editoriale firmato
Rete Italiana Circoli Comunitaristi viene fatto il bilancio politico di
"un anno di lotta" durante cui la proposta "per la costruzione
di un fronte di sinistra europea antagonista che si batte per il socialismo
e che considera il dato nazionale un fattore imprescindibile" è
stato portato dai Comunitaristi all'interno del movimento "anti-globalizzazione"
e tra le forze antimperialiste[57];
ma ancora una volta, la questione immigrazione, affrontata nell'articolo
"L'inganno multietnico", torna a mostrare l'autentica matrice
ideologica dei Comunitaristi che ripropongono le teorie "differenzialiste"
di A. de Benoist, come testimoniato in modo inequivocabile dai seguenti
passaggi:
I fenomeni migratori mettono in gioco qualcosa di importante: la sopravvivenza
delle culture e dei popoli che di quelle culture sono esponenti (...) il
progetto capitalista nella sua fase di globalizzazione neoliberista vorrebbe
annullare ogni differenza (...) per creare un tipo antropologico senza
storia e senza radici (...) Si comprende meglio allora, per tornare alla
situazione che più da vicino ci riguarda, come alcuni reati dei
quali gli extracomunitari detengono il monopolio (come la riduzione in
stato di schiavitù di cui si sono rese colpevoli le bande albanesi
e marocchine che utilizzano i minorenni per l'elemosina) abbiano un impatto,
anche culturale, devastante (...) in nessun paese il "minestrone etnico"
è stato un buon affare: dopo decenni o addirittura secoli di convivenza
le difficoltà non vengono diluite, ma si acuiscono e si sommano,
senza peraltro condurre alla "rivoluzione internazionalista del proletariato".
Per cui, dietro "la fusione di elementi socialisti con il senso
dell'appartenenza identitaria e nazionale" e la "nuova sintesi
originale" rielaborata dai Comunitaristi, si scoprono linguaggi e argomenti
continuamente agitati da tutte le varianti di quella destra politica con
cui si dice di non avere più niente in comune.
Oltre a questi Circoli Comunitaristi, legati all'esperienza "Rosso
è Nero" e "Comunitarismo", vi sono altri gruppi minori,
di destra, che comunque si richiamano esplicitamente al comunitarismo; tra
questi va citato il "Cantiere delle Idee" di Ghedi (Bs) per una
certa originalità nell'approccio a tale tematica; infatti questa
associazione sviluppa un'idea di comunità, quale alternativa a "decenni
di individualismo metodologico e teorie utilitariste nelle cattedre e utopie
ideologiche", facendo proprie in modo integrale le elaborazioni teoriche
sui diritti di cittadinanza fatte in questi ultimi anni da alcuni settori
della sinistra "moderna", e per comprendere che non si tratta
soltanto di "assonanze" si consideri il seguente pezzo, ripreso
da "La Spina nel Fianco" giornale del Fronte Nazionale
Partecipazione ed appartenenza sono concetti strettamente legati tra
loro che si caratterizzano e determinano a vicenda. La parola "cittadino"
deve cessare di essere un astratto sinonimo di "abitante" per
diventare un termine che definisce colui che partecipa alla vita della
città, della comunità.
Cittadinanza come partecipazione, cittadinanza come appartenenza, tutto
il contrario della concezione apatica e sradicata della democrazia che
è ormai entrata nel senso comune. Non sono le istituzioni a fare
la democrazia ma la partecipazione popolare ad esse, per cui la sovranità
popolare si manifesta attraverso la partecipazione quotidiana di tutti
alla vita pubblica.
Decentrare i luoghi delle decisioni, moltiplicarne le occasioni, referendum,
consultazioni autogestite. Consci però che il voto non esaurisce
certo il ventaglio di diritti/doveri del cittadino. Ritornare a popolare
le piazze, le sale civiche, moltiplicare le occasioni di incontro tra i
cittadini e tra questi e le istituzioni è una condizione necessaria
se si intende porre un freno al decadimento costante della qualità
della vita (...)
La comunità, cioè reti di rapporti sociali che veicolano
valori condivisi, è la chiave di volta per rafforzare legami sociali
che mettono in relazione gli individui tra loro, che vincono isolamento
ed alienazione [58].
Si tratta, come è evidente, di cose che potrebbero essere state
scritte da un socialdemocratico, da un ex-autonomo ma anche da un leghista
o da un ecologista, a dimostrazione di quanto sia importante parlare delle
categorie di analisi che si utilizzano, dando per scontato quello che non
è, in quanto proprio grazie alla liquidazione di strumenti critici
frettolosamente ritenuti superati -vedi ad esempio la divisione in classi
della società- che l'ideologia fascista sta trovando terreno fertile
[59].
Per completare il quadro va infine segnalata la comparsa a Parma di un Partito
Nazionalcomunista (P.N.C.) [60]; difficile
dire se si tratti di filiazione più o meno legittima dei nazional-comunitaristi,
anche se in questa città vi è una loro presenza "storica",
di certo il simbolo da loro usato, falce e martello sovrapposti alla svastica,
è più che un segnale d'allarme.
e anche questo articolo su Claudio Mutti e il suo filo-islamismo
by
Trotzkista Tuesday, May. 23, 2006 at 9:34 AM
mail:
Utile anche perchè Mutti vanta amicizie storiche con ambienti diplomatici islamici.
Il quarto segreto templare di Fatima
l'ex-magistrato Carlo Palermo scopre il Grande Complotto... dei veneziani
L'islamofobia assume molte forme. Ma
una delle più curiose è questa: lo sapevate che esiste una
congiura di templari integralisti islamici, guidata da nazisti veneziani,
per uccidere il papa, promuovere la teologia della liberazione in America
Latina e spacciare droga, il tutto all'unico fine di restaurare le glorie
del governo dei dogi?
Questo è quanto ci rivela nel suo
libro Il quarto livello (Editori Riuniti, Roma, 1996) l'ex-giudice
ed ex-deputato Carlo Palermo, che molti conoscono e stimano come un coraggioso
nemico della corruzione in tempi non sospetti. E infatti nulla di ciò
che diremo qui va inteso come critica alla sua donchisciottesca persona.
Palermo si è distinto non tanto
tempo fa per aver rilasciato un'intervista a Il Giornale in cui
accusava i "templari e gli sciiti" per l'incendio della Cappella della
Sindone a Torino. Autorevoli giornalisti hanno descritto il libro di Palermo
come l'ultima parola in materia di mafia e di stragi. Per intenderci, in
televisione del libro ne parlerebbe Michele Santoro e non Maurizio Costanzo
o Lorenza Foschini.
Eppure ciò che lui scrive sta alla
storia come la teoria della terra cava sta alla geologia.
"Perché gli hutu e
i tutsi si sono massacrati a vicenda in Ruanda? Perché altrettanto
hanno fatto i popoli dell'ex Jugoslavia? Perché oggi si sparge il
terrore a Parigi o a Beirut, ad Algeri o a New York, a Islamabad, a Karachi
o a Gerusalemme? [...] Perché in Canada e in Svizzera ancora si
ricorre a macabri suicidi di massa, in nome di una setta religiosa che
si ispira al vecchio Ordine dei templari..? Perché, alla soglia
del terzo millennio la Chiesa ancora non spiega ai fedeli il terzo segreto
di Fatima...? Perché ancora oggi non riusciamo a far piena luce
sulle terribili stragi che hanno colpito l'Italia negli anni Settanta e
Ottanta..?" (pp. 4-5).
Già, perché?
La copertina è un buon indizio
- su uno sfondo nero, si erge la minacciosa figura di un cavaliere templare,
testa pelata e barba lunga.
La tesi parte dalla Banca di credito e
commercio internazionale (BCCI), che ha avuto un gran numero di correntisti
loschi, ed è infine clamorosamente fallita con la CIA alle calcagna.
Ora, secondo Palermo, la BCCI è
stata fondata da alcuni pakistani che egli definisce "di confessione sciita,
di credo sufi" (p. 19).
E' su queste sei parole che si regge l'intero
libro, perché permette di collegare il bucato sporco della BCCI
a tutto il mondo - diciamo così - dell'occulto e anche all'islam.
Il sufismo sarebbe "una sorta di culto
finale" dedicato alla lotta "antiscientifica e antitecnologica", presente
"sia nell'integralismo islamico che in quello cattolico" (p. 19 ss.).
"Nel misticismo ascetico del
sufismo trova particolare favore il culto del ritorno alla Madre natura".
Fermiamoci un attimo per dire quattro banalità.
I vari ordini sufi sono gruppi chiusi all'interno del mondo islamico (e
non cattolico) che cercano di raggiungere stati mistici attraverso la contemplazione
della parola del Corano.
Se i fondatori potevano essere dei santi,
i loro eredi troppo spesso sono diventati gli equivalenti un po' meno pacchiani
dei nostri maghi di campagna. Non si può dire che siano "eretici"
finché assolvono tutti gli obblighi religiosi, ma si vocifera che
alcuni siano dediti a trasgressive bevute di vino, permesse solo a chi
si sente superiore alla legge del volgo.
Il culto dei santi, una storica passività
politica, il ricorso a pratiche magiche, la creazione di un'élite
in una società come quella islamica che dovrebbe essere di uguali
hanno reso il sufismo odioso proprio agli integralisti a cui li associa
Palermo.
Il sufismo, a parte qualche poesia che
ringrazia Dio per la pioggia (maschile in arabo), non ha certo un culto
della "Madre Natura". "Natura" in arabo si dice "l'impressa", la "stampata":
non è affatto una "madre" ma semplicemente il segno che un Dio unico
e onnipotente imprime sulla terra. Questo non vuol dire che non ci sia
qualche occidentale che associa i "saggi d'Oriente" ai suoi personali problemi
di smog, ma questa è un'altra storia.
"Se si vuole identificare
il maggiore settore di penetrazione della filosofia sufi, occorre guardare
al processo di formazione della estrema destra internazionale. E il pensiero
non può che correre al massimo leader storico della destra, Adolf
Hitler" (p. 20).
Segue dimostrazione: Le SS si "rifacevano" all'impero prussiano. L'impero prussiano era una "diretta derivazione
dello Stato dell'Ordine militare teutonico". L'Ordine militare teutonico aveva assorbito
"alcune componenti" del soppresso Ordine dei templari. Queste componenti si ispiravano "al sufismo". Ergo, è un "fatto che lo Stato
delle Ss era uno Stato sufi".
Nel complottismo è frequente la
tecnica del doppio salto mortale: Palermo ce ne dà un elegante saggio.
Prima mossa: Himmler ha modellato le SS sull'Ordine dei Gesuiti. Già
qui ci sarebbe da chiedere almeno qualche prova, ma l'acrobata è
in pieno volo verso la seconda mossa e non va disturbato:
"Sono numerosissime le indicazioni
secondo cui Ignazio di Loyola, prima di costituire il suo Ordine, sarebbe
stato iniziato ai mistici segreti della setta Shadliyya nella Spagna meridionale
e nel Maghreb, secondo una specifica richiesta delle famiglie aristocratiche
veneziane".
Può anche darsi che alcune non meglio
precisate famiglie veneziane abbiano mandato un basco nel Maghreb per imparare
a recitare versetti del Corano, come può anche darsi che Sai Baba
riesca a produrre sterco polverizzato di vacca con uno sventolio della
sua veste. Ma prima di accettare affermazioni di questo tipo, mi dovete
convincere. E Palermo sfugge alle fonti come Sai Baba sfugge alle telecamere
(una nota in fondo al libro dice che un certo Hermann Müller nel 1898,
in un non meglio "approfondito studio", avrebbe trovato analogie tra i
gesuiti e i sufi).
Torniamo ai templari. Essi sarebbero stati
edificati "sulla falsariga dell'ordine sufi" degli Assassini (che non erano
sufi).
Palermo prende alla lettera anche alcune
strane affermazioni estratte ai templari con la tortura dagli inquisitori
che volevano mettere le mani sui loro ingenti capitali: "come culto gnostico",
i templari recepirono elementi "tratti dalla dottrina islamica (come l'adorazione
del dio Baphomet..)". Ecco finalmente scoperto cosa fanno i musulmani nelle
moschee: adorano Baphomet.
Grazie ai templari, anche i catari divennero
"un movimento sufi", con lo scopo di "congelare il progresso e di bloccare
a crescita zero lo sviluppo della popolazione" (p. 22).
A questo punto compare la Società
di Thule, che avrebbe ispirato il nazismo. Goodrick-Clarke, in The Occult
Roots of Nazism (The Acquarian Press, Wellingborough, Regno Unito,
1985; esiste anche un'edizione italiana) dice tutto quello che c'è
da sapere su questi argomenti. C'erano un po' di occultisti nel nazionalismo
tedesco, come ci sono maghi celti attorno al leghismo o cabalisti nel sionismo
estremista; difficile capire quanto il misticismo abbia ispirato, e quanto
semplicemente giustificato, alcune tesi politiche. E' vero che il fondatore
del Partito nazionalsocialista, Dietrich Eckart, ha aderito brevemente
alla Società di Thule, che aveva effettivamente almeno un gergo
di tipo iniziatico. Ma questo mondo marginale non ha mai interessato Adolf
Hitler, il cui ben noto caratteraccio gli impedì di farsi dire dagli
altri cosa doveva fare persino quando si trattava di non perdere un quarto
di milione di soldati a Stalingrado.
Qualcuno si immagina di più, come
René Alleau, ma giustamente pubblica i suoi scritti non presso la
Editori Riuniti ma presso le Edizioni Mediterranee (Le origini occulte
del nazismo di Alleau compare nella stessa collana di Il libro dei
medium, Dopo Nostradamus e Fanciulli prodigio e reincarnazione). Comunque, secondo Palermo, è nato
un richiamo a "culti mistici orientali" negli ultimi decenni nella "estrema
destra", soprattutto "in Germania". Un po' di misticismo (in genere non
"orientale") c'è nell'estrema destra italiana e in quella francese,
ma ce n'è molto di meno in Germania, dove i paradigmi sono soprattutto
nazionalistici.
In realtà il sufismo ha ispirato
principalmente blandi gruppuscoli di teosofi o di ex-sessantottini che
praticano la "meditazione sufi" (cioè girano su se stessi per qualche
minuto, come facevamo anche noi da bambini). Questa forma di ginnastica
è particolarmente diffusa tra gli ex di Lotta Continua (forse perché
costituisce una specie di corteo circolare anziché rettilineo).
Per la maggior parte, i movimenti neo-sufi
si rifanno a Inayat Khan, un indiano amico ma non membro della Società
Teosofica, la cui figlia Nur lavorò per la intelligence inglese.
Arrestata dalla Gestapo, venne uccisa con un colpo alla testa (Maria Chiara
Bonazzi, "Niente sesso siamo spie", La Stampa, 5.1.97). Se i teosofi
avevano qualche delirio razzista (ma la loro "razza ariana" conteneva gli
ebrei e, sebbene nei bassi ranghi, persino gli indiani), da bravi sudditi
britannici durante la Guerra essi organizzarono sedute di meditazione per
aiutare la vittoria degli Alleati. A questo punto, comunque, Palermo ha
preparato il terreno per qualunque cosa: dimostrata la Congiura Fondamentale,
basta seguire un qualunque suo filone. Partendo dalla BCCI, si può
citare qualunque fattaccio si riferisca al Vicino Oriente, che riguardi
l'Iran o il suo nemico storico l'Iraq o gli integralisti libici che Gheddafi
ogni tanto fa impiccare, o lo stesso Gheddafi, che è quanto di più
eretico abbia partorito l'Islam prima di Salman Rushdie: egli nega valore
a tutti i testi islamici tranne il Corano e concede alle donne una rigorosa
parità sociale.
Ma vediamo cosa ha scoperto il nostro
giudice nel corso delle sue indagini su Gheddafi.
Sotto il fascismo, le "reti spionistiche
britanniche" nominarono come governatore della Libia Giuseppe Volpi, "ultimo
doge di Venezia", dandogli il titolo di conte di Misurata. Volpi doveva
essere piuttosto anzianotto, visto che aveva perso il suo incarico a Venezia
nel 1797, mentre il fascismo è arrivato al potere nel 1922. Almeno
dai miei libri di storia non risulta alcun periodo di dominio "britannico"
in Libia se si eccettua il periodo dopo El-Alamein.
"Le vecchie reti fasciste dell'Ovra e
quelle libiche erano quasi un'unica rete, da cui 'nacque' Gheddafi". E
l'uomo di Gheddafi in Italia sarebbe un certo Claudio Mutti, a cui Palermo
dedica diverse pagine.
Difficile sapere se è vero che
il fondatore della BCCI era un Sufi, ma Claudio Mutti abita a Parma e Michele
Brambilla (Interrogatorio alle destre, Rizzoli, 1995) gli dedica
diverse pagine, e ne parla anche Ugo Tassinari nel suo libro Fascisteria. Da un confronto tra il testo di Palermo e quelli di Brambilla e Tassinari, emerge che:
A dimostrazione della straordinaria imbecillità di cui è capace la nostra specie, una certa Monica Montanari ha dedicato ampio spazio - su un giornalino locale della Lombardia - a questo articolo, accanendosi sull'immagine che vedete sopra, per dimostrare che il mio sito farebbe parte di una cerchia di siti con "simboli esoterici", "complottisti" e affetti da "delirio antiamericano". A scanso di equivoci e di mentecatti, l'immagine è ironica. Sono dispostissimo a spiegare cosa vuol dire ironia a Monica Montanari, ma non sono per niente sicuro di riuscirci.
Per Palermo, Mutti è un "professore
di lingua romena all'Università di Bologna" (cattedra mai esistita);
fondatore "dell'organizzazione estremista Ordine nero" (vero che fu indagato;
arrestato perché la testata di una rivista che egli dirigeva era
scritta in caratteri simili a quelli dell'intestazione di un volantino
di Ordine Nero, fu assolto quando si scoprì che i trasferibili erano
completamente diversi); triangolatore tra l'organizzazione "Giovane Europa",
i palestinesi e Gheddafi (la "Giovane Europa" venne sciolta prima che Gheddafi
arrivasse al potere). Non solo: Mutti sarebbe associato "alla strage di
piazza della Loggia a Brescia e a quella del treno Italicus" (al momento
della prima, Mutti si trovava in isolamento nel carcere di Bologna, al
momento della seconda, egli si trovava a San Vittore, nel corso di inchieste
dalle quali è poi uscito assolto).
Mutti è anche però un esperto
di cose zingare (è l'autore di un incredibile dizionario parmigiano-sinti)
che da anni pubblica libri che difficilmente troverete in libreria. I libici
devono essere molti tirchi perché obbligano il loro agente segreto
a mantenersi facendo l'insegnante. Né si capisce perché con
cinquanta milioni di italiani a disposizione abbiano voluto scegliere una
figura così poco utile: Mutti è un estremista che prova più
simpatia per i perdenti che per i vincitori dell'ultima guerra e in più
è musulmano. In termini odierni, è quello che poteva essere
quarant'anni fa nel sud degli Stati Uniti un nero che fosse anche rigidamente
filosovietico.
Una delle divagazioni più belle
di Palermo riguarda il tentato accoltellamento del papa da parte di uno
squilibrato a Fatima in Portogallo nel 1982. Fatima, la figlia di Maometto,
fu la sposa di Ali, fondatore nel settimo secolo dello sciismo (dunque
la BCCI..), e da lui deriverebbe il nome della città di Marsala
(p. 134); Marsala non è lontana da Trapani dove venne fatto l'attentato
contro Palermo stesso; ma la cittadina portoghese di Fatima risale al periodo
delle crociate (dunque i templari...). L'attentatore aveva fatto brevemente
parte di Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP), un movimento contro
la teologia della liberazione lanciato da un apocalittico professore brasiliano
che si autodefiniva "profeta". Ora, forse nessuno in Italia ha criticato
la TFP più di noi e proprio
per questo credo di aver il dovere di difendere per una volta la bizzarra
organizzazione brasiliana.
La TFP è pro-Papa e anti-Islam
(come mostra tra l'altro il famoso "rosario riparatore" promosso dal Centro
Lepanto, affiliato alla TFP, contro la moschea di Roma alcuni anni fa).
Ma Palermo deve inserirla nella sua cospirazione personale, e lo fa per
la via più traversa: la famiglia nobile tedesca Thurn und Taxis,
composta da "agenti segreti veneziani" (p. 126 ss.), avrebbe aderito alla
Società Thule; alcuni di loro sarebbero imparentati ai Braganza
brasiliani, e un membro della famiglia Braganza sarebbe "il principale
sostenitore della Tfp". "Anche oggi l'associazione [Thule, quella prenazista!]
è una società cospiratoria che si estende in tutto il mondo
nell'ambito di alcune sette particolari come l'Armata blu di Fatima e quella
denominata Tradizione, famiglia e proprietà (Tfp)." A p. 125, Palermo
aggiunge alla lista delle "eresie sufi", accanto alla TFP, anche la teologia
della liberazione - leggere per credere.
Il lettore normale resta perplesso davanti
a certe frasi nel libro di Palermo: l'odio per i veneziani e per il "culto
della Madre Natura"; la definizione del sufismo, nato verso il nono secolo,
come un movimento "antiscientifico e antitecnologico"; oppure l'idea che
"l'essenza della filosofia e degli scopi delle 'famiglie' legate alla società
Thule era [...] l'odio contro il Rinascimento di Cusano, di Leonardo da
Vinci e di Raffaello". Sì, il Grande Complotto non sopporta come dipingeva Raffaello.
Il giornalista Franco Fracassi ha pubblicato
recentemente Il quarto Reich, un analogo pamphlet complottistico
con altrettanti errori ma meno mistica.
Anche un autore di destra, Maurizio Blondet,
ha costruito con materiali analoghi nientemeno che tre libri
intitolati rispettivamente Complotti I, Complotti II e Complotti III.
Infatti il problema non riguarda la destra
o la sinistra. Il complottismo è un meccanismo universale, che chiunque
può adottare purché lo rivolga contro un nemico della "nostra
parte".
Non sono in discussione le scelte politiche
dell'ex-magistrato (anche se fa un po' paura pensarlo come giudice - e
se uno avesse un antenato veneziano?). Ma quello che è interessante è che l'atteggiamento occultista e irrazionale che attribuisce a templari e/o sufi il governo segreto del
mondo non passa solamente attraverso la lettura dei tarocchi o le forchette
piegate, ma anche attraverso un campo apparentemente "serio" come la politica.
Ed è incredibile ma vero… ho visto
docenti universitari e giornalisti leggere con fiducia gli scritti di Carlo
Palermo. E certamente Editori Riuniti, che alcuni secoli fa era un editore
serio, glieli ha pubblicati.
P.S. Questa recensione risale ad alcuni
mesi fa. Nel frattempo, Palermo ha pubblicato un secondo libro, Il Papa
nel mirino: gli attentati al pontefice nel nome di Fatima, pubblicato
sempre dagli Editori Riuniti (Roma, 1998). Si tratta di una fotocopia del
primo libro, cosa che dovrebbe fare felici tutti: Palermo e la Editori
Riuniti che vendono il doppio con metà fatica, voi che potete risparmiare
i soldi per l'acquisto e io che mi sono potuto risparmiare il tempo di
modificare questa recensione. Unica aggiunta interessante - nel nuovo
libro Palermo se la prende con la "Mosca
teosofica, superba e violenta", colpevole dell'atea rivoluzione d'Ottobre.
Un'opera di Gustincich
Forse la cosa più incredibile (e deprimente) è sapere che l'opera antiveneziana di Carlo Palermo è stata citata come fonte autorevole in un articolo di Franz Gustincich, intitolato "Brigatisti, nazisti e islamisti, tutti insieme contro l'impero USA" e pubblicato sulla (solitamente) rispettabile rivista "Limes" (n. 1 del 2004).
Gustincich fa di mestiere il fotografo di piedi, ma si occupa evidentemente anche del Complotto Islamonazicomunista e - presumo - anche del ben più pericoloso Complotto Veneziano che gli sta dietro.
Per qualche motivo, Monica Montanari si è accanita anche contro questa immagine (che ho ripreso con scopi ironici da un sito fondamentalista americano). Forse Monica Montanari pensa che sia la foto autentica di un musulmano che ci minaccia tutti, e ha deciso di mettere in guardia il buon popolo padano. Un po' come Nunzia Vallini, per capirci...
Dimenticavo: oltre a questi attacchi da destra, c'è anche qualcuno a sinistra che dice che se critico il povero Carlo Palermo, vuol dire che opero in difesa della Loggia di Thule (che deve essere stata sciolta, a occhio e croce, trent'anni prima che io nascessi).
Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente, sia in formato elettronico che su carta, a condizione che non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com - e che si pubblichi anche questa precisazione Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori
Dalla "Fisiologia del piacere anale" al "Quarto livello"
by
Trotzkista Tuesday, May. 23, 2006 at 12:39 PM
mail:
L'ex-giudice ed ex-deputato Carlo Palermo (attualmente consigliere regionale e provinciale a Trento) ha scritto per gli Editori Riuniti un libro intitolato "Il quarto livello".
Per dichiarazione esplicita dell'autore, l'ispirazione per la stesura di questo libro proviene da ambienti della destra statunitense, in particolare dallo «stretto collaboratore di un congressista del Partito Repubblicano» e da una non meglio identificata "Task Force on Terrorism & Unconventional Warfare". Ma un'altra ispirazione è pervenuta all'ex-magistrato dalla lettura del materiale di Lyndon LaRouche e del cosiddetto Partito Operaio Europeo: la stessa fonte alla quale si è abbondantemente abbeverato il giornalista dell'estrema destra cattolica Maurizio Blondet per la stesura della trilogia intitolata "Complotti".
Anche con Carlo Palermo siamo in pieno complottismo. Le forze del complotto che egli pretende di denunciare, elencate nel sottotitolo del "Quarto livello", sono: «Integralismo islamico, massoneria e mafia». L'azione di tali forze, sempre secondo il sottotitolo, spiegherebbe varie cose: «Dalla rete nera del crimine agli attentati al Papa nel nome di Fatima».
La Fatima in questione è nientemeno che la figlia del Profeta, la moglie dell'Imam Alì. Il complotto viene dunque da lontano. E arriva fino a noi, anzi fino a lui, Carlo Palermo, il quale, quando era giudice, fu bersaglio di un attentato in quel di Trapani, non lontano da Marsala; e il nome di Marsala, in totale dispregio dell'etimologia, viene interpretato dall'ex-giudice come «porto di Alì». Ma Alì, il primo Imam della Scia, e anche in qualche modo all'origine... della Banca di Credito e di Commercio Internazionale, fallita alcuni anni fa in seguito a vicende che hanno visto l'intervento della CIA. Ebbene, secondo Carlo Palermo la banca pakistana segnerebbe il punto di convergenza della Scia e del Sufismo, quest'ultimo definito, udite udite, «una sorta di culto finale» dedito alla lotta «anti-scientifica e anti-tecnologica», presente «sia nell'integralismo islamico che in quello cattolico». Delirante, ma testuale.
Il Sufismo, che «vede con particolare favore il culto del ritorno alla Madre natura» (sic), è stato, secondo Palermo, la matrice del Terzo Reich e in particolare delle SS: «Lo stato delle SS era uno Stato sufi», scrive testualmente l'autore. Contemporaneamente, Palermo riprende la teoria secondo cui Himmler modellò le SS sull'Ordine dei Gesuiti, ma le due versioni sono ingegnosamente combinate: «Sono numerosissime le indicazioni secondo cui Ignazio di Loyola, prima di costituire il suo Ordine, sarebbe stato iniziato ai mistici segreti della setta (sic) Shadliyya (sic) nella Spagna meridionale e nel Maghreb, secondo una specifica richiesta delle famiglie aristocratiche veneziane». Non si tratta di un errore di stampa: affiora qui, con l'accenno alle trame dell'oligarchia veneziana, uno degli elementi caratteristici della dietrologia di LaRouche e del suo gruppo, al quale l'ex-magistrato si è ispirato. Orbene, Palermo spiega che l'oligarchia veneziana riuscì nientemeno che a far nominare governatore della Libia l'«ultimo doge di Venezia» (sic!!!), Giuseppe Volpi di Misurata. E in Libia le vecchie reti fasciste dell'OVRA e quelle libiche erano quasi un'unica rete, da cui nacque Gheddafi».
Proconsole di Gheddafi in Italia sarebbe un «professore di lingua romena all'Università di Bologna» (evidentemente Palermo ignora che a Bologna non c'è mai stato un insegnamento di romeno). Questo professore, oltre ad essere il «fondatore del nazi-maoismo italiano», avrebbe creato un «movimento per la conversione dell'Europa al sufismo che prende il nome Totalitè». Senza spiegarci come sia possibile «convertirsi» al sufismo e sorvolando sul fatto che "Totalité" era una rivista culturale e non un movimento, l'ex-magistrato attribuisce al «fondatore del nazi-maoismo» la collaborazione a... "Ordine Pubblico", rivista della polizia!!! Poi, usando addirittura le virgolette del discorso diretto, riporta una serie di affermazioni fantasiose che il «professore di romeno» difficilmente può avere fatte e, finalmente, lo ricollega alla strage di Piazza della Loggia e a quella dell'Italicus. Solo che, al momento in cui avvenne la prima, il «professore di romeno» era in isolamento nel carcere di Bologna, e quando avvenne la seconda si trovava a San Vittore.
Altri personaggi della grande congiura denunciata da Carlo Palermo sono i Catari, i quali, anche loro!, divennero «essenzialmente un movimento sufi» e diffusero la «teoria sufica» di «congelare il progresso e di bloccare a crescita zero lo sviluppo della popolazione».
Ma più ancora che non i Catari, i Templari sono tra noi: non a caso sulla copertina dei libro campeggia la figura del Gran Maestro Jacques de Molay. L'Ordine dei Templari nacque, ci spiega Palermo, «sulla falsariga dell'ordine sufi ismaelita» degli Assassini (che non erano affatto dei sufi, ma non fa niente). «Come culto gnostico», i Templari recepirono elementi «tratti dalla dottrina islamica (come l'adorazione del dio Baphomet». Abbiamo dunque scoperto che cosa fanno i musulmani nelle moschee: adorano Bafometto!
Di tante altre interessanti scoperte fatte dal valoroso ex-magistrato non ci è possibile rendere conto in questa sede. È per questo che esortiamo caldamente il lettore a procurarsi il libro. Costa solo ventiduemila lire, ma garantisce diverse sorprese ad ogni pagina e si rivela degno di figurare nella produzione di quella stessa casa editrice che ha pubblicato la "Fisiologia del piacere anale"
Ho trovato quest'altro dossier che mi sembra non confermi quanto ha scritto anti fà sopra
Neofascismo in Italia
Il movimento neofascista incominciò a prendere spunto nei primi mesi dopo la
liberazione dalle frange di estremisti repubblichini del Nord, spesso i più
giovani e i più focosi. Vennero fondati movimentini in ogni luogo. Nel 1946
molti gruppuscoli cercano di riunirsi, per essere più forti di fronte allo
stato (che li perseguita o almeno dovrebbe farlo) e formano i FAR (Fasci
Armati Rivoluzionari) e, il 12 dicembre 1946, il MSI (Movimento Sociale Italiano).
Il primo segretario è Almirante, capo della corrente di sinistra, socializzatrice
e tendenzialmente antiamericana.
Nel '50 Almirante viene spodestato dalla destra del partito, che nel
frattempo ha dimostrato di avere molto più seguito nel paese (in particolare
nel sud d'Italia), miscelando clientelismo, qualunquismo e squadrismo. Prima
De Marsanich e quindi Michelini guidano il MSI fino al 1969 (anno della morte
di Michelini).
Nel frattempo, nel '56 si consuma la rottura nel MSI: il gruppo guidato da Pino
Rauti e che si ispira alle idee iperconservatrici del filosofo Julius Evola
esce dal partito per fondare la formazione extraparlamentare Ordine Nuovo.
Nel '59 un'ulteriore scissione produrrà il secondo importante gruppo della
destra radicale degli anni '60: Avanguardia Nazionale, con a capo Stefano
Delle Chiaie.
ON e AN, pur mantenendo rapporti col vertice e con singoli dirigenti del MSI,
conducono una politica autonoma dal partito di riferimento, fino al '60 impegnato
a sostenere governi democristiani e dopo a cercare di contrastare il centro-sinistra.
Da un lato ON e AN indottrinano giovani, spronandoli alla rivoluzione nazionalsocialista,
quindi aizzandoli alle risse, ai pestaggi, alle rapine. Dall'altro Rauti, Delle Chiaie e altri
dirigenti dei due movimenti si inseriscono nelle alte gerarchie militari,
negli ambienti dei servizi segreti e della rete CIA-Stay Behind-Gladio.
E fanno questo molto più direttamente e sfacciatamente rispetto ai cugini
del MSI.
Nel '65 si tiene un convegno all'istituto Pollio di Roma, organizzato da militari,
politici della destra istituzionale e della destra extraparlamentare (sono
presenti tra gli altri Rauti, Delle Chiaie, Giannettini, ecc.). In questo convegno
si preparano le strategie della battaglia anticomunista che deve venire.
Logica conseguenza sarà la strategia della tensione, iniziata proprio nella
seconda metà degli anni '60, fatta di bombe, infiltrazioni nei partiti di sinistra,
golpe minacciati, costruzioni di falsi indizi, schedature di uomini politici, ecc.
Tutto ciò non era certo una novità, visto che già nel '64 l'Italia aveva
corso il rischio di un colpo di stato attuato dai carabinieri del generale
De Lorenzo (Piano Solo), col consenso del capo di stato, Antonio Segni. Ma la
strategia della tensione fu qualcosa di molto più lungo, sottile e mostruoso:
19 stragi impunite, centinaia di morti e feriti innocenti, un ventennio di
notte della repubblica.
Il vero momento di inizio della strategia della tensione è sicuramente
la strage di piazza Fontana, il 12 dicembre 1969,
organizzata col chiaro fine di attribuirne la colpa agli anarchici, e quindi di
creare un clima di tensione, appunto, e di desiderio di ordine, di
pulizia, di destra, di militari, ecc.
Così è stato per il golpe dell'8 dicembre '70, per la strage di Peteano del '72,
per la strage alla questura di Milano del '73, per le bombe del '74, per
la strage di Bologna (e quella di Ustica) dell'80, per la strage di Natale
dell'84. Sicuramente inoltre anche le bombe del '93 contro monumenti e passanti
rientrano in un'analoga strategia delle stragi.
Intanto nel '69 ON rientrò nel MSI (tranne una minoranza agguerrita) e AN si sciolse.
Negli anni '70 le formazioni di estrema destra quindi divengono esplicitamente terroristiche
e clandestine: Ordine Nero, una nuova Avanguardia Nazionale, quindi i NAR,
Terza Posizione e Costruiamo l'azione.
I NAR, in particolare, costituiti da militanti del FUAN (organizzazione giovanile
del MSI) romano nel '77-'78 e guidati dallo spietato e giovanissimo Giuseppe Valerio
Fioravanti, si proclamarono paladini della violenza a tutti i costi, in nome di
valori quali la vendetta e l'onore.
Con gli anni '80 e la fine del terrorismo finiscono anche le azioni violente della
destra estrema, e il MSI diviene sempre più accettato nell'entourage politico:
Almirante lo guiderà con passione fino alla morte, nell'87.
Il successore designato è Gianfranco Fini, che però in pochi anni riduce la
brillantezza e la consistenza elettorale del MSI ai minimi storici, tanto che
nel '90 gli viene preferito Rauti, che per un anno regge il partito. Ma nel '91
Fini viene richiamato alla guida del MSI, dopo una cocente sconfitta alle elezioni
regionali.
Durante il periodo rautiano si sono formate però, soprattutto nella destra giovanile,
pulsioni e ideali politici non conciliabili con il freddo e moderato Fini.
Sono gli anni in cui dilagano nel mondo giovanile (in particolare fra i
giovani skinhead italiani) movimenti di estrema destra come il Movimento Politico,
fondato da Maurizio Boccacci, Base Autonoma, Meridiano Zero.
Nel '93, dopo un biennio che qualcuno ha definito un '68 nero a livello europeo,
contraddistinto da pestaggi di extracomunitari, provocazioni antisemite e agguati a
giovani di sinistra, il governo emana il cosiddetto Decreto Mancino, che mette
fuorilegge per razzismo Movimento Politico, Base Autonoma, Azione Skinhead,
L'Uomo Libero, Meridiano Zero e altri gruppuscoli.
Nel '95 il MSI decide di sciogliersi per formare il nuovo partito della destra,
guidato sempre da Gianfranzo Fini, e denominato Alleanza Nazionale.
La corrente rautiana esce dal partito, fondando il Movimento Sociale Fiamma Tricolore,
che raccoglierà negli ultimi anni spezzoni di estremismo di destra del passato e
del presente.
Alla destra del MS-FT si sono inoltre formati negli ultimi mesi altri gruppi: il Fronte
Nazionale, lepenista, guidato da due fuoriusciti: Tilgher (già leader di Avanguardia
Nazionale) e Staiti di Cuddia; Forza Nuova, guidata da latitanti dell'estremismo
nero degli anni '70 come Massimo Morsello, che da Londra organizza gruppi politici,
concerti e turismo.
Un altro militante di vecchia data del MSI aveva invece fondato già prima dello
scioglimento del MSI, il movimento Fascismo e
Libertà: era Giorgio Pisanò, morto pochi mesi fa.
Nel maggio del 1998 la Digos conduce la seconda parte della cosiddetta Operazione Thor, che va a
colpire l'organizzazione degli Hammerskins, secondo gli inquirenti gestita dal
latitante Roberto Fiore, cofondatore di Forza Nuova nel settembre del '97, e finanziatore
dei picchiatori che negli ultimi mesi si sono resi responsabili di pestaggi, profanazioni e
manifestazioni razziste. In base quindi alla Legge Mancino, la Digos ha chiesto
l'arresto di 8 persone e ne ha denunciate 170
messi male in tutta Europa. Ieri il tg2 ha mandato in onda un servizio sul rischio dei nazi-skinheads ai prossimi mondiali tedeschi. parlavano di alleanze di nazisti e skinheads tedeschi con quelli inglesi in nome della "razza bianca" (!) da difendere e in più questi deficienti sembra che abbiano deciso di tifare l'Iran di quell'altro pazzoide di ahmadinejad proprio per i suoi recenti appelli alla distruzione di Israele tutti i nazi del mondo in fondo si assomigliano: teutonici o mediterranei, iraniani o russi sono tutti fatti della stessa merda!
ma sei sicuro di quello che scrivi? come faranno poi a tifare l'Iran i neonazi teutonici evidentemente lo sapranno solo loro visto che gli iraniani sono mezzi arabi e scuri di pelle!
Il 25 aprile un gruppo di manifestanti fischia la signora Moratti, ministro dell’Istruzione del governo Berlusconi. Non è minacciata in alcun modo, non deve lasciare il corteo per forza, solo fischi eppure …. Dal Corriere della Sera alla tivù, il fatto viene montato, scuse del centrosinistra con Prodi in testa. Il fatto in sé è insignificante, perché lo si fa diventare un caso? Perché la protesta va cancellata, l’iniziativa diretta degli sfruttati va stroncata sul nascere, un fischio deve sembrare una bastonata, un attentato. Cancellare la possibilità della protesta nel cervello ancor prima che nell’atto di compierla. Se il disaccordo col ministro si deve esprimere deve passare attraverso i canali istituzionali, i partiti; le intemperanze delle manifestazioni non sono ammesse. Il fascismo sostenne l’inutilità delle proteste pubbliche, perché le istanze degli italiani potevano trovare negli uomini del regime il loro canale naturale per esprimersi. Siamo così lontani?
Una bandiera israeliana viene bruciata dai manifestanti, una bandiera, un pezzo di stoffa, né case né città, tanto meno uomini, donne bambini, eppure alte grida di scandalo. Per manifestare contro l’oppressione israeliana del popolo palestinese si brucia naturalmente il simbolo di quest’oppressione, il simbolo non il Consolato. Ancora condanne, ancora scuse ed anatemi. Ma quali sono le ragioni? Il “popolo” deve imparare che i rapporti del suo Stato con gli Stati stranieri sono gestiti dal ministero degli Esteri, ed è qui che si decide quali bandiere sventolare e quali bruciare. Il fascismo usava lo stesso metodo: guai a criticare pubblicamente i paesi alleati; la politica estera la fa il governo non la piazza.
25 antifascisti militanti sono in galera a Milano dall’11 marzo. Li si accusa di devastazioni e saccheggi. Il significato delle cose si è perso, altrimenti quello che i soldati americani hanno fatto alle città irachene come va definito? Ma lasciamo stare. Tanto a nessuno degli arrestati è stato contestato in specifico l’incendio del motorino, la chiusura forzata della sede di AN. La cosa più grave è che la loro colpevolezza viene fatta discendere dal solo fatto di aver partecipato a quel tipo di manifestazione. Prima di manifestare bisogna farsi dire come finirà, altrimenti sono guai. Processioni sì, manifestazioni no. Il fascismo adottò lo stesso sistema: manifestazioni politiche vietate per motivi di ordine pubblico, erano fatte da facinorosi. Il bello è che a Milano, lo stesso giorno, avevano sfilato circa mille camicie nere senza colpo ferire. Gli arrestati sono ancora in galera per essersi opposti, con i mezzi che avevano, a questo scempio.
8 operai dell’Alfa di Pomigliano vengono licenziati a febbraio, hanno diretto una protesta contro i sindacalisti che avevano svenduto il contratto. La Fiat interviene in un contrasto fra sindacati e operai. I licenziati sono iscritti ai Cobas e vengono fatti fuori perché in sostanza si vogliono eliminare dalle fabbriche i sindacalisti radicali. Questo è il fatto più eclatante, ma sono centinaia i sindacalisti operai licenziati perché si oppongono al collaborazionismo. Ebbene, il fascismo iniziò proprio a colpire sindacalisti comunisti ed anarchici, i più combattivi di allora, mentre una parte dei capi della CGL tentava la via della pacificazione. Siamo tanto lontani? Nel 1922 Pietro Ferrero, segretario della Fiom torinese, veniva assassinato. D’Aragona s’incontrava con i fascisti per un accordo.
Sull’ultimo fatto di Nassiriya, si può forse sostenere senza timore che stiamo aggredendo un paese e che se la resistenza colpisce i soldati italiani è il prezzo che si paga quando si opprimono i popoli? Per carità, bisogna parlare di eroi, di Patria ferita. Sotto il fascismo non veniva messo in moto lo stesso meccanismo nei confronti dei militari italiani morti aggredendo la Libia?
Un fascismo strisciante che il centrodestra ha introdotto come modo di gestire il potere e che ha conquistato anche il centrosinistra, terrorizzato di perdere l’appoggio di tutta la borghesia in giacca e cravatta.
Ma noi operai non ci adeguiamo a quest’andazzo. Tutti corrono a riverire quel miscuglio di perbenismo pubblico e affarismo privato della borghesia italiana, che ha costruito sulla truffa e sullo sfruttamento di chi lavora la sua immane ricchezza. Nessuno rappresenta più le classi subalterne. E’ tempo che la classe degli operai si costituisca in un proprio Partito indipendente.
cioè cioè spiegatemela meglio questa cosa di ahmadinejad e dei nazi tedeschi?
Ai mondiali questi idioti tiferanno per l'Iran solo perchè un presidente un pò malato ha dichiarato di voler cancellare Israele dalle mappe geografiche?
miinnnncccchiiiiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa che volponi!
aggiungerei anche l'ultimo post con tutti i siti dei fasci italiani
by
kgb Wednesday, May. 24, 2006 at 2:47 PM
mail:
a questo dossier che si sta arricchendo di notizie potreste allegare anche l'ultimo che è stato postato stamani con tutti i siti dei fascisti italiani (anche di quelli camuffati da socialrivoluzionari, di sinistra, geopolitici, eurasiatisti, islamici e pro diritti civili tipo il gruppo larouche)
Ecco un elenco di organizzazioni, movimenti e singoli elementi dell'estremismo neofascista antisemita , delle loro attività e delle denunce presentate dalle comunità ebraiche in questi ultimi anni.
di Redazione,
Data 20 dicembre 2003 - 2563 letture
L’Italia
(253) I 35.000 ebrei, 25.000 dei quali appartenenti alle varie comunità ebraiche, sono del tutto integrati nella popolazione italiana (popolazione totale: 56,3 milioni). Dopo la seconda guerra mondiale, in Italia il pregiudizio antisemita ha raramente assunto forme aggressive; i casi di aggressioni violente sono stati rari. Tuttavia, con l’aumento del numero dei gruppi di estrema destra dall’inizio degli anni ’90, il quadro è cambiato.
Sebbene nella società italiana le tradizioni antisemite siano di scarsa virulenza, il lavoro di rete dell’estrema destra presente nello scenario internazionale, che usa l’antisemitismo per creare tali reti, ha portato a un forte orientamento antisemita anche nell’estrema destra italiana. Nel 1995 gli episodi di antisemitismo sono passati da 30 a 50 all’anno; dalla metà del 2000 (aumento del 30-40%) al marzo-aprile 2002 è stata registrata un’impennata del 100% (254). Ciò è dovuto in prima istanza al conflitto in Medio Oriente. Comunque, al di là di questo fattore, è riscontrabile nella popolazione una grossa presenza di idee e atteggiamenti xenofobi, a loro volta alimentati da osservazioni razziste nel dibattito pubblico (politica e carta stampata) (255). A farne le spese sono soprattutto i lavoratori migranti, socialmente emarginati, circa 700.000 persone (510.000 dei quali provenienti dal Marocco, dalla Tunisia e dall’Albania). Negli anni ’90, in Italia, hanno riscosso un certo successo non solo la cultura ebraica in sé, ma anche la storia di Israele, la sua letteratura e il suo cinema: un fatto sorprendente per quanti avevano vissuto i difficili anni ’70 e ’80 in cui il risentimento anti-israeliano era forte, particolarmente nella sinistra. La crisi iniziata all’inizio del 2001 ha accelerato un processo imprevisto e imprevedibile che in altri paesi, specialmente in Francia, è già evidente. In Italia questo processo ha lasciato aperte per il futuro varie opzioni, che non sono immediatamente chiare. In Italia la seconda Intifada ha messo in moto dei meccanismi inaspettati, in cui i tradizionali pregiudizi antiebraici si mescolano a stereotipi politici. E’ importante tenere presente che il cosiddetto «antisemitismo spirituale (o psicologico)» ha avuto un maggiore impatto sul fenomeno complessivo della storia culturale italiana nel corso del XX secolo (vedi Julius Evola) (256).
Al contrario che in Francia e in Belgio, in Italia le aggressioni antisemite si sono per ora limitate a insulti verbali, scritte sui muri e simili. Ma da quando è iniziata la seconda Intifada , tra gli episodi si registrano minacce di morte contro gli ebrei, con stereotipi sia antisemiti che antiisraeliani, spesso usati come sinonimi. Gli aggressori sono italiani e, finora, quasi nessuno appartiene al milieu degli immigrati musulmani, a differenza che in Belgio, Francia e Paesi Bassi. Contrariamente ad altri paesi, in Italia c’è piuttosto un revival di topoi anti-giudaici associati ai tradizionali stereotipi antisemiti e antisionisti radicati nella sinistra. Ciò è apparso particolarmente evidente durante i fatti avvenuti nella Chiesa della Natività a Betlemme (257). Il peggioramento del conflitto arabo-israeliano e in particolare la questione di Betlemme e della Chiesa della Natività hanno portato ancora una volta all’assunzione di posizioni ambigue in alcuni contesti e hanno visto l’uso di un linguaggio potenzialmente pericoloso.
Atti di violenza fisica
All’inizio dell’anno ci sono state alcune aggressioni. Ad esempio, a gennaio, un avvocato ebreo è stato aggredito da due teppisti che lo hanno colpito con una mazza sulla testa e sulle spalle. Sembra che di questa aggressione siano responsabili degli estremisti di destra (258). Un certo numero di aggressioni sono avvenute ad aprile, ma nei mesi successivi c’è stato un calo. I casi registrati hanno coinciso con il riacutizzarsi della tensione internazionale. Tale coincidenza rendeva i picchi registrati del tutto prevedibili. I commentatori italiani ritengono che l’aumento dell’antisemitismo sia il risultato della politica del governo israeliano nei confronti degli arabi da quando è scoppiata l’Intifada (259).
Vi sono comunque alcune eccezioni. Queste possono essere ricollegate alla specifica situazione italiana e si ha spesso la sensazione che la mancanza di attenzione o un minor interesse da parte dell’opinione pubblica in relazione a tali aggressioni sia il risultato della situazione politica nazionale, della sua crisi interna e delle forti divisioni politiche tra il governo e i partiti di opposizione, un fattore che comporta gravi conseguenze sulle diverse sfere della vita pubblica. Dimostrazioni, marce e altre iniziative politiche si sono registrate alla fine di marzo, ma senza dubbio l’acme è stato raggiunto nel periodo che ha avuto inizio con l’occupazione israeliana di Betlemme, con la situazione di stallo determinatasi alla Chiesa della Natività (2 aprile) e con l’attacco al campo profughi di Jenin (10 aprile). Alla fine di aprile la tensione, così come l’attenzione da parte dei media, era diminuita nuovamente, lasciando dietro di sé alcune conseguenze e qualche polemica piuttosto fiacca.
4 aprile: distruzione del lavoro di ricerca e degli archivi sull’Olocausto e sulla resistenza degli studenti del Liceo Galileo Ferraris di Varese, dove sono andati distrutti i pannelli per le affissioni, mentre sui muri della scuola sono comparse scritte in colore rosso come «ebrei al rogo» (260). Varese appartiene a una delle roccaforti dei gruppi di estrema destra italiani, in particolare quella degli skinheads di destra (261).
2 giugno: alcuni giornali hanno riferito che due estremisti di destra erano stati arrestati per aver progettato un attacco nel ghetto di Venezia (262). Sono state sequestrate armi di grosso calibro e una cartina con i confini del ghetto di Venezia chiaramente evidenziati.
Aggressioni verbali/espressioni di odio
Politica (263)
Il 2 aprile alcuni ebrei di Roma hanno inscenato una protesta di fronte alla sede di Rifondazione Comunista. Sebbene pacifica, la protesta ha causato qualche problema con i passanti: alcuni automobilisti hanno reagito all’ingorgo del traffico in Corso Italia e sono stati gridati slogan antisemiti ai manifestanti. Durante un evento organizzato dal Social Forum di Bologna in sostegno dei palestinesi, le parole ricorrenti contro Israele sono state: «genocidio», «deportazione», «sionisti fanatici e razzisti», accompagnate dalla proposta di un grande boicottaggio dei prodotti israeliani, che «potrebbero essere associati al genocidio».
Il periodo in questione è stato segnato da una lunga e accesa controversia tra sindacati e governo sulla proposta di revisione di un decreto che prevedeva la cancellazione dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Tale crisi ha portato a uno sciopero generale (16 aprile) che ha coinciso con la settimana in cui la crisi mediorientale raggiungeva il culmine. Durante lo sciopero e le relative dimostrazioni di piazza, nelle celebrazioni del Giorno della Liberazione (25 aprile), l’empatia generata dai sentimenti filopalestinesi ha avuto il sopravvento sulle questioni sindacali o sulle affiliazioni storiche che avevano radunato migliaia di persone per protestare nelle piazze, trasformando, in alcuni casi ma non in tutti, quegli eventi in forme di propaganda anti-israeliana esplicita.
4 aprile: Rifondazione Comunista ha inaugurato il suo congresso nazionale. Alcuni osservatori sono stati colpiti dall’apertura dei lavori: un video mostrava immagini di un bambino palestinese che il padre ha cercato inutilmente di proteggere dai colpi di arma da fuoco (i fotogrammi di quel video sono apparsi in una serie di siti dell’estrema destra internazionale, lasciando intuire che il bambino è stato ucciso dai soldati israeliani). Il video è stato proiettato insieme a una scena del film Roma città aperta . La scena del film mostra un soldato nazista che spara all’attrice Anna Magnani con una mitragliatrice. Il segretario generale del partito, preoccupato dalle reazioni alla politica palesemente filopalestinese del partito, ha chiuso il congresso tre giorni dopo dichiarando che il partito appoggia tutte le minoranze, e ha dichiarato: «Noi siamo ebrei». Durante il congresso, alcuni oggetti facevano esplicito riferimento alla Palestina: la bandiera palestinese, un libro del rappresentante dell’Autorità nazionale palestinese in Italia, «Diario segreto» (con prefazione di un ex Presidente italiano), oltre ad altri testi di leader palestinesi, e la kefiah , il tradizionale copricapo arabo.
Durante lo sciopero generale del 16 aprile, a Torino molti dimostranti hanno indossato la kefiah . La kefiah è presente anche nei movimenti politici italiani e europei di estrema destra. Alcuni partecipanti alle dimostrazioni filopalestinesi hanno apertamente mostrato il loro atteggiamento radicale: si sono vestiti da attentatori suicidi, con tutte le bardature.
6 aprile: una folla imponente di persone che manifestavano contro la globalizzazione ha sfilato per le strade di Roma, e giovani vestiti da kamikaze hanno scandito slogan contro Israele. I leader dei Democratici di Sinistra e della Margherita si sono dissociati dalla protesta, che era stata promossa da tutti i sindacati e dai partiti di opposizione; per la prima volta i partiti politici della sinistra si sono divisi su questioni riguardanti il Medio Oriente. Alcuni striscioni contro Israele e il primo ministro israeliano Sharon comprendevano i seguenti slogan: «stato di Israele, stato di assassini»; «Sharon boia» (scritto con la «S » nazista); «Bush, Sharon, Peres» (con la «S » a forma di svastica); «i sionisti e i fascisti sono i terroristi»; «contro il terrorismo razzista di Usa, Europa e Israele, dalla parte delle masse palestinesi». «Olocausto? No grazie. Palestina libera»; «Olocausto palestinese, Europa, dove sei?» (264).
Dibattito pubblico
25 aprile: il Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) è stato informato che durante una dimostrazione a Milano che ricordava l’anniversario della liberazione dell’Italia dai nazisti, sono stati esposti molti striscioni filopalestinesi, con scritte come «assassini, Sharon nazista, Intifada fino alla vittoria». Altri invece assimilavano la stella di David alla svastica o circondavano la stella con il filo spinato spezzato da un pugno chiuso (265).
Graffiti
31 marzo: in una sinagoga di Modena sono stati rinvenuti graffiti con scritte antisemite e una svastica (266).
7 aprile: scritte antisemite sono state rinvenute in molti punti del vecchio ghetto di Venezia (267).
6 maggio: in un passaggio sotterraneo di Prato sono apparse scritte a caratteri cubitali che dicevano «ebrei assassini». Nello stesso giorno il Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano ha ricevuto una telefonata anonima in cui qualcuno ha detto: «vi bruceremo tutti» (268).
22 maggio: sui muri di Marrucini in Abruzzo sono stati scritti slogan antisemiti. Inoltre a Milano sono riapparsi sui muri della città (in Via Venini) dei messaggi come «via gli ebrei dal nostro quartiere».
Media
Sembra che si stia tornando a usare un linguaggio offensivo nei confronti degli ebrei (269); un esempio è costituito dall’uso dell’aggettivo «perfido» in relazione al governo israeliano - un termine che compariva nelle preghiere del venerdì santo cattolico e che fu condannato da Papa Giovanni XXIII (270). Alla radio e alla televisione di stato, nonché in alcuni circoli cattolici, abbondano le dichiarazioni anti-israeliane che lamentano le morti dei palestinesi mentre si glissa su quelle degli israeliani (271). E’ assolutamente fondamentale operare una netta distinzione tra il linguaggio utilizzato dal Papa e quello che appare nei media e nelle dichiarazioni di alcuni cattolici. Anche in alcuni dei giornali politicamente moderati si trovano qui e là accenni all’uccisione di Cristo. Ciò dimostra che, dopo essere stati assenti per decenni, si torna a ricorrere a simili stereotipi in alcuni contesti laici.
3 aprile: la prima pagina del quotidiano nazionale La Stampa pubblicava una vignetta di Giorgio Forattini a commento dell’occupazione di Betlemme. Alla vista di un tank israeliano, Gesù bambino in un presepe si chiede: «Mi uccideranno per la seconda volta?» (272). Sui giornali è seguito un acceso dibattito. Il direttore ha ricevuto molte lettere risentite, e molti lettori cattolici hanno protestato. Il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, Amos Luzzatto, ha stigmatizzato energicamente il ritorno dell’accusa di deicidio, cancellata dal Concilio vaticano secondo. Il direttore de La Stampa ha preso le distanze dall’autore della vignetta. Nello stesso giorno qualcuno ha scritto sui muri di una sinagoga a Siena: «Israeliani assassini».
5 aprile: una delle principali autorità dello Stato - il Presidente del Senato - ha denunciato quello che ha definito «lo sbilanciamento dell’opinione pubblica italiana a favore unicamente della causa palestinese, con il rischio di alimentare così una campagna di antisemitismo, di cui abbiamo avuto esempi gravi e pericolosi». Lo stesso giorno qualcuno scriveva «Palestina libera» sulla facciata della sinagoga di Cuneo.
2 maggio: il quotidiano La Nazione di Firenze ha riferito che alcuni messaggi antisemiti erano stati scritti sui muri di una chiesa cattolica a Gavinana, alle porte di Firenze. Tali scritte inneggiavano all’Olocausto e ai vent’anni di dominazione fascista in Italia (273). Il capo della comunità ebraica romana, Leone Paserman, ha dichiarato. «I mass media italiani hanno avviato una campagna di disinformazione che alimenta l’odio anti-israeliano e anti-ebraico» (274).
Il 18 aprile la famosa giornalista e scrittrice italiana Oriana Fallaci ha pubblicato la sua condanna dei media, della Chiesa, della sinistra e del loro antisemitismo sul settimanale Panorama : «Io trovo vergognoso (...) che le Televisioni di Stato contribuiscano al risorto antisemitismo piangendo solo sui morti palestinesi, facendo la tara ai morti israeliani, parlando in modo sbrigativo e spesso in tono svogliato di loro» (275). La condanna di Oriana Fallaci è stata seguita da un dibattito acceso, soprattutto perché lei è nota come una giornalista controversa che tende a sinistra .
Minacce dirette
Noti giornalisti ebrei hanno ricevuto lettere contenenti minacce piene anche di insulti. alcuni di loro hanno ricevuto fino a cinquanta di tali e-mail durante il periodo preso in esame. Nelle scuole, sui campi sportivi e durante le competizioni sportive persistono ancora aggressioni a studenti ebrei da parte di loro colleghi che li hanno ingiuriati usando tra l’altro espressioni come «ebreo», «sporco ebreo» o «rabbino» come insulti. Allo stesso modo, continuano a comparire slogan e striscioni antisemiti negli stadi (276).
Minacce indirette
Anche se non sono aumentate negli ultimi mesi, queste rimangono su un livello molto alto, specialmente in rapporto con il club di calcio Lazio, Roma (277).
Dibattito pubblico
Particolarmente interessante è l’emergere, nel mese di aprile, di slogan e commenti riferiti all’attuale persecuzione del popolo palestinese che descrivevano il conflitto arabo-israeliano con una inversione dei ruoli vittima/carnefice, con chiaro riferimento allo sterminio degli ebrei. Il ricorso alla terminologia presa dal vocabolario nazista, con termini quali deportazione, sterminio, genocidio etc., è una pratica costante e a volte questi termini sono enfatizzati nei giornali con titoli molto grandi, oppure sono utilizzati in modo provocatorio nei commenti. (278)
Internet
Il sito Web che può vantare il maggior numero di partecipanti alle liste di discussione è quello del gruppo militante di estrema destra Forza Nuova. Alcuni di questi siti - di destra o filoarabi e filopalestinesi («Lo straniero senza nome», «Holy War», «Radio Islam», «Associazione Italia-Iraq», «Oltre la verità ufficiale») (279) - fanno uso dell’intera gamma di stereotipi antisemiti e hanno immesso sul web il testo completo dei «Protocolli degli anziani di Sion», un falso antisemita della Russia zarista.
Il sito web del Fronte sociale nazionale riporta un appello filopalestinese all’Intifada che adotta un linguaggio tradizionalmente antisemita, antisionista e antiamericano, con riferimenti ostili al «giudaismo talmudico», alla «cupola plutocratica globale» (280) e con una stella di David insanguinata (281). Molti altri siti trattano il tema del cosiddetto omicidio rituale e l’accusa di avere versato il sangue; in altri invece il punto centrale è la negazione dell’Olocausto. Il sito web «Che fare», appartenente a gruppi dell’estrema sinistra, contiene elementi di antisionismo, di fondamentalismo filoarabo, di antiamericanismo, oltre a ricorrenti stereotipi contro gli ebrei, usati tanto in passato quanto ora: la lobby ebraica, il rapporto con la massoneria, il complotto internazionale, il potere economico mondiale in mano agli ebrei, gli ebrei circoncisi con il marchio del dollaro sono alcuni degli slogan più ricorrenti. E’ difficile appurare quante persone visitino questi siti web, perché le cifre riportate appaiono esagerate, dato che aumentano notevolmente in periodi di tempo troppo brevi per essere credibili. Tra il 20 e il 29 luglio Alfred Olsen, membro di una confraternita cattolica fondamentalista, che nega l’Olocausto ed è responsabile del sito web antisemita «Holy War/Tradizione Cattolica» ha fornito dei contributi al forum online del giornale La Stampa in nove diverse occasioni. Tali contributi combinavano teorie antigiudaiche e antisemite tradizionali su cospirazioni mondiali, e stereotipi antisionisti (282).
Ricerche
Tra le varie ricerche effettuate negli ultimi mesi (283), appare interessante fare riferimento a quella condotta dalla Ispo/ACNielsen CRA tra il 13 aprile e il 13 maggio, una parte della quale è apparsa sul Corriere della Sera (284) . La ricerca partiva dall’osservazione che le rigide posizioni su «chi ha ragione» e «chi ha torto» nel conflitto arabo-israeliano non facessero riferimento alcuno alle circostanze che hanno scatenato il conflitto. Ad esempio, meno della metà della popolazione italiana è informata sulle origini dello stato di Israele. Solo il 4% conosce gli eventi storici che hanno preceduto e che in qualche misura spiegano l’evoluzione del conflitto. Il livello di conoscenza non cambia significativamente con le diverse posizioni politiche, sebbene la disinformazione - sia nell’estrema destra che nell’estrema sinistra - sia maggiore rispetto ai sostenitori del centrodestra e del centrosinistra.
Esattamente un mese dopo questa ricerca, il Corriere della Sera ha pubblicato i risultati di un sondaggio effettuato all’inizio di aprile. Questo secondo studio ha rivelato una diminuzione nel numero delle persone che hanno dichiarato di non avere alcuna idea sulla situazione, mentre è rimasta stabile e si è consolidata l’opinione della maggioranza della popolazione, critica verso «entrambe le parti» per il conflitto, sebbene alcune persone del centrosinistra (l’11% contro il 6% complessivo) tendessero a incolpare del conflitto soprattutto Israele. Inoltre, nello stesso periodo di tempo sembra essere cresciuta la «simpatia» per lo stato ebraico, e ancora una volta ciò è legato all’orientamento politico delle persone intervistate.
Tra il 12 e il 14 aprile, uno studio ulteriore è stato condotto dalla Ispo/ACNielsen CRA mediante un campione di 5000 interviste telefoniche. I dati devono ancora essere elaborati appieno. Il sondaggio ha chiesto agli intervistati se gli ebrei italiani hanno delle caratteristiche comuni che li distinguano dal resto della popolazione: il 54% degli intervistati pensa ancora che gli ebrei italiani abbiano delle caratteristiche distintive, e il 68% ha citato come prova il rapporto particolare con il denaro, una mentalità e uno stile di vita diversi da quelli degli altri italiani. Inoltre un numero crescente di persone pensa che gli ebrei italiani non siano davvero italiani e che dovrebbero smettere di atteggiarsi a vittime di una persecuzione risalente a cinquant’anni fa. In particolare, secondo tali persone: essi dovrebbero parlare meno spesso dell’Olocausto; da vittime, oggi sarebbero diventati i persecutori nel conflitto arabo-israeliano; e la Giornata della memoria (27 gennaio) non dovrebbe essere dedicata solo al ricordo delle vittime della Shoah, ma anche a tutte le altre vittime delle persecuzioni del XX secolo (285).
La ricerca commissionata dalla ADL tra il 9 e il 29 settembre 2002, riguardante «Gli atteggiamenti europei verso gli ebrei, Israele e il conflitto israelo-palestinese» (Vedi tabella: Rapporto sul Belgio) ha assodato che gli intervistati italiani si collocano al secondo posto dietro gli spagnoli nella adesione ad alcune affermazioni antisemite. Dopo la Spagna (72%) l’Italia mostra anche il secondo maggiore gradimento per l’affermazione secondo cui «gli ebrei sono più fedeli a Israele che a questo paese» (58%), mentre il 42% pensa che «gli ebrei hanno troppo potere nel mondo degli affari», cosa che vede l’Italia con la Francia al terzo posto, dietro la Spagna e il Belgio (286).
Buone pratiche per ridurre i pregiudizi, la violenza e le aggressioni
Nei mesi precedenti il maggio 2002, le buone pratiche per combattere l’antisemitismo includevano molte iniziative volte a stimolare una memoria storica spesso fragile e carente, iniziative organizzate in tutto il paese in occasione della Giornata della memoria il 27 gennaio. La Giornata è stata istituita con decreto legislativo due anni fa. I sindacati hanno organizzato dibattiti pubblici e iniziative in molte regioni e province, dimostrando interesse per un dibattito che negli anni precedenti non aveva ricevuto molta attenzione all’interno del movimento sindacale. Nell’autunno 2002 ha avuto inizio nella regione Lombardia un programma di formazione che continuerà per tutto il 2003 e che coinvolge le scuole superiori di Lecco e i delegati sindacali delle imprese attive in quell’area. Verranno trattati temi inerenti l’antisemitismo, la Shoah e la dignità dell’uomo. Il titolo provvisorio è «Considerate se questo è un uomo», che riprende la famosa frase di Primo Levi. Cosa piuttosto innovativa in Italia, verranno organizzate visite ad alcuni luoghi simbolo dell’Europa, da Praga ad Aushwitz e a Mostar, compreso l’ex campo di concentramento nazista della Risiera di San Sabba a Trieste. Il video «Promesse» su racconti di bambini israeliani e palestinesi in guerra, le loro paure e le loro speranze al di là degli stereotipi tradizionali ha avuto un forte impatto sull’opinione pubblica: il video è utile per una comprensione equilibrata della drammatica situazione in Medio Oriente. Il video, cosa significativa, è stato distribuito insieme a uno dei principali settimanali italiani, l’ Espresso , e questo ha consentito la circolazione di molte più copie rispetto a quelle che sarebbero state vendute altrimenti.
Un’altra iniziativa volta alla riconciliazione dopo la divisione occorsa nei partiti di sinistra in seguito alla manifestazione del 6 aprile (vedi cronologia) è stata il concerto del 19 aprile al Colosseo organizzato dal sindaco di Roma, durante il quale alcuni cantanti israeliani e palestinesi si sono avvicendati sul palco.
La proposta del Partito Radicale di fare entrare lo stato di Israele nell’Unione Europa non pare aver suscitato l’interesse degli altri partiti politici. Questa proposta è stata anche sottoposta a tutti i consigli regionali, ma anche lì non ha raccolto molto consenso, né ha destato molta attenzione da parte dei media.
Sia in Europa che in Italia vi sono una certa quantità di siti web che affrontano le questioni dell’antisemitismo da una prospettiva storica, con una particolare attenzione alle leggi razziali in Italia e alle loro conseguenze. Esistono anche siti web creati specificamente per contrastare l’ondata di incomprensioni e rispondere agli attacchi a Israele da parte dei media, a volte con un certo spirito di parte, ma nell’insieme imparziali nel giudizio. Un esempio di tali siti è http://www.informazionecorretta.com/ che fornisce una vasta scelta di fonti. Un altro sito interessante e degno di nota è quello della Uil che, dal 23 maggio 2002, presenta un documento del dipartimento per la formazione della segreteria nazionale del sindacato, intitolato «Le scuole e la prevenzione dell’antisemitismo» (287).
Reazioni da parte di politici e di altri opinion leader
Un appello dello scrittore israeliano Abraham Yehoshua per una definizione chiara del confine tra Israele e Palestina, e che incoraggia il ritiro unilaterale di Israele, è stato firmato da importanti scrittori italiani di tutti gli schieramenti politici (288). Alcuni leader politici hanno condannato il tono antisemita delle manifestazioni, che avrebbero dovuto promuovere la pace o i diritti dei palestinesi (289). L’imam della comunità islamica italiana Abdul Hadi Palazzi mantiene contatti con la comunità ebraica italiana e predica messaggi di moderazione e amicizia nei confronti di Israele (290).
15 aprile: alcuni politici di entrambi gli schieramenti, sia del governo che dell’opposizione, hanno proposto un «Israele Day» da tenere a Roma; il direttore del quotidiano filogovernativo Il Foglio si è fatto promotore dell’evento. Circa 3000 persone hanno sfilato nel centro della capitale portando bandiere israeliane. Tra i partecipanti vi erano militanti di un’ampia gamma di partiti politici, che agivano individualmente senza curarsi delle loro appartenenze politiche.
25 aprile: durante la manifestazione per la giornata della Liberazione a Milano, a cui hanno partecipato circa 200.000 persone, il segretario generale del principale sindacato italiano, Sergio Cofferati, ha insistito sulla necessità di «combattere ogni revisionismo storico» (291).
Nel settembre 2002 Gianfranco Fini, vice-premier e leader di Alleanza Nazionale, l’ex partito fascista, in una intervista al quotidiano israeliano Haaretz concessa durante la sua visita in Israele ha chiesto scusa per le leggi antiebraiche promulgate in Italia. Egli ha detto di voler accettare la responsabilità storica dei crimini del fascismo e ha chiesto perdono al popolo ebraico (292).
Traduzione di Marina Impallomeni
Note
(253) Questo rapporto è basato su uno studio condotto alla NFP "Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti" [Cooperation for the Development of Emergine Countries] (Cospe), scritto da Alberto Cavaglion e Marcella Filippa. Le opinioni espresse non rappresentano la posizione della Cosp in materia masolo quella degli autori che se ne assumono l’intera responsabilità. Riferimenti bibliografici: Alberto Cavaglion, Ebrei senza saperlo , Napoli 2002 Gio rgio Israel, La questione ebraica oggi. I nostri conti con il razzismo, Bologna 2002; Elena Loewenthal, L’ebraismo spiegato ai miei fig li, Torino 2002; Gerald Messadié , Storia dell’antisemitismo. 2500 anni di dio e persecuzione, Casale Monferrato 2002; "Guerra santa in terra santa" in "Limes",n. 2 2002; Rapporto sull’antisemitismo in Italia, edito da Adriana Goldstaub (il rapporto è stato presentato al Congresso nazionale dell’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) del 20-23 giugno 2002; Pierre-André Tafueff, La nouvelle judeophobe, Paris 2002; B. Z. Goldberg, J. Shapiro, C. Bolado, Promesse (Promises), Usa 2000, 102’ (Oscar 2002 per il miglior documentario, presetato per la prima volta in Italia in allegato con L’Espresso , 6 iugno 2002).
(254) Adriana Goldstaub (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), paper presentato aal cogresso dell’Ucei, Roma 23 giugno 2002. Gli autori ringraziano Adriana Goldstaub per le informazioni ricevute.
(255) Vedi la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza, Second Rapporto sull’Italia, adottato il 22 giugno 2001, Strasburgo 2002.
(256) Vedi Juliane Wetzel, „Rechtsextremismus in Italien zwischen aussparlametarischer Opposition und politiscem Establishment" , in Joachim Born, Marion Steinbach, Geistige Brndstifter und Kollaborateure.Schrifkultur inder Romania, Dresda 1998, pp. 285-3011; vedi anche Franco Ferraresi, La destra radicale, Milano 1984.
(257) Anche nella stampa nazionale moderata, l’accusa di deicidio è emersa, JTA Global News Service of the Jewish People, 30 aprile 2002 (http//jata.org); vediancheNewYorkpost del 2 maggio 2002.
(258) The Coordination Forum for Countering Antisemitism, online, 14 gennaio 2002 (http//www.antisemitism.org.il/show.asp?/ID=736).
(259) The Coordination Forum for Counering Antisemitism, online, 24 gnnaio 2002 (http://www. antisemitism.org.il/showArticle.asp?ID=799).
(260) Informazioni del Cdec.
(261) Vedi rapporto mondiale sull’antisemitismo, 1999.
(262) La Stampa, 2 giugno 2002.
(263) Vedi Adriana Goldstaub (Centro di Documentazione ebraica contemporanea), paper presentato al Congresso dell’Ucei, Roma, 23 giugno 2002; rassegna stampa con stratti a La Stampa, corriere della sera, La Repubblica, L’Espresso.
(267) Ansa, 8 aprile 2002 (http://www.ansa.it/notiziari/mae/2002040822205832186479.html)
(268) Informazioni dal CDEC
(269) L’Espresso, 25 aprile 2002 (articolo di Sandro Magister)
(269) Il quotidiano del Vaticano, L ’Osservatore romano, parlò nella sua edizione del 2 aprile di una aggressione contro il popolo palestinese vicina a trasformarsi in uno sterminio; il giornale faceva anche riferimento alla congiura e al sacrilegio commessi da coloro che calpestano una terra che credeno essere la loro ma che, in realtà, appartiene a Cristo (vedi L’Osservatore romano 5 aprile 2002)
(270) Murray Gordon, The new antisemitsm in Western Europe, American Jewish Committe, ondine, p.3, ( http://www.ajc.org/InTheMedia/Publications.asp?did=618&pid=1412 )
(272) La Stampa, 3 aprile 2002; vedi The Boston Globe, 28 aprile 2002; Israel an Anti-Semites di Gabriel Schoenfeld, giugno2002 ( http://www.cdn-friends-icej.ca/antiholo/israel_ and .html )
(273) La Nazione, 2 maggio 2002
(274) Ruth E. Gruber, Eurpean Jews on high alert, Roma18 ottobre 2002, JTA (http:/www.cdn-friends-icej.ca/antiholo/highalert.html)
(275) Panorama, 12 aprile 2002; vedi Murray Gordon, The New-Antisemitism in Western Europe, American Jewish Committe, ondine, ( http://ww.ajc .org/ InTheMedia/Publications.asp?did=618&pid=142 )
(276) Vedi Adriana Goldstaub, (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), paper presentato al Congresso dell’Ucei, Roma, 23 giuno2002
(277) Nel novembre del 2201 , Haaretz accusa i tifosi italiani di essere i peggiori antisemiti in Europa, La Repubblica ondine, 4 novembre 2001; vedi anche express-online, 5 settembr 2001. In genrale vedi Eumc, Racism, Football and he Internet, Vienna 2002
(278) Vedi il manifesto , 2 aprile 2002
(279) Ibid
(280) Con questa parola si definiscono tradizionalmente gli alti esponenti dell’associazione mafiosa
(281) Vedi sui siti corrispondenti
(282) La Stampa ondine, Forum del 20-29 luglio 2002; vedi anche L’Espresso online, 29 luglio 2002; gli autori dell’articolo si chiedono perché La Stampa abbia pubblicato articoli così pieni di odio nei confronti degli ebrei
(283) Un sondaggio presentato dl Corriere della Sera nel gennaio del 2002 e relativo al 2001 mostra un netto incremento dell’odo contro gli ebrei rispetto ai risultati del 2000. Il 23% ritiene che "gli ebrei siano sgradevoli e non destino fiducia" (contro il 14% del 2000 ) . Il 75% egli italiani ritiene che la mentalità e le abitudini degli ebrei italiani siano diverse da quelle del resto della popolazione (contro il 50% del 2000). (http://www.antisemitism.org.il/showArticle.asp’ID=799)
(284) Gli autori dello studio e il direttore dell’organizzazione sopraccitata hanno gentilmente concesso alla NFP Italia di usarlo; vedi Gli ebrei? Non sono dei veri italiani , http://moise.sefarad.org/belsef.phd/id/369/
(285) Vedi i commenti sul Chicco Tribune-online , 7 aprile 2002 ( http://www.chicagotribune.com/news/showcase/chi-020407maelstrom1.story )
(286) ADL Survey "European Attitudes Towards Jews", ottobre 2002 (http: //www.adl.org/anti_semitism/EuropeanAtttudesPoll-10-02-pdf
(287) www.uil.it/uilscuola
(288) " Ebrei-Palestinesi creare un confine", in a Stampa, 31 maggio 2002
(289) European Jews wary as anti-Semitic attacks increase, Ap 4 maggio 2002 (http://group.yahoo.com/group/balkanhr/message/3961)
(290) World Jewish Congress, Policy Dispatches, No.83, settembre 2002 ( http://www.jc.org.il/publications/policy_dispatches/pub_dis83.html )
(291) La Repubblica online, 25 aprile 2002
(292) La Repubblica ondine, 13 settembre 20033; vedi anche http://www.antisemitism.org.il/showArticle.asp?ID=2874
Girodivite
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telematico e cartaceo, registrazione presso il tribunale di Catania
n.13/2004 del 14/05/2004. Redazione: via Antonino di Sangiuliano
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1.8.2.
ancora sull'antisemitismo dell'estrema destra italiana
by
paolo Wednesday, May. 24, 2006 at 3:22 PM
mail:
altri dati e cifre su questa piaga
ARCHIVIO FEBBRAIO 2006
LA SINDROME DEL
VINCENTE
L’odio per Berlusconi ha spinto
a formulare contro di lui le accuse più sgradevoli
e tremende: ma non tutti sono degli appassionati dello stile catastrofico.
Alcuni si limitano, con palese godimento, ad ironizzare sulla
sua vanità: è piccolo e vorrebbe sembrare alto;
è vecchio e vorrebbe sembrare giovane; dovrebbe essere un’istituzione
e non resiste alla tentazione d’apparire spiritoso. Fra l’altro,
si può aggiungere, essendo incapace di concepire la tetraggine
o la malafede altrui, si mette nei guai raccontando barzellette
a gente che manca del senso dell’umorismo. Dimentica che, come insegna
Molière, le premesse della tragedia e della commedia sono
le stesse: dunque è facile, volendo, leggere nelle sue storielle
empietà e crudeltà. Come del resto fece quell’esimio
esempio di virtù di Rousseau. Chissà quanti amici gliel’avranno
detto: ma Berlusconi non resiste alla tentazione di ottenere la
risata e l’applauso.
Tutto questo è stranoto.
Più interessante è dunque chiedersene la ragione:
come mai un uomo che veramente “non ha bisogno di chiedere” chiede
sempre simpatia? Come mai sorride costantemente e tende la mano
a tutti, persino ai suoi nemici? Un spiegazione potrebbe essere la
sindrome del vincente. Che sarà qui illustrata con un esempio.
Un quarantenne timido non aveva
mai corteggiato una donna e si era sposato solo perché
una donna ne aveva preso l’iniziativa. Era piccolo e grasso.
Stimato da tutti per le sue qualità, come maschio era in
disarmo. Poi invece s’innamorò d’una donna e lui che non aveva
saputo comportarsi da ragazzo quando lo era, per amore divenne
audace. Non solo corteggiò una signora molto più giovane
e sposata, ma smise di mangiare pur di dimagrire, cercò
di vestirsi meglio, ebbe l’impudenza di scrivere poesie, fece qualche
follia. Divenne un altro uomo ed ebbe successo. Comportandosi da perdente
aveva perduto, comportandosi da vincente aveva vinto.
La caratteristica del vincitore
è infatti la capacità di sperare nella vittoria e
di non dare per scontata la sconfitta. Neppure quella che
sembra inevitabile. Il vincente, se è povero e vuole
arricchirsi, è capace di fondare un’impresa con denaro preso
a prestito, se è brutto non si priva di corteggiare Venere,
che del resto i greci hanno fatto moglie di uno zoppo. Se gli cadono
i capelli non accetta il verdetto dell’età e procede al trapianto.
Se può sembrare più alto con dei tacchi un po’
più spessi, più giovane con una tintura per capelli
o con un po’ di cerone in più, non vede perché non
dovrebbe farlo. “I pessimisti non realizzano gran che, nella vita”:
l’ha detto Berlusconi. Il quale, nei confronti del successo, ha
la sfacciataggine di Don Giovanni. Costui non si privava di corteggiare
nessuno. Se ci avesse provato con la Madre Superiora, e se lei lo
avesse mandato al diavolo, lui poi in un orecchio vi avrebbe confidato
che tuttavia, una volta… E il bello è che avrebbe detto la
verità .
Berlusconi è
un vincente. Lo dimostra il fatto che non riesce a trattenersi
dallo scherzare. Applica la raccomandazione di Nietzsche per
cui il superuomo non deve camminare, deve danzare sulla corda.
E deve saper ridere. Mentre i molti, quando hanno raggiunto una
posizione preminente, mostrano tutta la prudenza di chi teme
di cadere dall’alto soglio, Berlusconi continua a fare il monello,
come se la distanza dagli altri fosse sempre tale da lasciargli
un grande margine. Dimostra un’immensa sicurezza di sé. Alcuni
l’hanno inconsciamente percepito e l’hanno accusato di arroganza
ma egli non è affatto arrogante: non ha bisogno d’arrogarsi
nulla, perché ha già tutto. È semplicemente capace,
come Cassius Clay, di saltellare sul ring con le braccia penzoloni:
perché sa d’avere una riserva di velocità che non concede
all’avversario nessuna possibilità.
Berlusconi può anche perdere
e magari perderà. Ma rimarrà un vincente paradigmatico:
perché non diviene mai calvo. Gianni Pardo giannipardo@libero.it
-1° marzo 2006 postCount('921219');«Per
i suoi rapporti con Israele la sinistra vada dallo psicanalista» Intervista de "Il Giornale" a Fiamma
Nirenstein
Quello della sinistra italiana
con lo Stato d’Israele è sempre stato un rapporto
ambiguo e spesso di aperta ostilità. Con Fiamma Nirenstein,
scrittrice ebrea, editorialista della Stampa, esperta di Medio
Oriente, ripercorriamo questo travagliato rapporto. Oliviero
Diliberto, segretario del Pdci, afferma di sostenere l’idea deiduepopoli
indue Stati. Eppure nella loro manifestazione è stata
bruciata la bandiera d’Israele e lo scontro con la comunità
ebraica è al calor bianco. Lei che ne pensa? «Occorrerebbe
da parte della sinistra una presa di coscienza maggiore della propria
storia e hanno anche bisogno di uno psicanalista». Lo
psicanalista? Perché? «Perché se a livello
consciopuò darsi che Diliberto non desideri affatto la distruzione
di Israele, nella storia della sinistra italiana, anche in
quella più recente, ci sono fatti che dimostrano che è
proprio la legittimità dello Stato di Israele ad essere messa
in discussione. È difficile negarloquandosi pensa cheunrapporto
con Hassan Nasrallah non risulta lesivo del concetto stesso
di esistenza di Israele. Nasrallah, nelle piazze libanesi, evoca
e desidera e costruisce concretamente, insieme all’Iran, l’idea
della distruzione di Israele. Per dimostrare di non prendere
parte a quello che è diventato un chiaro e presente pericolo
per Israele, bisogna sconfessare l’amicizia con gli Hezbollah
e Hamas. Diliberto nel 2004 fece visita agli Hezbollah e oggi
deve dire di essere contro quelle organizzazioni addestrate e armate
che si battono in maniera primaria e decisiva per la distruzione di
Israele ». Nei Ds però - è il caso di D’Alema - c’è
una linea morbida. «Quando D’Alema sostiene che Hamasnon è
una pura e semplice organizzazione terroristica vuol dire che non ha
mai visto un autobus saltato per aria con dei bambini morti, fatti a
pezzi. Su Israele meglio, molto meglio, le cose dette da Piero Fassino
e Francesco Rutelli». La sinistra però sostiene di nonessere
affatto anti-israeliana. «È una professione di innocenza
non rispettosa della storia. Se andiamo al 1967, dopo la guerra dei
Sei giorni, il Pci prese una linea fortemente anti-Israele, sulla scia
dell’Urss. Sull’Unità dell’epoca possiamo leggere una serie di
prese di posizione che non sono una critica alla politica di Israele,
ma ben altro. Ricordo un articolo che diceva di sostituire lo Stato
ebraico con quello palestinese, ricordo il licenziamento di Fausto
Coen da Paese Sera, ricordo Piero Della Seta sostenere la tesi dello Stato
bi-nazionale...». ... e se fosse stata solo una conseguenza di
una politica sinceramente terzomondista? «Esistevanoduesinistre.Daunaparte,
i comunisti legati all’Unione Sovietica che vedevano Israele
come la longamanusdell’imperialismomondiale e dell’America
in Medio Oriente. Dall’altra, quella legata al Pdup e al Manifesto,
che vedeva Israele comela creazione di un’ideologia, il sionismo,
che non si confà agli ebrei». Cioè? «Per
loro la creazione dello Stato di Israele è un errore della
storia, pensano che l’ebraismo ha in sé per sé un carattere
diasporico». Aproposito del Manifesto: Rossana Rossanda ha condannato
chi brucia la bandiera di Israele. «Questo mi convince che c’è
affezione segreta di una parte della sinistra verso Israele. Per loro
è il Paese in cui l’ideale socialista si realizza nel kibbutz,
è l’Israele che fa rifiorire il deserto. È qualcosa che
suscita in persone che hanno coscienza, come la Rossanda, un sentimento
di sacro rispetto». Una sinistra diversa da quella di Berlinguer?
«La sinistra ha fatto della questione israeliana una questione
primaria.Con Berlinguer ci fondarono la loro politica terzomondista
e molta parte del cattocomunismo che guardava acriticamente ai palestinesi
e chiudeva gli occhi sul terrorismo». AncheBettino Craxi era
terzomondista e filoarabo. «Certo,
ancheCraxi.Checercava giustamente di fondare una politica estera
diversa da quella comunista, ma dovendo mantenere un rapporto
con la sinistra, scelse di sacrificare Israele e gli ebrei. Sigonella,
l’amicizia con Arafat, furono un tributo che pagò alla sinistra».
Anche il mondo degli intellettuali italiani però è
sempre stato filoarabo. Eccezioni? «Ricordo Pasolini che nel
’67, dopo la guerra, diceva: “Leggendo l’Unità hoprovato lo
stesso dolore che si prova leggendo il più bugiardo giornale
borghese, per essere amici del popolo arabo bisogna aiutarlo a capire
la follia politica di Nasser”». Ieri c’era Pasolini, oggi
parlano in piazza migliaia di no global. «Queste alleanze
che si sono fatte nelle piazze sono preoccupanti se diventano
strategiche. C’è il rischio di riportare la sinistra su posizioni
arretrate» Intervista di Mario Sechi -
Il Giornale, 28 febbraio 2006 postCount('921239');Sanremo 2006:
in testa il mezzo capezzolo di Ilary
Ha avuto inizio l'edizione
n° 56 del Festival di Sanremo. Subito in testa il mezzo
capezzolo di Ilary, per il resto nulla di nulla. S'inizia
con Panariello al buio in occhio di bue a dire fregnacce,
si prosegue con Panariello alle prese con le solite insipide
scenette dell'ospite (John Travolta) che non viene riconosciuto;
la bella Ilary Blasi s'incarta sul possibile arrivo del
marito Francesco Totti e sfoggia i vestiti disegnati per lei da
Valentino, mentre Victoria Cabello pateticamente entra in scena
su una scala da aeroporto spinta a mano da due facchini
... le canzoni - si, a San Remo ci sono anche le canzoni - nessuno
se le fila ne tantomeno se le ricorda (per la cronaca, dopo la
prima serata per gli uomini in testa Michele Zarrillo, per le donne
Dolcenera, per i gruppi I Nomadi).
Se non fosse per quel capezzolo
galeotto, meglio una tombola con i nonni... . postCount('92199'); DEBORAH FAIT
Non è la prima
volta che ho la tentazione di parlare di Deborah Fait.
Se lo faccio ancora è perché questa donna, oltre
ad essere reale, è, per così dire, paradigmatica.
Spinge cioè a chiedersi se, in quanto personaggio,
sia condivisibile o no e perché.
Per chi non la conoscesse,
basterà dire che è un’israeliana di origine
italiana (se non sbaglio). È una donna che si è
data la missione di rispondere, nel confuso e non raramente
volgare bailamme di voci di internet, a tutti gli antisemiti,
che siano o no travestiti da anti-israeliani. Fin qui mancherebbe
la notizia, se non fosse per le armi che lei usa: infatti
a scelto di usare quelle dei suoi contraddittori. Loro sono volgari?
Lei risponde con la stessa volgarità. Lo sono aggressivi?
E lei li batte in aggressività. Quelli insinuano qualcosa?
Lei risponde chiaramente e mordendo. Ovviamente, in questo modo
è come se agitasse un drappo rosso dinanzi al toro ed è
oggetto di attacchi forsennati. Gli altri si lambiccano il cervello
per trovare insulti sanguinosi e, se possibile, nuovi ma con scarso
successo, dal momento che è probabile loro si stanchino
prima di lei. Perché loro sono antisemiti all’occasione,
Deborah conduce una battaglia e, come ogni buon soldato, non diserta
e non parla di stanchezza.
Lo spettatore neutrale
– neutrale almeno quanto allo stile – è dunque
indotto a fare alcune riflessioni. La prima riguarda la validità
degli argomenti usati. Poiché l’antisemitismo è fatto
fondamentalmente di pregiudizi, Deborah si presenta
allo scontro meglio armata degli altri. Le basta nel merito
citare la storia, i dati, i fatti. E anche se i suoi interlocutori,
spesso perché non sanno che dire, si mostrano scettici
od ironici, rimane che chi può citare avvenimenti, date,
nomi, statistiche, finisce con l’essere più convincente.
Per quanto riguarda
lo stile, personalmente non lo condivido e non sono
sicuro che sia il più efficace ma questo è secondario
rispetto ad una domanda che moltissimi sembrano porsi: è
suo diritto usarlo?
Una prima risposta
nasce dal passato. Gli ebrei, fino al 1948, sono stati
minoranza in tutti i paesi in cui sono vissuti. E in tutti,
essendo una minoranza a volte odiata ma costantemente guardata
con sospetto, hanno imparato a tenere un basso profilo, essere
umili e non dare nell’occhio. Questo non ha impedito i pogrom,
in Russia, ed è stato uno dei motivi per cui Hitler
disprezzava gli ebrei. Li considerava vili, incapaci di reagire
e di battersi. Untermenschen. A questa mentalità gli
ebrei storicamente reagirono prima con la battaglia del Ghetto
di Varsavia, poi con le guerre israeliane dal 1948. Dimostrando
così di essere non semplicemente combattenti, ma combattenti
straordinari, quasi mitici. Al punto che gli ignoranti reputano
naturale considerare guerrafondaio e militarista un popolo che,
per millenni, le legnate le ha solo subite e mai date. Con questo
background, non è strano che un ebreo possa aver voglia
di rispondere alla durezza con la durezza e all’insulto con l’insulto.
Per troppi anni non l’ha fatto e ne ha ricavato solo disprezzo. In Italia molto si spiega con una
sorta di evoluzione dell’opinione pubblica. Al momento della
nascita di Israele, l’Unione Sovietica fu favorevole
al nuovo Stato e nessuno in Italia era anti-israeliano. Poi,
per motivi di politica internazionale (e di legittimo interesse,
ovviamente), l’Unione Sovietica cambiò atteggiamento
e divenne incondizionatamente pro-araba. Per conseguenza i comunisti,
come sempre ossequienti alle posizioni della Casa Madre,
la seguirono come un sol uomo. Né hanno cambiato opinione
dopo che l’implosione dell’Unione Sovietica stessa, perché
che nessuno gli ha ordinato di cambiarla.
Questo fatto ha la
sua importanza. Una delle caratteristiche delle persone
di sinistra è quella d’essere talmente sicuri delle
proprie opinioni - e della propria superiorità morale
- da potersi permettere di giudicare gli altri. All’occasione
con severità ma ancor più spesso con disprezzo.
E poiché, ovviamente, sono convinti che gli altri hanno
torto e non sono neppure persone per bene, sono indignati quando
qualcuno gli risponde per le rime. Gli scontri con Deborah divengono
sanguinosi perché è come se un arcivescovo dicesse
ad un cattolico “Sei un peccatore e dovresti fare penitenza”
e il cattolico gli rispondesse: “Pensa ai tuoi peccati, che io
ben conosco e che sono ben peggiori dei miei”. Nello schema
mentale dell’arcivescovo c’è che quello che lui può
permettersi gli altri non se lo possono permettere.
In questo schema,
Deborah è il cattolico insolente che risponde
a muso duro all’arcivescovo, contestandone la finta autorità.
Per questo sorprende, irrita, indigna. Fa andare fuori
dai gangheri soprattutto coloro che il loro antisemitismo
più o meno nascosto l’hanno vissuto in serenità,
senza che nessuno li contestasse. Senza che nessuno gli mostrasse
le loro contraddizioni. Senza che nessuno sottolineasse la
profonda ingiustizia di molti dei loro atteggiamenti. A
questo punto si arriva alla rottura e si potrebbe pensare che
Deborah Fait non abbia concluso nulla. Ma una cosa avrà sicuramente
ottenuto: Ha detto in faccia all’arcivescovo che non ogni uomo
che incontra è una pecorella del suo gregge. E che probabilmente
si fa molte illusioni sulla superiorità della propria virtù. Gianni Pardo
giannipardo@libero.it postCount('92188');Massima del giorno
L'eroismo non vale più
della causa per cui agisce. G.P. postCount('92183');MOLLICHINE
"La serietà al governo".
Prodi la raccomanda perché a molti scappa da ridere.
La Lega araba ha esortato l'Ue
a finanziare Hamas. Lenin almeno parlava di pagarla, la
corda che gli avrebbe venduto l'Europa.
Musulmani contro cristiani, sciiti contro sunniti. E dire
che basterebbe conoscere un po' di latino: cuius
regio eius religio.
L'Iran finanzierà il
governo palestinese guidato da Hamas. È giusto
che chi vuole il terrorismo se lo paghi di tasca sua.
La Fallaci prepara una vignetta
su Maometto. Ci sarà da ridere, come disse quello
che non aveva capito niente.
Tehran, dodici milioni di abitanti,
Israele circa sei. Meglio non parlare d'annientamento.
Prodi rifiuta d'incontrare Berlusconi,
ma l'incontra se insieme con Fini e Casini. Un quintale
è pesante, tre invece...
Pera: "L'occidente difenda i
suoi valori, ma no alla guerra di civiltà". E chi
parla di guerra? Qui siamo al terrorismo.
Bush: "In Iraq qualcuno vuole
la guerra civile". Che intuito!
Una madre inesperta ha ustionato
il figlioletto. L'on.Dorina Bianchi (Dl) ne ha dato la
colpa a Berlusconi, che per giunta "fa finta di non vedere".
Eh sì.
La Fallaci, fotografata con
cappellaccio e occhialacci, vive nascosta a New York
e non riceve nessuno. Che sia Greta Garbo, in realtà?
"La serietà al governo".
Wladimir Luxuria for President.
Gianni Pardo postCount('92181');LA MOSCHEA DI SAMARRA
La maggior parte dei paesi islamici
ha regimi autocratici. Questo fa sì che in tanto si
può avere una manifestazione di piazza in quanto il
governo sia d'accordo, la ordini o almeno la tolleri benevolmente.
Infatti non si ebbero mai proteste sotto Saddam Hussein, che
pure sedeva su una polveriera religiosa e su una massa di sciiti
oppressi dalla minoranza sunnita. Quando il governo è democratico
moti di piazza per stupidaggini (come quelle per vignette vecchie
di mesi e che nessuno aveva notato) non se ne hanno. O se ne
hanno raramente e non in tanti paesi contemporaneamente.
Nei paesi che sono o solo sunniti
o solo sciiti una manifestazione religiosa è facilmente
volta contro gli "infedeli" (gli europei e gli americani).
I recenti scontri in Iraq - paese sciita e sunnita nello
stesso tempo - non si sono avuti perché il governo desiderasse
disordini - ché ne avrebbe fatto volentieri a meno - ma al
contrario perché dei terroristi hanno fatto leva sull‚odio
religioso per tentare d'innescare una guerra civile da cui (nelle
loro speranze) sarebbe nata una teocrazia sulla base della loro
setta, come avvenne in Afghanistan e come ha sempre predicato bin
Laden. Gli sciiti, a ciò spronati anche dalle loro prudenti autorità
religiose, avevano fino ad oggi stoicamente sopportato anni di attentati
da parte dei sunniti e dei wahabiti, magari collegati con al Qaeda:
ma la distruzione della moschea dalla cupola d'oro è andata
troppo oltre e s'è rischiato parecchio. I moti irakeni non sono
né anti-americani né anti-europei. E non sono neppure anti-infedeli.
Sono un accenno di guerra di religione.
Le conclusioni sono interessanti.
I moti di piazza non sono stati
spontanei. Certo, la folla non sarebbe così volentieri
scesa in strada se non ne avesse già avuto voglia: ma
questo può anche significare che le autorità abbiano
desiderato canalizzare il malcontento della popolazione indirizzandolo
contro obiettivi esterni e lontani. E non si sono avuti moti
in Iraq perché esso è una democrazia.
Noi "infedeli" dovremmo guardare
a tutto questo fuoco di paglia con estremo distacco.
Non è vero che siamo colpevoli di quelle violenze. Non
è vero che ne siamo stati la causa scatenante. Non è
vero che chi attacca la Moschea di Samarra lo fa in nome dell'indipendenza
dell'Iraq, che ha già un governo liberamente eletto e
da cui gli americani non vedono l'ora di andarsene.
(ale tap, 24.02.05) postCount('92101');L’ANTICOMUNISTA
VISCERALE
L’intelligenza è spesso
misurata con test logico-matematici: purtroppo, i problemi
che pone la vita non sono logico-matematici. Il risultato
è che a volte di fronte ad un problema semplice, addirittura
elementare, il soggetto non riesce a vedere la soluzione. O,
più esattamente, è come se chiudesse gli occhi per non
vederla. La sua intelligenza è capace di mostrare la
via da seguire ma il resto della personalità, in particolare
l’affettività, non intende seguire quella via: e dunque
non la vede. La persona innamorata ad esempio ha dell’oggetto del
suo amore una visione che nessun altro condivide e tuttavia rimane
del proprio parere. Le critiche altrui sono semplicemente malevole.
O invidiose. E l’opinione dell’innamorato non rimane scalfita neanche
dal fatto che persone evidentemente disinteressate manifestino le
peggiori perplessità.
Questo accade anche in politica.
Qui le convinzioni maturate costituiscono un ostacolo
insormontabile e ognuno vede qualunque fatto nuovo non com’è
ma come immagina debba essere. Ogni cosa deve rientrare nel quadro
precostituito. L’uomo di destra, essendo convinto che i politici
di sinistra siano in malafede o, per bene che vada, poco intelligenti,
vede tutto ciò che fanno o dicono come negativo. Se apprende
una loro intenzione che sembra plausibile, come primo istinto
ha quello di chiedersi dove sta il trucco e che cosa gli è
sfuggito. Se poi è anche stupido, sarà facilmente disposto
a credere al primo movente deteriore che riuscirà ad ipotizzare:
perché il marcio non può non esserci. Se infine non
potrà negare che “i comunisti” per una volta intendano fare
qualcosa di buono, rimarrà convinto che o non lo faranno o lo
faranno a costi esorbitanti. Tanto da far rimpiangere la loro inattività. Lo stesso avviene a chi ha convinzioni
di sinistra. Per ogni nuova legge ci si chiede cui prodest
e se si riesce a stabilire un qualunque collegamento con
Berlusconi, per quanto fantasioso, si dice che è una
legge ad personam e nociva per i cittadini. Il procedimento
è del resto facile: dal momento che le leggi si applicano a
tutti, se il Parlamento vara una legge che favorisce i fabbricanti
di scarpe l’uomo di sinistra non si chiede se sia una legge buona
o cattiva, si chiede se Berlusconi fabbrichi scarpe o abbia fra i
suoi parenti un fabbricante di scarpe. È come per gli americani.
Se si interessano di un paese in cui c’è il petrolio non ci
sono altre indagini da fare: agiscono per il petrolio. Poco importa
che, nel caso dell’Iraq, spendano infinitamente di più
di quanto starebbero ricavando (e da che cosa?); poco importa che
il petrolio irakeno, se lo comprano, lo comprano al prezzo degli altri:
c’è il petrolio e questo spiega tutto. Ragionamenti
che hanno la sottigliezza di un cavo d’ormeggio.
Un caso particolare e interessante
è rappresentato dagli anticomunisti viscerali anziani.
Per una volta, qui non è vero che in medio stat virtus
. Chiunque abbia seguito a lungo la politica ha avuto modo
di vedere che nel mondo comunista tutto è sempre stato
subordinato al partito. Proprio tutto: anche la prosperità,
anche la verità, anche la vita umana. Ha visto i
comunisti applaudire la repressione della rivoluzione ungherese
e l’invasione della Cecoslovacchia. Li ha visti cantare le lodi
di quel Mao che ha fatto morire di fame milioni di cinesi.
Li ha visti sostenere i tiranni che hanno oppresso tanti popoli
per tanti decenni. Li ha visti negare l’evidenza, sostenendo che
il Muro di Berlino era fatto per tenere fuori gli occidentali e non
per tenere dentro gli orientali. Il Moloch dell’ideologia comunista
ha deviato le menti fino ad indurre a crimini più incomprensibili
di quelli di Hitler. Questi era disposto ad uccidere il resto
della popolazione mondiale per far trionfare il Herrenvolk ma Pol
Pot ha voluto uccidere metà del suo stesso popolo in nome
di un’ideologia! E lo ha fatto.
Dopo mezzo secolo di conferme
ininterrotte i liberali anziani hanno sviluppato una
diffidenza totale. Hanno avuto ragione troppe volte, in troppe
occasioni, in troppi contesti per non essere convinti della
fondamentale doppiezza morale - o dell’incapacità di vedere
la realtà - dei comunisti e dei loro simpatizzanti.
L’anticomunista viscerale
è afflitto da un roccioso pregiudizio ma il rischio
è che un pregiudizio confermato dai fatti per settant’anni
ed oltre si chiami esperienza.
Gianni Pardo giannipardo@libero.it
- 24 gennaio 2006 postCount('92100');Do You Remember
Mauro Mellini?
"Sono andato all’Ergife
all’assemblea dei Riformatori Liberali, i Radicali
che hanno rifiutato la brutta pantomima del matrimonio con
quel certo Boselli di quel certo Sdi, con relativo conferimento
in date dalla gloriosa ed, ahimè, da oltre un decennio
dismessa “Rosa nel pugno”. Lontano dalla cosiddetta politica
attiva e da competizioni elettorali dal 1992 e dedito,
oramai ad un impegno politico diverso e monotematico (ma centrale),
quello sulla giustizia, ho inteso e intendo dare una mano,
anche con una candidatura, a quanti, rimasti fino a ieri con
Pannella, hanno aperto gli occhi di fronte alla sciagurata ed oramai
definitiva liquidazione del patrimonio radicale consumata con
l’ingresso nell’Unione di Prodi. Forse ha avuto per me un effetto
determinante vedere quel tale Boselli agitare con un sorriso radioso
la rosa nel pugno, quella rifiutata a Craxi (Bettino), che era
Craxi. Mi venne fuori una battutaccia, in verità molto volgare
ed irripetibile. Ma il pensiero era ed è quello. Lasciai il
Partito Radicale qualche tempo dopo il congresso di Bologna, che ne
sancì lo scioglimento e la fuga nella metapolitica. Anzi, a dire
il vero, ne fui espulso nel senso di essere messo in condizione di non
poter più avere dialogo vero con i miei compagni. Non seppi mai
i particolari del discorso di scomunica che Pannella pronunziò
nei miei confronti a Trieste, nel corso di un consiglio nazionale in partenza
per la Slovenia (il partito, oltre che transpartito, era divenuto transnazionale!),
perché lo pronunziò in francese (noblesse e transnazionalità,
oblige, anzi, obbligava), lingua che non parlo, mentre mi sembrava
di non poter condividere il gusto del ridicolo mettendomi la cuffia
della registrazione simultanea per sentire quel che Marco poteva
avere da dirmi. In realtà, il partito era
stato bistrattato e messo in condizione di non operatività
da molto tempo. Il successo del 1979 fu stravolto e vanificato
portando alla Camera sì Leonardo Sciascia, ma ahimé,
Pio Baldelli, Mimmo Pinto, Marco Boato, la Macciocchi.
Alle successive elezioni era stato portato a rappresentare
i radicali Toni Negri e poi ancora, nel 1987, anziché Tortora,
eletto con ampio margine in tre circoscrizioni avanti a Pannella
alle precedenti europee, nientemeno che il generale Viviani,
Azzolino, etc. Poi il voto perpetuo di castità elettorale
dei radicali “in quanto tali”, la dispersione del gruppo parlamentare.
Risultato: quando nel 1992 si profilò la crisi del consociativismo
ed iniziò il golpe di “mani pulite”, i radicali non c’erano
in Parlamento a difendere la funzione e la dignità contro
la sua stessa sindrome autodistruttiva (abolizione dell’immunità
parlamentare, etc..). C’era un gruppo di “antiproibizionisti” che
con l’antiproibizionismo, benché cosa seria, si baloccava Pannella,
come si baloccò e fece baloccare tanti deputati che gli diedero
retta con le famose autoconvocazioni alle sette del mattino e relativi
aggiornamenti per…mancanza del numero legale. Credo che quello squagliamento
radicale di fronte al golpe abbia avuto effetti assai gravi ed
irreversibili sugli eventi di allora e, di conseguenza, sulla situazione
politica di oggi e abbia rappresentato un autentico sbandamento
in campo aperto ed una “diserzione di fronte al nemico”. Ma l’entrata
nell’Unione di Prodi è qualcosa di assai peggio: è il
“passaggio al nemico”.
Il cosiddetto centrosinistra
è, infatti, la naturale alleanza (con soci
palesi ed occulti, ma non troppo) tra gli autori del golpe
in prima persona (che, del resto, sono quelli che hanno suonato
la tromba della riscossa dopo la sconfitta del 2001), i loro
mandanti, i beneficiari del golpe, gli autori delle dilapidazioni
e delle depredazioni del patrimonio pubblico, rappresentato
dalle partecipazioni statali “privatizzate”, dei collitorti del
monopolio culturale-mediatico cattocomunista. In una parola,
l’Unione è la miscela di tutto ciò contro cui si sono
battuti i radicali in quella che è stata, finché c’è
stata, una loro coerente e dura battaglia antiregime. Certamente
nei due schieramenti vi sono eccezioni, equivoci, incongruenze in
ordine a questo dato centrale: quello di una parte che rappresenta
e sostiene il golpismo, gli interessi ed i poteri “forti”, le
prevaricazioni istituzionali (non solo della magistratura) e
l’altra, quella che, bene o male, al golpismo si è opposta,
delle prevaricazioni istituzionali è stata obiettivo e vittima,
che si è messa di traverso al golpe, che contrasta gli interessi
dominanti, i padroni della stampa, i terminali politici di tutti i
corporativismi residui e di nuovo conio. Ma l’alternativa è questa,
questi sono gli schieramenti. Non vi è rimedio alla diserzione
del 1992 (e seguenti), ma c’è rimedio al passaggio al nemico,
consumato con la rottura di quel balordo voto di castità elettorale
per andare in soccorso di quel Boselli ed il suo Sdi (i socialisti
che non furono degnati di un’incriminazione dai golpisti) ed a portare
acqua al mulino di Prodi e compagni, che macina quel che macina. Della
Vedova, Taradash, Calderisi, Palma meritano tutto il nostro appoggio
e lo avranno, per quel che potrà valere. Il loro successo sarà
prezioso per il Paese e per la libertà."
Mauro Mellini postCount('9299');Massima del giorno
Bisogna torcere il
collo al passato perché abbiamo una sola vita,
finché dura: e si chiama presente. G.P. postCount('9239');MOLLICHINE
Il Vaticano ha parlato
di esigere reciprocità con i musulmani. Insomma
meritiamo lezioni di uso degli "attributi" da chi ha fatto
voto di non usarli.
Luciano Violante: le
idee politiche dell'ayatollah Khatami sono "molto
simili all'idea italiana di democrazia". Italiana o sua
personale?
Il programma dell'Unione
necessita di 3 legislature per essere realizzato:
le prime due serviranno a leggerlo (Un "forumista", R.T.M,
su "Capperi.net").
Marco Rizzo ha partecipato
alla sfilata pro-Palestina ma non ha sentito i cori
10,100,1000 Nassiryah. Non c'è peggior sordo...
Gianni Pardo giannipardo@libero.it
postCount('9238'); L'erbivoro
Il leone mangia la
gazzella senza scrupoli: è un carnivoro e solo
così può sopravvivere. L'essere umano invece può
scegliere. Diversamente dal leone è onnivoro e se vuole
può permettersi d'essere vegetariano. Questo fenomeno,
col progresso e la pace, si è amplificato fino alla
patologia. L'Occidente è divenuto infantile, imbelle,
pauroso e anzi prono ai dettati della madre superiora.
È imbelle perché,
dopo sessant'anni di pace, si culla nell'illusione
che la guerra non potrebbe mai riguardarlo. La considera
una barbarie di tempi lontani, facile da esorcizzare demonizzando
le armi e privandosi di una difesa efficace. Non è raro
udire politici che considerano uno spreco qualunque somma
spesa in armamenti.
Stranamente, mentre
non ha paura della guerra, l'uomo dei paesi prosperi
ha paura di tutto il resto. Ha paura della scienza, del
progresso, delle grandi opere civili, dei cibi prodotti dall'industria,
del buco nell'ozono, dello scioglimento dei ghiacci polari,
della mucca pazza e dell‚influenza aviaria. Ha paura di
tutto e non impara a difendersi da nulla: se non con la fuga,
come un erbivoro. Infatti non solo tende a rifiutare la legittima
difesa, e l'impegno civile e virile che essa richiede, ma reagisce
alle minacce e alle violenze offrendo doni e chiedendo scusa anche
per ciò che non ha fatto. Emblematico il comportamento nei
confronti dei moti di piazza islamici quando non dei terroristi.
In Occidente l'uomo
ha dimenticato la propria responsabilità d'adulto.
Vuole avere il diritto di vivere spensieratamente come un adolescente,
tanto alla sua vecchiaia deve pensare lo Stato. Uno Stato
che deve anche curarlo gratis se sta male, gli deve dare un
sussidio se perde il lavoro, deve dargli una casa e proteggerlo
anche se lui non fa nulla per difendersi. Molti addirittura
proclamano il proprio orrore all'idea di rispondere alla violenza
con la violenza.
Una volta si parlava
di Stato Provvidenza, oggi si chiede lo Stato Mamma.
Un'entità che non solo si occupa dei nostri bisogni
di base ma ci obbliga a indossare la cintura di sicurezza
in auto e il casco in motocicletta. Manca solo che ci raccomandi
la maglia di lana in inverno e ci canti la ninna nanna la sera.
Le masse di straccioni
del Terzo Mondo che gridano ed agitano il pugno
ci fanno paura perché non sapremmo come affrontarle.
Le vediamo come i bambini vedono gli adulti.
Gianni Pardo
giannipardo@libero.it - 22 febbraio 2006 postCount('01423');VOGLIA
DI ATTENTATO
Ieri sera, sul
tardi, saltando in tv con il telecomando da Matrix
a Porta a Porta, mano a mano che le immagini
e le parole raggiungevano i titoli di coda ho percepito
una strana senzazione di disagio massmediologico dovuta
al futuribile attentato islamico da imputare alla maglietta
di Calderoli che i vari interlocutori di sinistra (da Pecoraro
Scanio e Franceschini) sembravano richiamare e strategicamente
annunciare. Abyssus
abyssum invocat... vuoi vedere che... cp, 21
febbraio 2006 postCount('0140923');Bella Ciao
per i terroristi palestinesi
Settimana di fuoco in
Italia. Settimane di fuoco, quello vero quello che ammazza,
brucia, distrugge, in tutto il mondo islamico. Morti a Bengasi,
morti in Nigeria, morti in Pakistan, cristiani e non musulmani
ammazzati senza pieta' con ogni scusa, anche la piu' cretina
perche' loro, gli assatanati, non hanno bisogno di motivi seri
per ammazzare, e' il loro passatempo preferito.
Uno si chiede legittimamente
: ma non lavorano mai questi qua, ma i giovani non
vanno mai a scuola? Evidentemente no e lo si nota dal loro
livello socioculturale. Nell'ANP, per poter mandare i bambini a
manifestare contro le famose vignette che nessuno di loro avra'
visto, hanno chiuso le scuole di ogni ordine e grado e li hanno
mandati a urlare "morte all'occidente, morte a Israele, morte
all'Italia, morte alla Danimarca, morte all'Europa". Morte a tutti
insomma, chissa' se l'Unione Europea si e' sentita in imbarazzo nel
vedere le sue sedi distrutte e saccheggiate a Gaza , a Ramallah,
a Jenin, dopo aver mantenuto per anni questi parassiti urlanti.
Nessuno ha detto una parola, hanno
paura anche di parlare gli europei.
Mi dicono che la gente
normale in Italia e' incazzata nera contro questi assatanati
ma navigando su internet si leggono quasi sempre giustificazioni
e le condanne sono tutte per l'Occidente: colpevoli
i giornalisti danesi, colpevole , da condannare praticamente
all'egastolo il ministro, anzi l'ex ministro, Calderoli per
essersi sbottonato due bottoni della camicia sotto cui
si intravvedeva qualcosa.
Quel gesto inconsulto
e' stato la fine anzi l'inizio di un nuovo incubo
nell'incubo gia' in atto , il casino totale, tutti a chiedere
scusa agli assatanati, Berlusconi che si mette in ginocchio
davanti a un terrorista assassino come Gheddafi, prelati
che si strappano le vesti, la sinistra che gongola e approfitta
per fare campagna elettorale gettando fango sul governo,
la comunita' ebraica che esprime solidarieta' all'islam sempre
a causa dei due bottoni slacciati dal ministro e a questo
punto mi piacerebbe sapere se la comunita' islamica ha espresso
solidarieta' agli ebrei per il ragazzo ebreo torturato
a Parigi per settimane e poi ucciso bruciandolo vivo.
Ditemi, lo hanno fatto?
Forse che la comunita' islamica di tutta Europa ha
mai solidarizzato con gli ebrei per tutti i loro morti, per
gli slogan antisemiti, per le migliaia di vignette antisemite,
per le aggressioni a cittadini innocenti?
Lo chiedo perche' mi
sembra addirittura impossibile che la dhimmitudine
degli italiani, ebrei e non, arrivi a questi livelli di autoumiliazione,
di rispetto di se' : zero, di orgoglio: zero, di dignita':
zero.
Mentre, a causa della
indubbia cretinata di Calderoli, gli italiani si
strappano le vesti e non sanno piu' a chi genuflettersi e
Fini corre in moschea, ecco che a Roma viene organizzata una
bella e grande manifestazione pro Hamas, ecco che
in testa al corteo si vedono gli amici dei terroristi, Diliberto,
Rizzo e altri kam...kompagni, tutti a cantare a voce spiegata
Bella Ciao.
O caspiterina e cosa
c'entra il Bella Ciao con i palestinesi?? Ahhhh giusto
...si son svegliati e han trovato l'invasor.....beh, ognuno
ha il suo punto di vista a seconda di come gliela raccontano
pero' non mi vengano a cantare anche l'ultima strofa i signori
comunisti italiani, i signori kamerati..ooops pardon...
kompagni...non mi vengano a cantare " mi seppellirai lassu'
in montagna, sotto l'ombra di un bel fior" perche' i palestinesi
le uniche montagne che hanno sono quelle delle immondizie
e del fior nemmeno il miraggio, li hanno bruciati tutti i fiori,
signori kam..kompagni. Comunque gli slogan urlati da questa
gentaglia erano della piu' grande sconcezza, indecenti
come al solito, come solo la loro anima nera sa esprimersi
"«Dieci/cento/mille Nassiriya». «Sabra
e Shatila/ strage falangista/ è Ariel Sharon/ il vero
terrorista». Oppure: «I popoli in rivolta/ scrivono
la storia/ Intifada/ fino alla vittoria».
Mentre i piu'
urlavano queste porcherie, altri avanzi di galera si
dedicavano all'incendio di bandiere, quelle solite , l'americana
e l'israeliana. Ma dove le trovano tutte queste bandiere
da bruciare? Se le fanno preparare a casa dalle mamme e dalle
fidanzate?
Calderoli dunque
si e' dimesso, mossa sbagliata che comporta l'istantanea
calata di brache del governo italiano, e a questi deputati,
capi di partito che vanno a cantare Bella Ciao per i terroristi
palestinesi, che hanno formato piu' di una generazione di
odiatori di Israele e di razzisti , a questi figuri cosi' loschi e
beceri nessuno chiede di dimettersi e di andare a vendere kebab
a Gaza?
Questa manifestazione
indecente pro terroristi si svolgeva mentre
Governo italiano, comunita' ebraica, clero cattolico,
esprimevano la propria solidarieta' a quelli che sventolavano
le bandiere verdi dell'islam, le bandiere palestinesi
imbevute di sangue ebraico e che urlavano il loro
odio contro Israele e contro l'occidente come solo i seguaci
dei figli di Satana sanno fare..
Non c'e' speranza, loro
vinceranno.
Voi continuate a farvi
del male.
In questo quadro desolante
della povera, tremolante Europa, una bella notizia
arriva dall'Austria , David Irving ha chiesto scusa agli ebrei,
ha ammesso di essersi sbagliato e adesso chi glielo dice
a tutti quei giovani che si sono imbevuti di antisemitismo
leggendo i suoi libri di "storia"?
Ha detto anche di essere
annoiato e cosi' gli hanno dato tre anni di galera
per farlo divertire un po'.
Tre anni! Pochi per
il male fatto ma meglio di niente.
Deborah Fait
- informazionecorretta postCount('171091');E' MORTO LUCA COSCIONI La notizia è stata data in diretta
a Radio Radicale da Marco Pannella. Luca Coscioni, leader
dell'Associazione Coscioni,
che comunicava grazie a un sintetizzatore vocale, è
stato un simbolo della battaglia per la libertà
di ricerca scientifica. Obiettivo portato avanti dall'Associazione
che ha il suo nome, fondata il 20 settembre del 2002,
schierata in prima linea contro il divieto di ricerca sulle
cellule staminali embrionali.postCount('014081'); Madamina, il catalogo
è questo
"Mai afferriamo
l'essere umano - ciò che egli significa - se
non in modo ingannevole: l'umanità si smentisce
sempre, passando repentinamente dalla bontà alla
bassa crudeltà, dal pudore estremo all'estrema impudicizia,
dall'aspetto più affascinante al più
odioso. Spesso, noi parliamo del mondo, dell'umanità,
come se vi fosse una qualche unità: in effetti,
l'umanità compone dei mondi, vicini secondo
l'apparenza ma in veritàestranei l'unoall'altro." Georges
Bataille, L'Histoire de l'érotisme - 1976
Edition Gallimard postCount('01409');SENZA PAROLE
Foto scattata il 20 febbraio
2006 all'ingresso del supermercato Coop di Fidenza.
postCount('01499');Censura o
mitomania??
Beppe Grillo crede
che la Cina (?) abbia censurato la sua immagine.
Lo scrive nel suo
blog e i suoi fedelissimi (centinaia di migliaia se
si tratta di contarli sulla rete, poche decine quelli presenti
al primo raduno nazionale de Gli Amici di Beppe Grillo...
potrebbe vantarne di più Maria De Filippi (Gli Amici di
Maria De Filippi), ossia "il marito di Costanzo", come dice
Grillo, sulla cui simpatia non si discute, subito gridano allo
scandalo.
Ma si tratta davvero
di censura??
Il post in italiano
supera i 1400 commenti, quello in inglese (da notare
che beppegrillo.it è di default in inglese: del resto
Grillo ricorda spesso che il suo blog è uno dei più
visitati del mondo) ne ha al momento soltanto 2 (e mediamente
i commenti ai post in lingua inglese sono 5-10: è uno
dei blog più visitati del mondo e così pochi stranieri
vi inseriscono commenti?): tuttavia, il primo
commento è molto interessante (e controtendenza): Most occidental
people is censured on that site. Why do you think
you are SO important that the Chinese government is directly
targeting you?
Grillo certamente
non risponderà (non risponde quasi mai ai visitatori
del suo blog, non dialoga con loro) e allora l'unico
modo per avere una risposta attendibile è seguire
lo stesso consiglio di Grillo: Provate anche voi.
Ho provato (basta
andare in Google immagini nella versione cinese, ndr)
e mi sono accorto che Grillo è un mitomane. Dal sito
La
Rivoluzione . postCount('01429');IL FESTIVAL DELLA
FRUSTRAZIONE
È
noto che cinquantamila persone in uno stadio hanno
un livello mentale di bambini di otto-dieci anni:
al punto che lo stesso codice penale ha previsto un’apposita
attenuante per chi commette un reato facendo parte
di una “folla in tumulto”. Questo fenomeno è sfruttato
dai demagoghi i quali, se riescono a dire le parole che la folla
sperava di sentire, possono essere certi del successo.
Da quel momento hanno una turba disposta a seguirli e perfino
a combattere per loro. Il fatto è talmente noto che è
inutile stare a citare i grandi manipolatori di masse, da Alcibiade
a Mussolini e Hitler.
Una folla
incollerita che grida contro qualcuno o qualcosa,
magari per una ragione futile come un rigore negato,
può fare paura. Nondimeno, essa è terribile
solo a partire dal momento in cui qualcuno la organizza
e soprattutto la arma. Finché rimane informe e dilettantesca,
una carica di polizia, una bella semina di gas lacrimogeni
ed eventualmente qualche colpo d’arma da fuoco, magari in
aria, possono facilmente averne ragione. Ci sarà qualche
contuso, qualcuno finirà al pronto soccorso, ma la
domenica finisce, domani è lunedì e si torna al lavoro.
Diverso
è il caso quando la folla diviene massa di manovra,
quando qualcuno l’inquadra fino a farne una macchina
da guerra. È questa la differenza fra la Hitlerjugend
e le masse islamiche. I giovani hitleriani erano
il vivaio delle future SS, sarebbero andati volontari sotto
le armi e sarebbero stati il ferro di lancia di uno Stato
moderno, bene armato, ben guidato e capace di vittorie strabilianti.
Le masse islamiche invece, sia per il loro spaventoso livello
d’ignoranza, sia perché i capi dei loro paesi mai
si sognerebbero di dar loro delle armi, mimano la violenza
senza essere in grado di esercitarla. Né in quel momento
né dopo. La folla che applaudiva Hitler avrebbe dovuto
fare paura e non ne fece abbastanza, le folle islamiche, anche
se bruciano qualche automobile o qualche bandiera, dovrebbero
fare sorridere: non hanno i mezzi per comportarsi male.
Ma francamente nessuno ha voglia
di sorridere e si ha piuttosto voglia d’avere spiegazioni.
Le più probabili sono rinvenibili nell’ambito
del mito. Il fenomeno “glorioso” ha una sostanza e dei simboli.
Un centravanti diviene un campione internazionale per
come gioca, e questo è il fatto; poi c’è la sua maglietta
e il suo numero e questi sono i simboli. I bambini vorrebbero
giocare come il loro eroe ed è evidentemente impossibile:
però è possibile indossare una maglietta col nome
e il numero del campionissimo e con questo, simbolicamente,
divenire lui. Il bambino vive in parte nella realtà
(“Non posso giocare come il campione”) e in parte nel mito
(“Posso indossare la sua maglietta e dunque appropriarmi magicamente
delle sue capacità”). È questa la ragione per
cui Yasser Arafat, che non ha mai avuto un esercito, andava sempre
in giro in divisa militare.
Le masse
islamiche si ubriacano di odio e di minacce contro
l’Occidente. Promettono sfracelli che non potranno mai
attuare; sofferenze che non potranno infliggere; vittorie
che non potranno mai ottenere. I palestinesi che non sono
stati in grado di battere Israele con l’aiuto di tutti i paesi
arabi (1967), ora che sono soli e disarmati promettono di
eliminarlo. Sfilano con tute mimetiche, si coprono il volto come
per difendere l’anonimato delle loro eroiche gesta, scuotono
gli AK47 o magari sparano in aria. Come se tutto questo potesse
fare impressione ai carri armati israeliani.
In questi
giorni lo schema di comportamento palestinese si è
allargato al mondo intero. Qualcuno, mesi dopo la loro
pubblicazione, ha soffiato sul fuoco attizzato da qualche
vignetta sconclusionata ed ora ci sono dovunque violenze
di piazza, contro i danesi, contro gli europei e soprattutto
contro gli americani. È il festival della frustrazione.
E infatti a Teheran, che rischia d’avere l’atomica, non
ci sono state manifestazioni.
In un
mondo in cui la televisione ha raggiunto il mondo intero,
gli islamici vedono ogni giorno quanto più ricchi,
più liberi, più forti sono gli occidentali:
e non riescono a sopportarlo. Avere continuamente sotto
gli occhi il successo del proprio vicino (Israele, in
primo luogo!), paragonato col proprio fallimento e la propria
miseria, e non poterci fare nulla, giorno dopo giorno, può
rendere folli di rabbia. Il bambino è geloso del giocattolo
dell’amichetto e cerca d’impossessarsene od anche semplicemente
di romperlo. Gli occidentali tendono ad avere paura della
violenza islamica ma non pensano che il rischio è solo quello
di qualche attentato. Gravissimo per chi lo subisce personalmente,
certo, ma del tutto ininfluente dal punto di vista della grande
politica.
La folla
islamica grida la propria autostima per nascondere
la propria frustrazione; grida terribili minacce
per compensare il sentimento della propria debolezza;
grida il proprio odio per ciò che vorrebbe avere
e non può. Gianni Pardo giannipardo@libero.it - 20
febbraio 2006 postCount('01408');TI A' PIACIATO?!! "Se nessuno di voi spara qualche colpo, se mi
assicurate che non avete un cannone in tasca, se non
tenete nascosto un dirigibile con un paio di bombe,
se non fate sternuti e non avete mangiato legumi, io esco...
dalle trincee! In ogni modo mi raccomando, là ad Allah,
figlio d'Aa-lllah e di Allallarallallarallà!
Ma ometto di raccomandarmi a Maometto gran profeta, figlio
di Feta, autore della profetosità mussulmana, col
muso nelle mani, anzi nelle otto mani, per farci scappare
con otto piedi! Il nostro programma è eroico: coraggio
e... scappiamo!" Ettore Petrolini, 1915 postCount('090119');Massima del giorno
Molta gente
crede che la rivoluzione sia un tipo di vestiario. G.P.
postCount('090109');DIFESA DI MARCO
FERRANDO
Marco Ferrando
non sarà candidato da Rifondazione Comunista.
I grandi partiti dell’Unione si sono vergognati di lui e hanno
fatto pressioni. Tuttavia le sue tesi (ricavate dall’intervista
televisiva a Maurizio Belpietro) non sono affatto deliranti.
Da molto tempo esse sono sostenute dalla maggior parte della
sinistra e l’unico torto di Ferrando è d’averle affermate
senza eufemismi.
Egli descrive
ad esempio l’Iraq come un paese sottoposto ad occupazione
e per questo parla del “diritto di resistenza a queste
forze di occupazione, un diritto universalmente riconosciuto
e assolutamente sacrosanto”. Qui ha ragione: le truppe
americane e dei loro alleati sono truppe di occupazione dal
momento che effettivamente occupano il paese in seguito ad una
vittoria militare. Dove sbaglia è però nel non considerare
che queste truppe hanno grandemente migliorato la situazione
di quello stesso paese, sicché è difficile chiamarle
“occupanti” e basta: noi abbiamo chiamato liberatori gli
alleati anglo-americani quando hanno invaso l’Italia nel 1943-45.
Il discrimine non è che un esercito invada un paese,
ma che il paese invaso l’approvi o no. Nel momento in cui gli
irakeni legittimano con libere elezioni un governo che è
giunto al potere come conseguenza della caduta di Saddam Hussein
(e votano perfino i sunniti), gli occupanti non sono più
tali: sono alleati che collaborano alla ripresa del paese. Non
diversamente da come avvenne in Italia, in Germania e in Giappone.
Qualcuno chiamerebbe occupanti gli americani della base di
Sigonella?
Ferrando
sbaglia, si è detto: ma è il solo? La sinistra,
per puro antiamericanismo, e per dichiarare che in ogni
caso la vicenda irakena è stata un disastro, ha
sempre sostenuto che il terrorismo è aumentato a causa
della guerra e che quelli che il centro-destra chiama terroristi,
sono “insorti”, “ribelli”, “resistenti” (con ovvio accenno
alla Resistenza antifascista), e via dicendo. Ferrando, se
sbaglia, non sbaglia da solo. L’unica sua colpa è di dire
ad alta voce e coerentemente quello che gli altri dicono per
via di allusioni e solo quando gli conviene.
Magari nel fuoco di un dibattito
televisivo.
Poi Ferrando
parla dei “crimini e [del]le brutalità delle
truppe di occupazione inglesi nei confronti di bimbi iracheni”,
e commette due errori: primo, non ci sono stati crimini
ma solo brutalità; secondo, non nei confronti di
bimbi (i bimbi hanno meno dei sei anni), ma nei confronti
di adolescenti che avevano prima aggredito i soldati a colpi
di pietra. Il rifondarolo trova il tempo di parlare di questo
e non trova l’occasione per parlare delle decapitazioni
in diretta di persone colpevoli soltanto d’essere americane? E
tuttavia non ci se ne può stupire. Questo è il modo
in cui la sinistra considera i fatti. L’Unità è forse
più scrupolosa?
Dopo avere
detto che “sappiamo come muoiono gli italiani”, Ferrando
scrive: invece “sappiamo poco su come muoiono gli iracheni
sotto il piombo delle truppe italiane”. Questa espressione
è peggio che tendenziosa. Essa suggerisce che gli italiani
sparino facilmente e indiscriminatamente contro la popolazione
civile irachena. Cosa non vera. Ma la sinistra sostiene
che gli italiani sono lì per fare una guerra e una guerra
si fa sparando. E non è colpa dei soldati se ormai
non c’è più un esercito irakeno e sono costretti
a fare il tiro a bersaglio sparando sui civili. Almeno, questo
è ciò che pensa Ferrando: ma non è il solo.
Né
può stupire l’attacco a D’Alema, chiamato “un
ex presidente del Consiglio che ha bombardato la Serbia
con l'opposizione di Rifondazione comunista e che oggi
chiede a Rifondazione comunista di depurare i candidati
che sono coerentemente contro la guerra”. Qui Ferrando
ha interamente ragione. Se si è irenisti, se la guerra
è sempre ingiustificata, perfino quella in difesa dell’incolpevole
Kuwait invaso, come si può accettare che si vadano
a bombardare dall’alto i civili, come avvenne in Serbia? Quell’azione
fu certamente più di guerra di quanto non sia l’<occupazione>
italiana dell’Iraq.
Il vangelo
dice che se il nostro occhio ci è occasione di
tentazione è meglio strapparcelo e andare in paradiso
orbi che con tutti e due gli occhi all’inferno. E Origene
si castrò. La Chiesa ovviamente disapprovò quel
gesto ma l’errore fu quello d’aver preso il Vangelo alla
lettera. Ferrando è – nella sinistra - un personaggio
come Origene. Gianni
Pardo giannipardo@libero.it - 18 febbraio 2006 postCount('090108');MAGLIETTE SATANICHE Povero Calderoli. Domani -scommettiamo?-
i giornali l'incolperanno di 11 o 12 morti. Pure
Berlusconi s'è incazzato per via di quella invisibile
vignetta stampata sulla maglietta della salute,
portata in TV sotto giacca e camicia (vedi foto). «Pentito?
Ma stiamo scherzando?» ha commentato a caldo
il ministro «Attentati e violenze di matrice
islamica sono cominciate molto prima di qualunque maglietta».
«So che a me potrebbe anche succedere qualcosa
- ha proseguito Calderoli - ma bisogna reagire
a questa situazione. Non ci prendiamo in giro, l'attentato
alle Torri Gemelle ci sono state prima delle eventuali provocazioni
e la mia maglietta voleva essere proprio una segnalazione
del rischio che proviene da quel mondo».
Insomma,
ora sembra accertato: scoreggi al tg3, crolla
un palazzo dall'altra parte del mondo e ti danno pure la
colpa. Che tempi signora mia, che
tempi! cp, 17 febbraio 2004 postCount('090104');STUPRO GRATIS.
O QUASI
O yes:
se stupri la figliastra di 14 anni e lei non è
vergine puoi cavartela con poco. Così ha sentenziato
la Terza sezione penale della Cassazione, accogliendo
il ricorso dello stupratore. I danni sono più lievi,
hanno stabilito i dotti signori. Perché in questo caso
la personalità della vittima, «dal punto di
vista sessuale, è molto più sviluppata di quanto
ci si può normalmente aspettare da una ragazza
della sua età». La minorenne in questione,
poi, è vissuta in un ambiente socialmente degradato
e in tal caso – chi non lo capirebbe? – essere stuprate non
è poi la fine del mondo. Come bere un bicchier d’acqua,
praticamente. Mi viene da pensare alla mia amica A., stuprata
a 11 anni da un amico di famiglia (l’aveva portata nel bosco
con la scusa di andare a funghi. E mentre si tirava su i pantaloni
ha trillato giulivo: «Guarda che bel fungo! Questo lo
porto alla mia bambina, chissà come sarà contenta!»).
Ecco, ad averlo saputo, qualcuno se la sarebbe potuta tranquillamente
fare a dodici anni, certo di poter godere di un bel po’ di attenuanti.
Tanto lei, ormai, dal punto di vista sessuale era molto più
sviluppata di quanto ci si potrebbe normalmente aspettare da una bambina
di seconda media. Non si osa poi immaginare cosa potrebbe accadere
se la ragazzina stuprata, oltre a non essere vergine, indossasse per
giunta un paio di jeans (a proposito: a pronunciare la famosa sentenza
in base alla quale se la ragazza indossa i jeans non c’è stupro,
era stata la Terza sezione penale della Cassazione: la stessa dell’immonda
sentenza di oggi: non ci sarà per caso del marcio lì
dentro?). Potrebbe apparire scontato, a questo punto, scagliarsi
contro l’insensibilità maschile. Ritengo tuttavia doveroso ricordare
il giudice donna che alcuni anni fa in Canada ha emesso l’oscena
sentenza di condanna a UNDICI MESI nei confronti di un arabo
che aveva sodomizzato la figliastra di nove anni, con la motivazione
(non sono riuscita a trovarla in internet, ma posso citarla a memoria
con assoluta precisione, tanto mi è rimasta scolpita nella
memoria) che «in tal modo ha preservato la verginità della
bambina, ritenuta particolarmente importante nella sua cultura».
E non credo servano ulteriori commenti. dal blog di Barbara.
postCount('505012'); Foto scattate
ad una manifestazione a Londra da Eyal Mizrahi
postCount('505011');LA RISERVA MENTALE
La caratteristica del programma dell’Unione è
la riserva mentale. Per essa in teologia s’intende,
secondo il Devoto-Oli, una “limitazione mentale
di quanto si dichiara, si promette, si giura”. Come se si
chiedesse a qualcuno: “Hai preso tu, oggi, quel denaro?”
e quello rispondesse: “No”, ma pensando: “Oggi non l’ho
preso, l’ho preso ieri”. In passato la validità del procedimento
fu dibattuta a lungo ma qui interessa passare dal piano
etico a quello giuridico.
Giuridicamente, la riserva mentale è semplicemente
una bugia. Se assicuro che un determinato oggetto
“è d’oro”, e preciso mentalmente che “è
d’oro in superficie”, sono semplicemente colpevole
di truffa in commercio. Perché il diritto non guarda
alle parole ma a ciò che si è fatto credere all’acquirente.
Il programma dell’Unione è dunque giuridicamente
inefficace perché caratterizzato da troppe riserve
mentali. È scritto in modo che ciascuno ci
possa leggere ciò che gli interessa e possa non vedere
ciò che ci possono leggere gli altri. Ognuno può
interpretare ciò che vi è scritto (essendo vago) o
ciò che non è vi è scritto come corrispondente
alle proprie intenzioni. L’esempio inevitabile è
la Tav. Secondo Ds e Margherita la Tav è prevista in
quanto si accenna alle grandi comunicazioni, mentre secondo
l’estrema sinistra essa è esclusa “tanto è
vero che nel programma non se ne parla”. Chi ha ragione?
Domanda sciocca: il programma è scritto in modo che
non si possa decidere chi ha ragione.
Quando i contraenti firmano un contratto che permette
molte riserve mentali è come se non lo
firmassero: infatti nessuno assume degli impegni.
Il programma dell’Unione, atto di obbedienza formale
alla nuove legge elettorale, è uno specchietto
per le allodole. Serve solo a dire che si è firmato
un programma mentre si è solo firmato soltanto un
documento in base al quale domani accusarsi reciprocamente
di malafede. L’Unione spera così di vincere le elezioni
ma i rischi sono evidenti.
Innanzi tutto, gli stessi elettori possono accorgersi
– se non strizzano gli occhi per non vedere
– che un vero programma non esiste. Molte cose non
ci sono, molte altre sono vaghe, dei progetti più nobili
non si indicano i mezzi per realizzarli. Per non parlare
del patetico programma di lotta all’evasione fiscale
come fonte di grandi finanziamenti. E poi la realtà
è incontournable, non la si può aggirare. Ciò
su cui oggi si sorvola domani tornerà imperiosamente
a ripresentarsi. Sicché i partiti che si saranno
impegnati su una data posizione con i loro elettori saranno
costretti o a smentirsi o a mettere a rischio il governo.
E se per alcune cose, per non urtare nessuno, basterà
non far nulla, per altre l’inazione sarà impossibile.
Potrà affrontare i suoi problemi e sopravvivere
decentemente un’Italia governata da una coalizione litigiosa
e dalle posizioni inconciliabili, tenuta insieme solo dalla
voglia di potere?
Le premesse sono pessime. L’Italia è la casa
di tutti e di questo stato di cose non c’è proprio
ragione di essere contenti. Poco importano le idee
politiche di ognuno e solo uno stupido può augurarsi
di vedere il proprio nemico nel fango, se nel fango ci
trascina anche lui. Gianni Pardo giannipardo@libero.it -
16 febbraio 2006 postCount('081098');Putin, Hamas
e la danza del ventre.
A
volte uno si fa prendere dalla disperazione perche'
sembra di sbattere contro un muro di gomma.
Dopo
la vittoria di hamas che avrebbe dovuto aprire gli
occhi ai piu' a dimostrazione del nazismo che anima
i palestinesi,
dopo
aver sentito dire da quattro imbecilli che le elezioni
sono state un esempio della democrazia palestinese
come se bastasse votare per essere una democrazia,
come se la democrazia non fosse un processo socio-culturale
completamente assente nei nazipalestinesi, come se queste
elezioni non ricordassero quelle altrettanto "democratiche"
che portarono Hitler al potere nel 1933,
dopo
aver sentito i nazisti di hamas dichiarare che mai
riconosceranno Israele e che la Palestina sara' un
unico paese sotto la legge della sharia in cui gli
ebrei ancora vivi potranno vivere come dhimmi,
Dopo
tutto questo, che non e' altro che il proseguimento
della quarantennale politica di morte palestinese
perche' nulla e' cambiato dai tempi dell'OLP,
quale e' la preoccupazione dei media italiani? I soldi!
I
soldi che qualcuno ha minacciato di non dare piu' all'ANP
quando andranno al governo i nazisti.
Pero'
erano nazisti anche Arafat e l'OLP e allora dove
sta la differenza? Mah, forse nel fatto che questi
ultimi si dichiaravano comunisti, quindi nazicomunisti
laici, fratelli dei loro colleghi europei, molti corpi
ma un'anima antisemita sola.
Sono
preoccupatissimi dunque i giornalisti italiani,
che sentono ancora vivo questo fraterno legame, che
Israele e USA tentino di isolare i terroristi, che
l'Europa trovi le palle necessarie per non pagare il
pizzo mensile di milioni di euro e che alla fine i palestinesi
non ricevano il miliardo di dollari all'anno che
gli serve per finanziare il terrorismo.
Stringi
stringi si capisce che anche i nazisti di hamas
suscitano la simpatia dei media , quasi quanta ne suscitava
Arafat, in assoluto l'idolo del giornalismo italiano.
La
storia si ripete: Abu Mazen li aveva lasciati orfani,
cosi' grigio, anonimo e privo di personalita', avevano
nostalgia del raiss diabolico che li riempiva
di baci umidicci, di odio per gli ebrei, di regali, di
sceneggiate e soprattutto di speranza, la solita antica
speranza che riuscisse a far fuori Israele e che gli facesse
scorrere l'adrenalina nelle vene al pensiero che il
sogno comune si avverasse.
Non
devono preoccuparsi i nostri cari giornalisti poiche'
Putin il cosacco ha gia' invitato hamas a Mosca e
le nazioni piu' schiave degli arabi , Francia e
Spagna, insieme alla miglior ballerina di danza del ventre
del mondo , Kofi Anan, appoggiano la decisione russa e
sono gia' la' che aspettano con le bave alla bocca di poter
abbracciare i barbuti figli di Satana.
Putin
rinnova il ruolo dell'URSS che accolse a braccia
aperte Arafat e l'OLP quando dichiaravano di voler
distruggere Israele facendo si che il comunismo mondiale
ne seguisse l'esempio e isolasse completamente lo Stato
ebraico.
Quarant'anni
fa Arafat, oggi Mashal e la parola d'ordine e'
sempre quella che mette in moto l'adrenalina: Israele
a morte. Il cosacco dalla fredda faccia
da gestapo non solo apre a hamas ma sta armando l'Iran e la
Siria, mettendosi chiaramente contro la comunita' internazionale
che , debole e fiacca, non reagisce ne' contro Putin
ne' contro Teheran, Damasco e hamas se non emettendo
spaventati e timidi guaiti con la coda fra le gambe e dicendo
che si, hamas al potere cambiera', non sara' piu' un' organizzazazione
terrorista ma un governo responsabile.
L'occidente
insomma crede nelle favole e passivamente permette
alle nazioni che meglio ballano la danza del ventre di
guidare la politica internazionale.
Le
cose dunque si stanno facendo interessanti e credo
che nel giro di un paio di mesi Hamas avra' credito
in tutta Europa, raccontera' agli idioti che il desiderio
di distruggere Israele non fara' piu' parte del suo programma
politico....in attesa di tempi migliori, i naziislamici
palestinesi si trasformeranno in agnellini per ricevere i
soldi e l'Europa glieli dara' felice lanciando occhiatacce
di rimprovero a Israele e alle sue proteste. Dopodiche' hamas
si riciclera' in uno dei tanti gruppi terroristici e sotto
altro nome continuera' tranquillamente gli attentati in
attesa della risolutiva bomba iraniana.
E
l'Iran che fa? per distrarsi prepara un concorso di
vignette sbeffeggianti l'Olocausto, ne hanno gia'
pubblicate alcune che hanno suscitato la simpatia
e l'ilarita' di Francesca Paci, giornalista della Stampa,
la quale scrive soddisfatta che le vignette in questione
sono rivolte alle colpe e alla cattiva memoria di
Israele e qui mi spiazza perche' non so a che colpe e a
quale cattiva memoria si riferisca la signora che alla fine,
al limite del codice penale, auspica che lo sbeffeggio antisemita
sulla Shoa' trovi seguito :
"Chissà
che la loro provocazione contro Israele non venga
raccolta e pubblicata da altri giornali australiani
o brasiliani".
Che
la mamma dei cretini sia veramente sempre incinta?
Pare proprio di si.
E'
incintissima sia in Italia che e all'estero.
In
Inghilterra, mentre l'islam brucia, distrugge, ammazza
tutto quello che e' occidentale nel medio e estremo
oriente, la "creme de la creme" britannica, la prestigiosa
Universita' di Oxford ha deciso di boicottare ...indovinate
ancora una volta...vogliono boicottare forse l'Iran
o la Siria o l'ANP o l'Indonesia, le Filippine, l'Egitto???
Ma
no, ma cosa pensate , l'unica nazione che la "creme
de la creme" britannica boicotta e' naturalmente
Israele!
Commenti?
Nessuno. Solo una forte nausea. Deborah
Fait - Informazionecorretta postCount('0430');COOPPERI!
"L’intreccio tra giunte di sinistra, coop rosse e
DS è una verità scomoda alla sinistra.
In Emilia Romagna i colossi della cooperazione rossa,
cinghia di trasmissione delle amministrazioni di sinistra,
hanno creato di fatto un monopolio occulto nella gestione
degli appalti pubblici.
Chi vive in Emilia Romagna conosce bene gli effetti
di questo sistema esclusivo ed illiberale dove i
finanziamenti più ingenti e gli appalti pubblici
più importanti seguono un’unica direzione. Senza
considerare il mare magnum delle consulenze, degli
incarichi e delle commesse milionarie nel campo dei servizi
affidate dalle giunte di sinistra ai soliti noti giganti
della cooperazione rossa. La vicenda Unipol ha portato
alla ribalta nazionale solo uno dei tanti casi che testimoniano
il fitto e consolidato intreccio di interessi tra coop rosse,
amministrazioni di sinistra, partito della quercia e affari.
Un sistema di potere politico e finanziario che da
anni si è allontanato dai propri scopi mutualistici,
pur godendo ancora di enormi agevolazioni fiscali.
Un sistema che continua a produrre utili attraverso
S.p.A. create "ad hoc" da pool di cooperative per aggiudicarsi,
in regime di monopolio, gli appalti più ricchi
erogati dalle giunte di sinistra. Non è un caso
che in questo sistema di scatole cinesi le carriere di partito
si intersecano quasi sempre con quelle dei vertici delle cooperative
rosse e delle giunte DS. E’ questo sistema illiberale
e clientelare, che finanzia solo chi si muove a sinistra,
che Forza Italia continuerà a combattere per garantire
un futuro di libertà e di sviluppo all’Emilia Romagna
e al nostro Paese”. On. Isabella
Bertolini. postCount('008080');TUTTI GLI
INTERESSI DI PRODI SULLA TAV
È stato prima garante, poi “controllore” dell’Alta
Velocità Roma-Napoli, diventata business malavitoso
La storia
che vorremmo raccontarvi - di miliardi, appalti,
politica, camorra e processi - è piuttosto
complessa, tanto che ha ben due date di inizio: 7
agosto 1991 e 23 gennaio 1992. È complicata anche perché
è ancora in pieno svolgimento e peserà sulle
nostre tasche fino al 2040. Si tratta, tanto per intenderci,
dell’affaire Alta Velocità.
Tranquilli, non vi parleremo di Val di Susa e di
proteste valligiane. Piuttosto, facciamo un tuffo
nel passato raccontandovi una vicenda torbida che vale
la pena non dimenticare. Perché ha molti addentellati
con il presente e perché “qualsiasi grande scandalo
dell’era di Tangentopoli impallidisce di fronte a questo
assalto predatorio che alcuni esperti hanno valutato nell’astronomica
cifra di 140mila miliardi di lire”, come scrivono Ferdinando
Imposimato, Giuseppe Pisauro e Sandro Provvisionato ne Corruzione
ad Alta Velocità (Koiné, pp. 192, 14,46 euro),
testo dal quale desumiamo parte dei fatti che andiamo a esporvi.
Partiamo, appunto, da due date. La prima, il 7 agosto
1991: nasce Tav spa, società a capitale misto
pubblico e privato (un mero artificio per “ingannare” l’Europa:
lo Stato sborsa il 40% dei finanziamenti, ma “garantisce”
anche il 60% appannaggio dei privati; la parte “privata”
era poi perlopiù costituita dalle allora banche di diritto
pubblico...). Ha un obiettivo: costruire in Italia quasi
900 chilometri di linee per treni ad alta velocità (nelle
tratte Torino-Milano-Padova, Milano-Napoli e Milano-Genova),
con una spesa prevista di 26.180 miliardi. Quindici anni dopo,
ai giorni nostri, i cantieri sono ancora aperti e, quando mai l’opera
sarà completata (quando mai?), verrà a costarci
circa 80 miliardi di euro, quasi 160mila miliardi di lire: più
di sei volte tanto (la società Tav indica invece costi complessivi
per 44 miliardi di euro: “solo” tre volte tanto). La tratta Roma-Napoli,
l’unica già in funzione anche se mancano ancora i 20
chilometri finali verso Napoli, è costata ufficialmente
12mila miliardi di lire! Secondo stime, pagheremo tutti questi
debiti fino al 2040 a un ritmo di 2 miliardi e 300 milioni di
euro all’anno. Un quadro desolante. Ecco,
sapete chi è stato il “garante” di questa bella
fregatura? Romano Prodi. (...) Per proseguire clicca qui. Carlo Passera, La Padania postCount('0260');L'equivoco Radicale,
una lunga storia di indecisioni tra Stato e liberalismo
Che fine faranno i radicali? Ma soprattutto: che
fine faranno quegli aneliti liberali che di tanto
in tanto avevano saputo introdurre nel dibattito
politico italiano, pur tra mille arlecchinate e scioperi
della sete “A staffetta"? E’ legittimo chiederselo ora
che l'alleanza con Prodi e l'abbraccio con i socialisti stanno
spingendo il gruppo pannelliano ad enfatizzare gli elementi
più solidaristi e gauchisti della loro tradizione
(comunque sempre ben presenti: basti pensare alle storiche
campagne per aumentare gli aiuti di Stato al Terzo Mondo).
Tutta una serie di equivoci culturali paiono oggi venire
enfatizzati dall'alleanza con lo Sdi, e quindi dall'inevitabile
riesumazione di quel filone liberalsocialista che certo
nulla può avere a che fare con un'ispirazione rigorosamente
liberista: volta a ridurre il peso dello Stato, potenziare l'autonomia
della società civile, tagliare tasse e presenza pubblica
in ogni ambito. La decisione di Pannella e Boselli di trovare
un terreno comune nell'anticlericalismo, per giunta, sta producendo
effetti evidenti. Invece che domandare la fine della scuola
di Stato ed il passaggio ad un mercato dell'educazione, oggi
la Rosa nel pugno è impegnata nella difesa dell'istruzione
pubblica: che è scelta occasionalmente anche laicista
(data la forte presenza di scuole cattoliche in Italia),
ma soprattutto che è opzione statalista, mirante a rafforzare
quelli che Louis Althusser chiamava “gli apparati ideologici dello
Stato”. Qualche proposta liberale
e liberista, di tanto intanto, emerge ancora.
L'idea di eliminare gli ordini professionali è
tra queste. E però un peccato che tutto ciò venga
affogato entro un generico appello alla cosiddetta
"agenda Giavazzi", la quale include una vera minaccia
per il nostro sistema economico e per le nostre libertà
individuali. Mi riferisco all'idea di introdurre un reddito
di cittadinanza, che sostituisca il caos degli attuali ammortizzatori
sociali (mobilità e cassa integrazione), attribuiti
in maniera del tutto discriminatoria e sulla base di pressioni
politiche e sindacali. La situazione attuale è indifendibile,
ma è pure evidente a tutti che se davvero introducessimo
un sistema di welfare "alla danese" quello appunto che Giavazzi
ha prospettato sul Corriere dello Sera la spesa pubblica
esploderebbe e ogni incentivo a lavorare verrebbe meno. Un
reddito di base garantito e per tutti avrebbe l'effetto di
far schizzare verso l'alto il nostro tasso di disoccupazione.
Come ha saggiamente sottolineato non certo un libertario radicale,
ma un politico di consumata esperienza come Massimo D'Alema, il
reddito di cittadinanza farebbe moltiplicare per sette volte la
spesa pubblica in materia di sostegno a quanti non hanno un lavoro.
Sarebbe liberale, tutto ciò? Farebbe diminuire la pressione
fiscale? Allargherebbe gli spazi di libertà e di possibilità
di intrapresa? Favorirebbe nuovi investimenti? Non proprio. Il guaio
atavico del movimento radicale, allora, è una certa confusione
di idee sulle questioni cruciali: il rapporto tra individuo e Stato,
tra libere comunità e scena pubblica, tra mercato e dirigismo.
Anche se si sono spesso presentati come "libertari", in realtà
i radicali hanno ereditato dalla tradizione risorgimentale (dalla
destra storica fino all'azionismo) un senso dello Stato che i libertari
non hanno, nè possono avere. Per Pannella ed i suoi, lo Stato
italiano rappresenta una realizzazione importante sulla strada delle
libertà e della laicità. Quando la società
ottocentesca era cattolica e bigotta, le lame dei Savoia
avrebbero avuto il merito di avviare un processo di decnistianizzazione
del Paese. I liberali ed i libertari guardano lo Stato in
altro modo. Per loro, nella migliore delle ipotesi è
un male necessario, ma per molti è addirittura un male che
si potrebbe estirpare senza problemi: aprendo ogni settore ad una
vera concorrenza tra agenzie private in concorrenza. Non vi è
vero liberale, comunque, che abbia considerato necessario e doveroso
respingere ogni retorica patriottarda ed ogni appello ad esportare
con le armi i propri valori e i propri principi. In tema
di tasse e spesa pubblica, inoltre, i liberali sono sempre e pregiudizialmente
avversi all'idea di usare i soldi delle imposte per "aiutare"
qualcuno: si tratti di un disoccupato di Frosinone o di una povera
famiglia keniota. Non è egoismo o indifferenza, ma semplicemente
comprensione del fatto che la libertà di un uomo è anche
libertà di tenersi i propri soldi, e diffidenza di fronte ad
ogni potere. Può apparire strano, e perfino bizzarro,
ma l'anomalia dei radicali non va cercato nelle candidature
di Cicciolina e Toni Negri. Di fronte alla tradizione
occidentale del liberalismo, i radicali sono "eccentrici"
perché come (gli stessi socialisti, ora uniti sotto
lo stesso tetto) sono eredi dell'Italia di Machiavelli e Mazzini,
di Giovanni Giolitti e Giuseppe Lombardo Radice. Quanto vi
è di meno liberale nell'animus radicale è riconoscibile
nel loro vivere la militanza politica, le istituzioni ed
i simboli dello Stato come tratti di una "religione civile":
di una fede totalmente secolare che per forza di cose finisce
per entrare in conflitto con le altre fedi e comunità.
E che produce, manco a dirlo, esiti del tutto
illiberali. Articolo di Carlo Lottieri per
L'Indipendente. postCount('009041');Nomisma, o
del lavaggio fatto in casa
Chi ricorda che Nomisma, la società fondata
dal vincitore delle primarie dell'Unione, ha ricevuto
per la campagna elettorale del 1996 150 milioni
di finanziamento da parte della Parmalat di Calisto
Tanzi?
Prodi si dimise dalla presidenza alla vigilia
delle elezioni del 1996, ma proprio per quella
operazione ricevette due finanziamenti ¨in contanti¨.
Centocinquanta milioni passarono per le mani di
Gianni Pecci, direttore generale di Nomisma e poi chairman
di Cirm. Altri finanziamenti vennero effettuati prima
del fallimento Parmalat. Tanzi entrò come socio in
Nomisma.
Libero e Notizie.parma.it ricostruirono i passaggi
chiave: "Per evitare la legge contro il riciclaggio
vennero aperti due conti correnti a San Marino,
uno intestato a me, l'altro a Gorreri (nel consiglio
di amministrazione Parmalat, passato poi alla presidenza
della Banca Monte Parma e arrestato il 19 gennaio 2004, ndr)
, racconta Tanzi nei verbali. Da Monte Parma venivano travasati
i soldi che servivano ad alimentare i due conti clandestini
di San Marino. Nella lista dei politici figurava anche
un altro importante leader del centrosinistra: ¨Abbiamo
dato soldi anche a Massimo D'Alema¨ che venne pagato ¨attraverso
Marco Minniti¨. Queste elargizioni, secondo la ricostruzioni
di Calisto Tanzi, passarono anche attraverso l'interessamento
di Pierluigi Piccini, presidente della Fondazione Monte
dei Paschi di Siena e, attraverso un altro canale raggiungevano
pure la Fondazione Italiani Europei, ideata dallo stesso
D'Alema. Ma destinatario di premurose attenzioni fu anche
l'ex ministro dei Trasporti, Pierluigi Bersani...". Nomisma è la
società di consulenza aziendale fondata da Romano
Prodi nel 1981 "sotto l'ala protettrice" di
Nerio Nesi, l'industriale poi diventato presidente
di BNL, ex socialista lombardiano, poi cossuttiano.
E' molto interessante la lista dei circa 100 azionisti
della società di Prodi. A parte Mediolanum, probabilmente
inserita da Milano per controllare ciò
che si succede in quel di Bologna, la composizione
degli azionisti spiega il 100% delle mosse economico-finanziarie
di Prodi e dell'Unione. A partire da BNL e PARIBAS,
la banca che ha recentemente salvato la Banca Nazionale
del Lavoro, a continuare con Banco Bilbao Vizcaja
Argentaria S.A., i finanzieri spagnoli che, dopo aver contrastato
la scalata Unipol, si sono gentilmente fatti da parte
per lasciare campo libero all'operazione francese, che
noi continuiamo a considerare degna di turpiloquio e ipocritamente
silenziata come "cosa buona e giusta".
Tra gli azionisti risulta anche la Banca Antoniano
Popolare Veneta, salvata dall'espansionismo di
Fiorani grazie all'operato della magistratura. Come
non notare che vi sono Montepaschi di Siena e molte
delle famose e vituperate cooperative rosse?
Come non notare infine la presenza di Capitalia,
di Cirio (toh chi si rivede), della Finarvedi,
una holding dell'acciaio in mano a un antico amico
di De Mita, a sua volta ottimo amico di Prodi (fu De Mita
a volerlo alla guida dell'IRI). Nomisma è il Gotha
della massoneria bianco-rossa, un salotto nel
quale si realizzano gli accordi e si predicano gli
scontri tra i satrapi (che sono l'esatto contrario dell'imprenditoria)
dei "poteri forti" italiani ed europei.
Durante la presidenza dell'IRI da parte di Prodi
fioccavano numerosissime consulenze miliardarie e
inutili per Nomisma, tanto da provocare un'inchiesta
della Corte dei Conti. Il top venne raggiunto,
come ricorda il blog Schegge
di vetro, con la consulenza sull'Alta
velocità (dichiarazioni di ieri di Prodi:
"Si farà! Si farà!), che produsse
più di 5500 pagine di testo, con alcune perle
letterario-economiche passate alla storia, tra le
quali:
1. “Un treno che viaggia a 300
km all’ora impiega metà tempo di uno che procede
a 150 km orari a percorrere lo stesso tragitto”;
2. “Più alta è la velocità,
maggiore è il rischio di incidenti”;
3. “Il beneficio dell’alta velocità
è la velocità”; 4.
[a proposito della Stazione Termini]: “La zona era,
un tempo, linda e simpatica, ma poi si è
degradata”;
5. “La velocità consente di
risparmiare tempo”;
6. “Quattro corsie, o binari, consentono
più scorrevolezza di due o una”
7. “Il posizionamento frontale
dei seggiolini facilita la socializzazione”.
Nel 1995 Prodi si dimette dalla presidenza di
Nomisma, allo scopo di evitare possibili "conflitti
di interesse". Ma anche i topi di Casalecchio sul
Reno e le cimici di Canicattì sanno che tutto è
cambiato perché nulla potesse cambiare, come
dimostra l'operazione BNL-Unipol-Paribas, gestita
da una solida e accorta regia. La pulce
di Voltaire postCount('00902');GLI OSTAGGI
Giù la maschera, estremisti ed eversivi che
non siete altro. No, non mi sto rivolgendo a Saya
e Tilgher, o a Caruso e Ferrando. Essi in fondo sono
solo gli ennesimi opportunisti di uno scontro violento
e arrivista, costruito solo sulle apparenze e sulle ipocrisie,
che le forze politiche hanno volutamente inasprito, a suon
di furbizie di alta finanza o di tipo giustizialista e che
adesso non riescono a tenere in pugno. Così ci fa
tenerezza Bertinotti, “costretto”, dopo aver candidato Caruso
e Luxuria (quest’ultima, persona fine ed intelligente), sfruttandoli
per aggraziarsi lo zoccolo duro dell’elettorato più
disprezzato ovvero black block italiani e transessuali
(che nulla hanno a che vedere con gli omosessuali, diventati
ormai una casta eletta socialmente e politicamente), a cacciare
Ferrando che rappresenta quel grande gruppo di aficionados
del sogno brigatista, o delle rivoluzioni utopistiche da
Che e Castro, che sono orfani di partito ed all’occorrenza
si abbracciano al buon Fausto, unico pronto ad accoglierli,
salvo poi smentite bilaterali tempestive. Perché Ferrando ha giustificato
Nassiriya? Semplice, per dimostrare ai suoi che nonostante
l’accordo con Bertinotti, egli non aveva tradito la causa.
“Ferrando si vende per un seggio al Senato”. “Ferrando
e Ghisolla hanno lavorato per mesi alle spalle dei loro
gruppi per favorire le alleanze singole”. Così, anzi,
più violentemente ancora, l’8 febbraio un comunicato
editoriale del PMLI rinfacciava a Ferrando l’abbandono della
“lotta”, accusando anche l’Ernesto ed il gruppo di Sinistra
Critica. Ferito nell’orgoglio, Ferrando ha sparato un’altra
volta sui militari di Nassiriya, ma così ha perso anche
il seggio senatoriale. Bertinotti non aspettava altro, come
in Match Point, di liberarsi degli amanti scomodi, che non vorrebbe,
ma ai quali non può dire di no. Ma non può scartare
tutti. Da Indymedia ai Comunisti ufficiali c’è tutto
un mondo di cui è già premier e che l’Unione vuole
piuttosto come amico che non come avversario, ma solo alle elezioni.
Al Governo, ci penserà Faustus a tenerli buoni.
Ora Faustus ha i suoi problemi però. Non sa
se è meglio stare al governo o fare l’oppositore
che lotta, contro borghesi ed imperalisti. Perché
con chi lotta non si fa governo. O ammette di essere diventato
un uomo di centro-sinistra istituzionale, un “borghese”,
come potrebbero definirlo sprezzamente i “compagni”, altrimenti
dovrà abbandonare le simil-alleanze con L’Unione. Giù
la maschera. In mezzo non può più stare, ora che
anche i gruppetti rossi focosi sono entrati in campo.
Giù la maschera, Fini. Già, proprio Fini,
perché non lo vediamo proprio Berlusconi trattare
per accaparrarsi Tilgher, Rauti, Forza Nuova.
Così, nel momento decisivo, Fini ha deciso di accontentare
i nostalgici della destra nazionale che sono ancora nel
suo partito, da Storace al rampante Alemanno e nel frattempo
allargare il fronte della destra, approfittando del
proporzionale e del dilagare personalistico del Cavaliere.
In fondo che pericolo può costituire Alessandra Mussolini?
Lei, nessuno, anzi…ma le e-mail di Saya a Colombo sì,
come tutti i fanatici che fanno parte della rete di Forza
Nuova o del Nuovo Msi, gruppi e blog dai nomi e dai credi
più disparati. Il Ras, Decima Legione, Kommando Fascista,
l’intero movimento di Fascismo e Libertà (per la verità
uno dei più moderati). Tutti i siti ed i gruppi si presentano
come associazioni di divulgazione culturale, una buona scusa
per aggirare la disposizione sul reato di apologia del
fascismo, ma è difficile credere che chi si saluta “Salve
Camerata”, o si mischia ai tifosi per fare propaganda, magari
aiutato da un ignorante giocatore laziale, o sia solo un
chiacchierone. Ora, delle due l’una: o questo pietoso settaccio
di voti porterà le fazioni estreme ad istituzionalizzarsi
e piegarsi ai partiti più grandi oppure si permetterà
a nuove forze estreme di manovrare i destini della Repubblica,
approfittando della pochezza dei leader italiani, unicamente
assetati di poltrona governativa. In questo senso lo scambio
di biglietti fra Veltroni e Casini non è uno scandalo, ma
una speranza di apertura d’occhi ed un avviso a Fini e Berlusconi
e Prodi e Fassino. Peccato che siano solo biglietti, a dimostrazione,
che quella poltrona in fondo val bene un benvenuto all’estremista.
Tutti ostaggi del mondo estremo vero o falso che sia. Cosa
scegliere fra gli ostaggi di PRC, Casarini e Trozkisti e quelli
di Forza Nuova, anarchici di destra, nostalgici monarchici ed
autonomisti?(...)
Clicca qui per continuare
nella lettura. Angelo M. D'Addesio postCount('00707');Tav, l’Unione fa
la farsa e i no global se la ridono
Dopo avere partorito un programma di più di 280
pagine in cui c’è tutto e il contrario di tutto,
ma nulla è scritto in maniera chiara, ieri è
partita tra i preoccupatissimi dirigenti diessini e della
Margherita la corsa all’esegesi della pagina 138 per dimostrare
agli italiani che non è vero quanto scriveva lunedì
persino Sergio Romano sul “Corrierone”, e cioè che
in materia di opere pubbliche nel centro sinistra esiste
una spaccatura evidente tra due “scuole di pensiero.” Chiamiamola
così. E’ stato lo stesso segretario dei Ds Piero Fassino
a cominciare il nobile certamen nell’intervista che “Radio
anche noi” gli ha fatto di buon mattino. Seguito poco dopo dal
responsabile industria ed ex minsitro del settore Pierluigi
Bersani. La frase con cui Fassino e Bersani hanno tentato di
rispondere alla domanda sulla Tav e la tratta Torino – Lione
è praticamente la stessa: “fa parte del programma di governo
dell’Unione realizzare l’alta velocità, non c’è alcuna
derubricazione, certo forse la formulazione poteva essere più
esplicita, ma è chiara: priorità all’integrazione
con le grandi reti europee”. E per Fassino questa opera
si realizzerà “nel modo più sicuro, interloquendo
con la gente”. Nanni Moretti avrebbe forse detto
“no, il dibattito no”, ma tant’è. Quando poi gli
è stato chiesto dove fosse questo punto programmatico
nel grande romanzo del programma dell’Ulivo (una
sorta di “Guerra e pace” tascabile) Fassino ha rischiato
il ridicolo. Rispondendo così: “a pagina 138 del
programma dell’Unione c’è una frase inequivocabie e
che dice che è un obbiettivo prioritario la piena
integrazione della rete di trasporto e mobilità dell’Italia
con le grandi reti europee, siccome l’alta velocità
dalla Val di Susa a Trieste è uno dei corridoi paneuropei
è chiaro che nel nostro programma c’è scritto che
intendiamo realizzare la ferrovia ad alta velocità dalla
Val di Susa a Trieste”. Insomma siamo, per l’appunto, all’esegesi
del testo sacro. Una cosa da far ridere tutti, compresi i no global
che avranno buon gioco a dire che nel programma in questione non
c’è scritto un cavolo di niente. D’altronde anche il sindaco
di Torino Sergio Chiamparino, che non è un’estremista
di certo e che non ama giocare con le parole, lunedì a “Repubblica”
aveva consegnato dichiarazioni di fuoco dicendo che “è meglio
rischiare di perdere le elezioni con un programma chiaro che
vincerle con mediazioni politiciste che non consentono poi di
governare” e che “è evidente che se non c'è chiarezza
sulla Torino-Lione nel programma dell'Unione, questo è
un fatto molto grave”.
Altri però, come ad esempio il segretario
dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, non sembrano fare
un dramma di questa cosa, né tantomeno della mancanza
di chiarezza nel programma, che al contrario risulta essere
la circostanza che permette a tutti i cocci di stare insieme. “
Il programma è un accordo, noi vogliamo le opere utili
e non lo spreco di risorse” – spiega infatti il leader dei Verdi,
Alfonso Pecoraro Scanio - “e quindi si fanno prima le priorità
e cioè Brennero e Gottardo, poi si ragiona sulle altre opere
strategiche”. Se l’italiano non è un’opinione questo
significa che della Tav nel programma non c’è traccia. Nonostante
ciò che si affanna a spergiurare Prodi in qualunque convegno
venga invitato a parlare. Tanto che per una volta si può
senz’altro dire che abbia ragione il vicepremier Gianfranco Fini
che accusa il Professore di “abbaiare alla luna” e di non potere
imporre nulla agli altri “non avendo un proprio partito”. Di Dimitri
Buffa da L'Opinione postCount('000129');Appunti liberali
«Sopra se stesso, sul suo corpo, e sul suo
spirito l'individuo è sovrano. Nessuno può
essere costretto a fare o non fare qualche cosa per
la ragione che sarebbe meglio per lui, o perché quella
cosa lo renderebbe più felice, o perché nella mente
dei terzi ciò sarebbe saggio od anche giusto. Le colpe
puramente personali non possono dar luogo ad alcuna misura,
né preventiva, né punitiva». Stuart Mill postCount('000127');Massima del giorno
La guerra non è né buona né cattiva:
è necessaria o non necessaria. Come la chirurgia.
G.P. postCount('000123');MOLLICHINE La saga del Programma.
Per Pecoraro Scanio, l’assenza della Tav nel programma
è “una [sua] precisa vittoria”. Se poi riuscirà
ad abolire la ruota, sarà un trionfo.
Prodi: La Tav «Si farà, punto e basta».
Il ruggito del topo.
E in ogni caso «il programma è la cornice
- ha scandito - il quadro lo decido io».
Savana terrorizzata.
Bertinotti: La Tav «è un tema che è
rimasto fuori [dal programma] perchè non c'è
ancora la maturità per una scelta in questa direzione».
I comunisti non sono maturi.
Marco Rizzo: No alla Tav. «La priorità
è la sicurezza dei treni». Mentre la Tav è
composta d’aeroplani.
Niente Mose. Si ci sarà l’acqua alta, la berranno
i Verdi.
Niente Ponte sullo Stretto. Anzi, forse si spingerà
al largo la Sicilia. Gianni Pardo postCount('000124');VULGUS VULT DECIPI
Narra Tucidide che Cleone, demagogo ateniese,
criticava molto gli strateghi perché non
riuscivano a conquistare Pilo, porto del sud-ovest del
Peloponneso. Strepitò tanto che alla fine, benché
il poveretto, essendo un incompetente, si schermisse
fin dove poteva, gli affidarono il comando d’una spedizione.
E Cleone, inaspettatamente, conquistò Pilo. Convintosi
a questo punto d’avere doti innate di stratega – oltre che
di stratego – affrontò Brasida ad Anfipoli e perdette
sia la battaglia sia la vita.
Questa storia ci dice che, anche se si può
avere un colpo di fortuna, un conto è criticare,
un conto è fare.
Come si sa, la politica è l’arte del possibile.
Proprio per questo, mentre chi agisce fa quel
che può, chi non fa può facilmente criticare
tutto e promettere l’impossibile. Questo è fisiologico
ma, secondo il tipo di regime, i risultati sono opposti.
Se chi comanda ha un potere assoluto, ne approfitterà
anche per vietare la critica e chiunque avrà il diritto d’aprire
bocca sarà obbligato a magnificare le prodezze compiute
in ogni campo dall’uomo che la Divina Provvidenza s’è
compiaciuta di regalare a quel felice popolo. Per converso,
se qualcuno si permetterà di esprimere critiche o dubbi,
sarà mandato a riflettere in galera o sottoterra.
In democrazia invece il potere dipende dal consenso
popolare manifestato con elezioni periodiche.
Inoltre, dal momento che vige il principio della
libertà di parola, chi è all’opposizione non solo
ha il diritto di criticare il governo ma anche di abusare
di demagogia e perfino di malafede. Questa situazione
di vantaggio incontra tuttavia un limite nel fatto
che l’opposizione non sempre rimane tale: può vincere
le elezioni e, con ciò stesso, essere bersaglio della
controparte che userà senza scrupoli lo strumento
della critica, della demagogia e della malafede. Proprio per questa
possibilità di scambio di ruoli, la democrazia offre
uno spettacolo interessante, quando non comico.
Avviene infatti che il nuovo governo faccia le stesse
cose del governo precedente, pur avendole prima
criticate a morte. Perché mentre le elezioni si vincono
barando, nell’agire concretamente ci si confronta con
(l’unica) realtà. E non si può barare.
Questo gioco potrebbe essere istruttivo per gli
elettori se solo avessero sufficiente memoria del
passato. Purtroppo, come ha detto un saggio, “in
politica sei mesi sono l’eternità”. Dunque all’approssimarsi
delle nuove elezioni i cittadini non ricordano né
i benefici né i disastri magari d’un paio d’anni prima
e si concentrano sul presente o al massimo sugli avvenimenti
dei mesi più recenti. Infine votano e, come si svegliassero
da un sogno, appena comincia la nuova legislatura notano
quante cose continuano ad andare male come prima. Quante promesse
(i famosi “primi cento giorni”!) non vanno a buon fine. Quanto
litigiosa e inefficiente sia la nuova amministrazione. No, questo
non l’Eden promesso. E la gente conclude che i politici sono tutti
disonesti, incompetenti, bugiardi. Dimenticando che se, nel
corso della campagna elettorale, si fosse presentato un politico
che avesse fatto esclusivamente promesse realistiche, nessuno l’avrebbe
votato. Vulgus vult decipi, ergo decipiatur,
il volgo vuol essere ingannato e dunque che lo sia.
Qui gli ingannati non sono meno colpevoli degli
ingannatori. Gianni Pardo giannipardo@libero.it -
14 febbraio 2006 postCount('000125');IL TRANSFUGA
Tutti ricordiamo la delusione di Domenico Fisichella
quando si vide preferire Marcello Pera come
Presidente del Senato: una delusione che non ha
mai perdonato, né a Berlusconi né ad Alleanza
Nazionale. Ora apprendiamo che, nelle prossime elezioni,
si presenterà con la Margherita: è dunque tecnicamente
un transfuga. Secondo il Devoto-Oli il transfuga
è colui che “diserta il proprio posto di combattimento
per passare alla parte avversa”. Secondo la definizione
costui sarebbe dunque un disertore (“diserta”), nel
momento del pericolo (“combattimento” o elezioni), e un traditore
(“passare alla parte avversa”). Ma il suo comportamento
può essere valutato sotto vari aspetti.
Dal punto di vista politico – cioè secondo
i metri d’un mondo estraneo alla morale – il transfuga,
se è utile, va accolto a braccia aperte.
Ma la sua utilità non riesce a coprire il problema
della sua lealtà. Pure se, in quell’ambiente,
nessuno si attende Dio sa quale sensibilità all’onore,
la sfacciataggine di chi, in un mondo dominato dalla comunicazione
e dalla pubblica opinione, non teme di mostrare che
non tiene in nessun conto le ideologie, non teme di rinnegare
le proprie precedenti dichiarazioni, le proprie amicizie
e perfino le proprie inimicizie, è allarmante. Bruto
tradì e uccise Cesare e tuttavia la tradizione non ne ha
fatto un traditore perché fu un idealista, uno che credette
di attuare un tirannicidio. Viceversa il politico che passa
alla parte avversa, solo perché crede di non aver ricavato
sufficienti vantaggi dalla precedente posizione, dimostra con
ciò stesso una sfacciataggine, nella propria mancanza
di scrupoli, non solo allarmante per i suoi nuovi padroni, ma
controproducente sul piano politico. Machiavelli – che era Machiavelli
- raccomandava sì la mancanza di scrupoli, ma sotto un’inattaccabile
parvenza di onore e virtù. Chi non ha neppure la parvenza
dell’onore e della virtù è un cattivo politico.
Specularmente, il transfuga che cosa può
realisticamente aspettarsi da chi, malgrado il
proprio intimo disprezzo, lo ha accolto per puro interesse?
Semplicemente d’essere usato e gettato via non
appena l’utilità cesserà. E la cosa potrà
essere fatta farlo senza ammantare l’operazione con
qualche nobile motivazione e senza cercare elaborati
pretesti. L’accusa d’infedeltà contro il nuovo servo,
che è diventato nostro dopo aver tradito il suo
primo padrone, sarà sempre creduta.
Il transfuga, per un compenso immediato, si consegna
con mani e piedi legati a chi non ha nessuna considerazione,
per lui. Avendo perduto sul rosso punta sul nero,
ma nessuno gli assicura che non perderà col nero
come col rosso.
Dal punto di vista morale fino ad ora non s’è
detto nulla, ma forse non è necessario.
Se il livello di una persona è talmente basso
da risultare inaccettabile persino per la politica (che
è “sangue e merda”, come ha detto Rino Formica),
non c’è altro da aggiungere. E non basterà la cultura,
non basteranno gli occhiali e il doppiopetto per trasformare
in vir un servus fugitivus. Gianni Pardo giannipardo@libero.it -
13 febbraio 2006 postCount('00097');Nei licei
niente par condicio. Solo Repubblica Lettera al Presidente Ciampi
Caro Presidente,
la par condicio,
vista dal punto di vista del cittadino, è molto
complicata. La televisione è uno spazio aperto,
che ognuno è libero di utilizzare cambiando canale o,
viceversa, scegliendo una trasmissione. Preoccupazioni
per la democrazia nascono quando non c'è la possibilità
di cambiare canale, quando manca ogni pluralismo. Se le opinioni
e le fonti di cronaca sulla politica nazionale e internazionale
vengono date privilegiando soltanto un punto di vista e
censurando, di fatto, quello opposto, non siamo in presenza
di un contesto paritario. Se ciò avviene nel mondo della
scuola la domanda da porsi è: come può nascere una
coscienza critica, il senso civico, se non dal confronto? In
questi anni i testi scolastici sono leggermente migliorati,
ma nei decenni scorsi demagogia e pensiero unico trionfavano.
Tuttavia oggi, nelle classi delle scuole elementari della città
dove abito, è arrivato un quotidiano che nessun italiano
potrebbe immaginare come "politicamente imparziale". Parlo di
La Repubblica. Lei, caro Presidente, forse non ha mai sentito
parlare del "Progetto Fragola", organizzato dalla "Associazione
per la diffusione della Lettura" e da "Giornale@scuola" e da
Euromeeting (strutture del gruppo editoriale L'Espresso). Questo progetto, avviato nel 1999,
fa in modo che quasi ottomila (8000!) scuole elementari,
medie, superiori, ricevano - nella misura di un quotidiano
ogni due alunni - il giornale La Repubblica. Il tutto avviene
nel più elementare (medio, superiore) spregio del
primo criterio di formazione del senso critico e civile dei
giovani: attingere da più fonti le informazioni, per fare
in modo che ogni individuo abbia l'opportunità di formarsi
una propria opinione. Per intendersi: La Repubblica (come
L'Unità, come Il Giornale) non può entrare in
una scuola italiana senza la compresenza di un quotidiano
che dia una interpretazione diversa. Mi spiego meglio: questo progetto
soffoca la democrazia e deforma l'educazione; è
una vergogna per la nostra scuola "pubblica".
Non si tratta
infatti di un giornale locale, né di un giornale
"neutrale" (se ne esistono), come per esempio possono
essere La Stampa o il Corriere della Sera. Il fondatore
di La Repubblica scriveva cose molto gravi sugli ebrei
nel 1942, e questo fatto mi preoccupa. Eugenio Scalfari negli
anni '70 scrisse un libro sul capitalismo italiano (in realtà
si trattava di approfittatori, non di imprenditori: su questo non
si fa mai sufficiente chiarezza), intitolato "Razza padrona",
con un lessico improprio. Pochi anni fa, nel corso di una
sanguinosissima Intifada, su quel giornale sono state scritte
cose tremende, si è rammentata l'idea che gli ebrei avrebbero
potuto "fondare il loro Stato" in Africa o in Argentina. Negli
ultimi anni il quotidiano ha prodotto un continuo e sottile sentimento
di ostilità nei confronti del popolo americano, dovuto proprio
alla parzialità politica della testata.
E'
il quotidiano dei "non superiori, ma diversi".
Tutto ciò mi preoccupa profondamente: questa potrebbe
essere un'opinione personale se non fosse per il fatto
che il "Progetto Fragola" si occupa di scuola. In questo
contesto, ripeto, esso viola le regole democratiche ed educative
perchè tende (certo involontariamente) a creare nella
parte più preziosa ed esposta della popolazione un‚opinione
conforme, un pensiero unico, privo di contraddittorio. Non
interessa qui stabilire se la politica e i riferimenti culturali
del quotidiano in questione siano giusti o sbagliati (anche
se ho elencato alcuni gravi motivi di preoccupazione). Affermo
però che non ci può essere democrazia in classe, e nel
paese, in presenza di una informazione non pluralista. Non parliamo
di televisione, parliamo di scuola, un settore ancora più
importante e delicato. La questione, come converrà, è
di grande urgenza democratica. Paolo
Della Sala postCount('00094');Anche i cattolici
nel loro piccolo si incazzano
Affermare che
l’antigiudaismo del cristianesimo delle origini
ha portato all’antisemitismo non è diffamatorio:
lo ha stabilito, martedì 31 gennaio, la Corte europea
dei diritti dell’uomo di Strasburgo, rigettando la
sentenza pronunciata dalla corte d’appello d’Orléans
contro il saggista Paul Giniewski e condannando la Francia
per violazione del diritto alla libertà di espressione.
Giniewski, cittadino
austriaco di 80 anni residente a Parigi, è
noto nei circoli dell’amicizia giudaico-cristiana. Ma, il
4 gennaio 1994, aveva pubblicato sul Quotidien de Paris un
articolo intitolato «L’oscurità e l’errore»,
nel quale criticava l’enciclica Veritatis Splendor di
Giovanni Paolo II, pubblicata nel 1993.
Un’associazione
vicina agli ambienti integralisti, l’Alleanza generale
contro il razzismo e per il rispetto dell’identità
francese e cristiana (Agrif), aveva querelato Giniewski e il
direttore del giornale, all’epoca Philippe Tesson, per
«diffamazione razziale verso la comunità cristiana».
La denuncia
prendeva di mira la frase seguente: «Numerosi
cristiani hanno riconosciuto che l’antigiudaismo dei
Vangeli e la dottrina del “completamento” dell’Antica Alleanza
da parte della Nuova (il cristianesimo, ndr) conducono
all’antisemitismo e hanno coltivato il terreno su cui sono
germogliati l’idea e la soluzione finale di Auschwitz».
Questa vecchia teoria cristiana delle Scritture ebraiche
dell’Antico Testamento (termine sostitutivo di Alleanza)
da parte dei Vangeli (Nuovo Testamento) era già stata messa
in discussione al concilio Vaticano II (1962-65).
Davanti alla
corte di Strasburgo, Giniewski ha dichiarato di aver
voluto mostrare che il «primato conferito al Nuovo
Testamento, poiché ha come corollario la svalutazione
dell’Antico tra Dio e il popolo ebraico, ha ricoperto
di ignominia quest’ultimo ed è stato il lievito dell’antisemitismo
senza il quale non ci sarebbe stata Auschwitz». Tuttavia
non ha affermato che la dottrina della Chiesa sia intrinsecamente
antisemita. La corte d’Appello d'Orléans — la cui
sentenza era stata confermata dalla Corte di Cassazione
— non avrebbe dovuto contestargli di aver imputato ai cristiani
le responsabilità dei massacri.
La giurisdizione
del Consiglio d’Europa gli ha dato ragione. I suoi
magistrati hanno considerato che Giniewski «ha voluto
elaborare una tesi sulla portata di un dogma e sui possibili
legami con le origini dell’Olocausto». Ha così
dato un «contributo» a un «dibattito d’idee molto
vasto e già in corso». I giudici fanno notare
che «gli stessi due ultimi papi, Giovanni Paolo
II e Benedetto XVI, si sono espressi sulla possibilità che
il modo in cui gli ebrei sono presentati nel Nuovo Testamento abbia
contribuito a creare un’ostilità nei loro confronti». Rafaële
Rivaisda, da Le Monde, febbraio 2006postCount('00096'); L’ultima
follia suicida palestinese: i nemici da distruggere sono i fiori
Sono
l'ultima risorsa tra le rovine. L'unica immediata
fonte di lavoro per centinaia di palestinesi. La sola
ricchezza sopravvissuta al ritiro degli israeliani.
Ma a Gaza distruggono anche quella. Da giorni bande di
miliziani armati e orde di civili assaltano, saccheggiano
e riducono in rovina le serre di Khan Younis. Le bande armate
protagoniste dell' ultimo gesto di autolesionismo collettivo
la chiamano protesta. Quegli assalti, quegli scontri a colpi
di kalashinikov con la polizia per depredare tubature, computer,
pannelli solari sono, invece, l'ultimo segnale dell'agonia
civile di Gaza. L'ultimo sintomo dell' impeto autodistruttivo
che trascina all'anarchia l'intera Striscia. La vicenda delle
serre si trascina dai mesi precedenti al ritiro israeliano. Allora
da quelle piramidi di vetro ed acciaio uscivano fiori, frutta
e verdura venduti in Israele ed esportati in tutto il mondo. In
quelle stesse serre trovavano lavoro centinaia di palestinesi pagati
dai coloni mille dollari al mese. Nelle settimane precedenti al
ritiro il governo israeliano i coloni scoprirono che smontare
e trasportare altrove le serre era più costoso di ricostruirle
ex novo. A salvare le case di fragole e gerani dai cingoli dei bulldozer
arrivò un consorzio internazionale guidato da Usaid, l'agenzia
che gestisce molti degli aiuti governativi americani. Dopo una
complessa e costosa trattativa le serre vennero comprate dai
coloni e cedute ad un gruppo d'investitori palestinesi sotto
il controllo del ministero delle Finanze. Da allora nessuna serra
ha ripreso a funzionare come prima. La Pal Trade, la compagnia
incaricata dall'Autorità Palestinese di rivitalizzare le coltivazioni,
non ha mai raggiunto il suo obbiettivo. Oggi dalle poche serre
rimesse in attività esce solo un' esigua porzione dei prodotti
d'un tempo. I coloni in maniche di camicia sono stati sostituiti
da invisibili dirigenti, ma in cambio i salari si son più che
dimezzati. I lavoratori delle serre si devono oggi accontentare di
meno di 400 dollari al mese. E neppure quelli, viste le ristrettezze
finanziarie dell'Anp, son sempre garantiti. Così in pochi mesi
l'inadeguatezza, l'incapacità e la scarsa generosità dei
nuovi gestori ha finito con l'esasperare le maestranze palestinesi,
spingendole a rimpiangere i vecchi padroni israeliani. A scatenare la furia delle
maestranze è stato - alla fine - il mancato
pagamento degli stipendi. Ma a guidar gli assalti alle
case di vetro sono stati i miliziani assunti dall'Anp
per far la guardia alle rovine degli insediamenti. Dopo aver
atteso per due mesi i 150 dollari di salario promessi in cambio
dell'inquadramento tra le file della Sicurezza nazionale i militanti
armati hanno scatenato l'assalto all'unica infrastruttura
ancora in piedi. Dietro a loro si son fatti largo i civili assettati
di saccheggio. La polizia palestinese intervenuta per bloccare
uomini armati e folle impazzite è fuggita sotto i colpi
di kalashnikov trascinandosi dietro una decina di feriti. Oggi il
danno in qualche decina di serre è praticamente irreparabile.
Gran parte delle strutture sono completamente scomparse, il poco
rimasto è stato fatto a pezzi.
L'ultimo
colpo alle esigue risorse palestinesi arriva mentre
la magistratura dell'Anp cerca di far luce su dodici
anni di corruzione e ruberie aprendo le prime inchieste
ed arrestando decine di sospetti. Secondo il procuratore
generale di Gaza Ahmed al Meghani le indagini hanno già
portato all' arresto di 25 funzionari. Una mezza dozzina
di personaggi legati alla dirigenza palestinese dei tempi di Arafat
avrebbero invece cercato rifugio in Giordania. Il procuratore
generale si è rifiutato di rendere pubblici i nomi degli
ex potenti finiti nelle carceri dell'Anp, ma stando alle voci in
circolazione uno dei primi ad entrar in carcere sarebbe stato
un vice ministro accusato di aver convogliato sui propri conti
una somma di circa centomila dollari. Bazzecole rispetto ai miliardi
di dollari di ammanchi che Al Meghani sostiene di star ancora cercando
di rintracciare. «Ogni giorno che passa scopriamo nuovi episodi
di corruzione e malgestione » ha detto il procuratore citando
le indagini appena avviate sull'Autorità per il Petrolio,
il monopolio che gestiva tutte le importazioni di benzina
e idrocarburi a Gaza e in Cisgiordania. Gian Micalessin da Gaza per Il Giornale, 11-02-2006 postCount('00901');10 FEBBRAIO, GIORNO DEL RICORDOper le vittime delle
foibe e dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati
“Questo
nostro incontro non ha valore puramente simbolico.
Testimonia la presa di coscienza dell' intera comunità
nazionale. L'Italia non può e non vuole dimenticare:
non perché ci anima il risentimento, ma perché
vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in
futuro”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi durante la cerimonia in Quirinale per il “Giorno
del Ricordo”, dedicato (come recita la legge di istituzione
della Giornata approvata nel 2004 dal Parlamento), a ‘conservare
e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di
tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli
istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della
più complessa vicenda del confine orientale’.
“E’ giusto
che agli anni del silenzio faccia seguito la solenne
affermazione del ricordo” ha sottolineato il Capo dello
Stato, ricordando che “la celebrazione di quest'anno
si arricchisce di un momento di grande significato: la
prima consegna a congiunti delle vittime di una medaglia dedicata
a quanti perirono in modo atroce, nelle foibe, al termine della
seconda guerra mondiale”. E per l’occasione Ciampi ha consegnato
diplomi e medaglie commemorative e una medaglia d'oro al Merito
Civile alla memoria di Norma Cossetto. Norma Cossetto era
una giovane istriana. Fu torturata e gettata in una foiba con
altre 25 persone nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943.
Il Presidente
della Repubblica ha proseguito la cerimonia
ricordando che “il riconoscimento del supplizio patito
è un atto di giustizia nei confronti di ognuna
di quelle vittime, restituisce le loro esistenze alla
realtà presente perché le custodisca nella pienezza
del loro valore, come individui e come cittadini italiani”.
“L'evocazione
delle loro sofferenze, e del dolore di quanti si
videro costretti ad allontanarsi per sempre dalle loro
case in Istria, nel Quarnaro e nella Dalmazia, ci unisce
oggi nel rispetto e nella meditazione” ha aggiunto Ciampi
.
Richiamando
alla “responsabilità” verso le giovani generazioni.
Responsabilità che “ci impone di tramandare loro
la consapevolezza di avvenimenti che costituiscono
parte integrante della storia della nostra Patria”.
Poiché “la memoria ci aiuta a guardare al passato
con interezza di sentimenti, a riconoscerci nella nostra
identità, a radicarci nei suoi valori fondanti per costruire
un futuro nuovo e migliore”. postCount('00089');Perdona
loro perché non sanno quello che fanno Nessuno di quelli che assaltano
le ambasciate danesi ha visto le vignette
incriminate. Sarebbe peccato. Milioni di persone
si fidano però di chi dice di averle viste e garantisce
loro che sono blasfeme
Non
ci sto, non posso accettare che il cosiddetto mondo
islamico si indigni a orologeria, cioè a cavallo
tra gennaio e febbraio 2006, per alcuni vignette satiriche
apparse sulla stampa danese quasi cinque mesi prima! Chi
l’ha fatto indignare proprio adesso? E perché,
in Europa, le televisioni e la stampa mostrano con tanta insistenza
questa indignazione e queste violenze, che puzzano lontano
un chilometro di situazioni costruite a tavolino per un asserito
gravissimo affronto alla religione e alla cultura islamiche?
Chi
guadagna da un montare dell’odio e da unoscontro tra
religioni e culture?
Di tutte
le erbe un fascio. Manifestanti iraniani bruciano
bandiere danesi e francesi davanti all’ambasciata austriaca
di Teheran.
In attesa
di risposte certe a quelle domande mi preme urlare
che la vignetta con Maometto che invita i kamikaze
a non farsi più esplodere perché le vergini sono finite
è, se così si può dire, sacrosanta. Come possiamo
pretendere di non sorridere su un argomento dottrinale come
quello delle vergini Uri che, in paradiso, accoglierebbero
i martiri dell’islam? E le martiri femmine, da chi verrebbero
attese in paradiso? Da Rocco Siffredi e dai suoi fratelli?
E, per
favore, giornalisti televisivi e non, i suicidi che
si fanno esplodere chiamateli martiri, chiamateli
resistenti o terroristi ma non chiamateli kamikaze: questi
erano soldati giapponesi che davano la vita per distruggere
navi militari nemiche, non i ragazzi che prendono l’autobus
per andare a scuola, oppure chi va a fare spesa nei centri
commerciali oppure chi organizza la festa di nozze in un
ristorante.
Un’altra
cosa che vorrei urlare e ché non è possibile
accettare la dottrina secondo la quale della religione
non si può ridere, se ne può ridere eccome. Non
ascoltiamo chi cerca di imporci una religione della
quale non si può ridere: questi profittatori vogliono
che la religione faccia paura, affinché possa essere
usata per spaventare le persone e renderle obbedienti.
Una religione della quale si può ridere non farebbe più
paura, quindi a culo tutto il resto (obbedienza, …eccetera).
Allah
sarà sicuramente grande, Maometto è certamente
il suo profeta ma chi, in questi giorni, assalta le
ambasciate europee, aizza all’odio contro la Danimarca
, costringe i ragazzini delle elementari a scimmiottare
collera e indignazione per la pretesa grandissima offesa
subita da poche vignette satiriche, è veramente
piccolo piccolo, anzi meschino.
George
Clifford da Navecorsara postCount('00078');MOLLICHINE
L’Anm: “Teneteci fuori dalla
campagna elettorale”. Se ce la fate.
Calderoli
(“razzista!”) ha chiamato Rula Jebreal “quella signora
abbronzata”. Prodi ha detto che Berlusconi, per
essere all’altezza, dovrebbe salire su una sedia. Nessuno
l’ha biasimato. Meglio nani che abbronzati.
L’Anm
chiede che i politici smettano d’attaccare la magistratura.
Per una maggiore audience, affidi il messaggio a
Caselli. Lui sì ha peso nella politica.
D’Alema
non avrebbe candidato Cuffaro, imputato. Ma l’Unione
candida Francesco Caruso, che ha ventitré imputazioni.
C’è chi può e c’è chi non può.
D’Alema
ha rifiutato la presenza di Berlusconi perché
il suo intervento “non era previsto in scaletta”. Come
se, nel poker, bisognasse annunciare i rilanci prima dell’apertura.
Pisanu:
“In Italia esiste l’Islam moderato”. È come l’oro
nei fiumi. Il difficile è trovarlo.
Ciampi
sulle Foibe: “L’Italia non può e non vuole dimenticare”.
Ma fino ad ora ha voluto e potuto.
Berlusconi
dice che non ama andare in tv, è un forte stress:
mente. Bertinotti dice la stessa cosa: è la
verità.
Francesco Caruso: "Le pratiche
della disobbedienza sono un dovere di ogni cittadino”.
Unico modo per fregare FC, abolire tutte le leggi.
FC:
“Rifondazione conosce bene il mio percorso politico-storico-culturale”.
Nientemeno. E noi che pensavamo che il suo percorso
fosse “fanatico-ignorante-folle”.
FC:
“Occupare una casa non è una azione violenta”.
E se poi uno la occupa mentre lui non c’è?
Gianni
Pardo - 10 febbraio 2006 postCount('00079');CASELLI,
SEMPRE
Giancarlo
Caselli ha ripetutamente affermato che i fatti
– per i quali Andreotti avrebbe potuto essere condannato
e per i quali si è stati obbligati ad assolverlo
per intervenuta prescrizione – sono accertati. È
scritto in sentenza, dice. E il giornalista Angelo
Alessandro Sammarco, sul “Giornale” del 9 febbraio, pur contestando
la cosa, scrive: “Il punto di vista del Dott. Caselli
è di natura tecnico-giuridica ed è ineccepibile.
La sentenza che dichiara la prescrizione non accerta infatti
l’innocenza dell’imputato: anzi, può stabilire che
l’imputato abbia effettivamente commesso i fatti”.
La
tesi è contestabile. Il giudice che deve dichiarare
la prescrizione è dispensato dal condurre indagini
per accertare la verità riguardo ai fatti oggetto
della prescrizione. Solo se, pure senza tali indagini,
l’innocenza dell’imputato è chiara oltre ogni ragionevole
dubbio, egli è tenuto ad assolverlo per non aver commesso
il fatto. Ma se tale abbagliante chiarezza non esiste, non è
che ipso facto esista la prova del contrario. Cioè della
colpevolezza. E poiché è contro l’economia processuale
perdere tempo a stabilire la fondatezza di avvenimenti a proposito
dei quali si dovrà comunque dichiarare la prescrizione,
questa lascia impregiudicata la reale colpevolezza dell’imputato.
È anzi lecito ipotizzare che una sentenza che si lascia
andare a dare non necessari giudizi di fondatezza sui fatti oggetto
della prescrizione ciò fa per fini extra-processuali. Inoltre,
nella specie, lo stesso Sammarco parla di “prove” fondate solo su discutibili
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, prive di riscontri
obiettivi.
L’affermazione
di colpevolezza per fatti coperti dalla prescrizione,
se non assolutamente necessaria, costituisce inoltre,
in quanto priva delle normali garanzie processuali,
un’ingiustizia: l’imputato può difendersi dall’accusa
per i fatti giudicabili, mentre non può difendersi
dall’assoluzione per intervenuta prescrizione. E
questo può danneggiarlo al di là del tollerabile.
Se già da molti anni il legislatore s’è premurato
di abolire l’assoluzione per insufficienza di prove è
perché un’assoluzione non deve mai trasformarsi in
una condanna morale. Condanna che il dottor Caselli s’intestardisce
ad infliggere al senatore Andreotti. E nasce il sospetto
che egli ciò faccia per dimostrare la validità
dell’impianto processuale nel processo Andreotti. Ma con ciò
stesso – visto l’interesse che egli manifesta per quella
vicenda – può anche indurre a pensare che l’estensore
della sentenza, mentre non poteva che assolvere il senatore,
ha dato un contentino all’accusa. Questo sospetto, che immaginiamo
infondato, sta lì tuttavia a dimostrare quanto negativo
sia, da parte d’un magistrato, partecipare così passionalmente
ai doveri del suo ufficio.
Allo
spettatore neutrale sembra chiaro che è stato
necessario assolvere il senatore per la parte in cui era giuridicamente
possibile condannarlo, mentre, a parere del dr.Caselli,
lo si sarebbe condannato per la parte in cui gli era giuridicamente
impossibile difendersi. Gianni Pardo giannipardo@libero.it - 11
febbraio 2006 postCount('00072');La colpa
e' sempre di Israele. Non lo sapevate?
Insomma, gira che tigira siamo arrivati dove era
logico arrivare, dove i naziilsamici volevano arrivare
e dove i nazitalici li hanno seguiti con grande
piacere: la colpa delle vignette e di tutto quanto e' successo
in queste ultime due settimane e'.... di chi? di chi?
di chi?
Ricchi premi per chi indovina! Non avete ancora
capito? Eppure e' facile: la colpa di aver messo il
mondo a ferro e fuoco e' degli ebrei e di Israele,
loro ne sono i registi, perdio!
Vedete era molto facile indovinare, il complotto
ebraico e' sempre di grande attualita' tra i nuovi nazisti
italiani e islamici e le dichiarazioni di Maurizio
Blondet combaciano perfettamente con quelle del leader
supremo iraniano , l'Ayatollah Ali' Khamenei. Vediamo cosa
dicono i due campioni.
Khamenei: "Le vignette sono parte della cospirazione
dei sionisti arrabbiati per la vittoria di Hamas".
Blondet: "Insomma la prima impressione è confermata:
si è trattato di un'operazione neocon-israeliana
dal principio alla fine".
Ecco, adesso possiamo stare tranquilli, le colpe
sono state date, le prime dosi di veleno sono state
iniettate e adesso non ci vorra' molto perche' no-global,
neonazi, filopalestini, cioe' la feccia della societa'
italiana vada a manifestare per le strade contro
l'eterno colpevole dei mali del mondo. Israele!
Pero' pensateci, deve essere una grande soddisfazione
aver sempre qualcuno su cui far ricadere la colpa
del male che ci affligge. Pensate agli antisemiti ,
qualsiasi cosa succeda sanno sempre come e su chi sfogare
odio e violenza . Meglio che andare in analisi.
Pensate ai musulmani: stanno bruciando, saccheggiando,
distruggendo, ammmazzando, minacciando il mondo
intero e possono dire "mica e' colpa nostra, e' colpa degli
ebrei"
E' colpa degli ebrei...e' colpa degli ebrei... e'
colpa degli ebrei...hanno avvelenato i pozzi....uccidono
i bambini cristiani e musulmani....le azzime
col loro sangue....e' colpa degli ebrei....per questo
dobbiamo distruggere Israele....e' tutta colpa degli
ebrei....tutta colpa degli ebrei...i sionisti....complotto.....distruggeteli....vogliono
dominare il mondo....gli ebrei....gli ebrei....Israele....occupazione....
a morte...gli ebrei... Tutto questo viene
diffuso con maestria e dai vertici naziislamici,
naziitalici, nazieuropei, naziamericani
il messaggio arriva alle masse che si scatenano.
Semplice, estremamente semplice, addirittura elementare,
e' il trucchetto usato sempre, da almeno un paio
di mellenni, dall'antisemitismo mondiale e
servito su un piatto d'argento ai trogloditi che abboccano
e che non aspettano altro che di sfrenarsi nell'odio
contro l'ebreo.
A proposito di odio, oggi Israele e' sotto schock
per la sorpresa, la chiesa anglicana ha
deciso di boicottare i prodotti che Israele usa
nei "territori palestinesi", non si sa bene quali territori
, probabilmente dal Giordano al mare.....
Dunque la Chiesa anglicana in un momento in cui masse
islamiche distruggono mezzo mondo, da Gaza all'Indonesia,
alle Filippine, non trova di meglio da fare che boicottare
Israele.
Consoliamoci da tanta stupidita' e partigianeria
con le parole dell'ex Arcivescovo di Canterbury, George
Carey: " Mi vergogno di essere anglicano, questa e'
una decisione disonorevole e di parte che ignora
il trauma del popolo ebraico colpito dal terrorismo
dei palestinesi".
Vabbe', magra consolazione ma noi ci accontentiamo.
Il boicottaggio fa rabbia perche' ingiusto, fa danni
economici enormi ma e' niente se paragonato all'effetto
che fanno le risate dei capi di Hamas seguite
alle parole di Olmert su confini stabili tra Israele e
i palestinesi. Si stanno sganasciando i vertici del
terrorismo e rilanciano:
" Israele si chiamera' Palestina e se gli ebrei
vorranno, potranno vivere in mezzo a noi in un paese
islamico!"
Beh ridiamo anche noi a questo punto e confidiamo
nei nostri meravigliosi soldati visto che le prospettive
di dialogo con questi ominidi e' pressocche' nulla.
Vogliono Israele e non ci sono speranze che il mondo
si ribelli a questa pretesa venendo in nostro
aiuto, dovremo fare da soli, come sempre del resto e
al mondo lasciamo il facile e grato compito di criticarci
e condannarci. Lo fa sempre cosi' bene! Pero', Dio non paga il sabato,
come si usa dire, e anche noi abbiamo la nostra piccola
e umana soddisfazione. L'Europa che ha boicottato Israele
per 40 anni a periodi alterni, cioe' quando glielo ordinava
Arafat, viene adesso boicottata dagli amici di sempre con danni
economici incalcolabili .
Vai a fidarti degli amici.
Ehhh cara Europa, era il lontano 1967 , Israele circondato
per l'annientamento, e De Gaulle che non ci
voleva dare gli armamenti gia' pagati, lasciandoci
, cinicamente, correre il rischio di essere distrutti
e da allora e' stato tutto un boicottaggio economico,
scientifico, culturale, l'isolamento totale per Israele
per almeno 40 anni.
Adesso tocca a te, cara Europa, i tuoi amici di sempre
stanno gettando per le strade del medio e estremo
oriente tutti i tuoi prodotti.
I palestinesi da te foraggiati a peso d'oro per mezzo
secolo, stanno saccheggiando tutti gli edifici di rappresentanze
europee e le danno alle fiamme!
Pensa te che fior di gratitudine, Europa, dopo averli
mantenuti a miliardi.
E tutto questo per 12 disegni raffiguranti un vecchio
in turbante e scimitarra che esalta le 72 vergini
che stanno in paradiso per accogliere degnamente ogni
anima di lurido terrorista.
Eppure lo dicono loro che succede questo! Ogni shahid
che ammazza ebrei e occidentali se ne va in paradiso
a godere delle grazie di 72 vergini.
E' noto che i terroristi si mettono anche 10 paia
di mutande prima dell'attentato proprio nella speranza
di preservare i gioielli di famiglia dal danno dell'esplosione.
Quanto poco basta, Europa cara, per scatenare
il loro odio verso i benefattori di sempre.
Mi dispiace tanto, Europa, o come mi dispiace!
Ma c'e' un proverbio famoso ...come dice? Ahhh si,
adesso ricordo:
Chi la fa l'aspetti!
Deborah Fait - informazionecorretta postCount('0071');«E'
il jihad del nagozionismo a unire Teheran,
Damasco, Beirut e Gaza»
Roma. L’ayatollah Ali Khamenei, guida della rivoluzione
iraniana, ha compiuto ieri una nuova escalation
fanatica sul caso delle vignette danesi su Maometto.
Ha denunciato “mani diaboliche coinvolte in questa
diabolica questione”, ha sostenuto che è “una cospirazione
dei sionisti per provocare tensione tra musulmani
e cristiani” e ha ribadito le sue tesi negazioniste
sulla Shoah. Khamenei ha anche espresso pieno appoggio
a Mahmoud Ahmadinejad circa la risposta iraniana nei
confronti dell’Onu sul nucleare. L’Iran mira a prendere la
leadership del movimento di protesta fondamentalista sul
“caso danese” indirizzandolo su un terreno di grande presa
nel mondo islamico. La denuncia del “complotto ebraico” trova
oggi larghissimo ascolto popolare nell’islam e getta una nuova
luce sulla dinamica degli incidenti di Damasco e di Beirut,
evidentemente provocati dal regime Baath. La ragione di questa
provocazione siriana è stata colta dalla coalizione
parlamentare antisiriana libanese (le “Forze del 14 marzo”) che
l’ha denunciata con parole nette e allarmate: “quegli incidenti
rappresentano un inizio di colpo di stato da parte del regime siriano
che mira a trasformare il Libano in un secondo Iraq”. Un pericolo
serio e imminente a tal punto che gli stessi partiti antisiriani
libanesi hanno chiesto l’immediato intervento del Consiglio
di sicurezza dell’Onu per sventare i progetti di Damasco. Il
fatto che soltanto in Siria e Libano, tra tutti i paesi arabi,
i manifestanti siano riusciti nel loro intento di devastazione,
assume dunque una luce sempre più sinistra, come ha notato anche
il ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, che ha usato
parole durissime nei confronti del governo siriano. E’ sempre più
evidente che lo “scandalo delle vignette” è usato in maniera
strategica dal nuovo asse politico Teheran-Damasco- Beirut-Gaza,
che si è costituito negli ultimi due mesi e che comprende anche
il mullah iracheno Moqtada al Sadr. Un asse che si è rapidamente
definito a partire dall’esortazione del 25 ottobre scorso del presidente
iraniano a distruggere Israele. Da quel giorno, infatti, Ahmadinejad,
in pieno raccordo con l’ayatollah Khamenei, ha definito una catena di
alleanze su più piani. Su quello della propaganda ha dato spessore
e veleno all’antisemitismo islamico, affiancando al tradizionale
antisionismo di Khomeini una martellante campagna di negazione della
Shoah. Non soltanto Israele occuperebbe illegalmente una terra sacra
all’islam, ma lo stesso Olocausto sarebbe una “menzogna degli ebrei”.
Su questa parola d’ordine Ahmadinejad ha lanciato un vero e proprio
“jihad negazionista”. Ha stretto un patto con Beshar al Assad, che
ha incontrato a Damasco il 19 febbraio, su una politica comune
sul Libano (tramite il “partito fratello” Hezbollah), sul nucleare
e sulla Palestina. A DamascoAhmadinejad ha incontrato anche il leader di
Hamas, Meshaal Khaled e gli ha garantito pieno appoggio. Assad ha concordato
in pieno con Teheran sul nucleare e ha delineato un percorso comune
diretto contro il processo democratico in Iraq: “Il progetto
iracheno sta fallendo e mira a destabilizzare il sentimento nazionale
arabo”. Il preciso intento destabilizzatore nei confronti
di Baghdad è stato perfezionato con gli onori di stato
che Assad ha tributato il 6 febbraio a Damasco al ribelle filoiraniano
Moqtada al Sadr. Definiti i campi di azione comune nei punti
caldi della crisi mediorientale, il nuovo “asse del jihad” intende
non soltanto omogeneizzare le politiche dei governi e dei partiti,
ma anche lanciare al mondo musulmano un suo “Manifesto” che ha
il suo punto di forza nel negazionismo dell’Olocausto, già
patrimonio storico del Baath e di Hamas. Le minacce contro Israele
lanciate da Ahmadinejad a ottobre non erano dunque casuali, ma
puntavano a marcare una nuova strategia d’attacco. Carlo Panella da Il
Foglio postCount('0074');Massima del
giorno
In molti hanno provato a sopprimere la religione,
nessuno ce l'ha fatta. Il che non prova che essa sia
vera. Prova che gli uomini ne hanno bisogno G.P. postCount('0072');CASA PROPRIA,
CASA ALTRUI
In quale
misura la libertà di parola e di stampa deve rispettare
la sensibilità degli altri? In questi giorni si
parla molto di questo problema, in particolare per quanto
riguarda la sensibilità religiosa, e molto spesso
si tende a schierarsi su una di queste due linee: non si
ha il diritto di offendere chi ha una sensibilità diversa
dalla nostra, neanche con cose che non avremmo neppure immaginato
potessero offenderlo, e bisogna dunque stare attenti; altri
dicono invece che la libertà di stampa è una conquista
intangibile che non può e non deve essere limitata
da preoccupazioni di nessun genere. Ambedue le tesi sono sbagliate.
Per
la prima è facile obiettare che, se si accettasse
integralmente questo principio, la nostra vita ne sarebbe
sconvolta. Non solo non potremmo criticare le assurdità
di certe religioni, di certe teorie politiche o perfino
di certe teorie mediche (l’omeopatia), non potremmo neppure
avere giornali illustrati: perché secondo alcuni
integralisti islamici la raffigurazione degli esseri viventi
è peccaminosa. Senza dire che anche da noi ci sono i bigotti:
dunque non potremmo avere donne semivestite sulle copertine
delle riviste esposte in edicola; non potremmo pubblicare
libri contro la religione cristiana e dovremmo perfino vietare
la pubblicazione dei libri di Nietzsche. Gli esempi potrebbero
essere moltiplicati. Quasi ogni cosa che diciamo rischia di
offendere qualcuno. Persino dichiararsi lieti della sconfitta della
Juventus, dal momento che ci potrebbe sentire un tifoso di quella
squadra. La seconda teoria è essa
pure inaccettabile e lo prova già il fatto che
il codice penale vieta l’oltraggio alla bandiera, all’esercito,
alla magistratura, ai capi di Stato esteri, e soprattutto
la diffamazione, la pornografia, e l’istigazione al reato,
per non parlare del gravissimo reato di calunnia. Nei paesi
liberi si ha il diritto di manifestare la propria opinione
ma la libertà di parola incontra dovunque il limite
sociale del livello e del tipo di civiltà: in nessun
posto è o può essere totale. Essa non è un assoluto,
è immersa nella storia e al momento storico corrisponde.
E così
si giunge al nocciolo del problema. Dal momento
che non è possibile né tenere conto della sensibilità
di tutti né una totale libertà di parola, tutto
si riduce a sapere dove, fra questi estremi, si deve
fermare il pendolo. La risposta dipende dal tempo e dal
luogo.
Un avvocato
ha denunciato il parroco di Bagnoregio per abuso
della credulità popolare perché il religioso
sostiene che Gesù Cristo è una figura storica.
Il processo si celebra in questi giorni e qui interessa
solo notare che se l’avv.Cascioli avesse sostenuto questa
tesi qualche secolo fa, sarebbe stato bruciato sulla
pubblica piazza. Ovviamente qualcuno dirà che l’autodafé
è un’assurdità, cosa d’altri tempi ma chi ciò
dicesse evidentemente dimostrerebbe di non sapere che in
Arabia Saudita l’apostasia (la rinuncia alla religione islamica)
è punita con la morte. Non in un lontano passato: esattamente
oggi. Ogni paese ha un suo tipo e livello di civiltà.
Prima di condannare l’Arabia Saudita, dobbiamo ricordarci
della nostra Inquisizione.
Il problema
non è che cosa sia lecito dire o fare, in astratto.
È lecito ciò che un dato paese decide sia
lecito, è illecito ciò che quello stesso paese
decide sia illecito. In Italia fino ad un’epoca non troppo
lontana l’adulterio era un reato, oggi la sola idea farebbe
ridere: ma, proprio a causa di questa variabilità nel
tempo e nello spazio, nessun paese può chiedere ad un altro
di tenere conto della propria sensibilità. Il francese
che va in Marocco si toglierà le scarpe prima di entrare
nella moschea, il marocchino che va a Parigi non dovrà scandalizzarsi
delle ragazze in minigonna. Nessuno obbliga i francesi ad
entrare nelle moschee marocchine, nessuno obbliga i marocchini
a visitare Parigi.
C’è
poi il problema delle minoranze. La risposta da dare
a chi si chiede che conto bisogna tenere degli stranieri
è semplicemente questa: “Siamo a casa nostra
e facciamo ciò che ci pare. Delle nostre istituzioni
non dobbiamo rendere conto a nessuno”. Agli islamici per esempio
potremmo dire: “Così come noi non vi chiediamo di rendere
conto della vostra poligamia, delle vostre mutilazioni genitali,
della vostra mancanza di libertà – e al massimo vi disapproviamo
- voi non ci dovete chiedere conto della nostra libertà”. Gianni Pardo giannipardo@libero.it - 7
febbraio 2006 postCount('371');Il caos promesso
dal centrosinistra
La particolarità
più inquietante del schieramento del
centro sinistra è che i suoi componenti non promettono
agli elettori di garantire al paese un governo solido
e duraturo. Al contrario, assicurano che all’indomani
delle elezioni la loro preoccupazione principale sarà
quella di contestare gli alleati e mandare all’aria gli equilibri
attuali dello schieramento. Clemente Mastella ha confermato
di voler continuare a far parte del centro sinistra.
Ma, per catturare gli elettori di centro, ha preannunciato
che dopo il voto l’Udeur ribadirà il proprio ruolo
di forza antagonista ed alternativa di Rifondazione Comunista
e della Rosa nel Pugno. Per impedire ai vari Luxuria e Casarini
di imporre una deriva estremista alla coalizione prodiana. E
per evitare a Marco Pannella ed Enrico Boselli di provocare una
deriva laicista alla stessa coalizione. Mastella non assicura
che ammorbidirà la particolari posizioni del proprio
partito in nome della superiore esigenza di dare forza e stabilità
al governo di centro sinistra. Anzi, proclama e garantisce l’esatto
contrario. Come a voler far intendere ai propri elettori che
una volta battuto Silvio Berlusconi l’Unione si disunirà
all’insegna del “liberi tutti”. Ed ogni suo attuale componente
si metterà in movimento alla ricerca di alleanze meno
scombicchierate di quella attuale e formate da forze più
omologhe tra di loro.
Lo stesso
vale per la Rosa nel Pugno. Emma Bonino ha concluso
il congresso che ha segnato la fusione tra radicali
e Sdi (meglio sarebbe dire l’annessione dello Sdi al
partito di Pannella) annunciando che il programma della nuova
formazione politica sarà quello di essere la spina
nel fianco del centro sinistra. Per rompere l’egemonia catto-comunista
dell’Unione e dare una impronta laica all’intero centro
sinistra. Francesco Rutelli e Franco Marini, a loro volta,
non hanno affatto nascosto che a loro modo di vedere le chiacchiere
di Prodi sul Partito Democratico stanno a zero. E che la partita,
prima e dopo le elezioni, è tra Margherita e Ds per la
conquista del bastone di comando della baracca. Insomma, tutti promettono
fuoco e fiamme dopo le elezioni. Ma non nei confronti del centro
destra, dato comunque per perdente e fuori gioco, ma nei confronti
degli attuali alleati. Come a dire che il voto darà il
via ad una legislatura in cui l’unica certezza sarà quella
che l’eventuale governo Prodi durerà lo spazio di un
mattino.
E poi
ci sarà il caos! di Arturo Diaconale da L'Opinione postCount('372');Satira antisemita:
Ecco la qualità del loro umorismo
Solo gli
sprovveduti potevano cascarci e noi europei lo siamo.
Adesso la cosa più chiara di tutte è che
questa suscettibilità di islamici colpiti bassamente
nelle loro sacre credenze è tutta una cosa di
facciata. In ballo ci sono i finanziamenti ad Hamas e il mondo
delle dispotiche istituzioni arabe, cinico e non credente,
solleva le masse con qualunque pretesto contro l’Europa
per ricattarla. Intendiamoci, i sauditi e gli egiziani e i
siriani e gli iraniani i soldi sottobanco alle formazioni armate
come la jihad, gli hezbollah e la stessa hamas li pompano a
milioni di euro sottobanco da sempre. Ma i suddetti regimi sarebbero
assai seccati se dovessero metterci apertmente altre ingenti
somme per riempire un buco che sicuramente l’America lascerà
aperto e che l’Europa forse pure. Su quel “forse pure” si sta giocando
la cinica battaglia di questi giorni in cui spregiudicatamente
in maniera davvero blasfema si sta usando l’islam come una clava
e soprattutto come instrumentum regni. Purtoppo anche in questo
i fondamentalisi di oggi hanno imparato dall’Europa di ieri e dall’utilizzo
passato del cristianesimo.
A proposito
di satira poi, le masse infiammate e gli imam suscettibili
come la mettono con queste vignette che parlano da
sole tratte dal sito della Lega degli arabi europei , godibili
per chi ha lo stomaco forte cliccando qui. Una
vignetta ci pare di una infamia tale che merita di essere
ulteriormente sottolineata. E’ quella in cui si vede Hitler
con tanto di svastiche sulla maglietta che sembra
avere avuto una notte d’amore con una ragazzina e che
le dice: “lo metterai tutto ciò nel tuo diario Anna?”
Ovviamente si tratterebbe di Anna Frank, una sorta di incesto
dell’Olocausto con il nazismo. Vignette come queste le
troviamo ogni giorno su tutti i media arabi da almeno trenta
anni. Qualcuno ha mai assaltato le loro ambasciate in Europa,
in Israele (quelle due o tre che fanno finta di esserci) o
in America per questo? Date una risposta rapida e coerente
e poi ne riparliamo di sentimenti umani e religiosi offesi
e di provocazioni. di Dimitri Buffa da L'Opinione postCount('373');IL
DIRITTO ALL’UDITORIO
In democrazia
ognuno ha il diritto di parlare. Ma non è
che gli altri abbiano il dovere di ascoltarlo.
Nella
democrazia diretta, cioè nella città-stato,
l’assemblea era costituita da tutti i cittadini.
Facciamo l’ipotesi che questi cittadini fossero solo mille:
se, su un solo punto di un dato argomento, fossero dovuti
intervenire tutti, parlando ognuno per cinque minuti, il
dibattito – discutendo per dodici ore al giorno – sarebbe durato
una settimana esatta. Il sistema non poteva dunque essere
questo. In realtà, la stragrande maggioranza di coloro
che avrebbero avuto il diritto di parlare o si affidavano
all’esposizione di qualcuno che la pensava come loro oppure
non osavano aprir bocca, per paura di fare cattiva figura.
Tuttavia,
se tutti hanno il diritto di parlare, il problema
del dibattito rimane aperto. Infatti esistono sempre
coloro che, pur non avendo nulla di serio da dire, pretendono
di essere ascoltati. E un posto in cui questo si vede benissimo
sono le assemblee di condominio (e oggi i forum dei blog).
Qui i cretini, essendo autorizzati a pensare d’essere in condizione
di parità con tutti gli altri, dànno libero sfogo
alla loro nocività; abusano del diritto d’intervento
e costituiscono una pietra d’inciampo per tutti. Persino per
quelli che la pensano come loro. Tuttavia va notato che i seccatori,
se insistono a parlare, trasformano il loro intervento in
un intervallo: la gente aspetta, per riprendere la discussione,
che finiscano o che il Presidente li inviti a cedere la parola.
E nei forum salta i loro testi. La sanzione più seria
al discorso dello stupido è il non ascolto.
Il diritto
all’ascolto non esiste. Ecco perché tutti coloro
che si lamentano di scrivere ai giornali e di non vedere
pubblicate le loro lettere hanno torto: i giornali
non hanno il dovere di pubblicare ciò che giudicano
lungo, inconcludente, simile a cento altre lettere o contrario
alla linea del giornale stesso. Inoltre, ammettendo che
qualcuno fosse pubblicato spessissimo, potrebbe dire
d’avere guadagnato un pubblico? No. Se scrivesse sciocchezze,
basterebbe la sua firma per fare scappare i lettori.
Lo sciocco
ha il diritto di parola ma per parlare col muro. L’uditorio
bisogna conquistarselo. Persino chi può disporre
della televisione a reti unificate alle nove di sera
non può impedire al singolo di spegnere il televisore.
La sanzione del disinteresse non risparmia neppure i
mostri sacri. Da quando Enzo Biagi, che è Enzo Biagi,
ha usato la rubrica sul Corriere solo per dire male di Berlusconi,
parecchi non l’hanno più letta. Ed hanno fatto bene.
Perché quello che c’era da sapere l’avevano già letto
la settimana prima. E la settimana ancora prima. Ed anche
la precedente. Fino a dire basta. Il diritto di parola è
come un pianoforte: non vale nulla se non lo si sa usare. Un caso speciale è rappresentato
da coloro di cui si sa in anticipo che diranno cose
per noi inutili. Il Presidente della Repubblica e il Papa
sono persone importanti che certo non dicono sciocchezze ma
il primo non può che dire cose condivisibili da tutti,
cioè ovvietà, e il secondo solo cose valide per
chi ha la fede; ma non per chi non l’ha.
Nella
lista si devono mettere anche coloro che hanno dato
troppe prove negative di sé per avere diritto
ad un riesame. Prima che Diliberto apra la bocca si
sa che dirà qualcosa di vetero-comunista, condivisibile
solo da chi è vetero-comunista. A questo punto,
se non si è vetero-comunisti (o masochisti) ci si
può dispensare dall’ascolto. Non diversamente da come nessuna
persona ragionevole ascolterebbe Wanna Marchi mentre spiega che,
contro modico pagamento, invierà i numeri del lotto vincenti.
Questo
punto di vista può sembrare aristocratico ma è
semplicemente economico. Nessuno ha il tempo di leggere
tutti i giornali, tutti gli articoli di fondo, tutti i
libri importanti. Siamo tutti disperatamente e invincibilmente
ignoranti. Io stesso non ho ancora finito l’Ulysse de
Joyce. E forse non lo finirò mai. Gianni Pardo giannipardo@libero.it - 5 febbraio
2006 postCount('71090');Galli della
Loggia
Galli
della Loggia, in un pregevole articolo, si lamenta
del fatto che il centro-sinistra, dopo avere alzato
alti lai per la riforma federalista, oggi se ne disinteressi.
In questo modo, dice, “Si dà insomma una lezione
devastante di cinismo, gli autori della quale il Paese
non potrebbe che augurarsi di vedere chiamati al più
presto a risponderne”. Poiché qui se ne vuole parlare
solo dal punto di vista linguistico va innanzi tutto detto
che essa è chiarissima. Alla terza lettura. Ma alla
prima ricorda la perplessità con cui, al liceo, si affrontava
la versione di latino. Si leggeva una frase e si aveva
la sensazione di dover rimettere insieme i pezzi di un puzzle.
Questo è un aggettivo accusativo plurale, a quale nome
accusativo plurale si riferisce? O è per caso un aggettivo
sostantivato?
Nessun
vuol dare a Galli della Loggia lezioni di politologia,
e probabilmente scriveva di fretta, ma la sua frase
può servire come esempio di come assolutamente non
bisogna scrivere. Egli voleva semplicemente dire: “Si dà
insomma una lezione devastante di cinismo [punto, meglio scrivere
frasi brevi, senza subordinate]. Il Paese [è sempre bene
mettere il soggetto all’inizio] può augurarsi [evitare
le doppie negazioni] di vedere al più presto chiamati
a rispondere gli autori di questo cinismo [evitando la frase
passiva, in cui gli autori di questo cinismo erano il soggetto]”.
Ma anche così la frase è troppo complicata. La
frase migliore sarebbe stata questa: “Il Paese, nel caso vinca
il centro-sinistra, dovrebbe chiamarlo a rispondere di questo
cinismo”. Gianni Pardo postCount('71089');"Le caricature
su tutti i giornali «Tutti i giornali dovrebbero
pubblicare le caricature del quotidiano danese,
quelli che non l'hanno fatto e che si proclamano laici
in realtà sono dei vigliacchi. La vera empietà è
sgozzare un ostaggio davanti a una cinepresa o farsi saltare
in aria mormorando il nome di Maometto»: André
Glucksmann postCount('2033');Se tirassero
fuori le palle una buona volta Gli arabi hanno trovato un
nuovo divertimento.
I
palestinesi, non avessero niente da fare, hanno trovato
un nuovo modo per fare violenza, distruggere, bruciare
bandiere, uno dei loro passatempi preferiti, pulirsi
i piedi sul simbolo danese che tra l'altro rappresenta
una croce quindi due piccioni con una fava, niente di meglio:
esprimere il loro dispregio contro il Paese che , secondo
loro , ha offeso l'islam e il simbolo del cristianesimo
che loro offendono quotidianamente da sempre. Esistono
volumi interi, in inglese, di vignette contro ebrei e
cristiani pubblicate sui maggiori media arabi e persino
sui libri di testo delle loro scuole.
Se
la bandiera danese avesse oltre alla croce anche un
piccolo maghen David da qualche parte sarebbe stato
il massimo anche se in verita' non hanno bisogno
di scuse per calpestare il maghen David, fa parte del
loro quotidiano come sparare, riempirsi di candelotti
esplosivi e lanciare razzi contro comunita' israeliane.
In
questi giorni i media sono inflazionati da notizie
sulle vignette "blasfeme" pubblicate da un giornale
danese. Notizie per niente simpatiche o rassicuranti,
praticamente l'Islam e' esploso a causa di disegni che
rappresentano in modo poco rispettoso Maometto il profeta.
Gettare
un crocefisso dalla finestra e' rispettoso?
Tagliare
la pancia a un regista europeo per aver girato un
filmato sulla condizione della donna islamica, e'
rispettoso?
Sgozzare
la gente, urlando Allahhu Achbar, davanti alle
telecamere e' rispettoso?
Riempirsi
di esplosivo e farsi esplodere in un autobus pieno
di innocenti e' rispettoso?
Urlare
di voler distruggere la cristianita' e' rispettoso? Predicare nelle moschee
che la bandiera verde dell'islam sventolera' su
San Pietro e' rispettoso?
Invocare
la distruzione di una Nazione civile e democratica
e' rispettoso?
Far
saltare treni, fare implodere grattacieli, attaccare
metropolitane e' riaspettoso?
No,
non e' rispettoso manco per niente, e' criminale,
e' fanatico, e' quello che fa l'Islam da anni e adesso
hanno il coraggio di urlare che ci ammazzeranno tutti
perche' noi abbiamo offeso il loro Maometto?
I
palestinesi non hanno appena fatto delle specie di
elezioni? Non dovrebbero incominciare a lavorare o almeno
a provarci? Nooo, nemmeno per sogno, loro distruggono
tutti i simboli europei, spaccano tutto negli uffici
dell'Unione Europea, danno la caccia agli europei che ormai
saggiamente sono scappati tutti.
Chissa'
se la Morgantini sta ancora la' , forse si, lei e'
al sicuro, e' una di loro.
A
Gaza, Ramallah, a Jenin, in tutte le citta' palestinesi
dei pazzi folli e fanatici appiccicano ai marciapiedi
le bandiere danesi e vi camminano sopra e ci sputano sopra
e nel frattempo continuano a non far niente, a non lavorare,
a non pensare neppure lontanamente a costruire un paese.
Che paese dovrebbero costruire del resto? Abitato da chi?
Da cani rabbiosi nullafacenti e nullapensanti?
E
gli europei cosa fanno? hanno forse tirato su la
testa , hanno forse detto "sentite piantatela, ci
state rompendo le scatole da anni, il minimo che potessimo
fare era qualche vignetta sull'uomo (perche' Maometto
era uomo non Dio ) in nome del quale commettete delitti
efferati."
Niente
di tutto questo. Gli europei licenziano il direttore
di France Soir per ordine dei musulmani di Francia.
Gli europei si fanno l'esame di coscienza "ma come siamo
cattivi , ma come siamo cattivi, ma come siamo irrispettosi,
ma come siamo blasfemi, fustighiamoci col gatto a nove
code".
Questo
fanno gli europei strisciando come lumache.
Eppure
di vignette irrispettose i media italiani e europei
ne hanno sempre fatte in quantita'. Contro i simboli
cristiani, contro i simboli ebraici e nessuno ha protestato.
Chi non ricorda le vignette antisemite di Vauro e Forattini
contro Israele usando Gesu' come protagonista della loro
satira crudele?
Qualcuno
ha protestato minacciando di morte gli autori?
Sono insorti il mondo cristiano, ebraico, israeliano
? No, nessuno ha detto niente anche se spesso le vignette
facevano male, erano ingiuste e offensive. Non solo nessuno
e' stato minacciato ma gli italiani , certi italiani,
hanno dileggiato chi protestava per la famosa vignetta di
Vauro che rappresentava Gesu bambino che, davanti ai
soldati israeliani, diceva impaurito "Ecco mi vogliono
uccidere una seconda volta". Chiaro esempio di antisemitismo
e antisionismo, l' antica accusa di deicidio
unita all'odio contro Israele che si difendeva dai
palestinesi, con in piu' il falso storico che tenta da
anni di far diventare arabo/palestinese l'ebreo Gesu'.
Una
vergogna per cui abbiamo civilmente protestato
in molti per essere presi in giro dai piu'.
Alla fine siamo stati offesi noi che protestavamo, siamo
stati fatti passare per pazzi visionari, con la prepotenza,
l'arroganza e il sarcasmo proprie degli antisemiti.
E
adesso di fronte alla violenza islamica eccoli i nostri
eroi, cosi' coraggiosi con chi non minaccia mai e non
si vendica mai, eccoli con la coda fra le gambe, pronti
a interrogarsi, a fustigarsi, a chiedere perdono, a fare
a loro volta vignette velenose contro la Danimarca.
Tutti
contro la Danimarca, persino l'America, tutti a piagnucolare
che noi occidentali non rispettiamo i sentimenti
dell'Islam, tutti pronti a capire le reazioni barbare
e incivili che avvengono nei territori palestinesi,
in Indonesia, in Marocco e in tutti i paesi arabi.
Di
fronte a questa mancanza di dignita' e a tanta vilta'
voglio esprimere la mia totale solidarieta' ai giornalisti
danesi e credo che tutti dovrebbero farlo se tirassero
fuori le palle una buona volta.
Deborah Fait - informazionecorretta postCount('6029');BATTISTA
E LE VIGNETTE SATANICHE
Sul
“Corriere della Sera” Pierluigi Battista, a proposito
delle famigerate vignette “anti-islamiche”, fa notare
che il modo in cui sono rappresentati gli arabi, e perfino
personalmente Maometto, trasuda disprezzo. Tanto da ricordare
le vignette antisemite degli anni Trenta e dei giornali nazisti.
Poi osserva che i giornali arabi non si vietano affatto di
rappresentare gli ebrei con gli stessi tratti sporchi e demoniaci
con cui il giornale danese ha rappresentato gli arabi, ma noi
non dovremmo imitarli.
A Battista
si può rispondere, innanzi tutto, che c’è
una differenza fondamentale fra le vignette danesi (o
italiane) e quelle naziste o arabe. Le nostre sono
espressione di satira privata, quelle arabe sono frutto
di un “odio di Stato”. Le nostre vignette, anche le più
graffianti, hanno lo scopo di far ridere, quelle arabe (come
a suo tempo quelle naziste) costituiscono propaganda politica.
In Italia Berlusconi è rappresentato come un
nano, Forattini ha rappresenta sempre Veltroni come un verme,
ma nessuno si è mai sentito incitato alla violenza,
a causa di queste vignette. Nessuno ha pensato che Forattini
volesse Veltroni schiacciato a terra e nessuno, per reazione,
ha incitato all’uccisione di Forattini.
Decisamente
ci sono troppe differenze, per accettare il parallelo
di Battista. E per accettare lezioni di moralità
o libertà di stampa dai musulmani.
Gianni Pardo giannipardo@libero.it postCount('6030'); Massima del
giorno
Coloro
che credono di fare un favore raccontando i loro
segreti si sbagliano. È chi li ascolta, che fa
loro un favore. G.P. postCount('6031');MOLLICHINE
Mandato
di cattura per Gaucci: bancarotta di 100 mln di euro.
Quanta severità! Neanche due consulenze di Consorte!
Ismail
Haniyeh (Hamas): «La libertà di stampa
di cui parla l'Europa è servita a colpire l'Islam».
E finalmente abbiamo saputo perché c'è stata
la Rivoluzione Francese. postCount('6032'); IL COMPLESSO
DI COLPA DELL’OCCIDENTE
Il
bambino, nascendo, comincia a vivere in una famiglia
in cui delle necessità essenziali si occupano
i genitori. Da questo deriva inevitabilmente una mentalità
in base alla quale il cibo, il tetto e alcune comodità
sono evidenti di per sé. Sembra esistano per virtù
propria e ne possano beneficiare in uguale misura e senza sforzo
tanto i genitori quanto i figli. Questa mentalità si
mantiene anche quando si cresce. Infatti nei paesi ricchi, diversamente
da quanto avviene nei paesi poveri o presso i primitivi, l’adolescente
e perfino il ventenne continuano a vivere a carico dei genitori.
Perfino per i lussi. L’universitario non raramente va in giro
in automobile e mangia in pizzeria con gli amici senza ancora
avere mai guadagnato un euro. In questo modo si prolunga l’illusione
che il denaro cada dal cielo, tanto che se i genitori lo lesinano sono
colpevoli di tirchieria. I bambini non sanno far di conto.
La mentalità per cui l’economia “va da sé”
induce buona parte della società a dare la preminenza
ad altri valori: per esempio la solidarietà,
la pietà umana, il senso di colpa nei confronti
di chi ha meno. Nessuno è tanto generoso quanto
colui che può fare regali a spese altrui. Non solo
i figli largheggiano, quando pagano i genitori, ma anche quando
divengono economicamente responsabili questa mentalità
si prolunga con l’idea che lo Stato – padre universale - debba
essere generosissimo con tutti. Esso ha il dovere imprescindibile
di fornire a tutti una buona sanità, alte pensioni, elettricità,
gas e acqua a basso prezzo, ecc. Purtroppo lo Stato-mamma costa
moltissimo e alla fine impoverisce tutti. Ma questo lo sanno solo
gli adulti: un’età a cui non tutti arrivano. (...) Clicca qui per proseguire
nella lettura
Gianni
Pardo - 4 gennaio 2006 postCount('6033');Quelli della
"superiorità morale"...
Ci risiamo. A ben
guardare è storia antica. Basterebbe andarsi a
rileggere (lasciando perdere l'oro di Mosca...) i quotidiani
del 1993 e dintorni per scoprire che già
ai tempi di "tangentopoli" quelli della "superiorità morale"
e delle "mani pulite" trafficavano in bustarelle
miliardarie, ambigue operazioni immobiliari, conti esteri,
appalti cooperativi e impunità giudiziarie. Di queste
ultime ne sappiamo ben qualcosa noi qui in Emilia-Romagna dove al
tempo non una Procura - nonostante le centinaia di denunce riguardanti
le collusioni tra coop rosse, pubblica amministrazione e dirigenti
di partito - ha mai aperto e portato a processo una qualsiasi indagine
giudiziaria. Storia
vecchia, dunque. E' ben vero che in casa comunista l'antica militanza
ideologica è più forte del buonsenso e sotto la vernice
fresca dei DS c'é, ancor oggi tutta intera,
la corazza leninista che protegge il culto della pretesa
diversità, ma le risposte imbarazzate e reticenti
dell'ultima vicenda legata a "bancopoli" fanno cadere le braccia
anche a noi garantisti non dell'ultima ora. Che tristezza
scoprire, ancora una volta, che la ragione laica
e l'onestà intellettuale sono ancora oggi estranee alla
loro cultura. Ci sono
i vertici delle coop rosse che da mesi entrano (ed escono)
dalle stanze dei giudici milanesi, ci sono
centinaia di euromilioni di "plusvalenze" che dai conti correnti
svizzeri ritornano in Italy e non trovano spiegazioni,
ci sono intercettazioni telefoniche, comportamenti collusori
e quelli della "superiorità morale", di nuovo, ci vengono
a raccontare che si tratta di incidenti di percorso,
leggerezze, sbandate marginali, "null'altro che reciproca
simpatia" (Violante) e se qualcuno ha sbagliato è
questione di qualche malandrino inopinatamente finito a dirigere
l'impero economico delle coop rosse... Se non
bastasse, come da collaudato copione (da Violante a D'Ambrosio), ecco arrivare
le candidature
elettorali nelle liste dei DS dei soliti magistrati
ad hoc. In realtà
per i compagni vale sempre la vecchia questione, da Stalin in poi,
del fine che giustifica i mezzi. I mezzi, "cari" compagni, sono
stati pessimi e il fine ancor di più. cp, 03-02-2006 postCount('2011');
L'ITALIA
CHE SOGNIAMO E CHIEDIAMO AL PREMIER
Sono passati
sei mesi da quando i radicali italiani hanno fatto
la scelta di campo a favore del centrosinistra. E da quando
noi, non condividendo per nulla quella svolta, abbiamo deciso
di dare vita a una nuova formazione radicale e liberale alleata
al centrodestra.
Ora che la campagna
elettorale entra nel vivo, sentiamo la necessità
di rivolgere un appello, in primo luogo agli elettori
radicali, a sostenere un soggetto politico come il
nostro che porti all'interno della Casa delle Libertà
i contenuti della politica liberale liberista e radicale.
Marco Pannella (cui abbiamo rinnovato in queste ore un pieno
appoggio per la sua battaglia contro una norma elettorale
discriminatoria) ha giustificato la scelta di correre alle prossime
elezioni nell'Unione prodiana con le insegne della Rosa nel
Pugno con lo slogan "alternanza per l'alternativa", ritenendo
cioè che l'eliminazione dalla scena politica di Silvio
Berlusconi sia un passaggio essenziale per l'affermazione futura
di una maggioranza liberale.
Questo assunto
ci pare del tutto astratto dalla realtà della
politica italiana e per questo fuorviante. Certamente l'azione
riformatrice liberale del Governo Berlusconi (spesso
frenato a causa della ragnatela tessuta dagli alleati)
avrebbe dovuto essere più incisiva, pur tenendo nel
dovuto conto le difficoltà congiunturali di questi
cinque anni. Ma ci sentiamo anni luce lontani dalle critiche
conformiste e, in fondo, intellettualmente disoneste,
di quanti pretenderebbero di archiviare il Governo Berlusconi
come un susseguirsi di leggi "ad personam" che hanno condotto
il paese allo sfascio. Su questo, ci basta rispondere che se
un giornale tutt'altro che tenero con il Cavaliere come Il
Sole 24Ore titola a proposito del "contratto con gli italiani":
"obiettivi centrati a metà", allora siamo di fronte ad
una vera rivoluzione liberale nel metodo e a importanti passi
avanti nel merito.
Cosa c'è
di più rivoluzionario e positivo per la politica
parolaia e consociativa del nostro paese che essersi
presentati agli elettori con un breve elenco di significativi
obiettivi programmatici sottoponendosi cinque anni dopo
allo scrutinio rigoroso di analisti ed elettori? E quale
altro Governo ha mai potuto vantare, per di più in
una congiuntura imprevedibilmente difficile, di aver avviato
e in buona misura attuato (in realtà anche più del
50%) gli impegni assunti con gli elettori? Di questo il centrosinistra non
vuole prendere atto e preferisce lo scontro pregiudiziale sulla
"opportunità" che il centrodestra continui
a governare il paese. Siamo ancora alla presunta supremazia
in termini di legittimità democratica della sinistra
e poco più. Nulla di nuovo, per la verità, se
è vero che già Enrico Berlinguer giudicava il Governo
Craxi "un pericolo per la democrazia". Ci stupisce, questo sì,
che al coro partecipi oggi anche Marco Pannella. Il ruolo dei radicali
nel centrosinistra, avrebbe dovuto essere quello di aprire un
fronte liberista e americano nella sinistra italiana che non
si è mai liberata di miti marxisti e terzomondisti. Cosa
che non è stata fatta. Persino il Corriere della Sera, che
pure sostiene e dà grande spazio alla scelta di Pannella
a favore del centrosinistra, ha più volte segnalato, attraverso
gli editoriali di Angelo Panebianco, la mancanza di visione
strategica con cui si è caratterizzata la Rosa nel pugno.
Questa ha invece
centrato la propria iniziativa e la propria comunicazione
sull'anticlericalismo, tema che, ideologicamente, non
crea problemi a sinistra, anche se, all'atto pratico, a partire
dai Pacs (noi siamo favorevoli, purché non divengano
"pacs e benefit") neppure nel centrosinistra prevale in modo
politicamente decisivo un orientamento liberale di rivendicazione
della piena autonomia della politica dalle indicazioni della
CEI. Per quanto ci riguarda riteniamo che un conto sia reagire
con chiarezza e intransigenza alle pressioni clericali sul
fronte legislativo, un altro professarsi anticlericali come se
la Chiesa possedesse in Italia un potere "talebano". Il ruolo della
Chiesa è complesso e non può essere ridotto al clericalismo:
la rivendicazione di un ruolo pubblico della religione nell'agorà
politica è cosa ben diversa dall'imposizione delle verità
di fede nell'ordinamento civile.
Sull'economia
occorrerà pure ammettere che una cosa è misurarsi
con la persistenza, in ampi settori del centrodestra,
di una cultura politica corporativa e statalista, fondata
sulla centralità della spesa pubblica, ma tutt'altra
cosa è affidare le speranze di modernizzazione economica
e sociale ad uno schieramento che avversa programmaticamente
le riforme di mercato, e affida alle organizzazioni sindacali
un esplicito e incontestato potere di veto sulle politiche economiche.
O no? Tant‚è che quanto di meglio che è stato fatto
(Legge Biagi, pensioni, grandi opere, riforma Moratti) è esattamente
ciò che buona parte del centrosinistra vuole cancellare e
quello che di più si doveva fare è l'opposto di quanto
possa impegnarsi a fare Romano Prodi nella cui coalizione le componenti
massimaliste ed estremiste, comuniste rifondate e no, rosse
o verdi che siano, hanno sempre un peso decisivo, contrariamente
a quanto avviene nei partiti socialdemocratici e laburisti di tutti
i paesi occidentali.
Più
in generale siamo convinti che un'eventuale
vittoria di Prodi, ottenuta anche grazie alla collaborazione
del "giapponese" Pannella, non sarebbe affatto l'inizio
di una presunta riscossa liberale, ma la consacrazione
di un'Italia immobilista, conservatrice e chiusa alla
concorrenza, forte dell'appoggio di tutti i poteri protetti
(in prima fila quelli bancari, editoriali, sindacali, giudiziari
e via discorrendo). Non sarebbe questa l'Italia che sogniamo,
né quella per cui i radicali hanno fatto tante lotte
liberali. Noi abbiamo scelto chi non ha avuto dubbi su quale
fosse il fronte da presidiare nella crisi irachena: quello di
Blair e di Bush impegnati per la ricostruzione democratica del
paese liberato da Saddam e non certo quello dei tanti Ponzio Pilato
europei eletti a modello dal centrosinistra prodiano. Abbiamo
scelto chi si è impegnato, anche se con alterni risultati,
sul fronte delle garanzie per gli imputati contro le prevaricazioni
delle corporazioni che occupano il potere giudiziario. Del resto,
perfino nella battaglia per l'amnistia alla fine Pannella si è
trovato al fianco Forza Italia e UDC e contro Margherita e DS.
Per questo,
in sintesi, noi abbiamo scelto, pur consapevoli delle
difficoltà che avremmo dovuto affrontare, il centrodestra
e continuiamo a ritenere che i radicali tutti avrebbero
potuto in questo modo investire al meglio le proprie straordinarie
risorse politiche ed ideali. La nostra ambizione di Riformatori,
Liberali e Radicali è oggi quella di contribuire a
rilanciare le idee e le politiche che vanno giustamente sotto
l'insegna dello "spirito del '94", in particolare lavorando con
Forza Italia per il sostegno alla leadership di Silvio Berlusconi.
Questo risultato potremo ottenerlo, in primo luogo, se gli
elettori radicali si mobiliteranno al nostro fianco, dandoci
la forza per contribuire ad imprimere una svolta di cui il
paese ha vitale urgenza. L'altra condizione - ovviamente - è
che entro la data dell'Assemblea Nazionale, prevista a Roma per
il prossimo 18 e 19 febbraio, si raggiunga un accordo definitivo,
politico e elettorale, tra i Riformatori Liberali Radicali e il
leader della coalizione, Silvio Berlusconi. Benedetto Della Vedova,
Marco Taradash, Peppino Calderisi, Carmelo Palma. postCount('1888827');IL FUCO E
L’APE REGINA
E’ difficile
esaminare la sentenza del Tribunale di Monza, presieduto
da tal Calabrò, magistrato di lungo corso,
prima grande accusatore ed ora giudice clemente e liberale
noto per la sua smania di farsi notare in modo politically
correct, magari per qualche candidatura e per le
sue sortite al Processo di Biscardi a discutere di arbitri
e giustizia sportiva e doping, cioè questioni che
con la giustizia non hanno molto a che vedere, visto che il
Calcio assolve tutti. Ebbene la sentenza del suddetto tribunale
sarà ricordata come la sentenza del fuco e dell’ape regina.
Il marito chiede la separazione perché l’aborto della moglie
non gli era stato comunicato e chiede il relativo risarcimento
del danno per lesione del diritto alla paternità. Nisba,
la madre ha un diritto riconosciuto per legge in fatto di aborto
e quindi del suo feto ne fa quello che vuole. Applausi a scena aperta!
Dai palchi sinistroidi arriva la benedizione alla “sentenza liberale”,
quella per cui esseri madri è più importante di
essere padri. Qual è il principio che pretende la parità
fra i sessi, ma non il loro uguale diritto sul nascituro? Forse
la favola popolare per cui il marito, fuco appunto, rende incinta
la moglie-ape regina e va via e toccherà a lei, moglie e
madre, soffrire con il pancione, “deporre le uova”, lavorare in casa
e magari anche fuori, soffrire le doglie, mentre il marito esce
con gli amici e lavora per suo conto. Bene allora bentornati nel Medio
Evo, in un Medio Evo che pretende di dare alle donne non la parità,
ma la potenza assoluta su un bene e su un principio di vita.
Certamente la nuda e cruda giustizia esternata in un sentenza
della Corte di Cassazione del 1998 aveva già affermato che
solo la donna è titolare del diritto di abortire, di interrompere
la gravidanza, senza alcuna voce in capitolo da attribuire all’uomo
che non può impedirlo. Non vedo perché allora,
non si garantisca il libero utilizzo degli embrioni, visto che
il nascituro è un bene di semplice gestibilità femminile
e visto che a nulla serve l’uomo se non alla mera e materiale
esecuzione dell’atto sessuale che porta alla nascita, non potendo
decidere nulla su quel “bene”, diventato una nuda proprietà
della donna, moglie, madre. Non vedo perché si tenti ancora
di appesantire i consultori di consiglieri ed ispettori; se nella
tangibilità di un feto da parte della donna, non può
nulla suo padre, che ha un diritto ed un dovere e perfino un istinto
(oppure anche questo è solo materno?) paterno, cosa possono
estranei scienziati della psiche o cervelli del diritto? Il futuro
è questo. E’ il futuro è oggi, un oggi dove le donne-madri
sfilano con le loro figlie a manifestare per l’aborto, quasi a voler
ammettere “magari avessi potuto…” e lo fanno senza i mariti, inerti,
incoscienti di poco sentimento; un oggi dove la parità si confonde
con la potenza, la libertà ed il liberismo stesso si confondono
con la volontà, con il sentirsi sciolto da ogni laccio morale,
da ogni scrupolo, da ogni obbligo, perché oggi tutto ciò
che è sacrificio, regola è sentito come obbligo opprimente.
Libero di decidere in virtù di un orgoglio, di una rivincita
di emancipazione che i Tribunali incoraggiano, sanzionando così
anche la fine delle regole su cui si basa il loro operato, ovvero
il principio per cui la legge è uguale per tutti. No, c’è
chi ha un potere su tutto. Una donna ha diritto a fare e disfare un corpicino,
in un mondo senza ragione la mamma leonessa difende i suoi cuccioli
o li fa soccombere perché non soffrano, il padre non esiste.
Nella realtà umana, è uguale. Non c’è più un
diritto giuridico paterno e non c’è spazio per la sua scelta
di vita contro la scelta di morte di chi ne ha la potestà fisica
e giuridica. L’ape regina condanna tutti, uova e fuco soccombono e
con essi, la loro ragion d’essere. Angelo M. D'Addesio postCount('1903334');Massima del
giorno
Troppo
facilmente si cerca la colpa di chi ha ragione.
G.P. postCount('19031');MOLLICHINE
Prodi:
"I romani sono a loro modo simpatici". E i serial killer,
a loro modo, interessanti.
Ahmadinejad
incontra i leader di Hamas e del Jihad islamico.
Per una volta, non si registrano vittime.
Il Tribunale
civile di Roma: Alitalia non puo‚ comprare Volare.
Volare non è il suo mestiere.
Ostaggi.
Fini: "Non abbiamo pagato alcun riscatto". Quasi ci
pagavano loro perché ci riprendessimo la Sgrena.
Casini:
"Non può esistere uno scontro tra la Cdl e
Ciampi". Per lui la Cdl si deve sempre calare le
braghe.
Storace
ha proposto di introdurre la visita medica per gli
immigrati. E che lascino l'impronta della zampa.
Tagliati
i sussidi ai palestinesi. I poverini dovranno togliersi
le pallottole di bocca, per nutrire i loro figli.
Hamas:
tregua se Israele, nei confini del 1967, libererà
i detenuti palestinesi. E il ritorno dei rifugiati?
E la Palestina dal Mediterraneo al Giordano? Ma sono guidati
da traditori?
Il Venezuela
si schiererà con l'Iran nella disputa sul nucleare.
Questione di gittata dei missili.
Al Zawahiri:
"Sono scampato a un raid americano". E finché
Allah non si distrae...
Gianni
Pardo postCount('109871');
IL REVISIONISMO
DELL'OLOCAUSTO, TABU' DELL'OCCIDENTE
KIM PETERSEN intervista ISRAEL SHAMIR
Israel Shamir è un importante e controverso pensatore israeliano di
origine russa, uno scrittore e un traduttore che vive a Jaffa. Shamir,
con i suoi scritti, ci regala fresco candore, profonde intuizioni e
umanesimo ispiratore. La sua posizione di principio, in favore del
diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi e della ricostruzione dei
loro villaggi distrutti ha causato il suo licenziamento dal giornale
israeliano "progressista" Ha'aretz. In seguito agli attacchi israeliani
contro i palestinesi nel gennaio 2001, Shamir si è dedicato alla
letteratura politica in inglese.
Per l'intellettuale Carlo Marx, la questione ebraica era un "soggetto
irreale". Marx era stato battezzato nella religione luterana e aveva
sposato una non-ebrea. Shamir ha rinunciato al giudaismo e abbracciato
il cristianesimo. Egli è un forte sostenitore della soluzione "un uomo,
un voto, uno stato" con l'obiettivo di un unico stato Israele-Palestina.
Ho intervistato questo irremovibile scrittore indipendente -- Kim
Petersen
Kim Petersen: Di recente hai scritto che lo storico David Irving, che i
media dominanti dicono essere stato condannato per negazione
dell'Olocausto, è stato invece condannato per la negazione della
"superiorità ebraica". Potresti spiegare meglio questa tua posizione?
Israel Shamir: Ho scritto a lungo su questo argomento in "For Whom the
Bell Tolls" (Per chi suona la campana, ndt) e in "The Vampire Killers"
(Gli uccisori di vampiri, ndt). Nessun uomo libero può essere d'accordo
con l'idea che la morte (e la vita) degli ebrei sia più importante di
quella di un goy (non-ebreo, ndt). Eppure il revisionismo dell'olocausto
è l'unica proibizione che la nostra società impone per legge.
Gli armeni sono diventati invidiosi di questo status superiore degli
ebrei, e in realtà sono riusciti, almeno in Francia, a mettere sotto la
protezione di una legge la loro tragedia del 1915. Il risultato è stato
tragicomico. Essi hanno costretto un importante storico ebreo (e un
guerrafondaio di primo livello), Bernard Lewis, ad affrontare un
processo, a Parigi, per negazione della loro tragedia, processo in cui è
stato condannato, proprio come David Irving. Ma David Irving ha avuto
tre anni di carcere e sul suo nome è stato gettato "discredito" (leggere
l'intervista da lui rilasciata al The Observer), mentre Bernard Lewis
era stato multato di 1 (un) franco francese, ed è libero di andare dove
vuole, e il suo nome appare in bella mostra in varie petizioni. Il suo
nome non è stato infangato, ma quello degli armeni sì! Evidentemente il
sangue degli ebrei è più rosso di quello degli armeni, per non far
menzioni di specie ancor meno importanti. Ho citato un articolo di uno
storico ebreo americano che ha negato il genocidio dei nativi americani.
Nemmeno il suo nome è stato infangato. La fustigatrice di Irving, Debora
Lipstadt, da parte sua, ha negato l'olocausto dei morti inceneriti dalle
bombe incendiarie di Dresda, e nemmeno il suo nome è stato infangato.
Che tu lo voglia o no Kim: il concetto di olocausto è un concetto di
superiorità ebraica.
Ciò ha un importante significato religioso: il cristianesimo è la
negazione dell'idea di superiorità ebraica. Chiunque crede o accetta
l'idea di superiorità ebraica, nega Cristo perché Cristo ci ha resi
uguali. Il regista ebreo francese Claude Lanzman, il regista di "Shoah",
una volta ha detto: se credi nell'olocausto, non puoi credere in Cristo.
Sono pronto ad accettare la sua sfida: io credo in Cristo. Possiamo
riscrivere la frase di Lanzman: la credenza che la morte degli ebrei
abbia un significato storico speciale è segno di apostasia. Quindi la
fede nell'olocausto cozza contro la chiesa: noi crediamo che Cristo ha
sofferto per noi ed è risuscitato. I fedeli dell'olocausto credono che
il popolo ebraico ha sofferto e poi è tornato creando lo stato lo stato
ebraico. In questo scontro, gli ebrei vincono: contrariamente a quanto
succede con la negazione dell'olocausto, si può negare la crocifissione
e la resurrezione e la tua carriera non ne soffrirà.
La questione della negazione dell'olocausto è una questione di
apostasia: la nostra società resisterà sulla roccia eretta da Cristo, o
adorerà lo stato ebraico? Questa è un'importante scoperta riguardante
l'eterna religiosità dello spirito umano: il tentativo di creare uno
stato secolare non è riuscito. Dopo un'illusoria breve interruzione, gli
dei sono tornati.
Kim Petersen: E' corretto usare termini così forti come "goy"?
Israel Shamir: Per la verità, non so se questo sia un termine forte. Ho
tradotto alcuni libri ebraici, da Samuell Yosef Agnon, l'unico premio
Nobel di lingua ebraica, al Libro della Stirpe del rabbino Zacuto, un
pensatore giudeo-iberico del 15° secolo, la mia ultima traduzione in
inglese. Questi scrittori usano il termine 'goy' e così fanno pure i
giornali israeliani. Questo termine ha un significato: indica un
non-ebreo come lo vede un ebreo. Se ritenete che non si tratti di un
termine elogiativo, allora vuol dire che secondo voi gli ebrei
considerano un 'goy' con disgusto. Forse è così. Ma noi dovremmo
affrontare i problemi, non le parole. Aver a che fare con le parole è
più facile, ma non porta a soluzioni. Se si usasse la parole 'gentile'
invece di 'goy', cambierebbe l'atteggiamento ebraico verso i non ebrei?
Prendersela con le parole è anche un segno di debolezza. Quando (nel 19°
secolo) gli ebrei si sentivano deboli, preferivano farsi chiamare
israeliti. Oggi non hanno problemi ad essere chiamati "ebrei".
Kim Petersen: Tu hai descritto gli Stati Uniti come uno "stato ebraico
più grande". Tu hai anche apprezzato Jeffrey Blankfort perché ha
compiuto "un ulteriore passo in avanti" nel rigettare le posizioni di
Noam Chomsky e di altri. L'influenza della "Lobby ebraica" è veramente
dominante sull'imperialismo delle grandi compagnie americane?
Israel Shamir: Su questo argomento ho scritto in "A Yiddishe Medina".
L'imperialismo delle grandi compagnie americane non è uno spirito privo
di corpo; è costituito dalla somma dei desideri e delle azioni delle
elites americane. E le elites americane sono ebraiche, in gran parte, ed
hanno fatto propri i valori e le idee ebraiche, ad un livello perfino
più alto. Alcuni anni fa, uno scrittore ebreo americano, Philip Weiss ha
scritto nel New York Observer: "Non pretendo di sapere quanta parte
della classe dirigente sia ebraica. Il venti per cento, il cinquanta per
cento? Penso sia il 30 per cento". Sono ebrei per lo meno il 30% degli
studenti di Harvard, secondo quanto riporta The Forward, un giornale
ebreo americano. La Hillel Society pubblica le seguenti cifre: Numero
totale di studenti universitari: 6 658; numero di studenti universitari
ebrei: 2 000 (cifra approssimativa); Numero totale di laureati: 10 351;
numero totale di laureati ebrei: 2 500 (cifra approssimativa). Quindi è
vero che le elites americane sono, in gran parte ebraiche, nel senso
ordinario della parola. Per quanto riguarda lo spirito, Karl Marx
parlava di uno "spirito ebraico" degli Yankee. Un marxista meno noto,
Sombart, ha scritto molto su questo punto. Per cui, a mio parere, è un
errore parlare di "Lobby ebraica" -- potremmo invece parlare di
un'acquisizione di controllo, di una sostituzione delle vecchie elites
WASP (White Anglo-Saxon People). Gli ebrei rappresentano circa il 3%
della popolazione degli Stati Uniti. I britannici presero il controllo
dell'India con una percentuale di molto inferiore; così ha fatto anche
l'attuale minoranza dominante in Siria. I normanni hanno dominato per
secoli la Gran Bretagna con una percentuale molto inferiore al 3%.
L'intera nobiltà russa al tempo degli Zar era costituita dal 2/3% della
popolazione, mentre le caste dirigenti delle società Hindu
rappresentano, nella migliore delle ipotesi circa il 5%. Oggi, gli ebrei
si sono ben integrati nell' "imperialismo americano delle grandi
compagnie" e a più livelli; essi non devono combatterlo, lo usano. La
"lobby ebraica" è un meccanismo supplementare; essa consiste nello
zoccolo duro degli ebrei nazionalisti. Il problema è che il resto, la
parte ebraica della classe dominante americana, non appartenente
direttamente alla Lobby, consiste in gran parte, come ho avuto modo di
affermare, di ebrei non particolarmente nazionalisti. Essi sono pronti
al compromesso, e questo compromesso è il terreno comune di un
nazionalismo ebraico moderato.
Kim Petersen: Riguardo all'invasione dell'Iraq, tu hai affermato: "Ci
sono troppe coincidenze perché la si definisca una guerra puramente
americana". Fino a che punto vedi la mano sionista dietro l'invasione e
l'occupazione?
Israel Shamir: Sì, in parte sono d'accordo con i due professori delle
Università di Harvard e Chicago (M&W, ndt), la conquista dell'Iraq e le
attuali minacce all'Iran hanno per causa proprio i sionisti all'interno
dell'Amministrazione Bush. La vecchia storiella degli interessi
petroliferi è stata smentita dalla realtà: oggi il petrolio costa di
più, le compagnie petrolifere lasciano l'Iraq, nessuno dei loro
dirigenti ha sostenuto la guerra. Probabilmente nessuno dei tuoi lettori
non si sogna neppure di pensare alle Armi di distruzione di Massa degli
iracheni o alla stupida favola dell' "esportazione della democrazia" nel
mondo arabo. Non rimane che concludere che la prima e più ovvia
spiegazione è proprio la trama sionista.
Ma la guerra all'Iraq, in quanto parte della Guerra al Terrore, ha un
secondo aspetto: si tratta di un totalitarismo ancora più spaventoso, la
spinta verso la creazione di un'oligarchia fondata su caste, dal pugno
di ferro, secondo le parole di Jack London. Il suo strumento principale
è la paura; il suo scopo primario lo smantellamento delle libertà civili
e della coesione naturale della società. Senza la Guerra al Terrore, i
governanti degli Stati Uniti non potrebbero leggere la nostra posta
elettronica, ascoltare le nostre conversazioni, accumulare nelle loro
banche dati ogni più piccolo elemento di informazione sulle nostre vite.
Questo totalitarismo è stato preannunciato da George Orwell, un avido
lettore dei Protocolli, e fu osannato da Leo Strauss, la luce che oggi
guida i Neo-conservatori. Strauss sosteneva l'idea di una società
governata dal potere dittatoriale delle elites; seguace di Hobbes, non
aveva nessuna fiducia nella gente comune. Sebbene egli avesse elaborato
le sue teorie prima della seconda guerra mondiale, dopo la guerra era
solito far riferimento all'Olocausto come un fenomeno che poteva
riprodursi a meno che la società non venisse controllata strettamente.
Ho definito i sostenitori di questo paradigma col termine di "mammoniti",
o adoratori di Mammona. La guerra all'Iraq e la Guerra al Terrore in
generale, sono un prodotto dell'unione dei sionisti e dei mammoniti,
gruppi che spesso coincidono, come nel caso dei principali
Neo-conservatori.
Ecco perché la nostra lotta deve essere diretta contro i sionisti e i
mammoniti; non si tratta solo di una lodevole campagna in sostegno ai
popoli del Medio Oriente, ma prima di ogni altra cosa, essa è la
battaglia decisiva per la preservazione della democrazia e della libertà
negli Stati uniti e in Europa, per cambiare in meglio il futuro dei
nostri figli, per la creazione di una società più egualitaria e
spirituale, contro l'era oscura verso cui ci stanno portando.
Kim Petersen: Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si è dovuto
sorbire un sacco di critiche dai media occidentali per aver ripreso la
frase del defunto Ayatollah Ruhollah Khomeini che diceva che Israele
deve essere cancellato dalla carta geografica. Evidentemente, a
giudicare dal silenzio dei media occidentali sull'altro aspetto della
questione, per essi non è un problema che Israele abbia cancellato dalla
mappa la Palestina. Lo stato di Israele è veramente un'entità legittima?
Israel Shamir: No, non lo è. Non possiamo considerare legittimo uno
stato che non dà diritti ai suoi abitanti e che ufficialmente appartiene
agli ebrei del mondo. E' nel nostro interesse conquistare la piena
indipendenza dagli ebrei e spostare l'intera questione dei diritti e
delle responsabilità dall'ebraismo mondiale alla popolazione del paese.
La sovranità dovrebbe essere nostra, della gente di Palestina/Israele,
non del popolo ebraico, la componente mondiale extraterritoriale. Faccio
appello ai miei compatrioti perché rinuncino alla loro "ebraicità"
affinché divengano palestinesi d'adozione, fratelli e sorelle della
gente natia. Spero che alla fine ciò succeda; così ci integreremo e
dimenticheremo il collegamento con l'oltremare. Quello che invece stiamo
facendo oggi è seguire il paradigma coloniale e cacciamo da questa terra
i nativi in nome della nostra "ebraicità". Dovremmo seguire l'esempio
del Messico, in cui gli immigranti dalla Spagna e dall'Italia formano
ora una nazione con i discendenti di Montezuma.
Kim Petersen: Cosa significa per te l'elezione di Hamas? Dovrebbe Hamas
riconoscere Israele?
Israel Shamir: Ho scritto un articolo sui risultati di quest'elezione. I
palestinesi hanno rigettato il governo di Fatah perché esso ha fatto
troppe concessioni a Israele senza averne nulla in cambio. Hamas non
deve riconoscere lo stato di Israele, per lo meno fino a quando i
governanti di questo stato non riconoscono l'indipendenza palestinese,
ritirano le loro forze armate e la smettono di interferire con il
movimento dei palestinesi in Palestina e fuori di essa. Questa è la
reciprocità. Posso immaginare una soluzione ancora migliore: Hamas può
far appello a che ci sia completa integrazione di tutta la Palestina dal
fiume Giordano al Mare, con elezioni sulla base del principio una
persona, un voto. ma finché ciò non accadrà, Hamas dovrebbe seguire il
principio di reciprocità: riconoscimento reciproco, inter alia.
Kim Petersen: Tu sei un ex-ebreo, uno che si è convertito al
cristianesimo --- Perché lo hai fatto? Tu hai scritto che ci sono "molti
ex-ebrei". Lo hanno fatto per la stessa tua ragione? Pensi che una
crescente tendenza all'apostasia del giudaismo sarebbe un mezzo efficace
per portare giustizia ai palestinesi?
Israel Shamir: Il cristianesimo e il giudaismo sono religioni
strettamente collegate. Un cristiano, Karl Marx, ha detto una volta: il
cristianesimo è giudaismo sublime, mentre il giudaismo è sordido
cristianesimo. Un vero cristiano sa bene che un goy non è peggiore di un
ebreo; quindi l'idea dell'esclusività ebraica non è accettabile per un
cristiano. Nel nostro paese ci sono molti cristiani ortodossi russi
(alcuni di origine ebraica e alcuni altri no), ed essi pregano e
celebrano le festività insieme ai nostri fratelli e sorelle cristiani
ortodossi palestinesi. io sono stato battezzato dal palestinese
Arcivescovo Teodosio Attala Hanna, e ciò mi ha aiutato a risolvere il
mio problema di identità. La cosa importante è però di non creare
un'organizzazione di ebrei "cristiani" separata, perché una tale scelta
non porta da nessuna parte. Io sono molto preoccupato che ci siano
chiese di "ebrei cristiani" devotamente sioniste. In breve, si, il
battesimo è una soluzione, ma solo a condizione che esso si accompagni
al rigetto dell' "ebraicità" Se il battesimo è solo un'aggiunta all' "ebraicità",
esso si svuota, e non porta alcun beneficio.
Kim Petersen, co-direttore di Dissident Voice, vive in quella che
tradizionalmente si chiamava Mi'kmaq e che poi con termine coloniale è
stata chiamata Nova Scotia, Canada. Lo si può contattare all'indirizzo
elettronico
kim@dissidentvoice.org
Gli scritti di Israel Shamir si possono leggere sul suo sito
http://www.israelshamir.net/ . I suoi saggi
sono raccolti in tre libri: The Flowers of Galilee, Our Lady of Sorrow,
e Pardes.
L'OLOCAUSTO: IL DOGMA
DELL'OCCIDENTE GIUDAICO-MONDIALISTA
di Dagoberto Husayn Bellucci - dir. resp. agenzia di stampa "Islam
Italia"
Mentre assistiamo ad una omologazione sempre più massificante di mode e
costumi , idee , opinioni e sistemi di vita, sembra resistere
nell'Occidente giudaizzato da sessant'anni di diktat sinagogici il mito
del cosiddetto "sterminio" di sei milioni di ebrei durante l'ultimo
conflitto mondiale.
Insomma la leggenda dell'Olocausto, la shoa secondo l'idioma ebraico
'corrente' , al di là delle convenzioni resta uno dei capitoli
indiscutibili della storia contemporanea sul quale non sono ammesse
ricerche nè analisi fuori dal coro di quella verità 'ufficiale' assunta
come moderno dogma dall'intero sistema occidentale.
Crollate le ideologie, morti e sepolti i miti politici che hanno
caratterizzato l'intero XX° secolo resiste dunque solo ed esclusivamente
il dogma dell'Olocausto.
E che di dogma si tratta per gli occidentali crediamo che sia
assolutamente fuori discussione se si pensa che , oggigiorno, è
possibile insultare tranquillamente qualsiasi valore etico, morale o
religioso; in nome della libertà d'espressione si tollerano vignette
blasfeme contro l'Islam o film ingiuriosi della religione cattolica.
Mentre l'Occidente si è sentito in dovere di difendere i suoi laicissimi
principi di libertà e tolleranza, democrazia e eguaglianza - gli
'immortali' principii dell'89 caposaldi della società totalitaria
democratica moderna - anche utilizzando ironia blasfema contro i fedeli
dell'Islam o quelli del Cristianesimo d'altra parte nessuno di questi
intellettuali 'democratici' si prenderebbe mai l'onere nè avrebbe il
coraggio di schierarsi a difesa di quelli storici revisionisti che hanno
dimostrato l'impossibilità 'tecnica' nonchè l'assoluta incoerenza
politica di quel preteso programma di 'sterminio' attuato contro gli
ebrei in Europa dal Nazionalsocialismo.
Ed è , francamente, anche logico questo atteggiamento. E' Israele che
detta le leggi nel cuore della società occidentale. E' l'Internazionale
Ebraica che stabilisce chi deve e chi non deve frequentare i 'salotti
buoni' della cultura sistemica , quali politici insediare alla guida dei
partiti e delle istituzioni, quali economisti e imprenditori mettere
alla presidenza delle organizzazioni finanziarie, commerciali e di
lobby.
Israele e l'attenta vigilanza esercitata dalle comunità ebraiche in ogni
Stato d'Europa non permetteranno mai che sia minimamente messo in dubbio
il dogma olocaustico.
Ne va della stessa esistenza dell'emporio criminale sionista in
Terrasanta - finanziariamente assistito dall'ingente apporto di dollari
provenienti dalle comunità ebraiche degli Stati Uniti ma nato quasi
esclusivamente grazie alla prassi di spoliazione parassitaria delle
"riparazioni belliche" in marchi alle quali i diversi organismi sionisti
internazionali obbligarono la Germania Federale fin dal 1946 - , nè va
della stessa incondizionata aureola di martirio della quale si potranno
continuare i kippizzati di ogni nazione e di ogni latitudine e - dulcis
in fondo - ne va pure del business olocaustico che - Hooliwood docet -
ha pur sempre da far fiorire una sua ingranatissima macchina.
Insomma sarebbero davvero tanti i motivi per i quali a nessuno verrebbe
in mente di dichiarare che l'Olocausto è , nè più nè meno, una cazzata
interplanetaria , una menzogna colossale, la più grande fandonia
inventata nel XX° secolo che fa il palo - ...'forse'... - con la serie
di balle raccontateci dai media sistemici per 'descriverci' l'"attacco
terroristico" dell'11 settembre 2001 .... e c'é ancora chi 'crede' alla
favola di bin Laden e Al Qaeda... vabbè ...contenti voi.
Il mito dell'Olocausto per essere più espliciti viene riconosciuto come
moderno dogma da una società priva di alcun valore proprio perchè questo
è quanto impone la Sinagoga Mondialista agli stolti 'goyim' , ai
"gentili" (non ebrei) 'giudaizzanti' , rincoglioniti da sessant'anni di
propaganda quotidiana - costante, martellante e francamente urtante -
che passa dalle scuole elementari e arriva fino alle università.
A nessuno importa se storici autorevoli - i cosiddetti 'revisionisti'
dispregiativamente etichettati dal Sistema con l'epiteto di 'negazionisti'
- hanno subito processi sommari, sono stati incarcerati (David Irving a
Vienna recentemente è stato condannato a tre anni e mezzo di galera),
costretti a pagare cifre esorbitanti e danni alle comunità ebraiche
(ricordiamo il processo-farsa contro Ernst Zundel svoltosi a varie
riprese nella seconda metà degli anni ottanta), colpiti e quasi ridotti
in fin di vita (il professor Faurisson venne massacrato da una sedicente
organizzazione di "figli della memoria"... ovvero la faccia 'feroce' -
semmai ne esistesse una 'buona' - delle milizie betarine , gli
squadristi sionisti francesi, i mazzieri della sinagoga) o costretti
all'esilio per poter dimostrare la fondatezza delle proprie tesi (è il
caso dello storico svizzero Graff autorevolmente invitato a tenere un
ciclo di conferenze sulla fandonia olocaustica nella Repubblica Islamica
dell'Iran ma condannato nella sua democratica terra natia).
Che dire ancora sull'Olocausto? Noi diciamo - parafrasando uno scritto
di qualche anno or sono del Grande Guascone di Popoli , Maurizio
Lattanzio - che se domani il principale quotidiano italiano e insieme i
principali telegiornali del grande schermo riportassero a caratteri
cubitali in prima pagina o come prima notizia tv che "L'OLOCAUSTO
EBRAICO E' UNA CAZZATA INTERPLANETARIA" ciò non susciterebbe alcuna
reazione 'conforme' nelle masse cerebrolese dell'Occidente
giudaico-mondialiste del 'resto' 'inermi' anche dinanzi alla truffa
partitico-istituzionale del "Grande Magna magna" denominata
Tangentopoli.
Dunque non è 'rilevante' smontare la leggenda dell'Olocausto - che fuori
dal perimetro sistemico occidentale viene considerata per ciò che
realmente è cioè una cazzata interplanetaria - nè ci interessano troppo
neanche le dichiarazioni autorevoli del presidente iraniano Mahmood
Ahmadinejad che in merito è stato anche troppo chiaro....
Noi affermiamo che l'Olocausto è una cazzata interplanetaria funzionale
agli interessi della Sinagoga Mondialista.
Affermiamo altresì l'anti-giudaismo militante che deve individuare nella
questione ebraica - e in tutte le sue implicazioni (storiche, politiche,
religiose, economiche, sociali ecc. ecc.) il principale tema di
dibattito della Politica Mondiale.
Il giornalista inglese Wickham Stead scriveva oltre un secolo or sono:
"Non esiste politico, economista, scrittore o giornalista che possa
dirsi tale se non affronterà la questione ebraica".
E sono stati gli stessi organi di stampa del Giudaismo internazionale a
ribadire che "la questione ebraica non lascerà in pace i popoli e i
governi del pianeta"....
Olocaustiche rivendicazioni a 'parte' il mondo si divide sempre in due
categorie: chi ha un progetto politico rivoluzionario e chi 'sogna' il
Governo Mondiale.
l'estrema destra che tifa Ahmadinejad non è una novità
by
antagonismo rivoluzionario Wednesday, May. 24, 2006 at 3:48 PM
mail:
che i neofascisti siano solidali con il nazipresidente iraniano Mahmood Ahmadinejad non è una novità. Fin dalla rivoluzione islamica dell'ayatollah Komeini infatti i movimenti neofascisti italiani si divisero tra i proislamici e i filoisraeliani. se molti dei Nar amici dello stragista Fioravanti andarono in Libano a combattere con i falangisti - cioè al fianco dell'esercito israeliano - ci furono anche diverse organizzazioni neofasciste che si schierarono al fianco dell'integralismo islamico komeinista. Dall'inizio degli anni ottanta i neofascisti e alcuni tra loro che avevano aderito all'Islam radicale pubblicarono riviste come "Jihàd" (diretta da tale Oggero con sede vicino Torino), "Il Messaggero dell'Islam", "Orion" (organo del fronte antimondialista diretto da Maurizio Murelli) e successivamente la filoislamica "Avanguardia" e "Il Puro Islam" degli sciiti napoletani (il direttore è un ex neofascista). Attualmente con le posizioni antisemite di ahmadinejad ci sono le riviste d'estrema destra "EURASIA", "RINASCITA" e diversi siti di contrinformazione che vedono nell'Iran un baluardo contro l'imperialismo americano.
Il
dogma della shoah: La menzogna di Ulisse di Paul Rassinier
Edizioni: Graphos
Uno scambio
di corrispondenza tra la Graphos e la UTET a proposito de
La menzogna di Ulisse di Paul
Rassinier
Agli inizi del corrente mese,
abbiamo ricevuto, da parte della UTET di Torino, una
richiesta di autorizzazione alla pubblicazione in un volume
di documenti della Storia della Shoah di un brano
tratto da La menzogna di Ulisse di Paul Rassinier.
Il 4 maggio abbiamo risposto
che non avevamo obiezioni e volevamo solo visionare la bozza
di stampa del brano estratto dal libro, con relativo
commento, specificando che ci ponevamo il problema di
tutelare l'onorabilità e serietà dell'autore, nei confronti
del quale è in atto da anni un’indegna campagna
denigratoria. La UTET ci ha fornito le bozze del brano e il
testo introduttivo. Riproduciamo quest’ultimo assieme alla
nostra risposta.
Testo introduttivo
della UTET all’estratto de La menzogna di Ulisse
Paul
Rassinier, comunista negli anni Venti passato poi nella
sinistra socialista, aveva accettato nel 1940, al pari di
molti parlamentari socialisti francesi, il governo di Cichy
come male minore. Nel 1943 era stato comunque deportato a
Buchenwald. Nel secondo dopoguerra, alla seconda Assemblea
Costituente (1946), venne eletto deputato socialista,
incaricò che ricoprì per meno di un anno. Entrato in
polemica con i comunisti, che, a suo dire,
strumentalizzavano i morti della Shoah, scrisse il testo
protonegazionista La
menzogna di Ulisse (1950). Nel
corso degli anni Cinquanta si
accostò, infine, all’estrema destra francese, che si
appropriò delle sue tesi negazioniste.
Le osservazioni
della Graphos
Vi ringraziamo per l’invio del
testo introduttivo al brano de La menzogna di Ulisse
di Paul Rassinier che ci avete chiesto di pubblicare nella
parte documentaria della Storia della Shoah. Dobbiamo
osservare che esso contiene un certo numero di quelli che,
in linea di fatto, si devono considerare errori e tali da
collocare la figura dell’autore in una prospettiva
radicalmente deformante.
1)La prima frase del vostro
testo introduttivo, per come è formulata, lascia intendere
che Rassinier abbia preso parte in modo attivo al regime di
Vichy. È supponibile, ma non documentato, che, al pari di
gran parte se non della totalità degli esponenti della SFIO
(partito socialista), egli abbia considerato l’ascesa al
potere del generale Pétain come un male minore reso
necessario dal pericolo incombente di un’occupazione totale
del territorio francese da parte dei nazisti. È certo che in
Rassinier, a definire questo atteggiamento, abbia
contribuito un pacifismo spinto fino alle estreme
conseguenze, che era poi quello prevalente nelle file della
sinistra del tempo. D’altra parte, l’ascesa al potere di
Pétain avvenne con il consenso della totalità dei partiti
rappresentati nel parlamento. È certo anche che questo
consenso gli sarebbe venuto dallo stesso Partito Comunista
se la legge di proscrizione emanata dal governo Daladier non
avesse posto fuorilegge il partito, il cui atteggiamento,
come è ben noto, mutò solo con lo scoppio del conflitto
russo-tedesco.
Pacifista integrale, Rassinier
scrisse nel 1942 un unico articolo (su Charles Peguy) per
una rivista pubblicata da un esponente socialista che
aderiva al regime in atto. Si può supporre che a tale
articolo Rassinier assegnasse la funzione di precostituirgli
un alibi. Infatti, egli aveva aderito nel frattempo alla
Resistenza antitedesca. Questa adesione era stata
accompagnata, in conformità con le sue idee, dal rifiuto di
effettuare qualsiasi atto violento e da un’attività, svolta
clandestinamente, intesa a fornire documenti di identità
falsi a persone perseguitate dalle autorità. Arrestato per
questo dagli occupanti, fu torturato per giorni e poi
avviato al campo di detenzione di Buchenwald.
2)La menzogna di Ulisse
non tratta della Shoah, come lascia intendere il vostro
testo introduttivo. L’opera è una rassegna critica della
letteratura concentrazionaria fiorita dopo il 1945.
Rassinier vi spiega l’alta mortalità a carico dei detenuti
dei lager con gli effetti crudelmente selettivi derivanti
dall’impiego, ad opera dei nazisti, di parte dei detenuti in
funzioni amministrative, utilizzandone, se non il consenso,
la connivenza di fatto. La messa in luce di questo dato
strutturale è ciò che fa di quest’opera un testo
fondamentale della sociologia del fenomeno
concentrazionario. È da notare che i vantaggi selettivi
della pratica suddetta favorivano direttamente o
indirettamente non più del dieci per cento dei deportati e
sfavorivano tutti gli altri. Il tema della realtà o
non-realtà dello sterminio pianificato e attuato nei lager
soprattutto mediante camere a gas ai danni degli ebrei è un
tema che compare abbastanza tardivamente negli scritti di
Rassinier. Le Drame des Juifs européens risale
infatti al 1964. Di fronte a quella che sarebbe stata poi
chiamata la Shoah, Rassinier si è comportato esattamente
come si è comportato di fronte all’alto tasso di mortalità
imperversante tra i detenuti non ebrei. Il che significa che
egli ha tentato una critica delle fonti, una critica dei
testi e una critica delle testimonianze. In questo modo,
egli si è
posto alle origini di un
filone di ricerca del quale si possono non condividere i
risultati, ma non se ne può contestare la legittimità sul
piano dell’indagine storica.
3)Un’ultima osservazione: il
vostro testo introduttivo afferma che Rassinier si accostò
all’estrema destra. La realtà è del tutto diversa:
esponente, come avete ricordato, della SFIO, Rassinier si
avvicinò sempre più al movimento anarchico. Significativa,
sotto questo profilo, fu la sua collaborazione alla rivista
«Défense de l’homme» di Louis Lecoin. Tuttavia, data la
situazione generale del tempo, spazi editoriali egli poteva
trovarne solo in ambienti di destra. Forse che oggi non
vediamo qualche personaggio politico, del cui
antiberlusconismo non si può dubitare, che però, pur avendo
accesso anche ad altre sigle editoriali, pubblica i suoi
libri presso la Mondadori, la cui proprietà, lungi
dall’essere un fatto sconosciuto, è nota a tutti?
Detto ciò, se il vostro testo
introduttivo verrà modificato nel senso di rispettare la
verità delle cose (non, beninteso, la nostra opinione),
confermeremo la disponibilità a farvi pubblicare il brano de
La menzogna di Ulisse (fermo restando che il
riferimento bibliografico deve essere alla nostra edizione
del 2004, rispetto alla quale le vostre bozze contengono
solo un errore: scrivete pp. 257-258, ma dovete correggere
in pp. 257-259).
Nel caso in cui decideste di
non tener conto della nostra richiesta di modifica del testo
introduttivo, saremmo costretti a rifiutare il permesso di
pubblicazione.
In attesa di una
risposta, vi ringraziamo dell’attenzione. Cordiali saluti
Corrado Basile
Genova, 15 maggio
2006
La decisione della
UTET
Nella stessa data
ci è stato comunicato per posta elettronica: Il brano di
Paul Rassiner tratto da La menzogna di Ulisse
è
stato espunto dal V volume della nostra
Storia della Shoah, in quanto non
possiamo apportare le correzioni da voi
by
Dossier antifascismo Wednesday, May. 24, 2006 at 4:29 PM
mail:
Da sempre, fin dall'immediato dopoguerra, i neofascisti italiani cercarono alleanze a livello europeo e internazionale. Il Movimento Sociale Europeo è considerata la prima aggregazione neonazista continentale ed è nota come l'Internazionale Nera di Malmoe (primi anni cinquanta). All'insegna dell'odio contro Israele e dell'antisemitismo, dell'anti-imperialismo (tradotto nello slogan "nè Usa nè Urss Europa Nazione") negli anni sessanta nacque l'organizzazione Jeune Europe di Jean Thiriart che si ramificherà dalla Francia al Belgio , dalla Svizzera alla Germania e all'Italia. In Italia Giovane Europa sarà molto attiva nella seconda metà degli anni sessanta al fianco di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale in vari tentativi di infiltrazione a sinistra. Tra gli appartenenti a Giovane Europa ricordiamo Claudio Mutti e Claudio Orsi quest'ultimo darà vita ai comitati di amicizia Italia-Libia solidali della Repubblica del colonnello Gheddafi. Thiriart promosse incontri con i dirigenti dell'allora Yugoslavia, della Romania di Ceausescu, della Cina di Mao per favorire la formazione di un "esercito di liberazione europeo" per quella che veniva definita la "quadricontinentale" (l'alleanza cioè tra i movimenti di liberazione nazionali dell'Asia , dell'Africa, dell'America Latina ai quali dovevano aggiungersi quelli europei). Secondo Thiriart era necessario che le potenze anti-americane come la Cina favorissero l'addestramento di un vero e proprio esercito di volontari europei da inviare in Palestina, Angola, Libano, Algeria, Vietnam e Laos per portare una effettiva solidarietà ai rivoluzionari (questa astrusa proposta sarà rifiutata dai servizi segreti di Pechino i quali però collaboreranno con quelli americani e della NATO per favorire la nascita di un ultra-sinistra in funzione anti-sovietica dando vita al Club di Berna e all'operazione "manifesti cinesi" del 1962 quando l'Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni italiano affiderà a militanti di Avanguardia Nazionale il compito di affiggere per tutta Roma manifesti e volantini inneggianti a Mao Tse Tung). Queste teorie terzaposizioniste sono attualmente riprese da ambienti quali quelli del Campo Antimperialista di Pasquinelli e Neri, da Eurasia (Mutti, Preve, Graziani, Vernole, Scalea, Schaidt, Galoppini tra i collaboratori assidui oltre al defunto Terracciano e al russo Dughin), dai nazionalbolscevichi di "Orion" (ieri alleati con l'opposizione nazionalcomunista russa anti-Eltsin), dai comunitaristi del mensile romano, dai filo-islamici di "Avanguardia" , dai circoli eurasiatisti sparsi in tutta Italia, dall'UCOII di Hamza Roberto Piccardo, dal fanatismo fondamentalista di Hussein Bellucci direttore di "Islam Italia" (tra i collaboratori Amina Salina e Maurizio Lattanzio) e dal quotidiano Rinascita diffuso a Roma e nelle principali città italiane.
QUANDO IL FASCISMO SI COLORA DI ROSSO
di Archivio Antifascista Venezia
Premessa
Si racconta che una volta Jack Kerouac presentò una sorta di programma
politico-culturale della Beat Generation che parlava della "volontà
che unisce i nostri gruppi e che ci fa comprendere che gli uomini e le donne
devono apprendere il sentimento comunitario al fine di difendersi contro
lo spirito di classe, la lotta delle classi, l'odio di classe!" e che
si concludeva con l'auspicio "Noi andiamo a vivere presto in comune
la nostra vita e la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace,
per la prosperità spirituale, per il socialismo".
Il pubblico composto da "alternativi" di sinistra ne fu entusiasta
ma si raggelò subito apprendendo di aver applaudito un discorso pronunciato
da Adolf Hitler al Reichstag nel 1937.
Di simili provocazioni ci sarebbe ancora bisogno.
In tempi in cui molte cose si confondono, trascolorano e sembrano sempre
più assumere contorni incerti, mentre in politica la destra gioca
la carta dello sfondamento a sinistra -emblematica l'affermazione elettorale
del partito nazional-populista di Haider quale primo "partito operaio"
austriaco- e i partiti che si richiamano alla sinistra rincorrono la destra
per accreditarsi davanti ad un indistinto elettorato quale garanzia d'ordine,
annullando in questo modo la loro identità legata all'idea stessa
di liberazione sociale, tutto si presenta come paralizzante quanto sfuggente
complessità e di conseguenza constatiamo, come sostiene un attento
osservatore di tali implicazioni, di non essere "più in grado
di sorvegliare con attenzione la realtà"[1].
In un presente in cui è possibile riscrivere la storia, ossia la
memoria della società, capovolgendo ruoli e parti, col rischio di
dover rivivere un passato che troppo in fretta era stato lasciato alle spalle,
sta passando quasi inosservata la ricomparsa di un fascismo rivoluzionario
che, in contrapposizione anche con la destra borghese e nostalgica, mantiene
le sue radici nelle componenti più radicali dei movimenti nazionalisti
che portarono al potere Mussolini ed Hitler per poi finire da questi liquidate
in quanto ormai incompatibili con il regime, e riprende le esperienze teoriche
e organizzative che tra gli anni `60 e `70 cercarono di ritrovare la rotta
e nuove sponde tra i marosi della ribellione sociale.
Anche se per il momento, il ritorno sulle scene europee di queste componenti
variamente connotate come nazionalrivoluzionarie, nazionalcomuniste o nazionalcomunitariste
non sembra avere la forza per determinare rilevanti cambiamenti negli attuali
rapporti sociali, è altrettanto vero che queste avvertono il favorevole
mutarsi della situazione internazionale; da un lato infatti la prospettiva
della Nazione Europea, da loro da sempre auspicata ed intesa soprattutto
come potenza economica-militare, è ormai un "luogo comune"
che appartiene in modo trasversale sia alla destra che alla sinistra politica
ma, allo stesso tempo, questa comporta l'apertura di nuovi conflitti per
l'egemonia tra le varie nazioni e i diversi gruppi economici, così
come si assiste ad un'accelerazione delle tensioni tra gli Stati facenti
parte dell'Unione Europea e gli USA che rendono tutt'altro che stabile il
tanto celebrato nuovo ordine mondiale seguito alla caduta dei regimi dell'Est.
In questo contesto infatti, la Germania "unificata" è tornata
a giocare un ruolo centrale quale principale potenza della Mitteleuropa
con la missione storica di mantenere la coesione interna del Vecchio Continente;
contemporaneamente, la dissoluzione dell'Unione Sovietica e l'impetuosa
ripresa del nazionalismo russo permettono di immaginare la realizzazione
di uno spazio geopolitico euro-asiatico così come avrebbero voluto
i nazionalbolscevichi tedeschi negli anni Trenta e come venne teorizzato
nel dopoguerra da Jean Thiriart che, per fondare il movimento di Jeune
Europe poté contare anche su non trascurabili finanziamenti tedeschi.
Difficile prevedere quali sviluppi futuri e quali margini d'azione politica
sullo scacchiere internazionale potranno aprirsi per questa variante del
fascismo che, sotto vario nome e con ogni mezzo necessario, persegue l'obiettivo
di un nuovo ordine europeo non lontano da quello prefigurato negli originali
piani di dominio del Terzo Reich; ma poichè la penetrazione ideologica
e culturale, mirante a sostituire l'identità di classe con il mito
della comunità di "sangue e suolo" e a soffocare nel nazionalismo
ogni ipotesi di liberazione sociale, è la condizione necessaria per
imporre nuove gerarchie e immutate logiche di sfruttamento, è più
che mai necessario sviluppare l'opposizione antiautoritaria e anticapitalista
anche attraverso la ricerca storica e persino l'analisi filologica.
Se dopo la loro lettura troverete queste pagine allarmanti, il loro intento
potrà considerarsi almeno parzialmente raggiunto.
IL PARADOSSO DELLA CONTRORIVOLUZIONE
La destra deve diventare sempre più
di sinistra.
(Roberta Angelilli, già simpatizzante di Terza Posizione attualmente
eurodeputata di Alleanza Nazionale)
Il panorama storico e politico del neofascismo è senz'altro complesso
e per certi aspetti contraddittorio: vi sono forze che siedono in parlamento
ed altre extraparlamentari, si trovano gruppi che si dichiarano tradizionalisti,
altri che si professano rivoluzionari e vi sono persino quelli che si definiscono
rivoluzionari conservatori o "anarchici di destra"; alcune formazioni
si rifanno ai fascismi e altre al nazismo; alcuni settori si accreditano
come strenui difensori dei valori cattolici, altri si dichiarano filoislamici,
altri ancora sono attraversati dall'esoterismo e vi sono pure quelli che
parlano il linguaggio della New o della Next Age.
Premesso questo non deve sorprendere quindi il fatto che vi siano settori
a cui va stretto l'abito della destra e che conseguentemente affermano di
collocarsi "oltre la destra e la sinistra", oppure che affermano
persino di ritenersi una componente storica del movimento operaio.
Emblematico a tal riguardo quando scritto solo pochi anni fa da un militante
nazional-comunista:
Il fascismo italiano, quello nato come movimento il 23 marzo del 1919
a Milano, è una costola del pensiero marxista. Esso riconosce l'esattezza
delle teorie marxiste del plusvalore, che pensa di restituire ai proletari
socializzando le imprese. Esso però respinge l'internazionalismo
proletario, naufragato con lo scoppio della prima guerra mondiale, e vuole
unire alla lotta sociale quell'Italia, nazione proletaria, contro le potenze
plutocratiche allora come oggi padroni del mondo. Esistono varie tendenze
in seno al marxismi: stalinisti, maoisti, operaisti, economicisti ecc.
(...) Aggiungete dunque i fascisti tra queste tendenze[2].
Nel più recente passato in Italia si sono peraltro registrati
precedenti di questo tipo: basti pensare ai "nazi-maoisti" e a
Lotta di Popolo; alle teorizzazioni nazional-popolari di Franco Freda e
Paolo Signorelli negli anni '70; all'attività clandestina di gruppi
quali i Nuclei Armati Rivoluzionari, Terza Posizione e Costruiamo l'azione
che, a cavallo degli anni '70 e '80, pur con impostazioni ideologiche diverse
riprendevano almeno parte delle posizioni teoriche del fascismo più
radicale.
Prima vedevo -dirà Valerio Fioravanti, uno dei fondatori dei
NAR- che vi erano tre forze che si contrapponevano, e cioè i fascisti,
i comunisti e lo Stato democratico, ritenevo che noi fascisti dovessimo
appoggiare lo Stato democratico contro i comunisti per poi affrontare il
vincitore dello scontro che sarebbe risultato indebolito. In seguito risultò
molto più logico il contrario, e cioè appoggiare i comunisti
contro lo Stato democratico; (...) questo sia per una minor fiducia nei
fascisti, sia per una rivalutazione degli schemi rivoluzionari marxisti-leninisti
[3].
Tutto questo può apparire soltanto un gioco di mascheramenti oppure
l'espressione marginale di un ribellismo inclassificabile; la questione
invece è assai più seria e basta infatti conoscere un po'
di storia per sapere che il termine nazista era semplicemente la contrazione
dell'aggettivo nazional-socialista scelto da Hitler per il suo partito,
così come aveva voluto la bandiera rossa quale sfondo per la svastica
nera su cerchio bianco in quanto doveva rappresentare "l'idea sociale
del movimento" [4].
ALLA SINISTRA DI HITLER
La definizione che abbiamo dato del fascismo come rivoluzione
di destra resta in sostanza comune a tutte le sue varianti.
(George L. Mosse) [5]
Il termine "nazionalbolscevismo" comparve per la prima volta
in un opuscolo dal titolo omonimo, pubblicato dopo la Prima Guerra Mondiale
in Germania, scritto da un accademico di destra, tale Eltzbacher, che di
fronte alle sanzioni economiche e all'occupazione militare degli Alleati
vittoriosi auspicava una Germania bolscevizzata. Nel biennio 1919 - '20,
i comunisti Wolffheim e Laufenberg ripresero queste teorizzazioni, richiamandosi
alle tesi di W. Rathenau per la "resistenza armata" di tutto il
popolo contro l'imperialismo e, implicitamente, alle classiche tesi fichtiane
sullo "Stato corporativo chiuso", battendosi per la collaborazione
tra "nazionalisti rivoluzionari" e Partito comunista, sia contro
i capitalisti che contro la socialdemocrazia [6].
Secondo numerosi storici, soprattutto di scuola liberale, tale convergenza
tra "opposti estremismi" contro la democrazia non solo vide in
seguito la luce ma fu la causa della morte della Repubblica di Weimar e,
a supporto di tale tesi si citano come prove il referendum contro il governo
prussiano retto dal socialdemocratico Otto Braun e lo sciopero dei trasporti
pubblici di Berlino con la strana intesa tra le "camicie brune"
delle SA (Sturmabteilung) e la Lega dei combattenti del Fronte Rosso;
in realtà però tale visione non tiene conto della guerra civile
combattuta strada per strada dai militanti comunisti del K.P.D., assieme
agli anarcosindacalisti della F.A.U. (Freie ArbeiterUnion)
e a settori operai socialdemocratici, contro le squadre naziste. Le responsabilità
della sinistra social-comunista tedesca furono semmai altre, a partire dal
fallimentare progetto di costruzione di un socialismo di Stato, in grado
di eliminare le contraddizioni tra Capitale e Lavoro, fatto proprio dai
nazisti e poi usato da Hitler nella costruzione del suo Stato totalitario;
inoltre rimane un'ombra inquietante la connivenza di buona parte della sinistra
tedesca di fronte al montante antisemitismo.
La questione centrale resta però in gran parte da indagare e riguarda
l'identità "anticapitalista" e "antiborghese"
che la propaganda nazionalsocialista seppe costruire attorno al suo effettivo
ruolo reazionario e antiproletario, affermandosi anche in settori decisamente
popolari; sovente infatti si tende a dimenticare che le prime SA fondate
nel '21 erano composte da operai, disoccupati e sottoproletari, e che i
veri artefici dell'affermazione nazista nelle roccaforti operaie di Amburgo,
Berlino e Lipsia furono dei "filosovietici" come i fratelli Strasser[7] assieme all'organizzazione delle cellule
di fabbrica nazionalsocialiste (NSBO) di Reinhold Muchow [8].
Se si considerano le ricerche statistiche riguardanti la composizione sociale
degli elettori del Partito Nazista, dei suoi iscritti e dei membri delle
SA c'è di che rimanere allibiti; bastino solo alcune cifre: gli operai
dequalificati costituivano tra il '25 e il '33 la categoria sociale più
numerosa tra i membri del NSDAP (ossia del Partito Nazionalsocialista Tedesco
dei Lavoratori) e il 62% circa degli squadristi SA erano lavoratori industriali
e agricoli [9].
L'estrazione popolare e proletaria di buona parte delle SA, assieme all'estremismo
socialista di alcuni suoi comandanti legati a Gregor Strasser, tra l'altro
determinarono tra il dicembre `32 e il gennaio `33 autentici casi di rivolta
contro la direzione politica imposta da Hitler; nella Franconia Centrale
buona parte delle 6/7.000 "camicie brune" sotto la guida del loro
comandante Wilhelm Stegmann costituirono un'organizzazione paramilitare
indipendente affermando che le SA dovevano smettere di essere soltanto i
"vigili del fuoco" o le "guardie di palazzo". Analoga
sedizione si registrò in Assia e a Berlino vi furono scontri tra
SA e SS. Inoltre "in diverse parti del paese membri delle SA delusi
passarono ai comunisti, che li arruolarono prontamente nei propri reparti
paramilitari" [10].
La corrente "anticapitalista" del nazismo fu molto forte sino
ai primi anni Trenta e, oltre che all'interno di ampi settori delle SA,
la sua influenza era avvertibile a diversi livelli della società
tedesca.
Nel `33 il presidente dell'Alta Slesia, Bruckner, attaccò con forza
i grandi industriali "la cui vita è una continua provocazione".
A Berlino, tale Koeler, della Federazione operaia nazista, ebbe a dichiarare:
"Il capitalismo si arroga il diritto esclusivo di dare lavoro alle
condizioni da lui medesimo stabilite. Questo dominio è immorale e
dobbiamo spezzarlo", mentre Kube, capo del gruppo nazista al Landtag
prussiano, se la prendeva con i latifondisti ed il governo sollecitando
la riforma agraria mediante la confisca prevista dal programma del partito.
Da tempo ormai però il führer aveva deciso altrimenti
incaricando il principale capitalista tedesco, Krupp von Bohlen, della riorganizzazione
dell'industria tedesca, mentre il Consiglio generale dell'economia risultava
composto da 17 membri, comprendenti tutti i maggiori industriali e i più
importanti banchieri della nazione che avevano appoggiato la controrivoluzione
nazista.
Dopo la conquista del potere Hitler, ormai Cancelliere del Reich, avviò
pertanto un'opera di spietata normalizzazione interna al fine di "mantenere
l'ordine nelle strutture economiche (...) secondo le leggi originarie radicate
nell'umana natura"; l'apice di tale stabilizzazione venne raggiunto
il 30 giugno 1934 durante "La Notte dei Lunghi Coltelli", quando
vennero sterminati un certo numero di politici conservatori scomodi, personalità
cattoliche e militari dissidenti, assieme alla "sinistra" del
nazionalsocialismo facente capo al capi delle SA di Roehm, e a settori di
destra, capeggiati dall'ex-cancelliere generale von Schleicher, che tramavano
contro Hitler utilizzando tatticamente anche la corrente "rossa"
del Partito nazista che si riconosceva in Gregor Strasser; ma il senso principale
del massacro fu quello descritto con precisione da Julius Evola:
Fra le SA, le Camicie Brune, il cui capo era Ernst Roehm, si era fatta
largo l'idea di una "seconda rivoluzione" o di un secondo tempo
della rivoluzione; si denunciava il sussistere nel Reich di gruppi "reazionari",
che erano quelli della Destra, e una combutta di Hitler coi "baroni
dell'esercito e dell'industria" (...) Ebbene, il 30 giugno 1934 valse
essenzialmente come lo stroncamento di questa corrente radicalista del
partito e di un suo supposto complotto [11].
D'altra parte fu lo stesso Hitler, durante il discorso pronunciato al
Reichstag il 13 luglio seguente, ad assumersi la responsabilità di
"giustiziere supremo del popolo tedesco" e a rivendicare la legittimità
delle centinaia di assassini compiuti dalle SS e dalla Gestapo che in questo
modo avevano sventato una "rivoluzione nazionalbolscevica" [12].
Sul finire del `34 e ai primi del `35 circa centocinquanta comandanti delle
SS furono trovati uccisi; sui loro cadaveri un cartoncino con le lettere
R.R. per Roehms Rächer (Vendicatori di Roehm) farebbe pensare
ad un'estrema vendetta dei nazisti ormai nemici di Hitler; ma ormai per
il Fronte Nero, per Opposizione e per gli altri gruppi della Rivoluzione
Conservatrice, su posizioni diverse ma accomunati dalla visione secondo
cui Germania e Unione Sovietica avrebbero dovuto dare vita ad un'alleanza
anticapitalista in funzione anti-Occidente, non rimaneva che scomparire
in attesa di momenti più propizi che si sarebbero presentati sul
finire della Seconda Guerra Mondiale.
Interessante peraltro notare che anche una parte del fascismo russo avrebbe
maturato simili convinzioni, giungendo ad affermare che "le aspirazioni
nazionali della Russia si sono espresse nell'azione del Partito comunista
e dei suoi dirigenti" e ritenendo che lo stalinismo avesse finito per
riflettere le loro idee [13].
Il destino dei sospetti nazionalbolscevichi tedeschi, schedati e perseguitati
dalla Gestapo [14], fu in alcuni casi
quello dell'eliminazione fisica o della deportazione nei lager [15], tanto che sono stati definiti come i "trotzkisti"
del nazionalsocialismo; ma così come difficilmente si può
negare che Trotzky sia stato un comunista per il fatto che venne fatto assassinare
da Stalin, altrettanto difficilmente si può negare che i nazionalbolscevichi
siano stati solo la "sinistra" del movimento nazista e, paradossalmente,
lo stesso Hitler fu a modo suo "nazionalbolscevico" quando nel
`39 Ribbentrop e Molotov firmarono l'infame patto di non-aggressione tra
Germania ed URSS.
L'EREDITA' POLITICA DI J. THIRIART
Quando la vittoria non toccasse al Tripartito, i più
dei fascisti veri che scampassero al flagello passerebbero al comunismo,
con esso farebbero blocco. Sarebbe allora varcato il fosso che separa le
due rivoluzioni.
(P. Drieu La Rochelle, "Italia e Civiltà", 23.5.1944)
Negli ultimi anni, dopo la sua rifondazione, è tornato a far parlare
di sé il ]Partito Comunitario Nazional-europeo (PCN), costituendo
un punto di riferimento sia teorico che organizzativo anche per i nazionalcomunitaristi
italiani che, dopo aver chiuso la loro esperienza come tendenza più
o meno interna al Fronte Nazionale di A.Tilgher, hanno costruito
precisi rapporti con questo partito tanto che è andata formandosi
una "Rete di lingua italiana" ad esso collegata che pubblica "Nazione
Europa", ossia la versione italiana della testata storica del PCN "La
Nation Européenne".
Le origini del PCN sono abbastanza note. All'inizio degli anni '60 ebbe
una certa notorietà l'organizzazione Jeune Europe con la sua
omonima rivista, entrambe fondate e dirette dal belga Jean-François
Thiriart (noto anche con il nome di Jean Tisch), che andò sviluppandosi
sino a contare undici sezioni europee, tra cui quella italiana che fu tra
le più consistenti e durature [16].
Ma chi era questo Jean Thiriart, già facente parte degli Amis
du Grand Reich Allemand, che affermava di essere disposto anche ad "allearsi
col diavolo" e che per riferimenti storici aveva Federico II di Prussia
e Stalin? E chi erano i militanti di Jeune Europe che lui stesso
definì come "i cavalieri dell'Apocalisse, gli uomini di una
situazione disperata"?
Nato a Liegi da una famiglia di tradizioni liberali, secondo i suoi biografi[17], Thiriart aderì in un primo
tempo alla Jeune Garde Socialiste e al Partito Comunista, ma con
lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale e l'occupazione tedesca entrò
a far parte del Fichte Bund, una formazione legata al movimento nazionalbolscevico
di Wolfheim e Laufenberg, arruolandosi poi volontario nelle SS; processato
e condannato a morte per collaborazionismo fu quindi graziato e divenne
imprenditore nel settore ottico.
Nel dopoguerra Thiriart fu tra i fondatori del Movement d'Action Civique
di cui nel `60 divenne il principale dirigente assieme al dott. Paul Teichmann;
pur respingendo la definizione di fascista il MAC assunse subito come proprio
simbolo la croce celtica del movimento francese Jeune Nation e risultò
essere, secondo lo studioso Michel Géoris-Reitshof, "l'unico
movimento fascista serio e organizzato".[18]
Il suo organo di stampa si chiamava "Nation Belgique" e proprio
sulle sue pagine Thiriart, grazie all'apporto teorico di Henri Moreau, ex-socialista
e antisemita, mutilato di guerra per aver combattuto in Russia con le Waffen-SS,
cominciò a teorizzare il "comunitarismo" come superamento
del fascismo uscito dal conflitto mondiale. Forte della credibilità
acquisita in patria Thiriart si candidò, con la sua formazione, alla
direzione del neofascismo europeo e, potendo contare su consistenti finanziamenti
da parte della Union Miniére belga e della finanziaria tedesca Misereor,
fondò Jeune Europe lanciando nel giugno `62 un Manifesto alla
Nazione Europea che, significatamente, s'apriva con lo slogan "Né
Mosca né Washington" e in cui si faceva appello alla costruzione
di "una grande patria comune, una Europa unitaria, potente, comunitarista",
"contro la partitocrazia, per la preminenza dell'individuo sul termitaio,
perchè l'Africa resti all'Europa".[19]
Tra le prime iniziative politiche di Jeune Europe vi fu l'appoggio
incondizionato al regime portoghese impegnato in Angola e in Mozambico contro
la guerriglia anticolonialista, appoggio che Lisbona avrebbe ricambiato
con generosi finanziamenti.
In breve tempo l'esperienza di Jeune Europe, quale "organizzazione
per la formazione di un quadro politico" cosÏ come amava definirsi,
si rivelò molto importante rappresentando il tentativo più
avanzato del neo-fascismo europeo di uscire dalle posizioni nostalgiche
e di mettersi in gioco all'interno dei sommovimenti politici, sociali e
culturali dell'epoca, recuperando sia parte dell'eredità storica
del "nazionalbolscevismo" tedesco che le teorie di D. La Rochelle
e E. Malynski.
La critica del "mondialismo", successivamente sviluppata da Alain
de Benoist e quindi oggi fatta propria da quasi tutta la destra, ha proprio
in Thiriart il primo teorico che, fin dai primissimi anni `60, aveva definito
il "mondialismo" come
espressione delle scadute concezioni dell'ideologia liberalborghese
e dei suoi derivati che, partendo dalla considerazione che gli uomini sono
uguali, ritengono che sia possibile stabilire delle regole generali, applicabili
a tutti e in tutti i tempi [20].
In verità dal 1960 al `62, l'organizzazione si prestò a
fornire appoggio politico e logistico, attraverso le sue articolazioni in
Belgio, Francia, Spagna, Italia e Germania, all'organizzazione filogolpista
OAS che raccoglieva i militari e i colonnelli francesi oltranzisti impegnati
in Algeria contro la guerriglia di liberazione nazionale; tale scelta, nettamente
in contrasto con l'affermata volontà di schierarsi a fianco dei movimenti
nazional-rivoluzionari extraeuropei, venne in seguito motivata con ragioni
tattiche francamente poco plausibili.
Su impulso di Thiriart, nel '62 sembrò che a livello europeo si andasse
verso la costituzione di un Partito Nazionale Europeo; nel protocollo costitutivo,
rispettivamente firmato a Venezia dallo stesso Thiriart per ]Jeune Europe,
da Adolf von Thadden per il Deutsche Reichspartei, da sir Oswald
Mosley per l'Union Movement e dal conte Alvise Loredan per il Movimento
Sociale Italiano [21], si poteva leggere
la seguente solenne dichiarazione d'intenti:
La data del 4 marzo 1962 deve essere ricordata. Essa segna il giorno
della creazione di un Partito nazionale nazionale europeo fondato sull'idea
dell'unità europea. A differenza di tutti gli altri partiti e movimenti
cosiddetti europei, il nuovo partito non accetta che l'Europa sia un satellite
degli Stati Uniti e non rinuncia alla riunificazione dell'Europa e al recupero
dei nostri territori orientali, dalla Polonia alla Bulgaria, passando per
l'Ungheria [22].
Il programma politico del Partito Nazionale Europeo fissava quindi questi
obiettivi:
- la creazione di un governo europeo centrale rinnovabile ogni 4 anni;
- il ritiro immediato delle truppe sovietiche e americane dalle basi europee;
- la fine dell'ingerenza politica e militare dell'ONU nei problemi europei;
- la spartizione dell'Africa, in modo che per un terzo risultasse assegnata
agli europei e per i rimanenti due terzi agli africani;
- la riunificazione dell'Europa, da Brest a Bucarest.
I quattro partiti firmatari si guardarono bene dal mutare i loro nomi in
quello di Partito Nazionale Europeo, come era stato deciso dalla Conferenza
veneziana e soltanto l'UnionMovement adottò come nuovo
simbolo la folgore, facendo naufragare sul nascere questo processo di unificazione,
poi ripreso anni dopo.
Nel `63 Jeune Europe proseguiva quindi da sola la sua strada, potendo
contare su proprie numerose sezioni, per un totale di circa 20.000 aderenti;
oltre che in Belgio e in Europa aveva gruppi affiliati anche in Sud Africa
e in America Latina dove assunsero invece la denominazione Joven America
[23].
Nonostante questo rilevante sviluppo internazionale, nell'estate del `63
Jeune Europe entrò in crisi, quando Jean Thiriart si trovò
in posizione di minoranza sia a causa della sua intenzione di presentarsi
come candidato alle elezioni comunali nel `64 e a quelle legislative del
`65, ma soprattutto si rivelò lacerante la questione dell'Alto Adige;
i nazionaleuropei belgi e italiani si trovarono infatti contrapposti ai
camerati tedeschi-occidentali, austriaci, olandesi e scandinavi, favorevoli
alla creazione di uno Stato tirolese indipendente e solidali con i gruppi
terroristici che perseguivano tale obiettivo.
La contraddizione era evidente: da un lato i sostenitori della Nazione Europa,
dall'altro gli oltranzisti delle "piccole patrie"; le conseguenze
di tale dissidio furono laceranti e le sezioni di diversi paesi abbandonarono
Jeune Europe dando vita ad un nuovo raggruppamento internazionale,
denominato Europafront, sotto la direzione dell'austriaco Fred Borth,
ma di questa frazione si perderanno presto le tracce [24].
Successivamente, dopo aver liquidato nel `64 i dissidenti interni del gruppo
franco-belga di Lecerf, Nancy e Jacquart, e della corrente anticomunista
di Teichman, le posizioni di Thiriart dal `65 in poi risulteranno sempre
più connotate in senso antiamericano ed è soprattutto a lui
che il neo-fascismo deve la più estrema "denuncia dell'Occidente
e dei suoi lacchè, la designazione degli Stati Uniti come nemico
principale dell'Europa, l'idea di un'Europa indipendente ed unita da Dublino
a Vladivostock e l'idea di un'alleanza con i nazionalisti ed i rivoluzionari
del Terzo Mondo" [25].
Allo stesso tempo Thiriart sviluppò le sue posizioni "nazional-comuniste"
che individuavano nel Comunitarismo la futura prospettiva del "socialismo
nazionaleuropeo" e, coerentemente con tale impostazione, cercò
e talvolta stabilì rapporti politici con settori governativi della
Yugoslavia di Tito, la Romania di Ceaucescu, la Germania Orientale e la
Cina popolare; sul piano organizzativo, dopo il superamento dell'esperienza
di ]Jeune Europe, Thiriart dette vita nell'ottobre `65 al Parti
Communautaire Européen con "La Nation Européenne"
quale giornale di partito, diretto da Gérard Bordes, anche se formalmente
espressione del Centre d'études politiques et sociales européenne
e fin dall'inizio sia su questa testata che sulla sua versione italiana
"La Nazione Europea" non mancheranno articoli, interviste e dichiarazioni
di volta in volta a favore del Vietnam, delle lotte di liberazione in America
Latina da Peron a Che Guevara, del popolo palestinese, dei Paesi arabi e
persino delle Pantere Nere in USA [26].
Il progetto di un'alleanza tattica tra Cina e Europa in funzione anti-USA
se non ebbe risultati concreti nonostante un incontro avvenuto a Bucarest
tra lo stesso Thiriart e il primo ministro Chou En-Lai nell'estate del `66,
sul piano della cosiddetta immagine servÏ moltissimo ad accreditare
i "nazional-europei" presso alcuni gruppi e partitini maoisti,
di matrice marxista-leninista, presenti in Europa; tali "relazioni
pericolose" non partorirono in realtà iniziative significative,
ma sicuramente videro il passaggio di un certo numero di militanti da una
parte all'altra, più o meno in buona fede [27].
Nel `68, i rivoluzionari nazional-europei viaggiarono molto cercando alleati
contro l'imperialismo e il sionismo in Algeria, Egitto, Libano, Siria, Palestina,
Iraq, allo scopo di creare i presupposti politico-militari per la costituzione
di un Esercito Popolare di Liberazione dell'Europa; ma non riuscendo a trovare
adeguati sostegni economici, la loro rete organizzativa entrò in
crisi: l'ultimo numero de "La Nation Européenne" uscì
nel febbraio `69, mentre le diverse sezioni europee si scioglieranno una
dopo l'altra - ultima quella italiana nel giugno 1970.
Lo stesso Thiriart si ritirò dalla politica attiva, mentre una parte
dei "quadri" nazional-europei nei primi anni `70 daranno vita
ai diversi gruppi di ]Lutte du Peuple che sarà, a tutti gli
effetti, l'erede delle sue teorie, così come negli anni `80 con la
rifondazione del Parti Communautaire Européen in Belgio e
l'uscita in Francia del periodico "Le Partisan Européen"
si assisterà ad una loro nuova primavera, sull'onda anche delle alleanze
sancite in Russia tra nazionalisti e stalinisti che hanno fatto tornare
Thiriart alla politica attiva sino alla sua morte, avvenuta alla fine del
`92.
Nel suo "testamento politico" sta scritto che
La vita politica di una Nazione si concentra in alcuni centri nervosi:
informazione, sindacalismo, movimenti giovanili. Introdursi in questi centri
nervosi, progressivamente e silenziosamente, permette di produrvi un giorno
dei cortocircuiti.
Il fatto che lo abbiamo direttamente ripreso da "Nazione Europa"
del 19 maggio 2000, ossia dalla nuova serie del settimanale comunitarista
del P.C.N., recante in prima pagina l'immagine simbolo del "Che"
Guevara, dimostra che il "testimone" di Thiriart è stato
raccolto.
LA SINISTRA NAZIONALE IN ITALIA
Se Lenin, che ho sempre stimato profondamente, fosse vissuto,
il programma dell'Urss sarebbe stato diverso. Avremmo visto con tutta probabilità
Fascismo, Nazionalismo e Bolscevismo uniti contro l'altro nemico: la plutocrazia.
(N. Bombacci) [28]
Le correnti del socialismo nazionale e corporativo che si era riconosciute
nella vagheggiata socializzazione delle imprese durante la Repubblica di
Salò, dopo la liberazione ebbero un ruolo importante nella ricostituzione
del movimento fascista, dando vita a diverse importanti testate.
Oltre a "Manifesto" di Pietro Marengo, anche "Rivolta Ideale"
sviluppò immediatamente tematiche di sinistra, repubblicane e mazziniane,
apertamente filosocialiste, individuando in una "sinistra nazionale"
la collocazione del neofascismo unitariamente inteso. Sulla stessa linea
"Meridiano d'Italia", al quale la direzione di Franco De Agazio,
dal giugno 1946 al marzo 1947, impresse una decisa sterzata a sinistra;
e soprattutto "Rosso e Nero", nato il 27 luglio 1946 e diretto
da Alberto Giovannini [29].
Tale sinistra fascista "storica", decisa a non permettere che
il neocostituito Movimento Sociale Italiano assumesse posizioni conservatrici
e reazionarie, riteneva che l'esperienza della R.S.I. avesse rappresentato
una netta cesura col fascismo-regime, nonchè con la monarchia, e
condusse una lunga battaglia interna al partito affinchè la sua identità
non si confondesse nel coro dell'anticomunismo cattolico-moderato. Inoltre
vi era un altro gruppo su posizioni "di sinistra" composto da
ex-repubblichini facenti capo a Stanis Ruinas e a "Il Pensiero Nazionale",
che rivendicavano l'eredità ideologica del fascismo rivoluzionario
ma che avevano ben presto rotto col M.S.I. ed anche con la sinistra missina.
Una volta sconfitte sia la linea moderata del M.S.I. sotto la guida di De
Marsanich, Michelini e del più "duro" Almirante, che comunque
non abbandonò mai lo schieramento filoatlantico e l'aspirazione di
andare al governo con la Democrazia Cristiana, con il fallimento dell'operazione
Tambroni sancito da una vera insurrezione antifascista e l'avvento del centrosinistra,
negli anni `60 parvero aprirsi nuovi spazi d'azione per i gruppi fascisti
della "sinistra nazionale" che ebbero come punto di riferimento
la rivista "L'Orologio", espressione di una linea nazionalpopolare
con forti accenti anticlericali, fondata da Luciano Lucci Chiarissi [30].
La questione della nazione risultò centrale nell'elaborazione teorica
de "L'Orologio", articolandosi sul piano interno e su un livello,
più vasto, di carattere europeo che diveniva il modo per trasferire
in chiave continentale un concetto di nazione uscito sconfitto dalla Seconda
Guerra Mondiale. Conseguentemente il problema dell'Europa-nazione portava
alla ribellione nei confronti della sua spartizione sancita a Yalta, al
rilancio dell'Europa come terza potenza mondiale e al sostegno verso tutte
quelle realtà nazionali o nazionaliste che destabilizzavano il falso
equilibrio internazionale e che si opponevano, in particolare, all'imperialismo
americano ritenuto più estraneo alla cultura europea del comunismo
sovietico.
Il completo sganciamento dell'Europa dalla logica dei blocchi era possibile,
secondo i nazionalpopolari, attraverso l'uscita dalla NATO, il riarmo europeo,
l'introduzione della moneta unica europea e un sistema economico in cui
si riproponevano sia il modello corporativo che accenti autarchici. Una
non minore importanza veniva data alla necessaria rivoluzione in ambito
culturale che permise a tale rivista di schierarsi incondizionatamente a
fianco delle lotte studentesche culminate nel `68, dando vita ai Gruppi
de "L'Orologio" e fiancheggiando alcune formazioni missine che,
disobbedendo alle direttive del partito, preferivano le barricate dei "rossi"
piuttosto che l'ordine democristiano.
La visita di Nixon, in piena guerra del Vietnam, in Europa e in Italia vide
quindi oltre che violente dimostrazioni antimperialiste promosse dai gruppi
dell'estrema sinistra, anche la mobilitazione dei gruppi de "L'Orologio"
duramente polemici con la posizione filoamericana assunta dalla destra missina,
come testimoniano vari volantini diffusi a Pisa [31],
firmati sia come Gruppi Nazional-Popolari che come I nazionalrivoluzionari
de "L'Orologio" in cui, tra l'altro, veniva affermato che:
La civiltà europea, la nostra rivoluzione non ha bisogno di bandiere
stellate. Se la democrazia puttaniera ha accettato una volta la tua "liberazione",
adesso è ora di finirla. Diamo il benservito all'alto protettore
americano. Dimostriamo che l'Europa -da Brest a Bucarest- è in grado
di difendersi da sola con le sue forze economiche e militari, e, quel che
più conta, di riprendere con energie morali e rinnovata coscienza
politica il suo posto alla guida del mondo.
Apparentemente tale impostazione poteva risultare non dissimile alla
propaganda neofascista dell'epoca, ma in realtà il riferimento alla
rivoluzione europea, da Brest a Bucarest, dimostrava piuttosto la diretta
parentela con le tesi di Thiriart e di Jeune Europe, come peraltro
confermato da alcuni slogan proposti in quei volantini quali:
No alle ingerenze della CIA nei sindacati italiani
No agli agenti del MSI, PSI, PCI, DC, PLI, PRI, PSIUP
No al SIFAR agli ordini della Casa Bianca
No al condominio USA-PCI-VATICANO sulla socieà italiana
Slogan sicuramente incompatibili con la politica filoatlantica e filovaticana
del Movimento Sociale Italiano e dei gruppi alla sua destra, quali Ordine
Nuovo e Avanguardia Nazionale, oscillanti tra radicalismo, golpismo e collusione
con gli apparati di Stato.
Alla fine del `68, "L'Orologio" poteva quindi rivendicare come
frutto dell'azione nazionalrivoluzionaria dei suoi gruppi l'occupazione
dell'ateneo di Messina in risposta ai tragici fatti di Avola; mentre altre
agitazioni a Roma e a Perugia avevano visto il protagonismo del Movimento
Studentesco Europeo, altra emanazione universitaria della rivista.
Confermando la propria avversione allo "spirito di Yalta", veniva
quindi attaccato anche il P.C.I. in quanto "gendarme del capitale USA
per ordine dell'URSS", come si trova conferma in un volantino ancora
del Gruppo Nazional-popolare pisano, datato 2 aprile `69, in occasione della
morte di Eisenhower:
I lacché dell'imperialismo americano piangono la scomparsa di
chi, distruggendo l'indipendenza dell'Europa, li ha insediati sui loro
seggi di cartapesta. Anche i Comunisti, tanto antiamericani a parole, certamente
si associeranno al cordoglio. Ventiquattro anni fa Eisenhower non sottomise
solo l'Europa occidentale all'America ma anche quella orientale alla Russia.
E i comunisti, da buoni servi di Mosca, lo piangeranno.
Con il rifluire della contestazione sociale, tra repressione e stragi
di Stato, e il ritorno di Almirante alla segreteria del M.S.I., l'esperienza
de "L'Orologio" finì per esaurirsi nel `73 mentre sul piano
organizzativo, buona parte dei Gruppi Nazional-Popolari sarebbe stata assimilata
da Lotta di Popolo.
DAI NAZIMAOISTI A LOTTA DI POPOLO
La prima parte del nostro programma è così
vasta, che alla sua attuazione può contribuire anche chi si schieri
su posizioni politiche avverse.
(F. Camon) [32]
Una delle formazioni meno conosciute della destra radicale italiana è
senz'altro Lotta di Popolo che, dal `69 sino al `73, anno in cui si autodissolse
"per sfuggire alla repressione", si fece notare per le sue posizioni
anomale, tanto che i propri aderenti vennero definiti dalla stampa come
"nazimaoisti", ricorrendo ad un termine giornalistico apparso
già durante il `68.
Il neonazista Franco "Giorgio" Freda in un'intervista ebbe a commentare
tale definizione con le seguenti parole:
La formula paradossale del "nazimaoismo" - non del tutto falsa,
ma anche non del tutto giustificata - permette di scindere i suoi elementi
costitutivi, perchè i comunisti mirano a rilevare l'aspetto ]nazi
per terrorizzare i compagni e i neofascisti del MSI mirano ad evidenziare
gli aspetti maoisti per impaurire i camerati [33].
In realtà le cose non erano così semplici e la presunta
equidistanza di Lotta di Popolo tra destra e sinistra apparve fin da subito
quantomeno discutibile e venne pure rifiutata dai diretti interessati [34]; prima però di analizzarne
le posizioni è necessario fare un passo indietro per individuarne
gli antecedenti.
Tutto si può far risalire alle lotte sociali che nel fatidico `68
anche in Italia cominciarono a sconvolgere assetti politici e culture dominanti;
dentro tali sommovimenti alcuni settori, senz'altro minoritari, dell'estrema
destra decisero di "cavalcare la tigre" della contestazione, vedendovi
un importante momento di rottura e destabilizzazione dentro cui potevano
aprirsi nuovi spazi d'azione politica e penetrazione ideologica, soprattutto
nell'ambiente studentesco, preclusi alla tradizionale politica d'ordine
portata avanti con forti accenti nostalgici dal MSI.
Dietro questa scelta "movimentista" sicuramente vi erano propositi
di infiltrazione e provocazione, sfruttati anche da ambigui personaggi -quali
ad esempio Mario Merlino- in contatto o al servizio degli apparati di polizia;
ma vi erano anche esperienze di una qualche originalità ed elaborazioni
frutto di apporti intellettuali assai diversi, da Evola al situazionismo.
Fin dall'inizio degli anni `60, come si è visto, operava a livello
europeo l'organizzazione Jeune Europe; il pensiero e i programmi
di Thiriart incontrarono anche in Italia un buon interesse tra militanti
e teorici neo-fascisti già in rotta col MSI, accusato di portare
avanti una linea politica subalterna alla Democrazia Cristiana, tanto che
la sezione italiana della Jeune Europe sarebbe risultata come la
più consistente; inoltre non mancarono i collaboratori italiani (Claudio
Mutti, Claudio Orsi, Franco Freda, Antonio Lombardo, tanto per citare i
più noti e rappresentativi [35]
sia all'omonima rivista che, in un secondo momento, a "La Nation Européenne",
organo del Parti Communautaire Européen anch'esso fondato
da Thiriart [36].
In Italia Jeune Europe ebbe inizialmente tre diverse sezioni: una
facente capo alla preesistente Giovane Nazione[37]
(recapito Casella Postale 1056 Milano) col suo organo di stampa "Europa
combattente", diretta da Antonino De Bono, Spartaco Paganini, Pierfranco
Bruschi, Cinquemani e Claudio Orsi che nel `63 a Ferrara si costituì
ufficialmente come Giovane Europa; l'altra era il Movimento Politico Ordine
Nuovo presso la cui sede romana in via della Pietra 84 per qualche tempo
risultò esserci il recapito della sezione italiana di Jeune Europe
e il gruppo di "Quaderni Neri" di Salvatore Francia (recapito
Casella Postale 332 Torino).[38].
Durante il `68, l'area militante che in Italia faceva riferimento a ]Jeune
Europe, talvolta assieme ai gruppi romani Primula Goliardica e Nuova
Caravella[39], seguì le vicende
del movimento studentesco, rivendicando -a posteriori- d'essere stati a
fianco dei "rivoluzionari" sia nelle occupazioni che durante gli
scontri che avvennero all'Università di Roma, nel febbraio contro
i picchiatori guidati da Almirante e Caradonna e a marzo contro la polizia
a Valle Giulia.
Su questa partecipazione, nonostante i fiumi d'inchiostro versati per raccontare
il `68, si sa molto poco ma comunque, aldilà della partecipazione
di alcuni nuclei militanti agli scontri di piazza e la comparsa di talune
scritte murali quali "Hitler e Mao uniti nella lotta" o "Viva
la dittatura fascista del proletariato" comparse in quel periodo che
ispirarono appunto l'invenzione giornalistica dei "nazimaoisti"
[40], non sembra essere stato un fenomeno
politico rilevante, solo in qualche rara circostanza i "nazional-europei"
riuscirono a rompere l'isolamento e la diffidenza che, non senza ragione,
li circondava sia per la propria intrinseca ambiguità ideologica
sia in conseguenza dell'attività compiuta da alcuni specialisti della
provocazione e della delazione all'interno di queste dinamiche; inoltre
con il declino a livello internazionale dell'organizzazione facente capo
a Thiriart -il trentesimo ed ultimo numero de "La Nation Européenne"
è dell'inizio del `69- molti militanti cominciarono ad arruolarsi
nelle file di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale [41].
Per far fronte a questa situazione, nei primi giorni del `69 la neocostituita
Organizzazione Lotta di Popolo (O.L.P.), "iniziava il cammino verso
la costruzione di un'avanguardia che puntasse, insieme ad altre forze, alla
creazione del partito rivoluzionario del popolo" (da un documento del
gennaio 1970), raccogliendo i militanti reduci di ]Jeune Europe e
di altre esperienze quali il Movimento Studentesco Operaio d'Avanguardia,
fondato alla facoltà di Giurisprudenza di Roma da Serafino De Luia;
parte di Primula Goliardica di Roma; Avanguardia di Popolo di Pietro Golia
a Napoli e altri preesistenti nuclei nazional-rivoluzionari legati a "L'Orologio",
sicuramente presenti in Lombardia, Toscana e Meridione, sotto sigle quali
Movimento Studentesco Europeo, Potere Europeo, Università Europea,
etc.
Se la protesta anti-USA per la guerra in Vietnam e la critica sviluppata
dal movimento studentesco contro l'indirizzo riformista del PCI avevano
rappresentato altrettante ghiotte occasioni in cui inserirsi ed intervenire
politicamente, sul piano ideologico il terreno della "rivoluzione culturale
cinese" fu quello che si rivelò più interessante per
la nuova organizzazione che, da questo punto di vista, andò oltre
persino la visione di Thiriart, interessato alla Cina maoista soltanto come
potenziale alleato nella "guerra di liberazione europea"; non
fu quindi un caso che i militanti di Lotta di Popolo scelsero tale nome,
attingendo alla terminologia maoista peraltro ben presente nell'immaginario
dell'estrema sinistra, dai partitini "filo-cinesi" a Lotta Continua
[42].
Usando la situazione di Pisa come punto d'osservazione, nell'aprile `69,
i nazionalpopolari pisani che si erano anche firmati come "compagni
della Sinistra", ora sotto la firma La Lega del Popolo, intervennero
con un documentato volantino sull'uccisione a Battipaglia di due braccianti
da parte della polizia, accusando la violenza del "sistema" e
i "borghesi complessati disturbati dai loro traffici di carne umana".
In un successivo volantino, datato 27 aprile `69, La Lega del Popolo spiegava
l'abbandono della precedente denominazione nei seguenti termini:
"La sinistra" é il nome che ci ha seguito in questo
periodo di lotta contro il sistema capitalista.
Fu scelto, questo, perché ci si voleva collegare ad una tradizione
di lotte progressiste e rivoluzionarie (...)
La borghesia in tutti i paesi elabora due sistemi di governo: due metodi
di potere che ora si contrappongono, ora si alternano, ora si intrecciano.
Il primo é il metodo della violenza, del rifiuto di ogni riforma
(=fascisti, colonnelli, scelbini). Il secondo é il metodo del "liberalismo",
dei cauti passi in direzione dell'ampliamento (fasullo) dei diritti politici,
delle (false) riforme, delle concessioni (=partiti e governi democratici-borghesi).
"La sinistra" é diventato un termine integrato nel sistema
e come tale lo rifiutiamo senza rimpianti. Il mondo si muove e noi non
stiamo fermi .
Ovviamente non é solo un nome che cambia, ma é tutta una
prassi che si va perfezionando (...)
Come prima, come sempre il discorso che portiamo avanti é aperto
a tutti...
In effetti, qualcosa della "linea" nazionalrivoluzionaria precedente
stava cambiando e da quel momento tenderà ad assumere connotati ancor
più marcatamente sociali ed accenti anarchicheggianti, come testimonia
un volantino del 16 agosto `69 sul problema della casa, in cui si dichiarava
che "il ricatto della casa e del fitto, non è che un'altra faccia
dello sfruttamento che soffriamo nelle fabbriche, negli uffici per colpa
del sistema capitalistico", volantino che si concludeva con i seguenti
slogan
Nell'unità rivoluzionaria la vittoria.
Per una SOCIETA' LIBERTARIA E COMUNITARIA
Questa impostazione si continuerà a riscontrare anche nei mesi
successivi, sia a livello nazionale che locale, e nei primi mesi dell'anno
seguente si registrerà un intenso attivismo, mentre ormai Lotta di
Popolo si estendeva anche fuori dell'Italia nel tentativo di ricostruire
la precedente rete nazional-europea, con la nascita di proprie sezioni in
Francia, Germania, Spagna [43]; i nomi
più accreditati quali dirigenti dell'organizzazione risultano essere
stati Sergio Donaudi, Gianni Marino, Aldo Guarino, Ugo Gaudenzi, Enzo Maria
Dantini, Serafino Di Luia, Franco Stolzo.
Per quanto riguarda l'Italia, Lotta di Popolo aveva una sua rilevanza militante
soprattutto a Roma, incentrando la sua attività nei dintorni dell'Ateneo
e nel quartiere popolare e antifascista di S. Lorenzo, dove mantenne per
alcuni anni una sede in via G. Giraud 4 e un'altra in via dei Marrucini
8/A, scontrandosi più volte con studenti di sinistra, attivisti del
PCI e militanti della sinistra rivoluzionaria; inoltre risultava particolarmente
attiva in Lombardia, con una forte sezione in particolare a Bergamo, con
sede in via S. Alessandro 80, dove comunque la propria collocazione a destra
risultava un fatto scontato, oltre che per la generalità della sinistra,
anche per le stesse autorità [44].
Altre sezioni erano presenti senz'altro a Napoli, con sede in salita S.
Antonio a Tarsia 30; a Velletri dove veniva stampato anche il giornale,
a Milano, Cremona, Como, Imperia e in Lucania (Matera, Montalbano, Policoro)
[45]; secondo un'inchiesta pubblicata
nel `71 sul settimanale "Panorama" Lotta di Popolo poteva contare
su 500 aderenti in tutta Italia, di cui 100 in Lombardia.
Nel foglio omonimo "Lotta di Popolo", nel gennaio 1970, l'organizzazione
farà il punto della situazione politica generale, compresa una sintetica
analisi critica dei gruppi della sinistra extraparlamentare (Il Manifesto,
Potere Operaio, Lotta Continua), descrivendo le proprie esperienze d'intervento
all'interno delle scontro sociale, soprattutto in ambito studentesco e in
alcune zone del Sud.
Oltre alla denuncia della "vecchia tesi degli opposti estremismi (fascismo-antifascismo)",
immancabili in tale documento anche alcuni riferimenti alle "bombe
di Milano" e "all'assassinio di Pinelli" avvenuti appena
due mesi prima; in realtà neanche Lotta di Popolo che sostenne l'innocenza
sia di Freda che di Valpreda, fu indenne da frequentazioni filogolpiste,
come dimostrano sia la partecipazione in Italia e all'estero a convegni
dove erano presenti anche i rappresentanti di Ordine Nuovo, di Avanguardia
Nazionale e del Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese, sia le biografie
tutt'altro che cristalline di alcuni suoi fondatori e dirigenti che mal
si coniugano con la denuncia della "strategia della tensione"
fatta su "Lotta di Popolo" come una manovra "richiesta dalla
grande industria e sostenuta sul piano parlamentare dal PSI, dal PCI e dalla
sinistra democristiana per distrarre le forze popolari dalla lotta al sistema
borghese" mentre "le piccole e le medie industrie si appoggiano
al PSDI e, in secondo ordine, alle forze della destra parlamentare"
mirando "all'instaurazione di un governo forte, di tipo gollista, se
non addirittura di tipo greco" [46].
Nei primi mesi del `70 si sarebbe quindi assistito ad una rinnovata attività
contro la NATO, con la diffusione in diverse città, di un volantino
firmato dai Gruppi Nazional-Popolari in cui si tornava ad attaccare la divisione
in blocchi del mondo sancita a Yalta e il trattato di non proliferazione
nucleare voluto da USA e URSS a scapito in primo luogo dell'Europa la cui
possibile indipendenza "attirerebbe inevitabilmente a sé anche
le nazioni dell'Europa Orientale, che attualmente mordono il freno sotto
il giogo sovietico" [47]. Ai primi
di febbraio a Pisa La Lega del Popolo, dopo alcuni provvedimenti repressivi
registrati nei Licei cittadini contro gli studenti, diffondeva un volantino
in cui tali episodi vengono inseriti nella "solita repressione che
ha colpito e colpisce, prima e ora, il movimento di lotta" ed indiceva
un'assemblea-dibattito sul tema "Lotta di Popolo per una Società
Libertaria e Comunitaria contro il capitalismo e l'opportunismo", tentando
di coinvolgere la locale Federazione anarchica.
D'altra parte un altro volantino col significativo titolo "La fantasia
al posto del potere", diffuso a Roma alla fine del marzo `70 a firma
Gruppo Nazional-Popolari - Lotta di Popolo, dalle iniziali posizioni filo-maoiste
si nota un'ulteriore mutazione ideologica in senso anarchico-situazionista.
In tale volantino, tra l'altro, si poteva leggere:
...e venga pure il caos se il caos è creativo.
Per questo noi non vogliamo il potere ma la distruzione del potere.
(...) SERVITE IL POPOLO, DIO O LA PATRIA PERCHE' SIETE DEI SERVI E SENZA
PADRONI NON SAPRESTE COSA FARE. LA VOSTRA E' LA LOGICA DEI DISOCCUPATI
E NON DI UOMINI LIBERI.
Un mondo senza capi finalmente, dove ogni individuo partecipi alla vita
in comune, apportando la propria collaborazione non come dovere ma come
scelta consapevole.
Perché è tempo che l'uomo non comandi più sull'uomo,
mascherando frustrazioni o meschine vanità provinciali dietro verità
sacre eterne proletarie divine o patriottiche.
Noi non conosciamo le classi ma solo uomini come individualità perché
la società è un insieme di individui e opprimere un individuo
nella sua persona significa mutilare tutta la comunità, come pure
opprimere la comunità significa colpire l'individuo [48].
Come si può facilmente notare, il linguaggio era ora completamente
cambiato e non meno decisamente sembra superata la fase dell'innamoramento
per Mao; da sottolineare che Servire il Popolo, a cui si allude, era il
nome di uno dei più importanti gruppi maoisti di quegli anni.
In un altro volantino, diffuso a Bergamo a firma Lotta di Popolo più
o meno nello stesso periodo, con toni meno ribellistici, veniva invece riaffermato
che "antifascismo e anticomunismo sono false contrapposizioni create
dal sistema per incanalare le forze rivoluzionarie" e veniva rilanciata
l'unità del popolo italiano "al di fuori e contro le istituzioni"
per liberarsi "dall'oppressione politica, economica e culturale dell'imperialismo
russo-americano e dei suoi alleati, Vaticano e sionismo internazionale."
[49]
Nell'anno successivo nel `71, Lotta di Popolo, precisa la sua critica delle
ideologie "strumenti in mano a chi vuole il popolo diviso e contrapposto"
e ridefinisce il suo programma, abbandonando le precedenti infatuazioni
sia filomaoiste che anarcoidi e tornando al nazional-comunitarismo di Thiriart,
come si può facilmente apprendere dal seguente brano, in cui peraltro
non si perdeva occasione di citare come movimenti esemplari l'IRA, Al Fatah,
i Vietcong e il Black Panthers Party:
Occorre che i pochi elementi lucidi dei gruppi marxisti-leninisti si
scrollino dalla testa - per amore o per forza - le proprie illusioni e
le proprie superficialità (...) è ormai un dato di fatto
che la maggior parte degli operai è del tutto integrata nella borghesia
e ne ha accettato completamente la concezione mercantile e consumistica
della vita.
La realtà è ben diversa e molto lontana dalle "analisi
di classe" tanto di moda di questi tempi: lo stesso comunismo ha dimostrato
in ogni tempo che le proprie possibilità di consolidarsi si sono
sempre identificate con i potenti imperativi di un popolo: lo capì
per primo Stalin sia "russificando" il comunismo malgrado l'opposizione,
subito stroncata, sia di Trotsky, ricorrendo agli istinti "nazionali"
del popolo russo (...) è proprio questo potente richiamo alla comunità
nazionale di un popolo che è riuscito - o sta riuscendo - a modellare
delle incerte istanze di libertà dallo sfruttamento economico o
razziale, in lotta armata contro gli oppressori. [50]
Analoghi accenti si riscontrano in un pamphlet semi-clandestino
diffuso nel luglio/agosto 1971, in cui il ruolo dell'Europa torna ad essere
centrale secondo la visione di Thiriart, assieme ad un'allusione al denaro
e all'usura facilmente interpretabile in chiave antiebraica [51].
Nella presente situazione storica l'unica realtà rivoluzionaria
che sia in grado di affrontare e sconfiggere il capitalimperialismo, e
delineare la marcia di un ordine umano autentico, può essere rappresentata
da un'Europa liberata ed edificata attraverso una lotta di popolo.
Un'Europa che trovi la sua unità nella maturazione e nella convergenza
rivoluzionaria dei Popoli Europei: non Terzo Blocco teso a farsi terzo
imperialismo, ma forza-guida di tutti i popoli oppressi e sfruttati volta
a spezzare la Santa Alleanza sovietico-statunitense ed a liberare l'uomo
dalla sopraffazione del denaro e del tecnicismo asservito all'Usura.
Meritevole di considerazione anche lo sforzo in tale documento di andare
a definire non solo un'alternativa culturale ma persino "un'etica nuova":
Bisogna abituare le masse alla lotta permanente e alla diffidenza sistematica
nei confronti di tutto ciò che Ë "ufficiale" e "tipico"
di "questa" società e di questa" cultura (...) Tutte
le azioni politiche, sociali, culturali, sindacali, sono quindi valide
quando servono ad accendere e mantenere uno stato di tensione ideale e
sociale in un senso rivoluzionario antiborghese, e la valutazione della
loro utilità prescinderà sempre dai risultati contingenti
dell'azione stessa (...) La lotta rivoluzionaria pertanto, contro ogni
giudizio negativo basato sul metro del costume borghese o sull'interpretazione
borghese del diritto e della morale, possiede un alto contenuto etico.
Molto meno radicale appare invece la "Società integrale"
teorizzata da Lotta di Popolo, una comunità organica dove "il
potere politico non sarà condizionato dal potere economico"
in cui "il capitale quindi non sarà più il motore ed
il fine del moto sociale, ma solo uno strumento della civile convivenza
sotto la coordinazione del potere politico", affermazioni che rimandano
al concetto di "soldati politici" cara a tutti i fascisti rivoluzionari
che, fatalmente, ne confermano la fedeltà alla gerarchia e allo Stato.
A conferma di tale orientamento vi sono lo stesso Manifesto programmatico
dell'O.L.P. e un esteso documento teorico del `72 in cui si contrapponeva
al concetto "borghese" di classe quelli di popolo e, in primo
luogo, di comunità nazionale; conseguentemente "l'obiettivo
politico della lotta è lo stato di popolo (...) al di fuori e contro
le false contrapposizioni ideologiche", in cui "l'autogestione
significa coscienza popolare delle scelte politiche ed economiche generali
e partecipazione totale alla loro realizzazione" [52].
Questa Europa ha bisogno di costruttori dai pugni solidi
e rudi. Ha cento volte più bisogno di soldati che di avvocati, cento
volte più bisogno di acciaio che di letteratura, cento volte più
bisogno di capi che di riformatori.
(J. Thiriart)
Oltre che in Russia, anche in Europa - Italia compresa - negli ultimi
anni si va assistendo ad una certa fioritura di partiti, gruppi, giornali
che si richiamano esplicitamente all'esperienza tedesca del "nazionalbolscevismo":
rifiutano d'essere collocati nello schieramento della destra borghese, si
oppongono al capitalismo e alla Globalizzazione, prospettano la creazione
di uno "spazio euroasiatico" in funzione antiamericana, sostengono
tutti i movimenti antimperialisti e tutte le nazioni che si contrappongono
agli USA, dall'Iraq alla Serbia alla Corea del Nord.
In Italia tra le più "vecchie" testate di riferimento per
questa area vanno segnalate la rivista "Orion", fondata agli inizi
degli anni '80 ed oggi collegata all'esperienza di Sinergie Europee ed alla
Società Editrice Barbarossa che recentemente ha pubblicato un saggio
proprio sul Nazionalcomunismo; attorno ad "Orion" per un certo
tempo si formarono due gruppi, Nuova Azione di Marco Battarra e Forza Nuova
(da non confondersi con l'omonima formazione neofascista fondata nel `97),
scioltisi e presumibilmente confluiti nel Movimento Antagonista - Sinistra
Nazionale, nato attorno al mensile "Aurora", uscito la prima volta
nel 1988, su iniziativa di ex-rautiani facenti capo alla Comunità
Politica "B. Niccolai" con sede a Modigliana (Fo) e al Circolo
"A. Romualdi" di Cento (Fe).
Tra gli animatori di "Orion" vi è Maurizio Murelli, vecchio
arnese dello squadrismo fascista degli anni Settanta, che all'indomani del
crollo del socialismo reale in Russia affermava:
Per gli stalinisti, per i nazionalisti, per gli zaristi, per tutte le
espressioni panslaviste e ortodosse, il pericolo è l'Occidente,
la sua cultura, la sua economia. Quindi una alleanza operativa è
naturale, è logica (...) Innaturale è invece la rigidità
e l'ostilità dei veri comunisti nei confronti della destra che si
è allontanata dal MSI ed è tornata alle origini fasciste
in senso antiamericano, anticapitalista [54].
Tra le firme più significative comparse invece su "Aurora"
vi è quella del già citato teorico, convertito alla fede musulmana,
Claudio Mutti, autore tra l'altro di un testo dal titolo "Nazismo e
Islam", in cui vi sono messe in risalto le reciproche convergenze ed
esaltata la storia della 13ma Divisione SS, formata da musulmani della Bosnia-Erzegovina,
che combatterono a fianco dei cattolicissimi Ustascia croati, contro i partigiani
jugoslavi.
Dopo la nascita del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher ('97), fuoriuscito
dal Movimento Sociale Fiamma Tricolore, sicuramente all'interno del neo-partitino
vi era presente una non trascurabile componente e una buona incidenza culturale
"nazionalbolscevica"; interessante a riguardo il n. 10 dell'ottobre
'98 di "Fronte Nazionale" dove in prima pagina era possibile leggere
un editoriale dal titolo emblematico "Da Mosca una speranza" e
all'interno vi veniva definito lo "Spazio Autarchico Europeo",
comprendente "necessariamente la Russia e gli Stati facenti parte dell'ex
URSS", come orizzonte strategico della "federazione dei popoli
europei contro il globalismo finanziario".
Durante l'esperienza della "Linea comunitarista" all'interno del
Fronte Nazionale è nato un nuovo periodico, inizialmente "Bollettino
del Fronte Olista", dal titolo accattivante "Rosso è Nero";
le ragioni del titolo sono apertamente rivendicate nel richiamarsi ai cosiddetti
"fascisti rossi" ossia a quella componente "socialistica"
propria del primo fascismo "diciannovista", poi riemersa durante
i 600 giorni della Repubblica Sociale italiana all'ombra dell'occupazione
nazista [55], ma nella testata vi è
da subito anche un'accentuata rivendicazione dell'esperienza storica del
nazionalbolscevismo tedesco degli anni '20 e `30, tanto che viene recuperato
il simbolo dell'aquila prussiana con la spada, la falce e il martello che
compariva sulla rivista poi soppressa dal regime hitleriano.
Il primo numero reca la data del novembre '98, non appare ideologicamente
del tutto connotato, forse per alimentare il dibattito in seno al Fronte
Nazionale; infatti nel suo principale articolo viene esposta la posizione
"nazionalcomunitaria", partendo dal consueto superamento dei concetti
di destra e sinistra:
Il fascista cattivo e nostalgico non mette paura a nessuno, anzi è
utile e funzionale al sistema. Quello che mette veramente paura è
il rivoluzionario (...) Questo non significa certo diventare di sinistra,
perché questa sinistra ci disgusta quanto la destra. Significa oltrepassare
i limiti imposti dalla cultura borghese e creare una nuova concezione della
politica
al fine di "articolare un fronte nazionale, popolare, socialista
e libertario", riproponendo le stesse parole d'ordine usate come abbiamo
visto negli anni Settanta dai gruppi vicini a "L'Orologio" e a
"Lotta di Popolo".
Accanto a questa dichiarazione d'intenti, nel giornale si trovavano altri
contributi alquanto eterogenei, tra cui una sconcertante divagazione "celtico-maremmano-western"
di un collaboratore, che poi diventerà una presenza costante sulle
pagine del giornale, desideroso di
Fare un popolo con le sue città, un popolo a cavallo, uomini
e donne nel sole e nel vento, con archi e frecce, con dardi appuntiti di
legno duro a caccia di cinghiali, da cuocere al fuoco nella festa del sole,
nel giorno sacro del raccolto ed in quello della semina.
Assai più inquietante era invece un articolo su Osama Bin Laden,
che si concludeva con un'aperta apologia del nazismo:
La Legione di Osama raccoglie elementi da tutte le nazioni arabe, come
le SS da tutte le nazioni ariane. L'esaltazione della spiritualità
semita ricorda l'interesse nazionalsocialista per la spiritualità
ariana, soffocata nel sangue dall'intollerante eresia giudaica, trionfante
nella confusione razziale a Roma negli ultimi anni dell'Impero.
Nel secondo numero di "Rosso è Nero" (marzo '99), venivano
pubblicati due articoli alquanto "istruttivi" che affrontavano
la questione dell'immigrazione dal punto di vista del Fronte Nazionale (impegnato
in una campagna nazionale "per il lavoro agli Italiani") e della
sua componente "comunitarista". Vi si affermavano cose che contrastano
in modo evidente con l'attuale "rifiuto di ogni forma di razzismo e
xenofobia" proclamato da questi signori, appena un anno dopo. In particolare
vi si poteva leggere che la "primaria emergenza storica attuale"
sarebbe
la rinascita nazionale, della difesa etnica e della identità
e tradizione Euro-Italica, contro una mondializzazione aggressiva ed imperante
su tutto l'occidente europeo, dove fenomeni come immigrazione e multirazzialità
conseguente, sono strumento di un unico progetto Capital-massonico planetario.
Tali tesi infatti, figlie dirette delle teorie "differenzialiste"
di Alain de Benoist, risultano pressoché identiche a quelle di tutta
la propaganda anti-immigrati della Lega Nord, di Forza Nuova o di "Fiamma
Tricolore" da cui i nazionalcomunitaristi vorrebbero prendere le distanze.
Nel successivo terzo numero (ottobre '99), veniva sancita l'uscita-espulsione
della componente comunitarista dal Fronte Nazionale, sostenendo che era
ormai venuto il momento che "l'area nazionalrivoluzionaria e nazionalcomunista
può e deve intraprendere una necessaria revisione dottrinaria ed
ideologica (...) per trovare una sua strada del tutto autonoma" e richiamandosi
all'esperienza del Partito Comunitarista Nazionaeuropeo attivo in Belgio,
Francia, Germania. Le ragioni del "divorzio" dal Fronte Nazionale
sembrano riconducibili alla linea politica scelta da Tilgher che lo ha riportato
a più tradizionali intese con "Fiamma Tricolore" di Rauti
e a schieramenti elettorali a sostegno del tanto odiato, ma sicuramente
redditizio, Polo berlusconiano; per sottolineare la "svolta" in
tale numero di "Rosso è Nero" compariva una grande quantità
di riferimenti "estremisti": dall'elaborazione antiautoritaria
di A. Bihr al subcomandante Marcos, dal comunista-anarchico Carlo Cafiero
a Stalin celebrato quale "vero nazional bolscevico", dal Mussolini
socialista a Francesco Guccini. Dentro questo collage viene comunque
inserito anche un corposo intervento del noto Claudio Mutti sulla "guerra
di civiltà che contrappone l'Europa all'Occidente" e, in un
altro articolo, il solito Paolo Seghedoni conferma la precedente linea in
materia d'immigrazione, con argomentazioni che non meritano commenti:
Solo chi ha compreso le leggi economiche che Marx ha insuperabilmente
descritto e può quindi seguire la linea di massa facendo comprendere
ai lavoratori lo sfruttamento a cui sono soggetti, può seguire tale
linea cavalcando il bisogno delle masse di vivere in ordinate ed indipendenti
Nazioni, abbinando ai tradizionali temi della lotta di classe il recupero
dell'indipendenza nazionale contro l'immigrazione incontrollata, e una
battaglia per l'ordine pubblico che preveda anche il frequente ricorso
alla pena di morte.
Inoltre sullo stesso numero viene abusivamente pubblicato un articolo
tratto dal periodico nazionalitario "Indipendenza", giornale guardato
a sinistra con motivata diffidenza causa dell'ibrida presenza al suo interno
di ex-militanti di gruppi clandestini sia di destra che di sinistra.
Nel numero zero della nuova serie di "Rosso è Nero" (fine
'99), oltre a dedicare grande spazio alla rivolta di Seattle, venivano pubblicati
vari documenti del Partito Comunitarista Nazionaleuropeo e vi si sottointendeva,
fin dalla titolazione, l'adesione del giornale a tale percorso; tra le altre
varie "appropriazioni indebite" vanno citate la riproduzione della
copertina del periodico "Autonomia di Classe" (cordone di autonomi
incappucciati con bandiera USA in fiamme sullo sfondo) e due pagine dedicate
alle biotecnologie tratte da un lavoro di controinformazione pubblicato
da un collettivo ambientalista-radicale.
Col 2000, l'adesione al Partito Comunitarista Nazional-europeo risulta ormai
un dato di fatto; in tal senso "Rosso è Nero" ha cambiato
nome ed è diventato "Comunitarismo", quale "espressione
sintetica della fusione di "elementi comunisti ed elementi nazionaleuropei"
e a questo si affianca il settimanale comunitarista del PCN "Nazione
Europa" che riporta le notizie delle varie sezioni del partito che,
in Francia e Belgio, partecipa anche alle elezioni. L'apparenza è
ancora più marcatamente "antagonista", ma dedicando un
po' di attenzione a quanto vi viene sostenuto, non si può dire che
la "rivoluzione comunitarista" rappresenti qualcosa di diverso
rispetto al passato, indipendentemente dal fatto che alcuni redattori proverrebbero
da Rifondazione Comunista o che vi siano anche elementi che credono realmente
a quello che scrivono; inoltre, guarda caso, sembra essere nato un certo
feeling tra i "nazionalcomunitaristi" e "Rinascita.
Quotidiano di liberazione nazionale", il cui direttore è Ugo
Gaudenzi, ossia uno dei vecchi dirigenti di Lotta di Popolo e già
direttore della testata omonima.
Tra l'altro, guardando soltanto alla situazione milanese, questi "sinistri"
usano come punti di riferimento il Palazzo delle Stelline in Corso Magenta
e la Bottega del Fantastico in Via Plinio [56],
ossia due luoghi tradizionalmente legati al neofascismo milanese.
A conferma della effettiva collocazione di "Comunitarismo" (Redazione
nazionale in Via Satrico a Roma) da segnalare un articolo in cui si sostiene
che "Classe e Nazione Europea sono interessi che coincidono",
mentre in altra pagina un redattore pisano afferma esplicitamente che "Il
Comunitarismo è contrario alla lotta di classe" e che "il
lavoro sarà il criterio di valore per stabilire le nuove gerarchie
(...) Ai lavoratori migliori e più esperti non verranno dati maggiori
guadagni, ma posizioni di potenza"; in altre parole torna a riproporsi
l'idea nazista della comunità basata su "Sangue e suolo"
la cui la "forma statuale deve rispecchiare l'ordine di realtà
superiori e trascendenti" (dal n. 1 di "Rosso è Nero"),
il che mostra il vero volto di un'area che si dichiara rivoluzionaria, comunista
e persino libertaria, ma che si guarda bene dal mettere in discussione l'idea
di Stato nazionale -interpretato beninteso in chiave europea- e la struttura
gerarchica e autoritaria della società che sono parti integranti
del dominio del capitale sul lavoro.
Nell'ultimo numero consultato di "Comunitarismo", datato settembre/ottobre
2000 con il sottotitolo "Democrazia diretta-Socialismo-liberazione",
la veste e i contenuti risultano ancora in larga parte dedicati all'opposizione
contro "il ]moloch neoliberista" e nell'editoriale firmato
Rete Italiana Circoli Comunitaristi viene fatto il bilancio politico di
"un anno di lotta" durante cui la proposta "per la costruzione
di un fronte di sinistra europea antagonista che si batte per il socialismo
e che considera il dato nazionale un fattore imprescindibile" è
stato portato dai Comunitaristi all'interno del movimento "anti-globalizzazione"
e tra le forze antimperialiste[57];
ma ancora una volta, la questione immigrazione, affrontata nell'articolo
"L'inganno multietnico", torna a mostrare l'autentica matrice
ideologica dei Comunitaristi che ripropongono le teorie "differenzialiste"
di A. de Benoist, come testimoniato in modo inequivocabile dai seguenti
passaggi:
I fenomeni migratori mettono in gioco qualcosa di importante: la sopravvivenza
delle culture e dei popoli che di quelle culture sono esponenti (...) il
progetto capitalista nella sua fase di globalizzazione neoliberista vorrebbe
annullare ogni differenza (...) per creare un tipo antropologico senza
storia e senza radici (...) Si comprende meglio allora, per tornare alla
situazione che più da vicino ci riguarda, come alcuni reati dei
quali gli extracomunitari detengono il monopolio (come la riduzione in
stato di schiavitù di cui si sono rese colpevoli le bande albanesi
e marocchine che utilizzano i minorenni per l'elemosina) abbiano un impatto,
anche culturale, devastante (...) in nessun paese il "minestrone etnico"
è stato un buon affare: dopo decenni o addirittura secoli di convivenza
le difficoltà non vengono diluite, ma si acuiscono e si sommano,
senza peraltro condurre alla "rivoluzione internazionalista del proletariato".
Per cui, dietro "la fusione di elementi socialisti con il senso
dell'appartenenza identitaria e nazionale" e la "nuova sintesi
originale" rielaborata dai Comunitaristi, si scoprono linguaggi e argomenti
continuamente agitati da tutte le varianti di quella destra politica con
cui si dice di non avere più niente in comune.
Oltre a questi Circoli Comunitaristi, legati all'esperienza "Rosso
è Nero" e "Comunitarismo", vi sono altri gruppi minori,
di destra, che comunque si richiamano esplicitamente al comunitarismo; tra
questi va citato il "Cantiere delle Idee" di Ghedi (Bs) per una
certa originalità nell'approccio a tale tematica; infatti questa
associazione sviluppa un'idea di comunità, quale alternativa a "decenni
di individualismo metodologico e teorie utilitariste nelle cattedre e utopie
ideologiche", facendo proprie in modo integrale le elaborazioni teoriche
sui diritti di cittadinanza fatte in questi ultimi anni da alcuni settori
della sinistra "moderna", e per comprendere che non si tratta
soltanto di "assonanze" si consideri il seguente pezzo, ripreso
da "La Spina nel Fianco" giornale del Fronte Nazionale
Partecipazione ed appartenenza sono concetti strettamente legati tra
loro che si caratterizzano e determinano a vicenda. La parola "cittadino"
deve cessare di essere un astratto sinonimo di "abitante" per
diventare un termine che definisce colui che partecipa alla vita della
città, della comunità.
Cittadinanza come partecipazione, cittadinanza come appartenenza, tutto
il contrario della concezione apatica e sradicata della democrazia che
è ormai entrata nel senso comune. Non sono le istituzioni a fare
la democrazia ma la partecipazione popolare ad esse, per cui la sovranità
popolare si manifesta attraverso la partecipazione quotidiana di tutti
alla vita pubblica.
Decentrare i luoghi delle decisioni, moltiplicarne le occasioni, referendum,
consultazioni autogestite. Consci però che il voto non esaurisce
certo il ventaglio di diritti/doveri del cittadino. Ritornare a popolare
le piazze, le sale civiche, moltiplicare le occasioni di incontro tra i
cittadini e tra questi e le istituzioni è una condizione necessaria
se si intende porre un freno al decadimento costante della qualità
della vita (...)
La comunità, cioè reti di rapporti sociali che veicolano
valori condivisi, è la chiave di volta per rafforzare legami sociali
che mettono in relazione gli individui tra loro, che vincono isolamento
ed alienazione [58].
Si tratta, come è evidente, di cose che potrebbero essere state
scritte da un socialdemocratico, da un ex-autonomo ma anche da un leghista
o da un ecologista, a dimostrazione di quanto sia importante parlare delle
categorie di analisi che si utilizzano, dando per scontato quello che non
è, in quanto proprio grazie alla liquidazione di strumenti critici
frettolosamente ritenuti superati -vedi ad esempio la divisione in classi
della società- che l'ideologia fascista sta trovando terreno fertile
[59].
Per completare il quadro va infine segnalata la comparsa a Parma di un Partito
Nazionalcomunista (P.N.C.) [60]; difficile
dire se si tratti di filiazione più o meno legittima dei nazional-comunitaristi,
anche se in questa città vi è una loro presenza "storica",
di certo il simbolo da loro usato, falce e martello sovrapposti alla svastica,
è più che un segnale d'allarme.
non è certo strano che ci siano affinità tra i neofascisti italiani e i fondamentalisti islamici: reazionari, conservatori, al servizio della borghesia entrambi hanno in comune l'odio viscerale contro ebrei, comunisti, democratici, malati di mente, omosessuali e diversi mentre a livello internazionale i loro principali nemici sono Israele, l'America e per alcuni di loro anche la Gran Bretagna. Non dimenticate che tutte le principali organizzazioni neofasciste europee hanno gioito della vittoria di Hezbollah nella primavera 2000 quando Israele - per decisione unilaterale dell'allora premier Ehud Barak - decise di abbandonare , dopo 22 anni, il Libano meridionale. E identiche spassionate dimostrazioni di solidarietà sono venute da questi ambienti anche quando Ahmadinejad ha dichiarato di voler "cancellare Israele dalle carte geografiche" mentre la vittoria elettorale di Hamas in Palestina è stata accolta come una grande dimostrazione di forza del fronte anti-sionista internazionale del quale questi ambienti di nostalgici, ex nazisti, ex fascisti e giovani neofasci più o meno terzoposizionisti ed eurasiatici si riconoscono.
non mi frega un cazzo di chi sono e cosa fanno Hidda il fassio hidda il fassio hidda il fassio hidda il fassio hidda il fassio hidda il fassio hidda il fassio
hiddare? e perchè? è necessario invece conoscere il più possibile cosa pensano, scrivano, postano questi stronzi di fascisti e poi ci sono dentro questo dossier anche una serie di post molto interessanti per capire chi sono, cosa vogliono, quali alleati e amici hanno i neofascisti nel mondo. l'idea che un giorno possa salire al potere un connubio fascio-islamico mica è da prendere così alla leggera visto il numero sempre maggiore di organizzazioni islamiche , centri culturali, moschee nel nostro paese? leggeti bene questo articolo , dopo cambierai idea
Se qualcuno si chiedesse il motivo
dell’improvvisa alzata di scudi effettuata da importanti settori
dell’apparato militare statunitense unitamente alla verve polemica di
alcuni organi d’informazione che sono giunti a chiedere le dimissioni di
Cheney e Rumsfeld a causa del disastro iracheno la risposta sarebbe una
sola: si tratta del disperato tentativo operato da alcuni apparati
dell’establishment a stelle e strisce di correggere in senso “realista”
la politica di Washington in Medio Oriente.
Sembra ormai passato un secolo da quei
giorni, data l’improvvisa accelerazione assunta dagli avvenimenti
mondiali negli ultimi 5 anni, ma è sufficiente riportare la memoria
indietro per capire quale svolta abbiano determinato gli attentati
dell’11 settembre 2001.
Insediatosi con una sorta di golpe
elettorale, l’attuale presidente Bush jr. aveva seguito fino a quel
momento una politica quasi isolazionista(1), basata sul realismo
geopolitico (cioè sul semplice interesse nazionale e sulla cd. “balance
of power”) e sulla possibilità della nascita di uno Stato palestinese,
alfine di consolidare la tradizionale amicizia della lobby petrolifera
texana con il mondo arabo “moderato”.
Contrariamente a quanto molti ritengono,
Israele almeno dalla fine degli anni Ottanta rappresenta più un ostacolo
che un aiuto alle politiche mediorientali degli Stati Uniti, tuttavia in
un modo o nell’altro Tel Aviv è sempre riuscita fino ad oggi a mantenere
la sua centralità quale principale alleato dell’Occidente in un’area
strategica per le sorti del Pianeta(2).
Dopo il crollo delle Twin Towers e l’aereo
(o più probabilmente bomba) contro il Pentagono tutto è cambiato,
l’Amministrazione Bush ha lanciato la cd. “guerra al terrorismo” con
l’obiettivo di “esportare la democrazia” in Medio Oriente e
destabilizzare tutti i governi di quell’”area”.
La manovra ha avuto successo
nell’abbattimento del regime dei Talibani in Afghanistan, favorita dal
consenso pressoché unanime della “comunità internazionale” (con
l’eccezione, peraltro parziale, del Pakistan) , molto meno
nell’invasione dell’Iraq, dove gli interessi geoeconomici divergevano
profondamente.
Sostanzialmente, tutta la visione
“neoconservatrice” ispirata dai vari Perle, Wolfowitz, Kagan … si basa
su un assunto fondamentale: i vecchi alleati di Washington al Cairo,
Ryad … e i regimi non amici ma comunque “laici”, a Baghdad, Damasco …
non servono più, in quanto incapaci di tenere a freno le velleità dei
vari gruppi “fondamentalisti”, perciò possono pure essere spazzati via,
democraticamente o meno.
La fine del tradizionale e fragile
equilibrio raggiunto in decenni di contrappesi geopolitici non può
ovviamente che favorire i cd. “integralisti islamici” e rilanciare la
contrapposizione bellica tra le due parti, una situazione
particolarmente gradita ad Israele, che oltre a vedere eliminati Paesi
ostili torna ad essere bastione indispensabile della strategia
nordamericana in Medio Oriente.
Questa è la logica dei continui attentati
terroristici contro l’Egitto e l’Arabia Saudita e delle minacce continue
a Siria e Iran, come è già stato segnalato da un’attenta pubblicistica e
dalla stessa cinematografia statunitense(3).
Una folle corsa alla guerra infinita, in
spregio a tutte le convenzioni internazionali e al tradizionale
equilibrio fra gli Stati, che aldilà della convergenza con gli interessi
sionisti(4) ha però un fine strategico chiarissimo: l’occupazione delle
zone chiave del Pianeta per il possesso delle principali risorse
economiche mondiali, prima della crescita non più controllabile delle
potenze emergenti, Cina in primis, ma anche India, Russia e Brasile.
Un disegno rischiosissimo per due motivi:
perché ha scoperchiato un “vaso di pandora” nel mondo islamico, portando
al potere Hamas in Palestina e Ahmadinejead in Iran e forse presto i
“Fratelli Mussulmani” in Egitto, perché ha comunque costretto alla
convergenza tutte le piccole e medie potenze interessate a porre un
freno all’unilateralismo statunitense.
Nonostante il richiamo continuo a marciare
sotto la guida di Washington per fronteggiare “la comune minaccia
terroristica”, l’alleanza russo-cinese è destinata alla lunga ad avere
un potenziale di attrazione fortissimo per India ed Unione Europea,
l’America Latina già oggi cerca lungo l’asse
Castro-Chavez-Kirchner-Morales di sganciarsi dal controllo della Casa
Bianca, mentre Lula aspetta solo l’occasione propizia per accodarsi a
loro.
Il punto senza ritorno di questa
situazione sarebbe l’attacco all’Iran, previsto per la fine del 2006,
che comporterebbe quasi sicuramente l’eventualità di un bombardamento
nucleare su Teheran e inasprirebbe le contraddizioni fra la triade
USA-GB-Israele e il resto del mondo, senza contare le sue ricadute in
termini di rappresaglie.
Ecco che allora la più nota fra le lobbies
mondiali, la Trilateral Commission(5), sta cercando di porre riparo a
quello che appare un disegno destinato a condurre la politica dettata
dai “neocons” in un vicolo cieco e all’isolamento più totale.
L’ ultima riunione del gruppo (un
resoconto si trova su www.corriere.it) ha messo in guardia dai rischi
che l’intera economia globale potrebbe correre in caso di attacco
militare all’Iran, in termini di aumento del prezzo del petrolio ma
anche a causa delle difficoltà che l’impresa bellica inevitabilmente
incontrerebbe.
Ecco che allora si è deciso di dare vita
a una sorta di “Piano B”, che consisterebbe in un dialogo diretto tra
Teheran e Washington volto a convincere gli iraniani a congelare le loro
ricerche nucleari in cambio di un analogo impegno da parte di Tel Aviv;
Israele, a sua volta, otterrebbe una garanzia internazionale di
sicurezza analoga a quella prevista dall’articolo 5 della NATO (in
pratica riceverebbe la stessa copertura militare destinata ai membri
dell’Alleanza Atlantica pur non facendone formalmente parte).
La Russia di Putin, aldilà della
diffidenza che la stessa Trilateral mantiene nei confronti della
politica di difesa dell’interesse nazionale praticata dall’attuale guida
del Cremino, dovrebbe essere la mediatrice dell’accordo, in virtù anche
dell’occasione rappresentata dal prossimo vertice del G8 a San
Pietroburgo.
Ovvio che questo complesso gioco di scambi
rivela difficoltà non facilmente superabili.
Innanzitutto i tempi previsti da Kissinger
per la sua attuazione, 15-18 mesi, che contrastano con i decisi segnali
provenienti dall’establishment statunitense e dal suo alleato sionista,
decisi a chiudere la partita iraniana entro la fine dell’anno.
Poi la delega che Israele dovrebbe
concedere ad altri partners relativamente alla propria sicurezza, ma
soprattutto l’evidente cambio di strategia da parte dell’Amministrazione
Bush.
Quest’ultima, in particolare, appare
l’ipotesi più improbabile, in quanto la dottrina della “guerra infinita”
appare un’opzione ormai irreversibile, stante i disastrosi parametri
economici degli Stati Uniti: partita quando il debito estero era di
6.000 miliardi di dollari, il deficit si aggira oggi sugli 8.000
miliardi, ai quali va aggiunto il terribile passivo della bilancia
federale dei pagamenti (gli USA sono inoltre la nazione maggiormente
debitrice nei confronti delle Nazioni Unite che proprio nel timore di
non riscuotere i loro crediti assistono spesso supine alla politica
imperialista della Casa Bianca).
Trovare infine un interlocutore a Teheran
non sarà facile; nonostante l’apparente collaborazionismo iraniano in
Iraq, volto a consolidare le proprie posizioni in un paese dove gli
sciiti sono la netta maggioranza e le truppe dell’Alleanza Atlantica
sono in netta difficoltà, Ahmadinejead sta conducendo una partita dalla
doppia valenza, interna ed esterna, necessaria a rafforzare la propria
autorità.
Insofferente del pragmatismo spesso
interessato della “vecchia guardia”, il nuovo presidente iraniano ha
compiuto tutta una serie di passi idonei a liberarsi dalla tutela di
alcuni centri di potere economici eredità dei passati governi e senza
concedere nulla alle richieste “occidentali” ha comunque dimostrato di
sapersi accattivare le simpatie delle nuove generazioni.
Il suo obiettivo è quello di rendere
l’Iran la maggiore potenza regionale dell’area del Golfo Persico e può
contare ora oltre che sui tradizionali alleati siriani e libanesi
(Hizbollah) anche sul nuovo governo palestinese di Hamas.
I prossimi mesi saranno decisivi nel
verificare i possibili cambiamenti di questa complessa partita a scacchi
ma difficilmente assisteremo a clamorosi ribaltoni in quello che appare
un dualismo ormai consolidato, tra i sostenitori dell’avventurismo
bellico degli Stati Uniti, Gran Bretagna ed Israele essenzialmente, e
quelli del mondo multipolare, capitanati da Russia e Cina.
L’incognita maggiore ricade ancora una
volta sulla posizione dell’Europa e perciò tanta più rilevanza potrebbe
assumere nel nostro continente un atteggiamento italiano diverso da
quella tenuto dal governo Berlusconi fino ad oggi, con un auspicabile
passaggio dell’esecutivo di Roma dal campo dei paesi dell’atlantismo ad
oltranza a quello dei partigiani di un’Unione Europea autonoma dalla
volontà statunitense.
STEFANO VERNOLE
Note
1)Per le varie anime
della politica estera statunitense si veda il mio “Le opzioni USA” su
www.disinformazione.it
2)Riguardo i progetti della
Trilateral Commission su Israele rimando a: Stefano Vernole, “Palestina
una diplomazia tra speranze ed illusioni”, su “Eurasia” Rivista di Studi
Geopolitici n. 1/2005.
3)Sulla complessa partita che
si sta giocando in e sull’Arabia Saudita segnalo: Maurizio Blondet,
“Osama Bin Mossad”, Effedieffe e il recente film “Syriana” con George
Clooney.
4)Molti della cd. lobby
“neoconservatrice” sono ebrei o simpatizzanti sionisti. Tra di essi i
più noti sono Richard Perle, Paul Wolfowitz, Douglas Feith, Michael
Leeden e Paddy Ashdown.
5)La Trilateral Commission,
della quale fanno parte circa 300 “privati cittadini” provenienti da
Europa, USA e Giappone e il cui Presidente onorario è David Rockfeller,
è in pratica una sorta di tentativo dell’alta finanza di creare un
governo mondiale ombra a carattere massonico. In questo disegno
l’imperialismo statunitense è sempre stato uno strumento indispensabile,
a patto che sapesse agire in una logica internazionalista; a causa di
questo grave difetto l’Amministrazione Bush ha subito ad esempio le
critiche dei vari Soros o dei protagonisti di Hoolywood, tutti legati
alle logiche “progressiste” degli Stati Uniti quale guida morale del
mondo, tanto care anche alla “sinistra” nostrana.
Se qualcuno si chiedesse il motivo
dell’improvvisa alzata di scudi effettuata da importanti settori
dell’apparato militare statunitense unitamente alla verve polemica di
alcuni organi d’informazione che sono giunti a chiedere le dimissioni di
Cheney e Rumsfeld a causa del disastro iracheno la risposta sarebbe una
sola: si tratta del disperato tentativo operato da alcuni apparati
dell’establishment a stelle e strisce di correggere in senso “realista”
la politica di Washington in Medio Oriente.
Sembra ormai passato un secolo da quei
giorni, data l’improvvisa accelerazione assunta dagli avvenimenti
mondiali negli ultimi 5 anni, ma è sufficiente riportare la memoria
indietro per capire quale svolta abbiano determinato gli attentati
dell’11 settembre 2001.
Insediatosi con una sorta di golpe
elettorale, l’attuale presidente Bush jr. aveva seguito fino a quel
momento una politica quasi isolazionista(1), basata sul realismo
geopolitico (cioè sul semplice interesse nazionale e sulla cd. “balance
of power”) e sulla possibilità della nascita di uno Stato palestinese,
alfine di consolidare la tradizionale amicizia della lobby petrolifera
texana con il mondo arabo “moderato”.
Contrariamente a quanto molti ritengono,
Israele almeno dalla fine degli anni Ottanta rappresenta più un ostacolo
che un aiuto alle politiche mediorientali degli Stati Uniti, tuttavia in
un modo o nell’altro Tel Aviv è sempre riuscita fino ad oggi a mantenere
la sua centralità quale principale alleato dell’Occidente in un’area
strategica per le sorti del Pianeta(2).
Dopo il crollo delle Twin Towers e l’aereo
(o più probabilmente bomba) contro il Pentagono tutto è cambiato,
l’Amministrazione Bush ha lanciato la cd. “guerra al terrorismo” con
l’obiettivo di “esportare la democrazia” in Medio Oriente e
destabilizzare tutti i governi di quell’”area”.
La manovra ha avuto successo
nell’abbattimento del regime dei Talibani in Afghanistan, favorita dal
consenso pressoché unanime della “comunità internazionale” (con
l’eccezione, peraltro parziale, del Pakistan) , molto meno
nell’invasione dell’Iraq, dove gli interessi geoeconomici divergevano
profondamente.
Sostanzialmente, tutta la visione
“neoconservatrice” ispirata dai vari Perle, Wolfowitz, Kagan … si basa
su un assunto fondamentale: i vecchi alleati di Washington al Cairo,
Ryad … e i regimi non amici ma comunque “laici”, a Baghdad, Damasco …
non servono più, in quanto incapaci di tenere a freno le velleità dei
vari gruppi “fondamentalisti”, perciò possono pure essere spazzati via,
democraticamente o meno.
La fine del tradizionale e fragile
equilibrio raggiunto in decenni di contrappesi geopolitici non può
ovviamente che favorire i cd. “integralisti islamici” e rilanciare la
contrapposizione bellica tra le due parti, una situazione
particolarmente gradita ad Israele, che oltre a vedere eliminati Paesi
ostili torna ad essere bastione indispensabile della strategia
nordamericana in Medio Oriente.
Questa è la logica dei continui attentati
terroristici contro l’Egitto e l’Arabia Saudita e delle minacce continue
a Siria e Iran, come è già stato segnalato da un’attenta pubblicistica e
dalla stessa cinematografia statunitense(3).
Una folle corsa alla guerra infinita, in
spregio a tutte le convenzioni internazionali e al tradizionale
equilibrio fra gli Stati, che aldilà della convergenza con gli interessi
sionisti(4) ha però un fine strategico chiarissimo: l’occupazione delle
zone chiave del Pianeta per il possesso delle principali risorse
economiche mondiali, prima della crescita non più controllabile delle
potenze emergenti, Cina in primis, ma anche India, Russia e Brasile.
Un disegno rischiosissimo per due motivi:
perché ha scoperchiato un “vaso di pandora” nel mondo islamico, portando
al potere Hamas in Palestina e Ahmadinejead in Iran e forse presto i
“Fratelli Mussulmani” in Egitto, perché ha comunque costretto alla
convergenza tutte le piccole e medie potenze interessate a porre un
freno all’unilateralismo statunitense.
Nonostante il richiamo continuo a marciare
sotto la guida di Washington per fronteggiare “la comune minaccia
terroristica”, l’alleanza russo-cinese è destinata alla lunga ad avere
un potenziale di attrazione fortissimo per India ed Unione Europea,
l’America Latina già oggi cerca lungo l’asse
Castro-Chavez-Kirchner-Morales di sganciarsi dal controllo della Casa
Bianca, mentre Lula aspetta solo l’occasione propizia per accodarsi a
loro.
Il punto senza ritorno di questa
situazione sarebbe l’attacco all’Iran, previsto per la fine del 2006,
che comporterebbe quasi sicuramente l’eventualità di un bombardamento
nucleare su Teheran e inasprirebbe le contraddizioni fra la triade
USA-GB-Israele e il resto del mondo, senza contare le sue ricadute in
termini di rappresaglie.
Ecco che allora la più nota fra le lobbies
mondiali, la Trilateral Commission(5), sta cercando di porre riparo a
quello che appare un disegno destinato a condurre la politica dettata
dai “neocons” in un vicolo cieco e all’isolamento più totale.
L’ ultima riunione del gruppo (un
resoconto si trova su www.corriere.it) ha messo in guardia dai rischi
che l’intera economia globale potrebbe correre in caso di attacco
militare all’Iran, in termini di aumento del prezzo del petrolio ma
anche a causa delle difficoltà che l’impresa bellica inevitabilmente
incontrerebbe.
Ecco che allora si è deciso di dare vita
a una sorta di “Piano B”, che consisterebbe in un dialogo diretto tra
Teheran e Washington volto a convincere gli iraniani a congelare le loro
ricerche nucleari in cambio di un analogo impegno da parte di Tel Aviv;
Israele, a sua volta, otterrebbe una garanzia internazionale di
sicurezza analoga a quella prevista dall’articolo 5 della NATO (in
pratica riceverebbe la stessa copertura militare destinata ai membri
dell’Alleanza Atlantica pur non facendone formalmente parte).
La Russia di Putin, aldilà della
diffidenza che la stessa Trilateral mantiene nei confronti della
politica di difesa dell’interesse nazionale praticata dall’attuale guida
del Cremino, dovrebbe essere la mediatrice dell’accordo, in virtù anche
dell’occasione rappresentata dal prossimo vertice del G8 a San
Pietroburgo.
Ovvio che questo complesso gioco di scambi
rivela difficoltà non facilmente superabili.
Innanzitutto i tempi previsti da Kissinger
per la sua attuazione, 15-18 mesi, che contrastano con i decisi segnali
provenienti dall’establishment statunitense e dal suo alleato sionista,
decisi a chiudere la partita iraniana entro la fine dell’anno.
Poi la delega che Israele dovrebbe
concedere ad altri partners relativamente alla propria sicurezza, ma
soprattutto l’evidente cambio di strategia da parte dell’Amministrazione
Bush.
Quest’ultima, in particolare, appare
l’ipotesi più improbabile, in quanto la dottrina della “guerra infinita”
appare un’opzione ormai irreversibile, stante i disastrosi parametri
economici degli Stati Uniti: partita quando il debito estero era di
6.000 miliardi di dollari, il deficit si aggira oggi sugli 8.000
miliardi, ai quali va aggiunto il terribile passivo della bilancia
federale dei pagamenti (gli USA sono inoltre la nazione maggiormente
debitrice nei confronti delle Nazioni Unite che proprio nel timore di
non riscuotere i loro crediti assistono spesso supine alla politica
imperialista della Casa Bianca).
Trovare infine un interlocutore a Teheran
non sarà facile; nonostante l’apparente collaborazionismo iraniano in
Iraq, volto a consolidare le proprie posizioni in un paese dove gli
sciiti sono la netta maggioranza e le truppe dell’Alleanza Atlantica
sono in netta difficoltà, Ahmadinejead sta conducendo una partita dalla
doppia valenza, interna ed esterna, necessaria a rafforzare la propria
autorità.
Insofferente del pragmatismo spesso
interessato della “vecchia guardia”, il nuovo presidente iraniano ha
compiuto tutta una serie di passi idonei a liberarsi dalla tutela di
alcuni centri di potere economici eredità dei passati governi e senza
concedere nulla alle richieste “occidentali” ha comunque dimostrato di
sapersi accattivare le simpatie delle nuove generazioni.
Il suo obiettivo è quello di rendere
l’Iran la maggiore potenza regionale dell’area del Golfo Persico e può
contare ora oltre che sui tradizionali alleati siriani e libanesi
(Hizbollah) anche sul nuovo governo palestinese di Hamas.
I prossimi mesi saranno decisivi nel
verificare i possibili cambiamenti di questa complessa partita a scacchi
ma difficilmente assisteremo a clamorosi ribaltoni in quello che appare
un dualismo ormai consolidato, tra i sostenitori dell’avventurismo
bellico degli Stati Uniti, Gran Bretagna ed Israele essenzialmente, e
quelli del mondo multipolare, capitanati da Russia e Cina.
L’incognita maggiore ricade ancora una
volta sulla posizione dell’Europa e perciò tanta più rilevanza potrebbe
assumere nel nostro continente un atteggiamento italiano diverso da
quella tenuto dal governo Berlusconi fino ad oggi, con un auspicabile
passaggio dell’esecutivo di Roma dal campo dei paesi dell’atlantismo ad
oltranza a quello dei partigiani di un’Unione Europea autonoma dalla
volontà statunitense.
STEFANO VERNOLE
Note
1)Per le varie anime
della politica estera statunitense si veda il mio “Le opzioni USA” su
www.disinformazione.it
2)Riguardo i progetti della
Trilateral Commission su Israele rimando a: Stefano Vernole, “Palestina
una diplomazia tra speranze ed illusioni”, su “Eurasia” Rivista di Studi
Geopolitici n. 1/2005.
3)Sulla complessa partita che
si sta giocando in e sull’Arabia Saudita segnalo: Maurizio Blondet,
“Osama Bin Mossad”, Effedieffe e il recente film “Syriana” con George
Clooney.
4)Molti della cd. lobby
“neoconservatrice” sono ebrei o simpatizzanti sionisti. Tra di essi i
più noti sono Richard Perle, Paul Wolfowitz, Douglas Feith, Michael
Leeden e Paddy Ashdown.
5)La Trilateral Commission,
della quale fanno parte circa 300 “privati cittadini” provenienti da
Europa, USA e Giappone e il cui Presidente onorario è David Rockfeller,
è in pratica una sorta di tentativo dell’alta finanza di creare un
governo mondiale ombra a carattere massonico. In questo disegno
l’imperialismo statunitense è sempre stato uno strumento indispensabile,
a patto che sapesse agire in una logica internazionalista; a causa di
questo grave difetto l’Amministrazione Bush ha subito ad esempio le
critiche dei vari Soros o dei protagonisti di Hoolywood, tutti legati
alle logiche “progressiste” degli Stati Uniti quale guida morale del
mondo, tanto care anche alla “sinistra” nostrana.
Se qualcuno si chiedesse il motivo
dell’improvvisa alzata di scudi effettuata da importanti settori
dell’apparato militare statunitense unitamente alla verve polemica di
alcuni organi d’informazione che sono giunti a chiedere le dimissioni di
Cheney e Rumsfeld a causa del disastro iracheno la risposta sarebbe una
sola: si tratta del disperato tentativo operato da alcuni apparati
dell’establishment a stelle e strisce di correggere in senso “realista”
la politica di Washington in Medio Oriente.
Sembra ormai passato un secolo da quei
giorni, data l’improvvisa accelerazione assunta dagli avvenimenti
mondiali negli ultimi 5 anni, ma è sufficiente riportare la memoria
indietro per capire quale svolta abbiano determinato gli attentati
dell’11 settembre 2001.
Insediatosi con una sorta di golpe
elettorale, l’attuale presidente Bush jr. aveva seguito fino a quel
momento una politica quasi isolazionista(1), basata sul realismo
geopolitico (cioè sul semplice interesse nazionale e sulla cd. “balance
of power”) e sulla possibilità della nascita di uno Stato palestinese,
alfine di consolidare la tradizionale amicizia della lobby petrolifera
texana con il mondo arabo “moderato”.
Contrariamente a quanto molti ritengono,
Israele almeno dalla fine degli anni Ottanta rappresenta più un ostacolo
che un aiuto alle politiche mediorientali degli Stati Uniti, tuttavia in
un modo o nell’altro Tel Aviv è sempre riuscita fino ad oggi a mantenere
la sua centralità quale principale alleato dell’Occidente in un’area
strategica per le sorti del Pianeta(2).
Dopo il crollo delle Twin Towers e l’aereo
(o più probabilmente bomba) contro il Pentagono tutto è cambiato,
l’Amministrazione Bush ha lanciato la cd. “guerra al terrorismo” con
l’obiettivo di “esportare la democrazia” in Medio Oriente e
destabilizzare tutti i governi di quell’”area”.
La manovra ha avuto successo
nell’abbattimento del regime dei Talibani in Afghanistan, favorita dal
consenso pressoché unanime della “comunità internazionale” (con
l’eccezione, peraltro parziale, del Pakistan) , molto meno
nell’invasione dell’Iraq, dove gli interessi geoeconomici divergevano
profondamente.
Sostanzialmente, tutta la visione
“neoconservatrice” ispirata dai vari Perle, Wolfowitz, Kagan … si basa
su un assunto fondamentale: i vecchi alleati di Washington al Cairo,
Ryad … e i regimi non amici ma comunque “laici”, a Baghdad, Damasco …
non servono più, in quanto incapaci di tenere a freno le velleità dei
vari gruppi “fondamentalisti”, perciò possono pure essere spazzati via,
democraticamente o meno.
La fine del tradizionale e fragile
equilibrio raggiunto in decenni di contrappesi geopolitici non può
ovviamente che favorire i cd. “integralisti islamici” e rilanciare la
contrapposizione bellica tra le due parti, una situazione
particolarmente gradita ad Israele, che oltre a vedere eliminati Paesi
ostili torna ad essere bastione indispensabile della strategia
nordamericana in Medio Oriente.
Questa è la logica dei continui attentati
terroristici contro l’Egitto e l’Arabia Saudita e delle minacce continue
a Siria e Iran, come è già stato segnalato da un’attenta pubblicistica e
dalla stessa cinematografia statunitense(3).
Una folle corsa alla guerra infinita, in
spregio a tutte le convenzioni internazionali e al tradizionale
equilibrio fra gli Stati, che aldilà della convergenza con gli interessi
sionisti(4) ha però un fine strategico chiarissimo: l’occupazione delle
zone chiave del Pianeta per il possesso delle principali risorse
economiche mondiali, prima della crescita non più controllabile delle
potenze emergenti, Cina in primis, ma anche India, Russia e Brasile.
Un disegno rischiosissimo per due motivi:
perché ha scoperchiato un “vaso di pandora” nel mondo islamico, portando
al potere Hamas in Palestina e Ahmadinejead in Iran e forse presto i
“Fratelli Mussulmani” in Egitto, perché ha comunque costretto alla
convergenza tutte le piccole e medie potenze interessate a porre un
freno all’unilateralismo statunitense.
Nonostante il richiamo continuo a marciare
sotto la guida di Washington per fronteggiare “la comune minaccia
terroristica”, l’alleanza russo-cinese è destinata alla lunga ad avere
un potenziale di attrazione fortissimo per India ed Unione Europea,
l’America Latina già oggi cerca lungo l’asse
Castro-Chavez-Kirchner-Morales di sganciarsi dal controllo della Casa
Bianca, mentre Lula aspetta solo l’occasione propizia per accodarsi a
loro.
Il punto senza ritorno di questa
situazione sarebbe l’attacco all’Iran, previsto per la fine del 2006,
che comporterebbe quasi sicuramente l’eventualità di un bombardamento
nucleare su Teheran e inasprirebbe le contraddizioni fra la triade
USA-GB-Israele e il resto del mondo, senza contare le sue ricadute in
termini di rappresaglie.
Ecco che allora la più nota fra le lobbies
mondiali, la Trilateral Commission(5), sta cercando di porre riparo a
quello che appare un disegno destinato a condurre la politica dettata
dai “neocons” in un vicolo cieco e all’isolamento più totale.
L’ ultima riunione del gruppo (un
resoconto si trova su www.corriere.it) ha messo in guardia dai rischi
che l’intera economia globale potrebbe correre in caso di attacco
militare all’Iran, in termini di aumento del prezzo del petrolio ma
anche a causa delle difficoltà che l’impresa bellica inevitabilmente
incontrerebbe.
Ecco che allora si è deciso di dare vita
a una sorta di “Piano B”, che consisterebbe in un dialogo diretto tra
Teheran e Washington volto a convincere gli iraniani a congelare le loro
ricerche nucleari in cambio di un analogo impegno da parte di Tel Aviv;
Israele, a sua volta, otterrebbe una garanzia internazionale di
sicurezza analoga a quella prevista dall’articolo 5 della NATO (in
pratica riceverebbe la stessa copertura militare destinata ai membri
dell’Alleanza Atlantica pur non facendone formalmente parte).
La Russia di Putin, aldilà della
diffidenza che la stessa Trilateral mantiene nei confronti della
politica di difesa dell’interesse nazionale praticata dall’attuale guida
del Cremino, dovrebbe essere la mediatrice dell’accordo, in virtù anche
dell’occasione rappresentata dal prossimo vertice del G8 a San
Pietroburgo.
Ovvio che questo complesso gioco di scambi
rivela difficoltà non facilmente superabili.
Innanzitutto i tempi previsti da Kissinger
per la sua attuazione, 15-18 mesi, che contrastano con i decisi segnali
provenienti dall’establishment statunitense e dal suo alleato sionista,
decisi a chiudere la partita iraniana entro la fine dell’anno.
Poi la delega che Israele dovrebbe
concedere ad altri partners relativamente alla propria sicurezza, ma
soprattutto l’evidente cambio di strategia da parte dell’Amministrazione
Bush.
Quest’ultima, in particolare, appare
l’ipotesi più improbabile, in quanto la dottrina della “guerra infinita”
appare un’opzione ormai irreversibile, stante i disastrosi parametri
economici degli Stati Uniti: partita quando il debito estero era di
6.000 miliardi di dollari, il deficit si aggira oggi sugli 8.000
miliardi, ai quali va aggiunto il terribile passivo della bilancia
federale dei pagamenti (gli USA sono inoltre la nazione maggiormente
debitrice nei confronti delle Nazioni Unite che proprio nel timore di
non riscuotere i loro crediti assistono spesso supine alla politica
imperialista della Casa Bianca).
Trovare infine un interlocutore a Teheran
non sarà facile; nonostante l’apparente collaborazionismo iraniano in
Iraq, volto a consolidare le proprie posizioni in un paese dove gli
sciiti sono la netta maggioranza e le truppe dell’Alleanza Atlantica
sono in netta difficoltà, Ahmadinejead sta conducendo una partita dalla
doppia valenza, interna ed esterna, necessaria a rafforzare la propria
autorità.
Insofferente del pragmatismo spesso
interessato della “vecchia guardia”, il nuovo presidente iraniano ha
compiuto tutta una serie di passi idonei a liberarsi dalla tutela di
alcuni centri di potere economici eredità dei passati governi e senza
concedere nulla alle richieste “occidentali” ha comunque dimostrato di
sapersi accattivare le simpatie delle nuove generazioni.
Il suo obiettivo è quello di rendere
l’Iran la maggiore potenza regionale dell’area del Golfo Persico e può
contare ora oltre che sui tradizionali alleati siriani e libanesi
(Hizbollah) anche sul nuovo governo palestinese di Hamas.
I prossimi mesi saranno decisivi nel
verificare i possibili cambiamenti di questa complessa partita a scacchi
ma difficilmente assisteremo a clamorosi ribaltoni in quello che appare
un dualismo ormai consolidato, tra i sostenitori dell’avventurismo
bellico degli Stati Uniti, Gran Bretagna ed Israele essenzialmente, e
quelli del mondo multipolare, capitanati da Russia e Cina.
L’incognita maggiore ricade ancora una
volta sulla posizione dell’Europa e perciò tanta più rilevanza potrebbe
assumere nel nostro continente un atteggiamento italiano diverso da
quella tenuto dal governo Berlusconi fino ad oggi, con un auspicabile
passaggio dell’esecutivo di Roma dal campo dei paesi dell’atlantismo ad
oltranza a quello dei partigiani di un’Unione Europea autonoma dalla
volontà statunitense.
STEFANO VERNOLE
Note
1)Per le varie anime
della politica estera statunitense si veda il mio “Le opzioni USA” su
www.disinformazione.it
2)Riguardo i progetti della
Trilateral Commission su Israele rimando a: Stefano Vernole, “Palestina
una diplomazia tra speranze ed illusioni”, su “Eurasia” Rivista di Studi
Geopolitici n. 1/2005.
3)Sulla complessa partita che
si sta giocando in e sull’Arabia Saudita segnalo: Maurizio Blondet,
“Osama Bin Mossad”, Effedieffe e il recente film “Syriana” con George
Clooney.
4)Molti della cd. lobby
“neoconservatrice” sono ebrei o simpatizzanti sionisti. Tra di essi i
più noti sono Richard Perle, Paul Wolfowitz, Douglas Feith, Michael
Leeden e Paddy Ashdown.
5)La Trilateral Commission,
della quale fanno parte circa 300 “privati cittadini” provenienti da
Europa, USA e Giappone e il cui Presidente onorario è David Rockfeller,
è in pratica una sorta di tentativo dell’alta finanza di creare un
governo mondiale ombra a carattere massonico. In questo disegno
l’imperialismo statunitense è sempre stato uno strumento indispensabile,
a patto che sapesse agire in una logica internazionalista; a causa di
questo grave difetto l’Amministrazione Bush ha subito ad esempio le
critiche dei vari Soros o dei protagonisti di Hoolywood, tutti legati
alle logiche “progressiste” degli Stati Uniti quale guida morale del
mondo, tanto care anche alla “sinistra” nostrana.
by
ska - antifa Saturday, May. 27, 2006 at 2:56 PM
mail:
A leggere questi articoli si riesce a comprendere chiaramente il motivo per cui i fasci sono costretti a spammare su Indymedia se gente come questo Vernole i Claudio Mutti, i Blondet, i Bellucci, i Galoppini devono scrivere queste cagate complottistiche da complessati sui loro siti è ovvio che nessuno se li inculi ecco perchè spammano su Indymedia Ho riletto st'articolo sul ritorno dei realisti di Vernole e devo dire che alla fine non ci ho capito quasi un cazzo di quello che voleva dire!
l'antisemitismo di matrice fascista nasce da quello cattolico
by
ADL Sunday, May. 28, 2006 at 12:11 PM
mail:
L'antisemitismo di stampo fascista è storicamente una componente delle destre di tipo reazionario e conservatore. Fin dalla metà del XIX° secolo il conte de Goubineau aveva proposto nel suo volume "sull'ineguaglianza delle razza" quelli che sarebbero poi diventati i cardini del pensiero razzista sia dei movimenti nazionalisti e colonialisti di fine secolo che dei successivi movimenti fascisti e del nazismo hitleriano. L'idea razziale è quindi una componente che si somma - assieme al pessimismo nichilista di Nietzsche e alla sua idea del super-uomo ; all'evoluzionismo sociale di Darwin e alla colonizzazione europea - ad una serie di stereotipi che individuano nell'ebreo un essere "alieno" rispetto alle società cristiane europee. L'antisemitismo cattolico (con le accuse di deicidio, dell'avvelenamento dei pozzi, delle ostie sconsacrate, dell'usura, degli omicidi rituali ebraici commessi contro bambini cristiani) è il retroterra culturale e la giustificazione teologica che hanno permesso l'espansione del successivo abominio ideologico hitleriano. Senza duemila anni di accuse della Chiesa rivolte agli ebrei, senza le omelie dei padri della Chiesa, senza le pratiche dei pogrom antisemiti suscitati da uomini di chiesa e la detenzione degli ebrei nei ghetti per secoli l'antisemitismo hitleriano non avrebbe probabilmente ottenuto tutta l'approvazione dei tedeschi i quali , sia chiaro, erano certamente pronti per marciare contro l'Europa ed il mondo in un nuovo massacro collettivo, ma non avrebbero giustificato mai la sistematica eliminazione di sei milioni di ebrei solo perchè ebrei (criterio razziale o confessionale). Alfred Rosemberg autore del Mito del XX° secolo sarà l'incontrastato ideologo del Partito Nazista ed è a lui che si deve l'esasperazione dell'idea di superiorità razziale germanica e l'esigenza di sfondamento verso Oriente in cerca di territori da colonizzare per la Germania nazista (Rosemberg era un nazionalista baltico antisemita e anticomunista viscerale). Adolf Hitler da tamburino della rinascita nazionale tedesca sarà chiamato a recitare il copione del grande statista autorevole capo di stato che diventerà - agli occhi dei suoi connazionali - una specie di messia, il liberatore, il vincitore. Nel suo Mein Kampf compaiono evidenti accenni di odio biologico contro gli ebrei e tutta l'influenza delle idee di De Goubineau e Nietzsche, Schopenhauer e altri filosofi razzisti tedeschi del secolo precedente. l'antisemitismo hitleriano fondato sul razzismo germanico trovò , per assurdo, ampi sostenitori anche in ambienti esterni al Terzo Reich. In Italia erano antisemiti incalliti Farinacci e Preziosi; in Francia scrissero libelli antisemiti Cèline e Brasillach, La Rochelle e Maurras; in Belgio il leader cristian-fascista del rexismo (analogo movimento fascista ispirato dalle idee di Mussolini), Leon Degrelle, accusava apertamente le forze dell'Internazionale Ebraica mentre il caso più eclatante è stato forse quello dell'Europa Orientale e balcanica dove presero il potere in Ungheria e Romania due movimenti fascistoidi dichiaratamente antisemiti: le croci frecciate di Szalasi e la legione dell'arcangelo gabriele del movimento Cuib di Cornelio Codreanu (violentemente anticomunisti e antisemiti).
Tra gli antisemiti italiani anche un certo Giorgio Almirante
by
adl Sunday, May. 28, 2006 at 12:20 PM
mail:
dimenticavo di sottolineare che tra gli antisemiti italiani c'era un certo Giorgio Almirante , redattore del quindicinale romano "Il Tevere" e del famigerato mensile "La difesa della razza" diretto da Telesio Interlandi. Articoli di stampo antisemita vennero pubblicati durante l'epoca delle leggi razziali (1938) anche da tutti i principali quotidiani nazionali , da riviste fasciste e da "La Civiltà Cattolica" organo dei gesuiti. Tra gli altri ricordo che proprio nel 38 Giovanni Preziosi - direttore del mensile "La Vita Italiana" (definito da qualcuno - compreso lo storico De Felice - il più coerente degli antisemiti italiani) - darà alle stampe una nuova edizione dei PROTOCOLLI DEI SAVI ANZIANI DI SION (la prima uscita in lingua italiana la pubblicherà sempre per la Vita Italiana nel 21 mentre un anno dopo sarà don Benigni a pubblicarne un altra edizione per una casa editrice cattolica) con l'introduzione di Julius Evola e i cognomi di 9800 famiglie di ebrei italiani (ripresi dal volume dello Scharff del 1925). Articoli antisemiti furono scritti anche dall'ex presidente del consiglio il repubblicano Giovanni Spadolini e dall'oggi antifascista Giorgio Bocca (che parlava di demoplutocrazie giudaico-americane sul Giornale di Alessandria nel 43!!!!).
i fascisti russi contro gli omosessuali a Mosca: arresti e feriti
by
arcigay Sunday, May. 28, 2006 at 12:30 PM
mail:
I fascisti russi si sono radunati sulla piazza rossa per cercare di impedire l'adunata del movimento omosessuale che due giorni fa è stata impedita dal realizzare il suo Gay Pride a Mosca. VERGOGNAAAAAAAAA
Giorgio Almirante dopo il 25 aprile si nascose in casa di un certo Levi, il quale gli procurò una carta d'identità intestata a "Giorgio Allori". Da allora Almirante è stato filoebraico e filosionista fino alla sua morte. Fu lui a combattere le simpatie filonasseriane largamente presenti nel MSI; fu lui, nel 1967, a schierare il MSI su posizioni fanaticamente filoisraeliane. Mettendosi in testa la kippah, Fini ha portato a termine la politica filobraica e filosionista di Giorgio Allori.
by
antifaction Wednesday, May. 31, 2006 at 6:06 AM
mail:
E' importante mantenere alta la vigilanza antifascista anche nei confronti di piccoli siti e blog che indottrinano le nuove generazioni presentandosi magari come blog apolitici o di studenti per poi diffondere il germe fascista in maniera mirata. Un esempio notevole ma non unico è questo qui http://sosweetgirls.splinder.com che a prima vista è il blog di due ragazzine punk, ma nasconde tutt'altra finalità, basta scovare un po' per capire cosa e soprattutto chi c'è sotto.
Ma era una battuta? In caso contrario non ti hanno mai detto che popoli come gli iraniani e i turchi sono indoeuropei? Allora con questo ragionamento i vietnamiti sono mezzi giapponesi e gialli.
E se proprio la vogliamo dire tutta, arabi e nazisti durante l'ultima guerra se l'intendevano eccome!
by
ma sei scemo? Saturday, Jun. 03, 2006 at 10:37 AM
mail:
Guarda che i turchi con gli indoeuropei proprio non c'entrano un cazzo di niente! Indoeuropei sono gli iraniani, parte dei popoli della Valle dell'Indo e tutti gli europei tranne baschi, finnici e ungheresi. I Turchi non c'entrano proprio un cazzo con gli indoeuropei perchè sono popolazioni provenienti dall'Asia centrale di origine turcomanno-mongola (anche la loro lingua conferma che non ha niente a che vedere con le lingue indoeuropee). Per me ti sei sbagliato con i curdi che, quelli si, sono musulmani di religione e indoeuropei di etnia.
by
Antifascismo Militante Saturday, Jun. 03, 2006 at 11:20 AM
mail:
Mai abbassare la guardia: in rete circolano porcherie antisemite e razziste come il sito di radioislam gestito da un certo Ahmed Ramì - ex ufficiale marocchino oggi rifugiato politico in Svezia. Nel suo sito ripropone tutte le peggiori menzogne della propaganda nazi a cominciare dal negazionismo sull'olocausto. Non sarebbe male saperne qualcosa di più. Invito gli admin a non hiddare questi due contributi (uno è un dossier di compagni di rifondazione) necessari per capirci qualcosa.
CONTRA JUDÆOS
Prima ristampa dalla fine del secondo conflitto
mondiale ,
2006 Nota del Curatore della prima ristampa (quale e-book) di questo
libro,inedito dal dopoguerra in poi.CONTRO LA POLIZIA DEL PENSIERO E LE ‘ TOGHE DI GIUDA’
“ .. inviamo al sig. procuratore della repubblica i
testi
sequestrati più interessanti. In primis uno studio a firma -
del’avvocato Edoardo Longo di Pordenone..”
(da un sequestro della Digos al procuratore della repubblica di Verona,
marzo 1993)
“ L’avvocato Edoardo Longo professa l’ideologia
nazista”. (dichiarazione d’accusa del dott. Antonello
Fabbro, giudice, mio persecutore , teste d’accusa nei miei confronti,
avanti al tribunale di Pordenone,2002).
“ L’avvocato Edoardo Longo è un neonazista”. (dichiarazione d’accusa del dott. Federico
Facchin, pubblico ministero, quale teste dell’accusa,
mio persecutore, avanti al tribunale di Bologna, marzo, 2006).
Quando lessi un anno fa, per caso, che il libro di
Telesio Interlandi contra Judaeos dopo la guerra era stato gettato al
macero e mai più ristampato perché giudicato il testo più biecamente
antisemita pubblicato in Italia durante il ‘bieco ventennio fascista’,
decisi che ne avrei trovato una copia superstite e lo avrei fatto
ristampare. A costo di farlo a mie spese, vista la penuria di editori
coraggiosi esistenti in Italia.
Ecco, ai lettori del web, il libro.
Ho mantenuto la promessa.
Il testo che segue è stato reperito fortunosamente in
una sperduta biblioteca di provincia, mentre
ammuffiva in uno scantinato. Grazie a un determinato e
valido camerata, l’amico Giampaolo Speranza che
qui ringrazio, lo abbiamo fotocopiato e digitato nella
presente versione elettronica, affinché giri libero e
veloce sulle imprendibili rotte del web, lontano dall ‘
Occhio Malefico della giudaica Polizia del Pensiero
che sorveglia le case editrice.
Vola , piccolo libretto mordace, vola libero come un
vascello pirata, lungo le sterminate rotte della
comunicazione del futuro, ancora non imbrigliata dalle
catene della ‘democrazia’…
Il testo è nella versione integrale (l’ultima ) del . Da
allora la maledizione di ZOG e la avidità degli editori
italiani, ne hanno impedito ogni ristampa.
Lorsignori, i Censori di Giuda, ora sono serviti.
2
La parola di Telesio Interlandi , contra Judaeos, ritorna a risuonare :
alta, forte e libera.
Un solo rammarico : il testo superstite che ho rintracciato era
incompleto : una mano adunca ne aveva
strappato un paio di pagine, laddove l’Autore elencava le più
ingombranti presenze ebraiche nel mondo
accademico e universitario italiano. Purtroppo non ho potuto colmare lo
sfregio ‘democratico’ e anche
questa versione presenta la medesima lacuna. Il camerata che ha trovato
la copia sfregiata pensa che
con questo atto vandalico qualcuno avesse voluto nascondere agli occhi
della gente la impressionante
lista di ebrei che infestavano (infestano anche oggi, dopo la
restaurazione democratica del 1945 ) la
cultura italiana.
Queste brevi note si avviano alla conclusione.
Avrei voluto scrivere un saggio introduttivo di analisi
del pensiero maledetto di Telesio Interlandi, ma me ne è mancato il tempo,
purtroppo : la dittatura democratica mi ha inchiodato al legno di quaranta
processi penali a mio carico : atti di ritorsione
giudiziaria criminale per il mio impegno culturale
revisionista, aggressione scientifica ad orologeria che
ha il preciso intento di fiaccare la mia
determinazione intellettuale nel portare avanti la
battaglia revisionista. In tale intento non ci sono riusciti,
ma mi hanno tolto il tempo per poterlo fare, angustiato
come sono a seguire il filo di circa quaranta
autodifese…
Ma se sono costretto io al silenzio, sono però riuscito
a far parlare al mio posto Teresio Interlandi,
riportando alla luce questo libretto.
E non sarà il solo testo scomparso che farò riaffiorare
dagli abissi in cui è stato cancellato dalla protervia
ebraica della Polizia del Pensiero.
Questa operazione di recupero dovrebbe divenire la parola d’ordine in
ambito revisionista : è mia
convinzione infatti che la dittatura del pensiero unico abbia un
preciso progetto : quello di far sparire
totalmente, cancellare da ogni libreria e da ogni biblioteca tutti i
libri che corso della plurimillenaria cultura
occidentale hanno attaccato il Giudeo. Salvare questi immensi patrimoni
occidentali dalla nuova barbarie
semita , come già i Monaci benedettini salvarono i classici dell’
antichità dalla barbarie medievale, è un
compito primario ed essenziale. Impellente.
A chi non crede che la incipiente dittatura democratica in nome di Sion
sia la nuova e conclusiva forma di
totalitarismo chiedo : è conforme ai principi della cultura liberale
occidentale il fatto che questo libro non
sia più stato pubblicato dal 1945 e oggi sia riemerso dalla damnatio
memoriae solo per un atto di
ostinazione intellettuale controcorrente di un singolo cittadino
‘antisemita’ e perseguitato per le sue idee
dalle Toghe di Giuda ?
Un sintomo impressionante della dittatura del pensiero unico e del
ruolo di cane di guardia delle lobbies
internazionali ebraico-mondialiste è dato dal documento che mi
concerne, e che allego in appendice al
presente volume : si tratta della denuncia dei servizi speciali di
polizia nei confronti del sottoscritto .
Denuncia dettata dalla filiale veneziana del Centro Wiesenthal .
Denuncia poi trasmessa all’ Interpol e al
Ministero degli Interni, nonché alla temutissima Toga Rossa , il
pubblico ministero Felice Casson,
attivissimo candidato della sinistra estrema a tutte le più recenti
elezioni, supportato dal suo comitato
elettorale di base (gli sprangatori assassini della ultrasinistra) e da
suoi sponsors occulti (la lobby
ebraica).
Con tale denuncia, il Centro Wiesenthal mi dipinge come attivo
intellettuale favorevole all’antisemitismo
e autore di testi antisemiti diffusi soprattutto in Internet.
Leggete : dopo tale denuncia, i servizi investigativi speciali della
polizia di stato hanno provveduto a
bonificare da eventuali ordigni esplosivi la sala in cui alcuni giorni
dopo si doveva tenere il convegno del
Centro Wiesenthal sui Protocolli dei Savi anziani di Sion.
Tutto questo bailamme poliziesco per cosa ? Cosa avevo mai fatto per
allertare i servizi d sicurezza dello
Stato su ordine degli ebrei del centro Wiesenthal e dei loro caudatari
veneziani ? Avevo dato fuoco a una
Sinagoga ? Avevo scorticato vivo il Gran Rabbino di Venezia ?
3
Macchè ! Nulla di così tragico ! Avevo semplicemente telefonato alla
segreteria di tale Convegno Sionista
per chiedere se era possibile partecipare come ascoltatore e avere
copia degli atti del convegno stesso,
pubblicizzato su tutti i giornali ! La risposta è arrivata tramite
Polizia…..
Nel Nuovo Mondo Globale Giudaizzato è vietato pensare …
E le Toghe di Giuda sorvegliano….
Provate dunque a immaginare cosa sarebbe successo se io, e non il
camerata Speranza, mi fossi recato
personalmente alla biblioteca a chiedere una copia del testo Contra
Judaeos….come minimo il palazzo
sarebbe stato circondato dalle Teste di Cuoio dei carabinieri , con
tanto di cani mastini ringhianti, fino alla
‘resa’ ( = rinuncia a chiedere in lettura il libro..) del pericoloso
eversore bruno…..
Altro che Orwelll... riuscite a focalizzare in quale tirannia viviamo ?
Quale futuro ci attende come sudditi di Giuda ?
Non sono così riuscito ad esporre le mie considerazioni sul pensiero di
Telesio Interlandi, nel fausto
giorno (fausto per tutti gli uomini liberi e non per i sudditi di Giuda
..) in cui il suo Contra Judaeos
emerge da un oblio , una damnatio memoriae , durato oltre sessant’anni…più
di così non sono riuscito a
fare.
Mi sono permesso di aggiungere solo una Appendice in cui ho collocato
un dossier sulla mia vicenda
giudiziaria il documento della Digos di Venezia, e una recensione del
mio libro Il coltello di Shylock.
Vicende di ordinaria repressione giudaica.
Ora tocca a te, lettore telematico : leggi questo libro elettronico,
fallo girare sulle imprendibili ali del web,
collocalo nella biblioteca di siti liberi e coraggiosi : dalla tua
tastiera potrai far echeggiare ancora la libera e
potente parola di un grande Occidentale : Telesio Interlandi :
Contra Judaeos.
Pordenone, Italia, lunedì 27 marzo 2006.
Edoardo Longo Per contatti :
avvocato Edoardo Longo,
viale della Libertà, 27,
33170 Pordenone, ITALIA email : longo.e@libero.it
4
PREAMBOLO
Faccio della polemica giornalistica lo stesso conto che il nuotatore fa
dell'elemento in cui si
muove: egli se ne getta alle spalle una bracciata dopo l'altra,
avanzando; e che cos'è l'acqua che
egli si lascia alle spalle? Tale è la polemica giornalistica che è
servita a vincere una determinata
battaglia, ed ora è alle nostre spalle, come un'acqua immota. Eppure è
quell’elemento che ci ha
sostenuti, resistendoci, e ci ha permesso di raggiungere la meta
prefissa.
Questi capitoli che qui l'accolgono -in un primo volume d'una «
Biblioteca» che ha più alte
ambizioni e avrà meno modesti autori - contengono appunto, in una
opportuna rielaborazione, la
materia già trattata durante la polemica giornalistica durata dal 1934
a ieri per la identificazione
del pericolo ebraico e per la difesa della Razza italiana. Il lettore
che mi conosce sa già che voce
clamante nel deserto dell'indifferenza -il mio giornale obbediva a un
preciso disegno del
Duce, fondatore prima che dell'Impero, della coscienza imperiale del
popolo italiano. La necessità
d'un razzismo nostro, e - come presupposto ad esso -la indispensabile e
definitiva separazione
dell’elemento giudaico dalla vita nostra, già per troppo tempo
inquinata da una infiltrazione
venefica, sono stati i due motivi dominanti della mia diuturna polemica.
La quale viene ora
consegnata in queste pagine soltanto per un modesto fine di
documentazione.
Desidero che in avvenire si abbia un'idea quanto più esatta dello
svolgimento d'una battaglia
che ai migliori fascisti appare decisiva per la liberazione dell’
ltalia dal pervertimento giudaico.
T. I. Roma, Settembre XVI.
5
DIFESA DELLA RAZZA
Nel non molto vecchio libro di Muret, « Il crepuscolo delle nazioni
bianche», è citato con
intenzione un pensiero di Léon Bloy, questo: « I domestici che
diventano padroni e i padroni che
diventano domestici; ecco il segreto dell'evoluzione storica in tutti i
secoli». Sarà un segreto,
nessuno vuol dubitarne; ma né l'ora del crepuscolo, né il momento di
cangiarsi in domestici, sono
venuti per gli Italiani. La necessità, anzi, di riaffermarsi dominatori
nello splendore d'una rinata
volontà d'impero, caratterizza la fase fascista della storia della
nazione italiana. Ecco il senso
della legislazione sui rapporti fra nazionali e indigeni nei territori
dell'Impero. Difesa della razza,
sì, ma anche esaltazione della razza e riaffermazione della sua
missione nel mondo. La dignità
civica vuole esser difesa soltanto dalle insidie dell'animalità e dalla
superficialità di pochi
ignoranti, incapaci di spingere lo sguardo al di là della propria
generazione; ma la dignità civica
dell'Italiano, è il suo titolo di civiltà.
La storia di tutte le conquiste insegna quale danno ha portato ai
conquistatori e ai conquistati la
confusione del sangue attraverso una promiscuità sessuale che la
scienza condanna come la via
più agevole per la degenerazione dei tipi umani. L'apparizione dei
meticci, dei mulatti e dei
zambos, dagli incroci tra indiani e bianchi, tra bianchi e neri e tra
neri e indiani costituisce un
punto scuro della storia dell'umanità. Le osservazioni scientifiche più
accurate sono concordi,
oramai, nell'affermare che l'evoluzione delle razze per incrocio si
compie in senso “disgenico”: i
tipi superiori sono assorbiti dai tipi inferiori. Ecco dunque apparire
le leggi di difesa delle razze
minacciate dalla promiscuità sessuale; eccole perfino nella
liberalissima America del Nord, dove
esiste una legge « di salvaguardia per la purezza della razza bianca».
La Virginia, che ha
adottato questa legge, è lo stato americano più minacciato dalla
degenerazione razzistica dovuta
alla confusione sessuale tra bianchi e neri.
La legge italiana è dovuta non a sfiducia nel senso di responsabilità e
di decoro razzistico degli
elementi inviati a colonizzare le nuove terre d'Africa, ma alla
necessità di provvedere in senso
razzistico a una situazione eccezionale. Male ha fatto qualcuno a
stabilire una capziosa
distinzione fra relazione « d'indole coniugale », cioè
extra-matrimoniale, e relazioni propriamente
coniugale, quasi che il matrimonio con gente di colore possa
considerarsi tradimento minore per
la salute della razza e per la dignità civica cui la legge stessa
accenna. In confronto al cosiddetto
« madamismo », il matrimonio con gente di colore è una mostruosa
perversione che non sarà mai
più permessa. Il Governo fascista, inspirato da Mussolini, provvede a
creare l'Impero
parallelamente nella coscienza dei cittadini italiani e nella realtà
geografica e storica.
Bisognerebbe non avere il senso dell'avvenire per non avvertire la
superba bellezza di questa
gelosa difesa della razza per la quale si è conquistato un Impero, dopo
averle ridato una fede.
6
IL METICCIATO DISSIDENTE
C'è stata, in Italia, in questi ultimi tempi, una vera e propria
insurrezione intellettualistica contro
la parola « razzismo » e contro coloro che lavorano a definir quella
parola e ad approfondirne il
senso e la portata. E' strano che una parola e un pugno di uomini, per
non dire un uomo, siano
capaci di suscitare tanta irritazione. Contrariamente alle abitudini
della casa, abbiamo
temporeggiato, prima di scendere in campo con i sistemi appropriati
alla bisogna, con la speranza
che il fumo delle chiacchiere e delle banalità durasse poco e lasciasse
presto sgombro il campo
per una alta, utile, disinteressata e intelligente discussione. Non
amiamo i fatti personali; e, nella
circostanza, non esistevano fatti personali .
Abbiamo dunque pazientemente atteso che s'arrivasse al nocciolo della
questione. A questo
nocciolo non si è arrivati né si poteva arrivare, come dimostreremo; ma
avendo l’insurrezione
assunto forme tali da poter danneggiare l’educazione del paese influire
perniciosamente sugli
orientamenti necessari alla cultura italiana, così tartassata da coloro
che abusano della penna e
dell'invenzione della stampa abbiamo creduto opportuno di mettere, una
volta per tutte, le cose e
gli uomini in chiaro; e lo facciamo.
La storia è questa. Un uomo, un gruppo d'uomini, un giornale, un paio
di giornali cominciano a
discutere di razzismo. Che cos' è il razzismo? Non affliggeremo il
lettore parlandogli di Gobineau,
di Chamberlain, di Rosenberg, o del Santo Padre che nella Enciclica
all'Episcopato germanico
concede il suo posto alla Razza, combattendone la divinizzazione.
Qui si tratta d'altro. Si tratta di un popolo, come l'Italia, che
avviato a una politica imperiale, cioè
a una politica d'espansione oltre i suoi confini nazionali, ricerca in
se -e trova, e li fa trovare e
riconoscere, anche con la forza, a quei pochi che non sapessero o
volessero trovarli - gli attributi
e le qualità e le idealità e le aspirazioni che ne fanno una razza,
completamente differenziata
dalle altre e gelosa delle sue differenze, che sono da opporre,
civilmente e fermamente, alle
razze che si muovono, al suo fianco, in un'orbita di civiltà ben
definita. Per questa ricerca e per la
conseguente affermazione, in un paese come il nostro su cui tre secoli
di servitù hanno lasciato
tracce non indifferenti e hanno provocato, specie in taluni ambienti
cosiddetti intellettualistici, un
curioso “complesso d'inferiorità” che ha come risultato il dubbio e la
sfiducia nelle qualità
nazionali, e che trova il suo alibi in una vaga indefinibile
aspirazione alla universalità o in una
affermazione tutta retorica e letteraria di romanità senza radici; per
questa affermazione di valori
di razza, era necessaria una impostazione dottrinaria e scientifica del
problema, con un minimo di
parole e un massimo di decisione. Noi ci siamo presi la briga di
impostare il problema,
certamente non senza prima aver capito, e nettamente capito, che l‘impresa
rispondeva a un
orientamento della Intelligenza che muove e indirizza felicemente, da
più d'un trentennio, le cose
d’Italia, conducendo il popolo italiano, con decisioni eroiche spesso
contrastate dalla parte
meschina e bastarda del paese, alla neutralità - come posizione
spirituale - all'Impero.
Noi pensavamo di ricostruire, attraverso una discussione di sapore
scientifico e fondatamente
scientifica, i lineamenti dell’Italia che Mussolini ha fatto marciare,
dal 1915 al 1936, dall'Intervento
all'Impero, e fa ancora marciare verso più alti e più eroici destini.
Ricostruzione, identificazione o riconoscimento e impostazione di
caratteri spesso vaghi e
vagamente conosciuti, si presentavano tanto più necessari in quanto,
nel lungo corso
dell'affermazione imperiale dell'Italia mussoliniana, gli sfasamenti,
le debolezze, le confusioni, le
contraddizioni, i disorientamenti non erano mancati; e avevamo dovuto
anche denunciarli, quando
il tacerli per carità di patria o per occasionale necessità non era
stato assolutamente possibile.
Chiarire agli Italiani che la diversità delle razze è un dato
scientifico; che la definizione di “razza
7
inferiore” non è affermazione polemica e gratuita, è constatazione
scientifica e storica, poiché si
dimostra, storia alla mano, che una antichissima razza come quella nera
non ha mai saputo
produrre nulla che sia possibile, non che opporre, confrontare,
avvicinare alle realizzazioni della
razza bianca; che quella razza, capacissima per altro d'impadronirsi di
ogni ritrovato tecnico della
civiltà meccanica da altre razze elaborato, di tali razze è incapace di
assimilare lo spirito, di
raggiungere l'altezza intellettuale, di interpretare le necessità:
questo era nostro desiderio.
Lo abbiamo già scritto; un minimo di razzismo, intanto, cioè il
razzismo per l'ignorante; e, di
seguito, un razzismo per persone colte, ma non tanto, per patrioti, ma
non tanto, per civili, ma
non tanto, per fascisti, ma non tanto, per imperialisti, ma senza
convinzione e, soprattutto, senza
coraggio. L’Italia intellettualistica è infetta di dottrine
universalistiche, di retorica, di sentimentalismo;
ed è malata di “misura“. Ora è bene che sia detto, passando, e una
volta per tutte, che con
la misura si fa ogni cosa meno che una rivoluzione e un impero; che la
misura è il metro spirituale
dei mediocri e dei popoli che decadono per difetto di dinamismo.
La misura (quella tal misura che noi denunciamo) mancò a Romolo quando
punì Remo, come
mancò a Cesare quando passò il Rubicone, come parve mancasse all'Italia
quando s'alzò “in
piedi” contro cinquantadue nazioni.
Ed eccoci agli scritti sul Razzismo. Nulla di strano e nulla di
eccezionale. Perché mai contro
una discussione giornalistica, contro una esposizione di dottrina
politica si è levata l'insurrezione
di tanta gente che scrive nei settimanali, anche inspirati?
Qui il punto è oscuro; ma noi lo chiariremo agevolmente. Si tratta,
come abbiamo detto, d'una
impresa - concordata - del meticciato intellettuale che esiste in
Italia ed ha vaste braccia.
Che cos'è il meticciato intellettuale? E' il complesso, eterogeneo per
la sua stessa origine, di
quegli elementi intellettuali o sedicenti tali che non hanno e non
possono avere radici nella
nazione italiana, che non sentono vincoli se non intellettualistici,
cioè essenzialmente formali, con
la nazione italiana, che non ammettono né ammetteranno mai vincoli
infrangibili. La questione
non è soltanto di cultura; è essenzialmente -ecco il punto -di sangue.
Si tratta di ebrei, o di
mezzi ebrei, o di ebrei camuffati da cristiani (qui la religione non
c'entra, ma serve negli
interessati come mascheratura della loro condizione di sangue) o di
quarti di ebrei; o di italiani
sposati ad ebree, di ebree che hanno un marito, e quindi un nome,
italiano. Tutta questa gente
che è molta, in Italia, più di quanto non si pensi, ed è intelligente,
di quella intelligenza pratica
della razza cui appartiene, ha fiutato un pericolo. Ha intuito che una
campagna razzistica non
poteva esser campata in aria; aveva un senso; poteva avere uno sbocco.
Questa gente si è
chiesta se, a un dato momento, e per necessità superiori e « imperiali»,
una politica razzistica,
cioè una politica di difesa e di potenziamento della razza, non potesse
diventare una politica di
“pulizia della razza”, anche attraverso provvidenze legislative. Aveva
visto che Mussolini non
scherzava con la tendenza a scivolare nelle braccia d'una razza
inferiore; che Mussolini
difendeva, contro la superficialità e l'innocenza di coloro che
farebbero «tutta una famiglia»
perfino coi Boscimani, anche a mezzo del carcere, la dignità il decoro
e le qualità fisiche della
razza; ed emanava il divieto del madamismo, piaga dell'Italia di ieri,
così deliziosamente e
criminalmente atta a insabbiarsi. Poteva dunque temere, questa gente,
che una politica di razza
finisse con l'obbligare l'Italia a guardarsi nello specchio e a
riscontrarsi parecchi nei. In sostanza
questa gente è insorta per difendere una posizione, la propria o la
posizione dei padroni che la
muovono, e insieme tutte le posizioni acquistate, che potrebbero
pericolare in un domani non
troppo lontano. Il lettore non crederà che noi fabbrichiamo dei
fantasmi per combatterli; non è
nostra abitudine e abbiamo già parecchio da fare con gli uomini per
battagliare anche con i
fantasmi. La realtà, alla luce della statistica, è che in Italia – ove
l’esigua quantità di ebrei (circa
70 mila su 43 milioni di abitanti) potrebbe far considerare
trascurabile la questione ebraica - sulle
6.000 persone notevoli nel campo dell'intelligenza elencate nel «
Piccolo Dizionario dei
contemporanei italiani» del De Gubernatis, 125 sono israelite; e il
Livi - nel suo libro sugli “Ebrei e
8
la statistica “, pubblicato nel 1920 - rileva: “appena 17,9 sopra
100.000 abitanti pei Cristiani, ben
292,7 per gli Ebrei; una frequenza 16 volte più grande in confronto di
quella dei Cristiani”! Il Livi
continua: “La notevolissima superiorità numerica -con due ben
comprensibili eccezioni per la
nobiltà e il clero - risulta ancora più forte tra gli uomini politici,
i giuristi, gli economisti, i medici, i
matematici, i letterati, i pubblicisti... “. E ancora appresso, il Livi
(il cui studio meriterebbe d'essere
aggiornato e certo risulterebbe oggi più istruttivo) stabilisce un
quadro statistico dal quale, avendo
ridotto a mille il numero complessivo degli Ebrei o Cristiani notevoli,
risulta che contro « 249
letterati, filosofi, storici, poeti, giornalisti, e pubblicisti
Cristiani stanno 416 Ebrei; contro 48 giuristi
avvocati e magistrati Cristiani, gli Ebrei sono 128; e gli uomini
politici Ebrei sono 136 contro 62
Cristiani.
Queste cifre, lo abbiamo detto, sono dell'Italia di ieri; ma ci mancano
i dati per poter dire che
siano migliorate. In ogni modo, esse stanno a dimostrare che è falso e
forse certamente diffuso il
giudizio sulla trascurabilità del problema ebraico in Italia, data la
trascurabile percentuale degli
Ebrei nella popolazione italiana. La percentuale non bisogna stabilirla
in cifre assolute, ma
relativamente ai vari settori dell'attività nazionale; nel caso nostro,
relativamente alle attività dette
intellettualistiche.
Ebbene, noi diciamo che l'insurrezione contro il Razzismo e contro
un'eventuale politica di
razza è una insurrezione di « meticci »; di ebrei o di mezzo-ebrei, o
di gente al servizio degli
ebrei. Non facciamo nomi, perché i fatti personali sono esclusi dalla
nostra azione, salvo che
qualcuno non li cerchi; ma se il lettore ha voglia di farsi un'idea di
ciò che è successo s'informi e
vedrà che non abbiamo torto.
Ma deve informarsi bene; deve conoscere in quali zone della geografia e
in quali zone della
cultura gli ebrei hanno il sopravvento; e quali sono gli ebrei
camuffati da cristiani, e quali i cristiani
che hanno una metà del sangue ebraico e quali ne hanno un quarto e
quelli che poi non sono né
cristiani né ebrei ma frutti di curiosi incroci di razze varie. Come
spiegare, se non con un difetto di
purezza nel sangue, un certo atteggiamento intellettualistico di fronda
o di opposizione
esclusivamente orale o addirittura di tradimento, che elementi
normalmente circolanti nel nostro
mondo intellettualistico, ancora oggi, nell'Anno XVI, ostentano? Si
potrebbero ancora una volta
fare dei nomi; e si tratterebbe di gente che con la purezza della razza,
e quindi col razzismo, non
ha nulla a che vedere né vuole avere, naturalmente, a che fare. Questa
gente nel migliore dei
casi, cioè nel caso della maggiore furbizia, vorrebbe almeno che si
sostituisse alla parola “razza”
quella, meno impegnativa e più letteraria, di “stirpe”; che si facesse
dell'imperialismo sì, ma
“spirituale”; che si sentisse la “romanità”, ma attraverso la poesia,
non attraverso la politica,
attraverso le rovine del passato, non per mezzo delle imprese del
presente. Questi sono gli
intellettuali privi di radici nella loro terra, vaganti a mezz'aria tra
una culturetta francese d'accatto
e un europeismo di natali democratici. Un bel giorno se ne vede
qualcuno varcare la frontiera e
imbrancarsi nei Comitati di vigilanza intellettuale antifascista, o nei
gruppi internazionalisti
comunisteggianti; Rolland è il loro dio e se ne fanno, con
straordinario zelo di novizi, i chierici.
Essi, alla fine, non tradiscono nulla, perché l'Italia mussoliniana non
è il loro paese; essi vi sono
ospitati, e a volte in perfetta buona fede credono che il destino
dell'Italia debba essere conforme
al loro meschino destino, e quello che oggi accade non sia che una
parentesi. Certo, ci sono le
eccezioni. Le eccezioni formate da quei giovani che, appunto, la
confusione creata dal meticciato
intellettuale trascina in polemiche più alte di loro; da quei giovani
che hanno il gusto di opporsi a
qualche cosa pur di apparire originali, pur di trovare argomento a
polemica. Questo non nuoce,
se non per la parte che è dovuta alla confusione. I giovani che non
hanno chiaro il concetto delle
necessità imperiali e razzistiche della nuova Italia, i giovani che si
illudono di reggere, domani, il
terribile peso della gloria conquistata all'Italia da Mussolini
fondandosi su formule letterarie o su
9
sentimentalismi debilitanti, ripugnando alla concezione dinamica che
della nostra storia dobbiamo
avere, questi giovani lavorano alla loro propria disgrazia. Essi si
troveranno impreparati o mal
preparati al compito che li aspetta. Non basta essersi battuti per l'Impero;
occorre sapersi battere,
nel campo della cultura, per rendersi capaci di ereditare un Impero.
Bisogna dunque cominciare
con l'essere spietati verso se stessi e castigarsi nelle debolezze
dello spirito per raggiungere
quella purità di razza e quella incandescenza di sangue che Mussolini
raffigura e che ha alzato
nuovamente nella storia il nome d'Italia, anche e sopralutto con
dignità biologica.
10
COSI’ PARLO’ IL RABBINO
Esiste tuttora un “sionismo” in Italia? Questa domanda suonerebbe
ingenua, sol che si
ricordassero le lunghe e vivacissime polemiche condotte in Italia, sui
giornali fascisti – e in prima
linea sul Tevere – dagli stessi ebrei italiani fin dal 1934, cioè fin
dal tempo in cui più arrogante si
fece la propaganda sionistica nel nostro paese. Ci fu allora una vera e
propria insurrezione di
ebrei contro il sionismo, definito contrario agli interessi della
nazione italiana e tale da riproporre,
in termini assolutamente drammatici, la terribile questione
dell’assimilazione dell’elemento
ebraico. I più astuti fra gli ebrei d’Italia furono pronti a gettare
alle ortiche l’abito sionistico per non
suscitare sospetti e per guadagnare con pochissima spesa un certificato
di buona condotta
nazionale.
Ma queste polemiche sono ormai lontane nel tempo. La labile memoria di
alcuni e l’astuzia
degli altri hanno disteso un velo sul movimento sionistico tra gli
ebrei italiani. Di modo che la
domanda: c’è del sionismo in Italia? apparirà inopportuna, intempestiva
e forse anche ingiuriosa.
Non fu proclamato infatti che gli ebrei d’Italia non hanno altra patria
all’infuori della patria italiana,
né altro amor di patria che l’amore per la patria italiana?
Ma qual è, di grazia, il più autorevole rappresentante del pensiero
ebraico, in Italia, e
l’indiscutibile interprete delle aspirazioni ebraiche? Non è forse il
Rabbino Capo, la più alta e
venerata personalità delle comunità ebraiche italiane? Il Rabbino Capo,
o grande Rabbino,
religioso che non disdegna l’attività politica avendo fondato, anni or
sono, ad Alessandria d’Egitto
dove risiedeva, una rivista politica di studi ebraici (rivista alla
quale non di rado noi abbiamo
attinto per illustrare l’attività politica degli ebrei), il Rabbino
Capo Davide Prato ha avuto la bontà
di prevenire la domanda che oggi potrà apparire inopportuna, trattando
del sionismo in un lungo
discorso pronunciato a Budapest, sotto gli auspici di quella
Associazione Pro Palestina. Il
discorso è pubblicato nella rivista “ Mult ès Jövo” cioè Passato ed
Avvenire, organo ufficiale del
movimento sionista (redazione: Budapest-Vienna-Tel Aviv). Che cosa dice
questo discorso?
La rivista presenta intanto il Rabbino con queste parole: “Il grande
Rabbino dell’Impero Italiano
è da decenni entusiastico fautore dell’idea della ricostruzione della
Palestina”. Il che vuol dire che
il capo religioso degli ebrei d’Italia è, non da oggi, fervente
sionista. Noi lo sapevamo, molti non lo
sapevano, alcuni lo hanno dimenticato. Ma ecco un’antologia del
pensiero sionistico del grande
sacerdote.
Anzitutto, l’assunzione di Herzl, agitatore sionista, nel cielo dei
profeti d’Israele: “Sono trascorsi
40 anni da quando l’ultimo profeta Herzl, nato in questa città, aprì il
primo congresso sionista, a
Basilea. 40 anni? Sembrano i 40 anni della migrazione attraverso il
deserto. Ma che cosa
abbiamo fatto durante 40 anni? Se facciamo i conti con noi stessi,
possiamo forse dire che
abbiamo molto agito. Ma se consideriamo le possibilità che ci sono
state offerte dobbiamo dire:
non abbiamo fatto nulla! Se chiediamo a noi stessi se abbiamo seguito
la parola del profeta, se
abbiamo fatto il nostro dovere, la risposta è opprimente. Chi ha
prestato ascolto all’appello di
Herzl? Solo i poveri, solo gli idealisti. I ricchi si sono rivoltati a
Lui con ironia e gli sono passati
accanto con muta indifferenza”.
Poi la questione territoriale che dà la necessaria concretezza al
sionismo: “Il grande sogno
della rinascita ebraica è limitato dentro le strettissime frontiere che
oggi ci sono offerte; ciò può
essere doloroso, ma non è decisivo. Che sa che cosa nasconde l’avvenire?
Ma in ogni caso
dobbiamo definire incomprensibile il fatto che ora questa limitazione
delle frontiere è discussa
11
nella maniera più vivace proprio da color che non erano disposti ad
alcun sacrificio per la
ricostruzione della Palestina, da coloro che avevano saputo unicamente
ostacolare e non
avevano voluto aiutare, da coloro che sarebbero contrari allo Stato
ebraico anche se le frontiere
prendessero tutta la Terra Santa storica, sulle due rive del Giordano.
Essi o per falsi timori o per
equivoco, sono ugualmente contrari alla piccola grande Palestina”.
Poi ancora, la definizione del sionismo come Stato ebraico, da
differenziarsi nettamente dalle
nazioni ove gli ebrei attualmente vivono: “Uno Stato ebraico può essere
tale soltanto se dominato
dalla lingua ebraica, dalla cultura ebraica, da leggi ebraiche. Proprio
come in Italia dove esistono
una lingua italiana, una tradizione italiana, una legge italiana; e
come in Ungheria”.
Segue una efficacissima formula che definisce in termini ebraici le
cosiddette patrie
d’adozione, le quali sono letteralmente “i luoghi dove l’ebreo si trova”:
“Chi vuole andare in Terra
Santa con l’intenzione di non rispettare il sabato, rimanga pure dove
si trova, anche a costo di
andare in rovina”.
Viene appresso un pizzico d’orgoglio: “Noi non andiamo in Palestina per
cercare un nuovo
ghetto o per trapiantare laggiù i vari ghetti delle comunità disperse.
Noi vi andiamo per rinnovare
la nostra cultura, la nostra lingua, la nostra anima”.
E poi preziose confessioni di questo genere: “Noi ebrei andiamo sempre
contro corrente.
Dobbiamo fare dei sacrifici ora che si tratta, dopo duemila anni, di
ricostruire la Terra Santa. La
Palestina è la catena che lega gli ebrei dispersi nel mondo. Anch’io ho
un figlio fra i costruttori
dello spirito a Tel Aviv”.
E, a questo punto, un’audace interpretazione politica dei testi sacri,
veramente degna della
leggendaria accortezza ebraica: “Tra i dieci comandamenti è scolpito il
Verbo: “Rispetta il padre e
la madre”. Nessun contrasto esiste in questo comandamento. Dobbiamo
rispettare il padre, cioè il
paese al quale è legato il nostro destino, ma nel medesimo tempo non
dobbiamo dimenticare la
madre lontana che ci attende: EREZ ISRAEL”.
Infine, l’affermazione categorica che di assimilazione non è il caso di
parlare; gli ebrei vogliono
restare ebrei, contrariamente alle favole interessate che si son fatte
circolare in Italia, di tanto in
tanto: “Questa ricostruzione interiore rappresenta la rinascita ebraica
che ha portato a una nuova
coscienza, al posto della tendenza all’assimilazione”.
Ecco l’antologia sionistica del Rabbino Capo d’Italia, Davide Prato,
alla quale naturalmente
attingeranno tutti gli ebrei d’Italia, ogni qual volta si troveranno
esitanti di fronte a Sion. Tanto più
che il venerabile sacerdote assicura i suoi fedeli, nello stesso
discorso, che “il sublime governo
sotto il cui dominio gli ebrei vivono in Italia garantisce il diritto
di partecipare ai problemi universali
dell’ebraismo e, quindi, naturalmente, anche all’opera per la
restaurazione della Terra Santa”.
(Quel quindi e quel naturalmente sono di una naturalezza tutta ebraica;
e meriterebbero, in lingua
italiana, una dimostrazione almeno per assurdo). Il sionismo dunque
esiste in Italia, e il Rabbino
Prato ne è l’assertore; così come esisteva ieri, sotto altri rabbini e
con altri agitatori e
propagandisti.
Si tratta ora di vedere se il padre putativo cioè la patria italiana,
intende a lungo dividere con la
madre, cioè Sion, il curioso amore di questi non richiesti figli,
essendo stata pronunciata
solennemente e da tempo la separazione di corpi, di beni e di interessi
fra italianità e sionismo. Il
primo rispetto da usare a un padre, è quello di non approfittarne fuor
di misura.
12
UNA MANOVRA IN MASCHERA
Si è saputo – per la felice indiscrezione di un giornale di Vienna –
che l’ammiragliato britannico
ha un suo piano per l’annessione, “al momento opportuno”, della
Palestina. La sorpresa per tanta
disinvoltura non è poca in Europa; ma occorre dire subito che l’Europa
vuole sorprendersi
mentre, se fosse meno distratta, potrebbe risparmiarsi le maggiori
emozioni.
Infatti. Dell’annessione pura e semplice della Palestina, come terra
promessa, ha già parlato il
Times. Come il lettore vedrà, si tratta di una tesi religiosa e
lievemente romanzesca alla quale si
affida il compito di rimuovere ogni ostacolo logico alla presa di
possesso della Palestina. Il Times
dice che, non esistendo dubbi sull’identificazione degli anglosassoni
col popolo di Israele, la
Palestina, come Terra promessa del regno di Israele, non spetta né agli
Ebrei né agli Arabi, ma
deve essere annessa alla Gran Bretagna. Leggere per credere.
Leggendo, si scopre ancora dell’altro, e del più gustoso. Si legge, ad
esempio, che il trono
britannico non è che la continuazione moderna del trono di Davide. Si
legge che l’occupazione di
Gerusalemme da parte degli inglesi durante la guerra mondiale dimostra
che gli inglesi sono il
popolo di Israele, giacché, non essendo crollate le mura della città
santa all’ingresso dei Gentili –
come i profeti predicono – vuol dire che gli inglesi non sono Gentili,
sono il popolo di Israele. Che
cosa non si legge, sul Times, che non faccia trasecolare un galantuomo?
Si apprende che
sassone (anglo-sassone) viene da Isacco; vale a dire che non solo gli
inglesi, ma tutti i popoli
anglo-sassoni (l’America è chiaramente indicata) sono progenitura di
Isacco, figlio di Abramo,
capostipite di Israele.
Ma dove ha preso, il Times, tutte queste straordinarie notizie? Da una
pubblicazione anglicana,
alla quale appunto si riferisce, intitolata “Il Messaggio nazionale ai
popoli britannico e anglosassoni”.
Tale pubblicazione, che si fregia di simboli biblici ed ebraici, di
bandiere, di troni, di
piramidi e di trombe, ha il compito di divulgare nel mondo
anglo-sassone la convinzione,
suffragata da citazioni e da grafici, che Israele è oggi la Gran
Bretagna; e che, poiché Israele, per
volontà suprema, è chiamato ad esercitare un’egemonia sul mondo, l’egemonia
britannica, o
anglo-sassone, è legittima e di origine divina.
Vogliamo percorrere lo stravagante itinerario di questi inglesi
tutt’altro che stravaganti? Abramo
ha un figlio dalla sua schiava Agar, e questi, Ismaele, è il
capostipite del Arabi (razza, dunque, di
schiavi; gente illegittima). Ma poi ha un figlio da sua moglie Sara, e
questi è Isacco, generatore di
tutte le tribù d’Israele. E infine ha un’altra moglie, Cetura, dalla
quale ha ancora una discendenza:
i Bramini (?). ma le tribù di Israele si differenziano fra loro. Altro
è la tribù di Giuda – alla quale
appartengono i giudei o gli Ebrei propriamente detti – altro sono le 10
tribù elette. Queste tribù
emigrarono per tutta l’Europa e finirono nelle isole britanniche. I
figli di Isacco (Isacson, Sassoni),
sono il popolo di Israele al quale Javhè ha promesso il dominio del
mondo; il trono britannico è il
trono di Davide; il Commonwealth inglese non è che la riunione delle
tribù elette sparsesi per il
mondo (ricordatevi che i Bramini sono figli di Abramo e l’India attuale
è dunque giustamente
caduta nelle mani degli inglesi); la dominazione del mondo è della Gran
Bretagna per volere
divino; la Palestina è inglese per destinazione profetica.
Si vorrebbe ridere, ma non si può. Il “messaggio” è lardellato di
adesioni firmate da altissime
personalità britanniche e americane appartenenti specialmente all’alto
clero anglicano;
l’identificazione del Regno di Israele col Regno Unito e coi popoli
anglo-sassoni è esaltata come
una vera e propria scoperta. Il carnevale impazza per le vie del mondo
anglo-sassone.
13
Ma è un carnevale, o una manovra in maschera? Gli inglesi sanno quel
che fanno. Questa
stravagante pagina va di pari passo con le istruzioni dell’Ammiragliato.
L’Ammiragliato vuole il
possesso diretto della Palestina, e la chiesa anglicana dà il suo
contributo esoterico all’impresa.
Si sa quanto i popoli anglo-sassoni siano sensibili a tutto ciò che
odora di Bibbia; ecco la Bibbia al
servizio dell’Imperialismo britannico. Si tratta di riparare all’errore
commesso sposando la causa
degli Ebrei con quella britannica. E l’impresa risulta facile; in primo
luogo, per la straordinaria
docilità dell’inglese a trangugiare le storie più stupide; in secondo
luogo, perché – come tutti
sanno – gli Israeliti dominano la vita politica dell’Impero inglese; i
ministri ebrei non si contano; i
finanzieri ebrei dominano la vita economica del paese; il giornalismo è
infeudato agli ebrei. E al
centro dell’Impero non c’è un ebreo: Disraeli?
“Mia è tutta la terra” – dice la legge ebraica; ed è la divisa attuale
dell’imperialismo inglese. Ma
o in nome di Israele o in nome dell’Ammiragliato britannico, la pretesa
britannica è inaccettabile. I
popoli liberi non si arrenderanno alle Tribù d’Israele; né alle vere né
alle false.
14
ISRAELE BRITANNICO SERVO DI DIO
Ed ecco più precise notizie di “British-Israel”. Ci eravamo sbagliati;
non si tratta affatto di un
carnevale in anticipo né di manovre imperialistiche; si tratta
precisamente della volontà di Dio –
che noi precisamente sconoscevamo1 – e della felice sintesi – anche
questa prodottasi a nostra
insaputa – tra la Croce e la Stella di David. Ricapitoliamo, seguendo
le lapidarie formule di
“British Israel”. Sono gli ebrei il popolo eletto? Certo. Secondo
Matteo, 21-43, fu il regno di Dio
preso dagli ebrei e dato a una nazione? Questo è meno certo, almeno nel
senso letterale delle
parole. Non di meno, la Gran Bretagna è la nazione serva di Dio; e, in
conseguenza, gli Inglesi
sono il popolo d’Israele differenziato dagli Ebrei. Conclusione:
Britannia è Israele.
Se il ragionamento non fila alla perfezione, la colpa, naturalmente,
non è nostra: è del bollettino
di “British-Israel”. Le affermazioni sono sue; l’uso coraggioso della
Bibbia e del Vangelo è suo.
Ma questo ha poca importanza; giacché nella storia, d’identificazioni
un poco audaci sul genere di
questa storia si sono spesso avute; da quel cittadino francese che si
credette Imperatore del
Sahara, e ne morì, agli indigeni della Liberia che, tra una compera e
una vendita di schiavi, si
credono tutt’ora i rappresentanti in terra della Libertà umana. Ciò che
ha importanza è l’esistenza
in sé di un movimento di origine spirituale, fondato non soltanto sulla
Bibbia ma anche sulla
religione di Cristo abilmente adulterata, volto a dimostrare il diritto
britannico di dominare e
governare gli altri popoli, tutti gli altri popoli. Dice a un certo
punto lo scritto che risponde alle
nostre riserve: “E’ facile mettere in ridicolo la teoria (sic) secondo
cui il popolo britannico è il
popolo d’Israele….ma non è facile altrettanto negare la forza del fatto
che la razza Anglo-
Sassone è eletta ad adempire una missione per il bene di tutte le genti
del genere umano. Il ruolo
di popolo eletto non è un carnevale, ma rappresenta un’alta
responsabilità e una umile dedizione
al più alto degli ideali”.
Come si vede, qui comincia a far capolino il fanatismo britannico e un
suo particolare profano
missionarismo. Su queste molle agisce, sicuro del fatto suo, il “British-Israel”.
E se noi tentiamo di
mantenere questo bizzarro movimento nei confronti apparenti di una
setta religiosa, il suo fondo
politico viene subito a galla. “E’ una maliziosa falsità che la Bibbia
venga usata come strumento al
servizio dell’imperialismo britannico. L’imperialismo britannico
adempie inconsciamente le
profezie della Bibbia, ed è nostro destino quello di recitare questa
parte malgrado noi stessi…..”.
Vale a dire che gli Inglesi sono mondi di ogni peccato di voradicità e
di egoismo, essendo i ciechi
strumenti di una politica divina. Anzi, a questo proposito,
“British-Israel” deplora la cecità degli
Inglesi, e la sordità della Chiesa Anglicana la quale non ha ancora
trangugiato l’identificazione di
Cristo con Israele. “Come popolo, noi abbiamo costruito un Impero
malgrado noi stessi. Sotto la
mano di Dio che ci ha guidati, l’Impero è stato il lavoro di un popolo,
non a causa della
lungimirante saggezza degli uomini di Stato nazionali, ma malgrado
questa. Il “British-Israel” non
ricerca il patrocinio di forze occulte. Né c’è posto per orgoglio
nazionale (sic) né per arroganza
razziale (resic) nella concezione di “British-Israel”!..... E’ un
linguaggio che assomiglia, come due
gocce d’acqua si assomigliano, a quello delle sinagoghe; dove in nome
di Jhavè si afferma in
tutta “umiltà” che gli ebrei sono il popolo eletto e i futuri signori
della terra. Un linguaggio che
naturalmente scivola dallo spirituale nel politico quasi senza
avvedersene: per esempio così:
“British-Israel invoca una politica britannica mondiale tendente ad una
sistemazione del mondo
1 Vedi il capitolo precedente
15
attraverso le condizioni spirituali, economiche e politiche del Regno
di Dio, per tutte le nazioni del
genere umano”. Un linguaggio pieno, non diciamo di arroganza, ma di
insopportabile presunzione
quando così si esprime: “Esso (British-Israel) deve esercitare una
profonda influenza sulle menti
di tutti coloro che sono incaricati del compito di guidare i destini
politici delle nazioni”. E se le
nazioni non intendessero farsi guidare da Israel Britannico? Ebbene,
questa obiezione è già
scontata dai nostri contradditori. Mentre essi, invocando il dominio
dell’Inghilterra sul mondo,
sono gli umili servi di Dio, noi che ci rifiutiamo ad essere dominati
siamo gli imperialisti
recalcitranti. “L’idea di qualche sinistra influenza politica nei
riguardi del manifesto è
estremamente fantastica. Ma la stampa fascista è stata abbastanza
perspicace (grazie!) da
scorgere che se la verità di British-Israel un giorno colpisse l’immaginazione
del popolo
britannico, ciò significherebbe la fine di qualsiasi rinascita
dell’Impero romano nell’estremità
orientale del Mediterraneo”.
Non soltanto questo, significherebbe; sarebbe l’abdicazione collettiva
delle genti umane alla
dignità e al decoro civile; sarebbe l’accettazione pecorile di una
servitù fondata apparentemente
sulla stravaganza di una setta, ma sostanzialmente sull’arroganza degli
Inglesi. Non crediamo
che “British-Israel” sia destinato a grandi fortune oltre i confini del
mondo anglo-sassone. Per
quanto questo movimento voglia distinguersi dagli Ebrei propriamente
detti, discendenti di Giuda,
potrebbe dagli Ebrei imparare che cosa significhi farsi i portatori di
un imperialismo religioso. La
sete di dominazione giudaica è all’origine delle sfortune degli Ebrei.
Giudaica o israelitica, la sete
è la stessa. Noi non seguiremo il “British-Israel” nella sua puerile
ripartizione moderna delle tribù
d’Israele; ci limiteremo a tenere in sospetto l’imperialismo con la
Bibbia in mano. Anche se questa
volta, per ingannare meglio gli ingenui, esso porta in una mano la
Bibbia e nell’altra il Vangelo,
adoperando Cristo come un profeta qualsiasi, al servizio dell’Impero
inglese e del suo sempre
crescente appetito; oggi indirizzato verso la Palestina.
16
IL PADRE PUTATIVO DEGLI INGLESI
La forza sbalorditiva – dice Hilaire Belloc nel suo Saggio sull’indole
dell’Inghilterra
contemporanea (questo saggio è uscito da poco in versione italiana ed è
una traduzione
opportuna; ottantacinque paginette utili, contro milioni di pagine
inutili) – la forza sbalorditiva
dell’influenza della Bibbia sull’Inghilterra, tanto profonda che la
mentalità inglese ne è rimasta
tutta penetrata, è derivata da un fattore speciale che solo quelli la
cui lingua madre è l’inglese
possono capire”. Ecco perché pochi, in Europa, riescono a capire la
serietà di propositi e di
intenzioni che si nasconde sotto l’apparenza ridicola della campagna
per una identificazione tra
Israele e la Gran Bretagna e per un riconoscimento della missione
divina degli inglesi in
Palestina. Ecco ancora qualche illuminazione di Belloc: “La Bibbia è
oggi un elemento essenziale,
di cui la stoffa di un inglese è intessuta. Essa ha certo sostenuto
potentemente l’altra concezione
protestante della superiorità della razza, portando grandi masse – in
pratica, il grosso della
nazione – a considerarsi un popolo scelto”. Dal popolo scelto al popolo
eletto è breve il passo,
quando un’interpretazione accorta dell’Antico Testamento aiuti. E
allora non c’è più da ridere se,
a proposito di Palestina, il movimento politico-religioso che fa capo
al già citato National Message
in una nuovissima pubblicazione è ora giunta in Italia, sentenzia in
questo modo: “Il governo
inglese deve convincersi che il potere della Gran Bretagna nel Vicino
Oriente ebbe una divina
sanzione; da ciò nascerebbe un nuovo senso messianico che darebbe la
necessaria forza e
fermezza alla politica ufficiale. Fu con Abramo, padre della razza
britannica, che il patto venne
concluso. Al tuo seme io ho dato questa terra, dal fiume dell’Egitto
fino al grande fiume, il fiume
Eufrate. Io darò a te, e al tuo seme dopo di te, tutta la terra di
Canaan, in eterno possesso”.
Queste bibliche ricerche di paternità fanno sorridere noi italiani, ma
Belloc ci ammonisce di
prenderle sul serio. L’inglese moderno – la lingua per mezzo della
quale gli inglesi comunicano –
è stato gettato e fissato nello stampo dell’Antico Testamento. Negli
orribili dibattiti della Camera
dei Comuni, che sono di un livello bassissimo, ricorrono
incessantemente termini e frasi del
Libro”. A questo si aggiunga, dice ancora Belloc, l’impressionabilità
dell’anima emotiva degli
inglesi, agitata dalle qualità letterarie della Bibbia. Aggiungiamo
ancora, per conto nostro, la
voracità della politica inglese, e quello che Belloc chiama lo spirito
commerciale, base della
stretta alleanza tra Israele e l’Inghilterra. Il dominio della
Palestina è, in parte, un ritorno d’Israele
alla terra promessa, in parte una presa di possesso del Vicino Oriente
da parte della Gran
Bretagna israelitica. Secondo il movimento che fa capo al National
Message, la Palestina inglese
deve diventare “la chiave di un gruppo di stati arabi che si
opporrebbero come un solido blocco a
qualsiasi aggressione dal nord o dal sud”. Qui siamo già lontani dalla
Bibbia, ma dalla Bibbia
siamo partiti. Ancora Belloc: “La posizione sicura e spesso dominante
goduta dagli ebrei nella
società inglese, la loro grande influenza in tutte le funzioni
direttive di questa società, la grande
mescolanza di sangue ebreo nella classe di governo, è attribuita dai
critici stranieri ad una
alleanza fra il popolo protestante e Israele perseguitato….. Ma
consiste meno nella religione che
nello spirito commerciale”. I due motivi si danno la mano. Una astuta
interpretazione dei testi
biblici cerca di dare un impulso religioso a un’azione che è
fondamentalmente mercantile e
affaristica; e che minaccia non soltanto il mondo arabo, ma il destino
del vicino Oriente e
l’equilibrio del Mediterraneo orientale, dove l’Italia ha tanti vitali
interessi.
17
GLI EBREI BARANO
Quindi – disse il Signore – tu non sarai più chiamato Abramo (padre
elevato), ma Abrahamo
(padre di moltitudini), perché ti ho destinato a padre di molte genti”.
Perché dunque il sedicente Abramo Levi, autore del libro “Noi Ebrei”,
non si chiama Abrahamo,
essendosi fatto padre di molte genti, secondo la vocazione biblica
degli Abrami; di molte
illegittime genti?
“Noi Ebrei”, dice il titolo del libro; e, correndo all’indice, si
enumerano le genti che il nostro
Abramo ha messo sotto le sue bandiere; e si scopre metà della stampa
italiana, Popolo d’Italia in
testa; e una schiera di galantuomini che non si sono mai sognati di
sacrificare a Jahvè; una
moltitudine da fare invidia alla discendenza di Abrahamo. Questo è il
più fresco saggio della
furfanteria ebraica.
Nelle scarse 24 pagine che il libro contiene di suo, il sedicente Levi
stabilisce alcuni fatti di
capitale importanza: che l’Unione delle Comunità israelitiche non fa
politica; che gli ebrei isolati
politicanti non contano; che un problema ebraico non esiste in Italia;
che inventare problemi
inesistenti non è bene. Chiuse disinvoltamente le sue brevi pagine, il
Levi chiama a raccolta,
come si è detto, la moltitudine che ha mobilitato sotto la bandiera di
Israel; e la disinvoltura
diventa arroganza quando ristampa, in suffragio della sua tesi un
articolo del Popolo d’Italia
(pagina 64) dove è testualmente detto. “Un problema esiste, e certo non
può considerarsi risolto.
Perché…..resta una notevole massa di ebrei che non escono dal loro
chiuso ambito di
razza….meritevole di attento controllo” (giugno 1937). Accanto al
Popolo d’Italia, così chiaro e
ammonitore, c’è, beninteso, l’ignoto e ignorante scribacchino che con
sublime incoscienza
afferma essere stato il sionismo “più che un elemento tendente ad una
forma di nazionalismo di
minoranza, un mezzo di orientare gli ebrei verso il Fascismo (sic!)
combattendo con tutti i mezzi il
bolscevismo”. L’autore di queste incredibili idiozie non merita d’esser
nominato, meriterebbe una
borsa di studio per i corsi serali dell’Associazione contro l’analfabetismo
nel Mezzogiorno,
essendo un meridionale.
Ci sono poi tutti i giornali che hanno a suo tempo recensito il volume
di Paolo Orano, nel quale
la questione ebraica era impostata nel semplicistico modo che tutti
sanno; sicché il Corriere della
Sera s’accompagna con Israel, Rivoluzione fascista con L’idea
sionistica, il Messaggero con La
Nostra Bandiera, l’Evangelista con Regime Fascista. Un vero e proprio
polpettone senza capo né
coda, nel quale le affermazioni antisionistiche fanno il paio con le
difese del sionismo del tipo già
citato, e con le solite facili e banali affermazioni di generica
italianità.
Questo polpettone, così come Abramo Levi lo serve agli Italiani che,
dei libri, leggono il titolo e
l’indice. Ma un vero polpettone giudaico andava fatto con più larghezza
di mezzi. Quando l’astuto
Abramo ha voluto dimostrare che le Comunità israelitiche non fanno
politica e che – essendo il
presidente di dette Comunità nominato dal Governo e il Rabbino Capo
scelto col tradimento del
Regime – l’ebraismo ufficiale non è sospettabile, egli dimenticava di
inserire nel suo polpettone
alcune citazioni del Tevere, che avrebbero reso più gustoso il suo
elaborato. Infatti, non gustoso il
discorso del Rabbino Capo Davide Prato, pronunciato a Budapest qualche
tempo fa1 e riprodotto
dal Tevere? E, quanto all’apoliticità delle Comunità ebraiche, bastava
riprendere dal numero del
18 gennaio 1934 di Israel queste indimenticabili dichiarazioni
dell’avvocato Augusto Levi
sull’ebraismo: “Chi crede di rendersi utile al paese assimilandosi
completamente diventa in realtà
1 Vedi il capitolo: Così parlò il Rabbino.
18
un elemento improduttivo……”. E ancora riprendere la polemica fra ebrei
che insorse in seguito
appunto a queste enormità; riprodurre ciò che scrisse al Tevere l’avv.
Giorgio Sacerdoti: “….il
solo intento di far rifiorire in altra terra i valori spirituali
ebraici, non può che sminuire il senso puro
dell’italianità…. Mi auguro che le Comunità israelitiche sappiano
alfine dimostrare, una volta per
sempre, di essere veramente italiane e di poter perciò ben meritare
della Patria….”. (Tevere, 24
febbraio 1934).
Il problema sionistico non esiste? L’Abramo Levi crede di averlo
seppellito con un paio di
affermazioni generiche, come quel tale che voleva dimostrare di esser
patriota esibendo un
certificato di leva. Ma il Rabbino Capo Davide Prato se ne faceva a
Budapest l’assertore,
sacrificando i fiori della sua eloquenza al Profeta Hertzl. Ma ancora
pochi anni or sono un gruppo
di ebrei dissidenti (ecco i nomi: Ascoli Giuseppe, Fiorentini Sergio,
Musatti Raimondo, Rossi
Alberto) scriveva sui giornali di Roma: “noi sottoscritti invitiamo il
Presidente dell’Unione delle
Comunità israelitiche (quello stesso che Abramo Levi considera
insospettabile) a voler chiarire
pubblicamente, in modo preciso e categorico, come si arrivi ad
ammettere che possa esistere un
sentimento di vera e pura italianità là dove si manifestano aspirazioni
verso un differente
nazionalismo”.
Mancano, nello zibaldone che stiamo esaminando, molte altre
testimonianze. Così come si
chiamano i più autorevoli fogli fascisti a dimostrare il contrario di
ciò che hanno dimostrato, si
potevano citare i più illustri testi sionistici a dimostrare l’inesistenza
o l’innocuità del sionismo.
Conosce il compilatore di “Noi Ebrei” un certo Max Nordau? Questi ebbe
a scrivere: “Il sionismo
politico è la conclusione logica di due premesse; l’esistenza della
nazione ebraica e
l’IMPOSSIBILITA’, PER ESSA, -provata dalla storia e dall’osservazione
contemporanea –
D’INTEGRARSI ONOREVOLMENTE NELLA VITA NAZIONALE DEI POPOLI”. Conosce un
tale
Albert Einstein? L’inventore della relatività dice testualmente: “Ma l’essenziale
è che il sionismo
affermi la dignità e la coscienza necessarie all’esistenza degli Ebrei
della Dispersione e che crei,
grazie al centro ebraico in Palestina, un legame potente che unisca gli
Ebrei del mondo intero. IO
HO SEMPRE AVVERTITO COME UN’INDEGNITA’ LA FEBBRE DI
ASSIMILAZIONE DI MOLTI
MIEI COLLEGHI”.
Con queste testimonianze l’Abramo Levi avrebbe egregiamente dimostrato
la verità del suo
assioma: che un problema ebraico non esiste in Italia. E avrebbe
ottenuto da Paolo Orano quel
che egli e tutti i suoi pari esigono da noi fascisti: il silenzio, un
silenzio complice. Il provvidenziale
silenzio che accompagnava prima del Fascismo la dominazione ebraica in
Italia; il silenzio nel
quale, del resto, fino a ieri, un ebreo poteva far risuonare in lingua
italiana queste sue nefande
espressioni: Dieci milioni di Ebrei sentirono il peso dell’immane
cataclisma (la guerra) e si
mascherarono fra di loro in nome della Russia o della Romania,
dell’Italia o della Francia,
dell’Austria o dell’Inghilterra…… Ben crudele destino ha subito questo
popolo!”. (Davar, 1934).
Nefandezza o lealtà? Un linguaggio di questo genere non può tenerlo che
colui il quale non
abbia radici nel suolo della Patria che lo ospita, uno straniero. E
stranieri gli ebrei si confessano,
senza volerlo anche quando si dicono patrioti; come quel gruppo di
anonimi giovani ebrei che ci
ha scritto, con tono tra l’altezzoso e il prudente, dichiarando: “…probabilmente,
noi resteremo
sempre in Italia….”. Essi, gli Ebrei, considerano l’Italia come un
albergo, come una stazione di
transito; e se ne dichiarano, finora, soddisfatti. Ma….. l’anno
prossimo, a Gerusalemme!
Un problema ebraico esiste, in Italia; ed è, soprattutto, per noi
italiani, un problema di
conoscenza. Conoscere gli Ebrei – non certo attraverso le grossolane
manipolazioni di un Levi –
è giudicarli. Noi abbiamo giudicato da un pezzo questa “gente
consacrata” alla quale è promessa
“tutta la terra” ; e che, perciò, non ha patria.
Noi crediamo che servano inconsciamente l’interesse ebraico quelli che
ancora fanno
19
questione di sionismo. La questione è nettamente di razza: si tratta di
sapere se l’ebreo PUO’
essere un italiano, non se DEVE esserlo. Che DEBBA esserlo non v’è
dubbio, giacché la legge lo
qualifica tale; e al momento opportuno egli deve indossare la sua brava
uniforme e servire sotto
la bandiera italiana. Ma PUO’ esserlo? Nella migliore delle ipotesi, il
migliore degli ebrei, POTRA’
essere SEMPRE un buon italiano? E noi italiani di razza, di sangue, di
religione – e con
profondissime e saldissime radici nella nostra storia – potremo
sentirci pari agli ebrei, la cui
mistica è tutta fuori dei confini della patria che da qualche tempo l’ospita?
Questo è, il problema ebraico.
20
L’EBRAISMO E’ QUELLO CHE E’
Sul problema ebraico, sul suo attuale aspetto italiano, sulle sue
possibili soluzioni, ci viene in
soccorso la spregiudicata lettera di un ebreo1 che ha il merito d’impostare
senza infingimenti il
problema stesso. Gioverà tener presente questa lettera, poiché gli
argomenti trattati e le
affermazioni di principio che ne conseguono investono il centro del
problema e chiariscono
finalmente, fuor di ogni confusione polemica o deformazione interessata,
le reciproche posizioni
di fronte a dati di fatto irrefutabili.
La soluzione integrale, secondo il nostro contradditore, non potrebbe
esser data se non dalla
“assimilazione totale quanto più rapida possibile”. O assimilazione, o
separazione civile, dice il
nostro corrispondente; e per separazione civile s’intende la
limitazione nei diritti civili, quella
limitazione che fatalmente e doverosamente porterebbe al Sionismo ad
oltranza. L’assimilazione
– che noi non abbiamo ancor visto, ma che il nostro contradditore dice
esistente ed operante –
porterebbe alla scomparsa degli Ebrei d’Italia. Gli ebrei d’Italia
sarebbero capaci di scomparire
senza rimorso, saprebbero assumere, di punto in bianco, rapidamente
almeno, “con orgoglio pari
a quello ebraico” la piena, assoluta italianità della carne e dello
spirito. Fermiamoci a questo
punto.
In nome di chi parla, il nostro corrispondente? In nome di se stesso?
Le sue affermazioni sono
pregevoli, e come espressione di una sincera volontà individuale,
accettabili. Noi possiamo
ammettere – per quanto i biologi avanzino i loro dubbi sull’esito dei
matrimoni misti fra razze
assai diverse – possiamo ammettere che fra tre, quattro generazioni (il
nostro contradditore
ammette che non bastano, per un’assimilazione totale, né una né due
generazioni) i discendenti
di colui che fa del matrimonio misto una regola inviolabile non saranno
più ebrei. Ma questo è il
caso particolare di un ebreo che crede nell’assimilazione e si
ripromette di offrirne i frutti ai suoi e
ai nostri nipoti. Che cosa pensano, invece, oggi, dell’assimilazione i
dirigenti delle Comunità
israelitiche e, quindi, la massa degli Ebrei d’Italia; e come giudicano
l’eventualità di un abbandono
dell’orgoglio ebraico, di una dimissione delle qualità ebraiche, di una
“cancellazione” del sangue
ebraico? Abbiamo altra volta citato il pensiero inequivocabile di
illustri ed ascoltati personaggi
dell’ebraismo mondiale; e sarebbe ozioso ripetersi. E’ la volta di
chiamare in causa, con le loro
stesse parole, i rappresentanti “legali” dell’ebraismo italiano, gli
interpreti autorevoli e autorizzati
della volontà ebraica. Il nostro corrispondente ci consentirà di
trovare più attendibili, come
espressione del sentimento ebraico, queste testimonianze solenni
anziché le sue spregiudicate
affermazioni finora senza eco.
Ecco qui un opuscolo, datato 5698, vale a dire 1937, intitolato “I
rabbini d’Italia ai loro fratelli”,
firmato da ben trenta rabbini o facenti funzione di rabbino o
professori nei collegi rabbinici d’Italia.
Sebbene l’elenco sia lungo, vogliamo citare tutti i nomi che lo
compongono, perché sia ben chiaro
che non si tratta di gente oscura, ma dell’aristocrazia del pensiero
israelitico. Si va dal Rabbino
Capo di Roma, Prato, a quello di Rodi, Isaia Sonne, attraverso tutto il
rabbinato della penisola e
Il Fascista Cardini ieri sera era a Matrix da Mentana
by
Fasci-news Saturday, Jun. 03, 2006 at 11:40 AM
mail:
Il fascista Franco Cardini ieri sera era da Mentana a Matrix su canale 5. Ha parlato delle menzogne dell'11 settembre citando un documento del dipartimento di Stato e di ambienti neoconservatori che , nel settembre 2000, avevano apertamente auspicato un "evento eccezionale come una nuova Pearl Harbour": qualcuno riuscirebbe a rintracciare questo documento?
GUARDATE CON CHI COLLABBORA CARDINI E POI DITEMI SE PUO' ESSERE CREDIBBILE
Antonino De Stefano, L'idea imperiale di Federico II, Saggio introduttivo di Claudio Mutti su “La teocrazia imperiale di Federico II”, 1978, pp. 262
NUOVA EDIZIONE Antonino De Stefano, L'idea imperiale di Federico II, preceduto da “Una nota sulla regalità sacra” di Franco Cardini, 1999, pp. 270, € 18.00
Ruhollah Khomeyni, Citazioni, pp. 48, 5,14 Alcuni brani tratti da scritti dell'ayatollah e da interviste da lui concesse. Ne risulta, certo, il quadro di un uomo profondamente assorbito dal ruolo carismatico che si è assunto; un uomo che, nonostante la sua conoscenza del mondo occidentale e non-musulmano, si sente anzitutto (e, diremmo, esclusivamente) un musulmano, e pensa e lavora in funzione dell'Islam. (…) Oggi, Khomeyni è senza dubbio impopolare in Occidente, e per molti motivi. È certo un uomo ispido, difficile, "pericoloso" in un senso molto ampio. È strano che si dimentichi tuttavia che questo mistico ottantenne è un uomo di grandi tradizioni politiche, un uomo di coraggio, un oppositore coerente del regime monarchico occidentalizzante, un estimatore cauto e severo di Mossadeq, un uomo perseguitato a lungo e duramente (la Savak gli ha anche ucciso un figlio, nel '77). Ed è un uomo politico, anche se non secondo i canoni occidentali. Comprenderlo, o almeno fraintenderlo un po' meno, può aver importanza per capire che cosa sta succedendo in una regione vitale della nostra terra. (Franco Cardini, "Antologia Vieusseux", 59, luglio-settembre 1980)
Savitri Devi, L'India e il nazismo, pp. 64, 6,20 È uno strano scritto, significativo tuttavia di tutta una temperie politico-intellettuale (e meglio sarebbe dire politico-religiosa) poco conosciuta dagli storici dei movimenti "fascisti" e - lacuna ancor più grave - dagli storici del colonialismo e della "decolonizzazione". Giacché il nazionalsocialismo indiano fu, come il fenomeno filonazista di certi paesi e gruppi politici arabi, anzitutto un corollario della resistenza al colonialismo. Che questo possa sembrare e magari sia obiettivamente contraddittorio e aberrante, è un altro discorso: non si trattava, comunque, di "frange lunatiche", come il presidente Franklin Delano Roosevelt riteneva gli hitleriani di casa sua. In questo senso, la testimonianza della signora Devi è comunque degna d'interesse: anche perché dà un'immagine dell'Occidente visto dall'India assolutamente inedita per noi. È se vogliamo una "ragione dei vinti". (Franco Cardini, "Antologia Vieusseux", 59, luglio-settembre 1980 )
by
Franco e Ciccio Saturday, Jun. 03, 2006 at 2:47 PM
mail:
beh nell'introduzione a "Conoscere l'Islam" - edizioni Il Cerchio - ecco cosa ha scritto il fascio cardini
DAGOBERTO BELLUCCI CONOSCERE L'ISLAM
Le basi della dottrina Shi'ita pp. 136 - € 14,00
«Questo libro presenta ai
lettori italiani un profilo dell’Islam shi’ita nel suo carattere non solo
propriamente religioso, ma anche teologico, mistico, profetico,
metafisico, metastorico ed escatologico. Non è un libro da prendersi alla
leggera né da leggere frettolosamente. La shi’iah, o lo “sciismo”, è un
oggetto ancora abbastanza misterioso nelle conoscenze islamiche medie
degli italiani, tuttavia la nebbia si sta dirandando; gli sciiti del sud
dell’Iraq sono stati i protagonisti di una parte cospicua della storia
recente di quel paese, e sono ormai note le vicende della persecuzione che
hanno dovuto sopportare durante il regime di Saddam Hussein, così come
quelle del loro ruolo nella resistenza all’aggressione statunitense del
2003. La storia dell’Islam shi’ita è particolarmente complessa e
straordinariamente vivace sotto il profilo sia storico sia culturale. Una
varietà di “differenze identitarie” da mantenere, da rispettare, da
studiare, da conoscere». Dalla prefaz. di Franco Cardini
by
Hasta la victoria siempre Saturday, Jun. 03, 2006 at 3:12 PM
mail:
I fascisti? NO PASARAN! RICORDATEVI IL 25 APRILE DEL '45 MAIALI!
L’arcipelago della destra radicale
"Supplemento ai Quaderni dell'Assemblea
Nazionale Anticapitalista".
L’arcipelago dell’estrema destra si presenta, ad una prima superficiale
osservazione, come un insieme di sigle, partitini, gruppuscoli e movimenti
separati tra loro, dalle linee spesso divergenti (o piuttosto “parallele”),
costellato da divisioni, litigiosità interne e diatribe puramente ideologiche.
Ad un’analisi più attenta ciò che emerge, invece, sono i “fili comuni”
che collegano questa pluralità di formazioni più di quanto comunemente si
pensi. Le fonti di finanziamento, le collusioni, le sedi logistiche, i nomi
stessi dei vari capi carismatici, ad un’indagine più accurata, mostrano forti
aree di contiguità, nonché legami con alcuni settori dello Stato.
In tal modo è possibile scoprire come gruppi radicali, che fanno la
propria fortuna grazie alla linea “dura e pura”, fascista tout court, in
critica aperta con le scelte “borghesi” della destra parlamentare, ricevano
finanziamenti, ed aprano sedi, in virtù di sotterranei accordi con il partito
di Alleanza Nazionale. Proseguendo l’indagine è inoltre possibile fare luce sul
ruolo di ben determinate aree che fungono da “camera di compensazione” in cui
le giovani reclute delle diverse formazioni, più o meno radicali, operano
fianco a fianco
Così
come possono emergere le “ambigue” origini di gruppi che tentano di
accreditarsi nella sinistra antagonista, con una linea dall’apparenza
confusamente anticapitalistica, ma che mirano, in realtà, a “contagiare” i
sentimenti più genuini e giovani con ideologie puramente nazionaliste (o
“nazionalitarie”), nascondendosi dietro la parola d’ordine del superamento
della “divisione” destra/sinistra. O ancora come in alcune sedi della destra
istituzionale e di “governo” agiscano elementi noti dell’estrema destra
neo-fascista e stragista, organizzatori di “campagne” xenofobe e razziste o di
attacchia sedi dell’opposizione
proletaria, dell’antagonismo diffuso o dei simboli del movimento operaio.
Infine come ancora oggi
settori delle “forze dell’ordine” (polizia, carabinieri e finanza) si muovano
coprendo le azioni di questi elementi, aspettando la legittima reazione di
massa per reprimerla violentemente (vedi fatti di Milano dopo l’omicidio di
Dax, le pesanti cariche allo spezzone degli immigrati ad una manifestazione
antifascista a Torinoecc…).
Senza dubbio il riemergere di
quest’area è uno degli effetti di una più forte e decisa istituzionalizzazione
del partito storico del neo-fascismo italiano, Alleanza Nazionale. Questo
spostamento ha provocato una reazione di recupero dell’identità fascista da
parte di gruppi vecchi e nuovi e la ricomparsa di leader storici dell’estrema
destra.
Del resto il partito di Fini
svolge oggi in parte quel ruolo “incubatore” del neo-fascismo radicale che fu
proprio del Movimento Sociale Italiano di Almirante e Rauti dal dopo-guerra
agli inizi degli anni ’90.
Accanto alla linea liberista e
“neo-gollista”, infatti, convive in Alleanza Nazionale la linea del populismo,
del neo-corporativismo e della “destra sociale”, vera anticamera del
radicalismo e “trait d’union” con le formazioni più radicali
dell’extraparlamentarismo.
Per questo motivo pensiamo sia utile riprendere l’indagine e la
conoscenza di quel settore del fascismo radicale (principalmente dell’area
romana intesa come “laboratorio politico”) che, come nel ventennio, rispunta
con forza ogni qual volta le contraddizioni e le tensioni economico-sociali
aumentano.
In questo dossier, infatti, abbiamo ripreso i frammenti di un’indagine
già in atto emergente dal lavoro di differenti comitati, di onesti giornalisti,
ripreso da siti internet, riviste e fonti istituzionali, nel tentativo di
ricomprenderlo sotto forma di bilancio complessivo. Questi tasselli, assunti
interamente o rielaboranti, servono a ricomporre un collage che dia una visione
unitaria sul ruolo della destra neo-fascista dal dopo-guerra ad oggi.
Obiettivo di questo lavoro non vuol essere la ricostruzione del ruolo
della forma-fascismo nella storia dello stato borghese, poiché non crediamo che
il pericolo principale sia rappresentato oggi da un possibile salto “indietro”.
C’interessa piuttosto capire la funzione odierna delle ideologie
reazionarie, in primis quella fascista e nazista, come sostegno al contenimento
delle aspirazioni più genuinamente anticapitaliste del movimento di classe.
Di fronte alla ripresa di
forti mobilitazioni operaie, alle imponenti manifestazioni contro la guerra e
con l’emergere di movimenti che cominciano a radicarsi nel tessuto proletario,
la classe dominante schiera le sue “guarnigioni” contro ogni tentativo di
trasformazione rivoluzionaria dello stato di cose presente, lanciandole
all’assalto degli avamposti della classe antagonista per gettare scompiglio e
favorire la repressione.
Per questo motivo, il migliore
antidoto è quello, ancora una volta, di fondere il sentimento e la difesa dei
valori della Resistenza antifascista con quello, principale, della lotta al
capitalismo su tutti i fronti.
Fascisti, razzisti e tutti
quei loschi personaggi al servizio (più o meno consapevole) del mantenimento
del potere della classe dominante saranno ricacciati nelle fogne da cui
provengono solo togliendo loro l’acqua in cui nuotano, conquistando posizioni
di classe nel tessuto sociale, allargando le lotte per il lavoro, per il
diritto alla casa, per il diritto a servizi sociali gratuiti, generalizzando
queste lotte contro la natura capitalista della società e legandole
strettamente alle lotte antimperialiste nel resto del mondo.
“Conoscere e trasformare”
questa è la consegna che ci ha indotto a produrre questo piccolo lavoro che
speriamo sia utile a quanti, d’accordo in toto o solo in parte con noi, sono
motivati da una spinta di ribellione e di opposizione all’avanzata di quello
che per noi rappresenta l’essenza della reazione su tutti i fronti:
l’imperialismo.
La strategia della tensione
Qual è il filo nero che lega gli avvenimenti di qualche decennio fa con
la cronaca attuale e le odierne attività dei gruppi della destra radicale
italiana? Dare qualche elemento per rispondere a questa domanda ci sembra
essenziale per cominciare questo lavoro.
Molti personaggi - che ancora oggi popolano e dirigono la destra
radicale (da Pino Rauti a Paolo Signorelli, da Adriano Tilgher a Roberto Fiore,
da Franco Freda a Maurizio Boccacci fino a Gaetano Saya) - hanno un passato
rilevante nella storia dell’anticomunismo e del terrorismo nero, della politica
golpista e stragista attuata in Italia dai primi anni ‘70 ad oggi.
Ciò accade proprio in un momento in cui la feroce battaglia per la
ridefinizione degli equilibri tra fazioni della borghesia, in atto in Italia da
almeno un decennio, ha favorito la parziale riapertura dell’iter giudiziario
riguardo alcune stragi: da Piazza Fontana alla strage di Via Fatebenefratelli
davanti alla Questura di Milano (avvenuta nel 1973), fino a quella di Piazza
della Loggia. Non si può dire che il “vaso di Pandora” sia rovesciato, ma
qualche goccia di verità travasa inevitabilmente.
Questa nuova stagione (chiamata “Seconda Repubblica”) ha portato ondate
di indagini e processi contro questo o quel dirigente politico “corrotto” o
“colluso”, con feroci campagne mediatiche a sostegno di questo o quel filone
giudiziario, arrivando persino a contrapporre parte del potere politico a
quello giudiziario.
Il risultato vero è stato quello di raccogliere e contenere la sfiducia
delle masse (alimentatasi in cinquant’anni di governo democristiano
“filo-atlantista” prima e di “unità nazionale” poi) nei confronti delle
istituzioni della democrazia rappresentativa borghese deviando, in seguito,
questa spinta a sostegno di nuove e più efficienti “riforme”, tutte in nome
della governabilità e della competitività internazionale.
Il medesimo obiettivo perseguito, ai giorni nostri, anche dal
cosiddetto “movimento dei girotondi”, tanto per esser chiari.
Questa strategia è
stata utilizzata, quindi, per legittimare un più “moderno” sistema bipolare,
distogliendo l’attenzione delle classi lavoratrici dal fatto che la cosiddetta
“strategia della tensione” e il sistema “clientelare” fossero, in realtà, facce
della stessa medaglia del sistema di governo della borghesia italiana.
In questo contesto, la stragrande maggioranza dei partiti e degli
uomini politici, a destra come a sinistra, essendosi riciclati
“gattopardescamente” nella nuova fase bipolarista, hanno ancora diversi
scheletri negli armadi accumulati negli anni della “Prima Repubblica” in nome
della “pace sociale”, della “stabilità” e della difesa dell’ordine
“democratico”.
Quanto detto è stato oggetto, negli ultimi anni, di continue
strumentalizzazioni politiche da parte di tutte le fazioni “bipolari” in campo,
nessuna esclusa, provocando, anche in questi mesi, insistenti tentativi di
delegittimazione di questo o quel settore della Magistratura, della Finanza e
della stessa Commissione Stragi. A tutt’oggi, si assiste ad una nuova pesante
offensiva per tenere insabbiate le scomode verità dei decenni trascorsi,
cercando di riaccreditare, per quanto riguarda le stragi impunite, persino
fantomatiche piste anarchiche o attribuendo ridicoli ruoli ai servizi segreti
dell’Est, infangando ancora una volta la memoria delle centinaia di vittime
delle stragi di stato.
Eppure dalle inchieste in corso (soprattutto dalla sentenza di primo
grado relativa alla strage alla Questura di Milano e dal dibattimento del
processo sulla strage di Piazza Fontana) emergono alcuni elementi che
propongono, in una determinata prospettiva, la corretta interpretazione storica
e politica della “strategia della tensione”.
Non,
dunque, l’azione di presunti settori “deviati” o “corrotti” finiti fuori del
controllo delle istituzioni “democratiche”, quanto piuttosto un vero e proprio
disegno della borghesia italiana orchestrato per mantenere il consenso in una
fase storica difficile, attraverso una retorica da “emergenza nazionale” per
far fronte al pericolo “destabilizzatore”. Tutto ciò non suonerà nuovo nemmeno
alle orecchie più giovani.
Nuovi,
del resto, non sono neanche i personaggi, i terminali, della destra
neo-fascista che si fanno portatori di questa politica di “controllo e
scompiglio” tra le fila del movimento di classe. Basti vedere i protagonisti di
allora per rendersene conto. Un esempio per tutti: Ordine Nuovo.
Quest’organizzazione, fondata da Pino Rauti, è stata considerata
l’esecutrice materiale di molte delle citate trame; formazione neonazista, Ordine
Nuovo è al contempo anche una creatura concepita all’interno degli apparati
statali, la cui evoluzione è stata accompagnata, finanziata e diretta dai
servizi segreti italiani e statunitensi.
Non un solo esponente di rilievo del citato gruppo nel Triveneto è
risultato, infatti, estraneo a legami o a rapporti di dipendenza, anche
finanziari, dai servizi segreti. Persino negli atti processuali compare il
lungo elenco di nomi in codice utilizzato dai servizi italiani per identificare
i propri uomini all’interno di Ordine Nuovo, lo stesso vale per i
servizi americani.
L’intreccio tra Ordine Nuovo di Pino Rautiedil Fronte
Nazionale,ma anche Ordine Nero di Franco Freda e Mario Tuti,
e settori degli apparati statali si è sviluppato in modo capillare nel Veneto,
autentico laboratorio della “strategia della tensione”, essendo un’area colma
di strutture e basi militari italiane e NATO, a ridosso del confine con l’Est,
dove nel dopoguerra sono state reclutate, in funzione anticomunista, interi
apparati del personale di sicurezza della passata Repubblica Sociale di Salò.
Non a caso la maggior parte degli attuali imputati nei processi per le citate
stragi sono rimasti a lungo nell’ombra, protetti da una “rete” anticomunista di
carattere nazionale ed internazionale.
Il Movimento Sociale Italiano ha svolto, senz’ombra di dubbio,
l’importante ruolo di “casa comune” dei principali gruppi eversivi; un ruolo di
copertura e di protezione. Il M.S.I. ha, infatti, accolto Ordine
Nuovo al proprio interno, prima della strage di piazza Fontana, così come il
gruppo La Fenice di Milano, responsabile del fallito attentato al treno
Torino-Roma del 1973. Oggi Alleanza Nazionale ricopre in parte il ruolo
che fu del MSI delegandolo, perlopiù, ad una sua corrente interna,
quella della “destra sociale” ed al suo organo d’informazione, la
rivista Area.
Il compito della NATO, invece, non è stato solo di ispirazione
politica. Attraverso le sue basi, e le sue diramazioni all’interno delle
istituzioni italiane ed euro-atlantiche, la NATO ha fornito supporto logistico
ed organizzativo ai gruppi fascisti.
Gruppi quali Terza Posizione e Avanguardia Nazionale - i
cui legami con gli apparati dei servizi segreti, della P2 e dei carabinieri
sono ben noti - sono stati protagonisti del medesimo “canovaccio”. Oltre ad
essere il braccio armato dei progetti “eversivi” della borghesia italiana (ad
es. attraverso la loro struttura illegale chiamata Legione), i
menzionati gruppi hanno attuato un’opera costante di corruzione delle coscienze
più confuse e “ribelli”, in particolar modo nei settori giovanili, attraverso
un’ideologia basata da un lato sui tradizionali miti fascisti, dall’altro su
confusi concetti “sociali, anticapitalistici ed antimperialistici”, una sorta
di recupero del fascismo delle “origini”.
Non a caso è questa la fonte d’ispirazione principale
(organizzativamente e ideologicamente) dei gruppi della destra neo-fascista
oggi più intraprendenti, quali Forza Nuova ed il Fronte Sociale
Nazionale.
Questi gruppi sono stati fondati e diretti da quegli stessi personaggi
che riscopriamo protagonisti dell’attuale rinascita della destra radicale
neo-fascista, in tutte le sue varianti. Tilgher, Fiore, Morsello, Adinolfi,
Terracciano, Boccacci, Neri, Murelli, Signorelli, Delle Chiaie, oltre agli
stessi Freda e Rauti, sono ancora oggi sulla “cresta dell’onda”.
La cosiddetta “strategia della tensione”, in conclusione, è stata una
strategia politica il cui motore va ricercato sia all’interno dei vertici di
delicatissimi apparati dello stato (Servizi Segreti, Arma dei Carabinieri,
Stato Maggiore della Difesa) che in un ampio arco istituzionale e politico,
formatosi negli anni del dopo guerra e supportato dalle strutture dell’alleanza
atlantica.
Dalle numerose inchieste indipendenti svolte dal movimento di classe, e
persino da molti dei successivi processi, emerge, come dato storico
inquietante, la consapevole discesa nella “illegalità” operata da una parte
decisiva dello Stato allo scopo di “stabilizzare” un quadro politico-sociale in
fermento.
Tutto ciò getta luce non solo sulla storia dello Stato italiano, sulla
sua formazione e “maturazione” in direzione imperialista nel secondo
dopoguerra, ma anche sulla natura della nostra borghesia e sulla sua
disponibilità a porsi su di un terreno eversivo.
Oggi, seppur in un contesto differente, a fronte del rinascere di forti
movimenti di contestazione al capitalismo e alle sue leggi, la rinnovata
insorgenza dell’estrema destra in tutte le sue varianti, e dei loschi
personaggi che la popolano, è certamente un fatto che deve far riflettere sia
per ragioni di memoria storica, ma ancor più di analisi e battaglia politica.
I COLLEGAMENTI TRA STATO, SERVIZI, MASSONERIA ED EVERSIONE NERA
“Le Forze Armate sono con noi”…note
dalla Relazione della Commissione Stragi
Il periodo che corre tra il 1970 ed il 1974 registra la proliferazione
di movimenti extraparlamentari neo-fascisti, la nascita di organizzazioni
eversive paramilitari o terroristiche, la moltiplicazione dei delitti politici
- secondo forme affatto nuove per il Paese - la rinnovata virulenza della
malavita comune e delle sue organizzazioni criminali.
Sono questi alcuni elementi che formano il quadro entro cui si sviluppa
quella che venne definita la “strategia della tensione”, alimentata da settori
dello stato preoccupati dalla miscela esplosiva rappresentata dalle forti
tensioni sociali generate dalla crescente crisi economica e dalla conseguente
instabilità e delegittimazione del quadro politico ed istituzionale.
Quegli anni, oltre ad essere caratterizzati, come abbiamo già visto,
dall’intensa opera di politicizzazione delle attività massoniche, si
contraddistinguono anche per i collegamenti che ci è consentito di identificare
tra Licio Gelli, la Loggia P2, i suoi “qualificati” esponenti, i servizi, gli
apparati repressivi ed il complesso mondo dell’eversione nera e della malavita.
Dai materiali pubblicati dalle varie commissioni parlamentari emerge,
infatti, la ragionata convinzione che la Loggia P2 ed i servizi italiani si
“collegano” più volte con gruppi ed organizzazioni eversive neo-fasciste, incitandole
e favorendole nei loro propositi, con un’azione che mirava ad inserirsi in
quelle aree secondo un disegno politico proprio, da non identificare con le
finalità, più o meno esplicite, che quelle forze e quei gruppi si proponevano.
Innanzitutto, tra le situazioni nelle quali appare documentato un
coinvolgimento diretto di Licio Gelli e degli uomini a lui collegati, vi è il
cosiddetto “golpe Borghese”, tentato nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970,
con l’appoggio degli esponenti oltranzisti del Fronte Nazionale,
appoggiati da settori dell’esercito e delle istituzioni.
Come tutte le tappe maggiori della “strategia della tensione”, la
vicenda ha registrato un lungo iter processuale, conclusosi con sentenza
passata in giudicato, ma è interessante lo stesso sottolineare come molti dei
personaggi, che nel golpe ebbero un ruolo principale, appartengano alla Loggia
P2 o alla massoneria in genere.
Questi elementi fanno da cornice a situazioni ancora più eclatanti
circa il ruolo che due personaggi come Licio Gelli ed il Direttore del SID,
Vito Miceli, ricoprirono durante e dopo il golpe.
Recentemente alcune deposizioni di personaggi appartenenti agli
ambienti dell’eversione nera consentono di indirizzare l’attenzione
direttamente su Licio Gelli in relazione al contrordine operativo che paralizzò
il tentativo insurrezionale. E’ stato altresì testimoniato che Licio Gelli
teneva il contatto con ufficiali dei carabinieri e che tra i congiurati era
diffusa l’opinione che ambienti militari sostenevano o quanto meno tolleravano
l’operazione. Certo è che il principe Borghese si esprimeva nel suo proclama
con estrema chiarezza: “Le Forze Armate sono con noi”.
Accanto alla figura di Licio Gelli, un altro elemento di spicco
nell’analisi di questa vicenda è costituito dal generale Vito Miceli, direttore
del SID dal 1970 al 1974. In proposito quello che a noi interessa è rilevare
come sia accertata l’esistenza di contatti tra il generale Miceli, allora nella
sua veste di capo del SIOS, Orlandini e Borghese, contatti risalenti al 1969,
epoca nella quale il generale entra nella Loggia P2. Tali eventi si
accompagnano significativamente alla sua nomina al vertice dei Servizi, che il
Gelli si vantò, come è noto, di aver favorito e che precedono di poco il
tentativo di golpe guidato dal principe nero.
Questi dati vanno letti in parallelo con la successiva inerzia del
generale nei confronti delle indagini sul Fronte Nazionale, condotte dal
“reparto D” guidato dal generale Maletti.
Il dato relativo all’appartenenza di Licio Gelli a quegli ambienti va
considerato anche alla luce delle successive attività che vedono il Venerabile
impegnato nel sostegno agli imputati, attraverso un’azione in perfetta sintonia
con la documentata inerzia del Direttore del SID.
Altri elementi di estremo interesse emergono anche dall’inchiesta di
Padova sul movimento denominato Rosa dei Venti, condotta dal giudice
Tamburino, nel quale troviamo la presenza di uomini iscritti al “Raggruppamento
Gelli”.
A proposito di questa inchiesta va ricordato che il giornalista Giorgio
Zicari ha testimoniato di aver collaborato con l’Arma dei carabinieri e con i
Servizi segreti, entrando in contatto nel 1970 con Carlo Fumagalli e Gaetano
Orlando, elementi di spicco del gruppo dei MAR.
Quando nel 1974 lo Zicari venne riservatamente convocato dal giudice
Tamburino, gli accadde di ricevere nel giro di poche ore l’invito ad un
colloquio con il generale Palumbo nel corso del quale l’alto ufficiale gli si
rivolse in maniera minacciosa: “...il tema centrale fu che io non dovevo
parlare, che poteva succedermi qualcosa, dei fastidi, che io avevo tutto da
perdere dalla vicenda, che i magistrati stavano tentando di sostituirsi allo
Stato, riempiendo un vuoto di potere, che non si sapeva che cosa il giudice
Tamburino volesse cercare, che non ero obbligato a testimoniare...”.
E’ di particolare interesse, nel contesto di tali deposizioni, quanto
dichiarò anche il generale Siro Rossetti, uscito nel 1974 dalla Loggia P2 in
posizione “polemica” nei confronti di Licio Gelli.
L’alto ufficiale, riguardo all’esistenza di un’organizzazione
“parallela” ai Servizi affermò: “...la mia esperienza mi consente di
affermare che sarebbe assurdo che tutto ciò non esistesse...” ed ancora “...a
mio avviso l’organizzazione è tale e talmente vasta da avere capacità operative
nel campo politico, militare, della finanza, dell’alta delinquenza
organizzata...”.
Anche riguardo le inchieste sui gruppi neo-fascisti toscani che si
macchiarono di diversi attentati (specialmente ai treni) che funestarono
l’Italia tra il 1969 e il 1975, emergono forti legami tra carabinieri, servizi
segreti, ambienti fascisti e massoneria. E’ il caso del generale Bittoni,
comandante della brigata dei Carabinieri di Firenze, che assunse il compito di
coordinare le ricerche dei comandi di Perugia e di Arezzo e che si rivelò
appartenente alla P2, così come due degli ufficiali superiori del comando di
Arezzo incaricati delle indagini (uno di essi parlò della propria iscrizione
come di una “necessità”).
Si aggiunga a
questo che la stessa situazione si verificava per la Questura della stessa
città, essendo accertata l’iscrizione alla Loggia non solo di due dei suoi
funzionari, ma addirittura del questore protempore.
In definitiva, sembra potersi concludere sul questo punto che le
infiltrazioni piduistiche ad Arezzo nella Polizia e nei Carabinieri (ed il
sospetto di infiltrazione anche nella magistratura, come si vedrà in seguito)
servirono in quegli anni a conferire al Gelli un’aura di intangibilità,
lasciandogli mano libera per le sue attività.
Un discorso a parte merita, poi, la strage del treno Italicus,
perpetrata con la collocazione di un ordigno esploso nella notte fra il 3 ed il
4 agosto 1974.
La conclusione della Commissione è quella “che la strage
dell’Italicus è ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione
neofascista o neonazista operante in Toscana; che la Loggia P2 svolse opera di
istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della
destra extraparlamentare toscana; che la Loggia P2 è quindi gravemente
coinvolta nella strage dell’Italicus e può ritenersene anzi addirittura
responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale
retroterra economico, organizzativo e morale”.
Mentre nella sentenza, seppur assolutoria, d’Assise 20.7.1983-19.3.1984
si legge (i numeri tra parentesi indicano le pagine del testo dattiloscritto
della sentenza):
“(182) A giudizio delle parti civili, gli attuali imputati, membri
dell’Ordine Nero, avrebbero eseguito la strage in quanto ispirati, armati e
finanziati dalla massoneria, che dell’eversione e del terrorismo di destra si
sarebbe avvalsa, nell’ambito della cosiddetta “strategia della tensione” del
paese creando anche i presupposti per un eventuale colpo di Stato. La tesi di
cui sopra ha invero trovato nel processo, soprattutto con riferimento alla ben
nota Loggia massonica P2, gravi e sconcertanti riscontri, pur dovendosi
riconoscere una sostanziale insufficienza degli elementi di prova acquisiti sia
in ordine all’addebitalità della strage a Tuti Mario e compagni, sia circa la
loro appartenenza ad Ordine Nero e sia quanto alla ricorrenza di un vero e
proprio concorso di elementi massonici nel delitto per cui è processato”.
Significativamente, poi, si precisa in proposito: “(183-184)
Peraltro risulta adeguatamente dimostrato: come la Loggia P2, e per essa il suo
capo Gelli Licio (dapprima “delegato” dal Gran Maestro della famiglia massonica
di Palazzo Giustiniani, poi - dal dicembre 1971 - segretario organizzativo
della Loggia, quindi - dal maggio 1975 - Maestro Venerabile della stessa),
nutrissero evidenti propensioni al golpismo; come tale formazione aiutasse e
finanziasse non solo esponenti della destra parlamentare (all’udienza in data
27.10.1982 il generale Rosseti Siro, già tesoriere della Loggia, ha ricordato
come quest’ultima avesse, tra l’altro, sovvenzionato la campagna elettorale del
“fratello” ammiraglio Birindelli), ma anche giovani della destra
extraparlamentare, quanto meno di Arezzo (ove risiedeva appunto il Gelli); come
esponenti non identificati della massoneria avessero offerto alla dirigenza di
Ordine Nuovo la cospicua cifra di L. 50 milioni al dichiarato scopo di
finanziare il giornale del movimento (vedansi sul punto le deposizioni di Marco
Affatigato, il quale ha specificato essere stata tale offerta declinata da
Clemente Graziani); come nel periodo ottobre-novembre 1972 un sedicente massone
della “Loggia del Gesù” (si ricordi che a Roma, in Piazza del Gesù, aveva sede
un’importante “famiglia massonica” poi fusasi con quella di Palazzo
Giustiniani), alla guida di un’auto azzurra targata Arezzo, avesse cercato di
spingere gli ordinovisti di Lucca a compiere atti di terrorismo, promettendo a
Tomei e ad Affatigato armi, esplosivi ed una sovvenzione di L. 500.000”.
Scrivono ancora, infatti, i giudici bolognesi: “(13-14) Premesso
doversi ritenere manifesta la natura politica dell’orrendo crimine di che
trattasi (anche in assenza di inequivoche rivendicazioni), data la natura
dell’obiettivo colpito e la gravità delle prevedibili conseguenze della strage
sul piano della pacifica convivenza civile (fortunatamente poi risultate assai
modeste per la “tenuta” della collettività) e dato l’inserimento dell’attentato
in un contesto di analoghi crimini politici verificatisi in Italia negli anni 1974-1975
(si pensi alla strage di Piazza della Loggia ed alle bombe di Ordine Nero)”;
ed ancora: “(15) è pacifica l’immediata ascrivibilità del fatto ad
un’organizzazione terroristica che intendeva creare insicurezza generale,
lacerazioni sociali, disordini violenti e comunque (nell’ottica della
cosiddetta strategia della tensione) predisporre il terreno adatto per
interventi traumatici, interruttivi della normale, fisiologica e pacifica
evoluzione della vita politica del Paese. Ebbene, non è dubbio che, nel
variegato quadro delle organizzazioni terroristiche operanti in Italia negli
anni in cui fu eseguito il crimine al nostro esame, l’impiego delle bombe e la
loro collocazione preferenziale su obiettivi “ferroviari” caratterizzasse,
usualmente, gruppi di ispirazione neofascista e neonazista (si ricordino gli
attentati sulla linea ferroviaria Roma-Reggio Calabria in occasione dei
disordini di Reggio Calabria e dei successivi raduni, il mancato attentato in
cui venne ferito Nico Azzi, l’attentato di Vaíano, rivendicato dalle Brigate
Popolari Ordine Nuovo, gli attentati dicembre 1974-gennaio 1975, per cui furono
condannati dalla corte di assise di Arezzo proprio Tuti e Franci) e che fra
tali gruppi debba annoverarsi come già vivo e vitale, nell’agosto 1974, quello
ricomprendente Tuti e Franci”.
Quanto detto potrebbe bastare per legittimare le conclusioni sopra
anticipate. A ciò si aggiunga che sospetti di protezione dell’ultra-destra
eversiva gravano su ben individuati uffici della magistratura aretina. Persino
la sentenza di Bologna (pag. 191) ne riferisce, confermando il convincimento
degli eversori neri di poter contare sull’importante protezione di un
magistrato affiliato ad una potentissima loggia massonica; agli atti risultano
dichiarazioni assai gravi relative ad autorizzazioni di intercettazioni
telefoniche non concesse ed ordini di cattura non emessi (pag. 2).
Nel periodo compreso tra la fine del 1973 ed il marzo del 1974 viene
alla luce un’ulteriore iniziativa che vede coinvolti uomini risultati iscritti
alla P2 o indicati, nella più volte ricordata relazione Santillo del 1976, come
aderenti alla stessa quali Edgardo Sogno, Remo Orlandini, Salvatore Drago e Ugo
Ricci.
Dai documenti in possesso della Commissione si può avanzare l’ipotesi
che il gruppo, facente capo a Sogno, pur non ignorando le iniziative più
tipicamente eversive, abbia sviluppato sin dalla fine degli anni Sessanta, per
proseguire nella prima metà degli anni settanta, una linea “legalitaria”,
muovendo però sempre dalla premessa di un grave pericolo per le istituzioni
provocato dagli opposti estremismi e dalla incapacità delle forze politiche di
farvi fronte. Tale linea quindi si pone gli obiettivi di realizzare riforme
anche costituzionali e mutamenti degli equilibri politici al fine di dar vita
ad un governo forte,capace di
resistere alle minacce incombenti sul paese. E’ possibile citare, in questo
contesto, la costituzione dei Comitati di resistenza democratica, sorti nel
1971 per iniziativa di Edgardo Sogno, e le proposte avanzate nei periodici
Resistenza democratica e Progetto 80.
Quello che più interessa ai fini della nostra indagine è che la
complessa tematica legata al gruppo Sogno, le proposte di riforme
costituzionali avanzate, come pure, in parte, la strategia adottata, rivelano punti
di contatto con il Piano di rinascita democratica e la strategia di Gelli dopo
il 1974.
Ricordiamo infine che nella
busta “Riservata personale” che Gelli conservava a Castiglion Fibocchi era
custodita la copia di un anonimo, per la quale ci fu richiesta di informativa
su Gelli inviata alla questura di Arezzo nel marzo del 1975 dal giudice
Violante che indagava sulla eversione di destra. Nell’anonimo leggiamo
tra l’altro: “Il Gelli sembra inoltre collegato al gruppo Sogno e ad altri
ambienti che fanno capo all’ex procuratore Spagnuolo oltre che ad ambienti
finanziari internazionali”.
Un’ultima notazione sul delitto del giudice Occorsio, il
quale avrebbe iniziato ad investigare sui possibili collegamenti tra l’Anonima
sequestri ed ambienti massonici ed ambienti dell’eversione neo-fascista. Tale
almeno fu la confidenza che Occorsio fece ad un giornalista il giorno prima di
essere ucciso.
Le tendenze attuali
Nel panorama attuale,
l’arcipelago dell’estrema destra si presenta vasto ed eterogeneo come non si
verificava dagli inizi degli anni ’90 e, come allora, con una varietà di
posizioni all’apparenza contrastanti.
Queste divisioni, più rivalità per il comando che diatribe
di natura ideologica, sottendono però una certa volontà di ricomposizione
dell’area neo-fascista sotto un’unica bandiera nera.
L’attuale parola d’ordine è
quella dell’unità dell’area “nazional-popolare”, emersa da un’assemblea
tenutasi ad Ostia il 9 e 10 novembre 2002, in cui si è tentato di lanciare
questo processo ricompositivo tra le diverse fazioni alla destra di Alleanza
Nazionale.
In realtà questo tentativo
risponde più alle esigenze di sopravvivenza delle piccole formazioni,
schiacciate dall’intraprendenza dell’unico gruppo che sembra avere una certa
influenza sia sulle giovani potenziali reclute che sui settori della destra
istituzionale: Forza Nuova.
Questa formazione politica è nata nel 1997 a Londra grazie
all’azione ed ai finanziamenti (ne parleremo in seguito) di due elementi ben
noti del neo-fascismo italiano ed internazionale: Massimo Morsello (ex-N.A.R.)
e Roberto Fiore (ex-Terza Posizione).
Forza Nuova è un vero e
proprio partito, collegato a livello internazionale conmovimenti neo-fascisti in diversi paesi:
l’Inghilterra (dove c’è la centrale di Terza Posizione Internazionale),
la Spagna (con i falangisti), l’Austria (con gli Haideriani), la Germania (con
l’NPD) e la Francia (con il Front National di Le Pen). Fonte
d’ispirazione di questa formazione, oltre all’ideologia fascista,
all’anticomunismo e alla xenofobia, è il tradizionalismo cattolico (nel
programma politico è prevista, tra l’altro, la richiesta di ripristino del
Concordato del ’29 e l’abolizione dell’aborto).
L’egemonia che Forza Nuova esercita nel panorama
dell’estrema destra italiana (unica formazione, insieme a Fiamma Tricolore
ad avere un’estensione realmente nazionale), si deve principalmente alla sua
forte identità ideologica, alle capacità finanziarie ed al suo attivismo, che
ne fa di fatto un polo d’attrazione anche per militanti di altri gruppi quali Fiamma
Tricolore, Fronte Nazionale o Azione Giovani. Non a caso Forza
Nuova non ha risposto all’appello all’unità lanciato nella citata assemblea
di Ostia.
In questa sede è nato, invece, il
Movimento Nazional-Popolare, come forma di coordinamento di quell’area
che comprendeFiamma Tricolore,
Fronte Sociale Nazionale, Rinascita Nazionale ed il Polo delle destre
sociali, la cui prima iniziativa pubblica è stata un corteo il 30 novembre a Bologna, a cui Forza Nuova
non ha preso parte.
Questi gruppi sono radicati solo in alcune città, ma le
palestre del “laboratorio” della destra neo-fascista continuano ad essere, come
in passato, Milano, Padova e Roma.
La capitale rimane comunque il
punto dove si concentrano le sigle più significative. E’ il caso anche del movimento
Fascismo e Libertà (presente anche in Lombardia e Sicilia) o della nuova
versione di Base Autonoma, di cui avremo modo di parlare meglio in
seguito.
Negli ultimi anni, alle sezioni
di Azione Giovani, si è affiancata, inoltre, Gioventù Europea ,
un’associazione nata nell’intento di avvicinare i giovani alla politica con la
parola d’ordine della riscoperta delle radici culturali italiane ed europee e
nelle cui assemblee (ma anche in manifesti o volantini) si promuovono campagne
a sostegno della bandiera tricolore o dei militari italiani all’estero. Seppur
con una certa autonomia, si tratta sostanzialmente di un’emanazione della
sezione giovanile del partito di A. N., sorta per contrastare l’evidente
emorragia di giovani militanti attratti da gruppi più radicali e all’apparenza
meno “compromessi” col potere istituzionale.
Il mondo associativo dell’estrema destra è sempre stato
assai ricco e variegato e, di recente, sembra aver ripreso il suo attivismo.
A Roma riveste un certo rilievo
la Raido, organismo che s’ispira fortemente al pensiero di Evola.
La Raido non fa
riferimento ad una frangia specifica dell’estrema destra, ma è collegata a
diverse aree e si occupa principalmente della formazione ideologica dei
militanti, attraverso pubblicazioni, conferenze, presentazione di libri,
incontri e dibattiti. Nello stesso settore si muove anche l’associazione Lepanto,
esistente da vent’anni e molto attiva nell’ambito dell’integralismo cattolico
(la Militia Christi, per intenderci).
In questo panorama va menzionata
inoltre la Destra Nazionale (sigla già esistente nel 1972 come corrente
fascista filo-monarchica interna al M.S.I.), formazione in forte
contrasto con Forza Nuova, capeggiata da un’ex appartenente ai servizi
segreti della NATO.
Anche la Destra Nazionale
nonha aderito all’assemblea di
costituzione dell’area nazional-popolare, ma i suoi leader dichiarano dilavorare per un confronto tra le diverse
formazioni fasciste romane e, in effetti, in Sicilia alle amministrative 2003
hanno promosso un’alleanza elettorale con Fiamma Tricolore ed il Fronte
Sociale Nazionale.
Sempre appartenente all’estrema
destra, ma anch’essa in aperta critica con l’area di Fiore (tacciato di
filo-americanismo per le sue posizioni anti-islamiche) ,c’è, inoltre, la Comunità
Politica d’Avanguardia.
Da questo filone comincia, poi,
quella zona grigia che va sotto il nome di“sinistra nazionale”. Sotto questa categoria vanno sussunte tutte quelle
formazioni che, in nome dell’antiamericanismo e di un antimperialismo di
facciata, sono riuscite ad accreditarsi in ristretti ambiti del movimento della
sinistra antagonista, attraverso l’utilizzo di ambigue parole d’ordine quali
“socialismo nazionale”, “comunismo nazionalitario” e tutta la terminologia
ereditata dalla corrente proveniente dalla Linea Comunitarista, corrente
fuoriuscita da una scissione del Fronte (Sociale) Nazionale di Adriano
Tilgher. Non a caso una delle riviste di punta, fautrice di questa tendenza
(già tristemente familiare dai tempi della formazione Lotta di Popolo che
si muoveva in maniera simile negli ambiti del movimento del post-’68) si chiama
Rosso è Nero.
Seppur ancor attaccati alla propria tradizione fascista, si rifanno
alla stessa corrente ideologica anche le riviste Orion e Sinergie
Europee.
Il retroterra politico
A partire dai primi anni ‘90, sia
a livello nazionale che internazionale, si apriva una nuova fase per l’estrema
destrae, in particolare, per quei
settori che in modo ormai esplicito facevano riferimento al passato nazista, un
passato mai passato secondo la deformazione hitleriana del mito dell’eterno
ritorno e che ora - con la cosiddetta “fine del comunismo” - simbolicamente
rappresentata dalla caduta del Muro di Berlino - poteva tornare alla luce del
sole.
Due circostanze significative
testimoniano il passaggio dell’Italia attraverso la suddetta fase: la
ricomparsa sulla scena nazionale di alcuni personaggi chiave della strategia
della tensione, come Franco Freda e Stefano Delle Chiaie, capi storici
rispettivamente di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale (il primo
assolto, in maniera sospetta, dalla strage di Piazza Fontana e il secondo, a
suo tempo incriminato per trame eversive, rientrato dall’America Latina) e, in
secondo luogo, l’affacciarsi sul panorama musicale italiano, seppur
tardivamente rispetto al resto d’Europa, del movimento politico-musicale bonehead,
per intendersi quelli che la stampa definirà impropriamente naziskin.
A seguito di ciò vengono
formandosi in tutta Italia gruppi e gruppetti all’ombra del Movimento
Sociale Italiano, composti sia da militanti più o meno vecchi dell’estrema
destra extraparlamentare - spesso reduci da esperienze degli anni ‘80, quali i N.A.R.
o Terza Posizione - sia dalle nuove leve, provenienti o dalle
organizzazioni giovanili missine (F.d.G. e F.U.A.N.) oppure
cresciute tra le curve-ultrà ea suon
di musica OI!.
In questa galassia, nasce nel ‘91
Base Autonoma, network nazionale, che raccoglie numerose formazioni
trale quali:
- Movimento Politico (già Occidentale)
di Roma, di Maurizio Boccacci (ex-Avanguardia Nazionale) fondato nel
1984;
- Veneto Fronte Skinhead a
Padova e Vicenza, fondato nel 1985 da Piero Puschiavo;
- Azione Skinhead a
Milano, capeggiati da Duilio Canu.
Queste le sigle più importanti,
ma numerose sono le formazioni minori tra le quali, a Milano, quella di Forza
Nuova, il cui nome sarà ereditato in seguito(a partire dal ‘97) dall’attuale, omonimo raggruppamento.
Dietro le teste rasate e gli
atteggiamenti da stadio di gran parte degli aderenti a Base Autonoma, ci
sono anche teste pensanti.
Principale teorico di Base
Autonoma è un certo Sergio Gozzoli,
della provincia di Pisa, ideatore della rivista L'Uomo Libero.
Nello stesso periodo viene
fondato da Franco Freda un nuovo Fronte Nazionale (poi disciolto per
legge) e da Stefano Delle Chiaie un’effimera Lega Nazionalpopolare;
nonostante i toni criticidi entrambe
le formazioni verso lo spontaneismo “naziskin” (non ancora veri soldati
politici), le simpatie sono reciproche e i contatti non mancano; assoluta e
generalizzata è ovviamente la sintonia in materia d’immigrazione, ovvero
nell’avversione e nella lotta al “meticciato”.
Nei primi anni ‘90, altre
formazioni d’estrema destra attive sono Meridiano Zero di Rainaldo
Graziani (figlio di Clemente Graziani, ex-gerarca di Salò ed ex-Ordine Nuovo);
la Comunità Politica Nazionale di Avanguardia, con la testata Avanguardia
“Evoliana” fondata nel 1982 da Leonardo Fonte, su posizioni filo-islamiche;
il Movimento Politico Antagonista, su posizioni “nazional-bolsceviche”,
avente come riferimento le riviste Orion (Milano) e Aurora (Ferrara).
Nel ‘93 il ministero
dell'Interno, in seguito ad una serie di aggressioni e attentati, dichiara
(formalmente) fuorilegge Base Autonoma, ne chiude alcune sedi e
incrimina diversi esponenti con l’accusa di “tentativo di ricostituzione del
partito fascista”, “istigazione all'odio razziale”, etc.
Meridiano Zero invece,
riesce a prevenire le prevedibili misure repressive, proclamando lo
scioglimento dell’organizzazione.
In realtà l’attività delle
formazioni neo-naziste continua, grazie all'ospitalità nelle sezioni del M.S.I.,
del Fronte della Gioventù, della CISNAL (oggi UGL), che
viene ricambiata con aiuti, forniti in svariate occasioni, sottoforma di
robusti servizi d’ordine per le manifestazioni missine, specie nel periodo in
cui Pino Rautiè segretario del M.S.I.
Tale connivenza viene mantenuta
anche da Alleanza Nazionale, almeno fino allo “storico” congresso di
Fiuggi (1995), congresso in cui Fini dichiara l’abbandono del passato missino
(ma non il simbolo della Fiamma mussoliniana, soltanto oggi messo in
discussione) in favore di una linea formalmente “democratica” di centro-destra.
Dopo Fiuggi, la destra
nazi-fascista è attratta dalla nascita del Movimento Sociale - Fiamma
Tricolore di Pino Rauti, ex-repubblichino, ex-Ordine Nuovo, ex-M.S.I.;
ma dopo pochi anni, l’incapacità di seguire una linea politica coerente tra
l’opposizione “dura e pura” ed il compromesso politico con il centro-destra,
determina per Fiamma Tricolorela perdita
progressiva di settori consistenti, a partire da intere sezioni della Gioventù
Nazionale (come succede ad esempio a Padova), giungendo all’attuale grave
crisi che, dopo la scissione del Movimento Sociale Europeo (del sindaco
di Chieti Cucullo), vede oggi il partito di Rauti impegnato in un processo di
riunificazione col Fronte Nazionale (movimento fondato nel ‘97 da un
ex-dirigente di Avanguardia Nazionale, Adriano Tilgher, dopo la sua
espulsione dallo stesso Movimento Sociale - Fiamma Tricolore).
A prendere il posto di Fiamma
Tricolore, oltre al citato Fronte Nazionale, che al centro-sud ha
avuto per qualche tempo una buona consistenza (anche elettorale), c’è Forza
Nuova, mentre continuano il loro percorso indipendente i “filo-islamici” di
Comunità Politica d’Avanguardia e sopravvive anche Fascismo e Libertà,
piccolo movimento fondato da Giorgio Pisanò ed altri nostalgici della Repubblica
Sociale Italiana, a suo tempo fuoriusciti dal Movimento Sociale
Italiano.
La nascita di Forza Nuova
permette in primo luogo la ricostituzione di quella che era stata, un tempo, Base
Autonoma, ma con caratteristiche meno “movimentiste” e più “partitiche”;
fin dalla sua nascita, infatti, ritroviamo al suo interno gli stessi personaggi
e gli stessi gruppi che facevano riferimento, all’epoca, alla prima Base Autonoma,
tra cui, anche, parte del Veneto Fronte Skinhead.
A questi gruppi si aggregano,
inoltre, gli aderenti vicentini di Alternativa d’Azione e spezzoni, più
o meno organizzati, di Fiamma Tricolore.
Forza Nuova si
caratterizza subito per la sua abilità nel tessere rapporti con nuovi
interlocutori politici e, allo stesso tempo, per la sua capacità nel
raccogliere adesioni nei settori più disparati della destra: dal rampollo
borghese di Azione Giovani ai “brutti ceffi” delle tifoserie con le
svastiche, dalla “teste rasate” ai professori universitari, dagli integralisti
cattolici ai fan del dio Thor, dalle “guardie padane” ai disoccupati napoletani
(all’interno dei quali ha formato il proprio gruppo Forza Lavoro Disponibile).
MOVIMENTO SOCIALE - FIAMMA TRICOLORE
Dopo la frattura di Fiuggi e la nascita di Alleanza Nazionale,
Pino Rauti - già combattente della Repubblica Sociale Italiana, fondatore di Ordine
Nuovo negli anni ‘60 ed uno dei massimi dirigenti e segretario del Movimento
Sociale Italiano - lascia il partito per continuare l’esperienza
neo-fascista su di un altro percorso in grado di raccogliere tutto quello che
di vivo era rimasto negli ambienti dell’estrema destra. “Non stiamo fondando
niente di nuovo, vogliamo solo riaffermare la continuità della nostra storia -
afferma Rauti. Sono gli altri quelli di Alleanza Nazionale ad aver operato
una scissione, un tradimento, riconoscendo l’antifascismo e sciogliendo il
vecchio partito”.
Il Movimento Sociale - Fiamma Tricolore si presenta nel 1995
come partito contenitore di tutto l’ambiente neo-fascista italiano, dai gruppi
di più recente formazione, come quelli che ruotavano intorno al Movimento
Politico, ai piùdatati, come nel caso degli ex di Avanguardia Nazionale
riuniti intorno ad Adriano Tilgher e Stefano Delle Chiaie. Tra gli obiettivi
prioritari del suo programma il Movimento Sociale - Fiamma Tricolore indica
“la battaglia contro i poteri occulti e mondialisti”, la difesa della
famiglia e la lotta all’aborto, ma soprattutto “l’opposizione totale” all’immigrazione.
Ma il tentativo di pescare nel contraddittorio patrimonio
“anticapitalistico” di stampo fascista, recuperando lungo la strada i consensi
dei delusi di quella che Rauti definisce la “berlusconizzazione” di Alleanza
Nazionale, non paga. Tra il 1995 e il 2000 il partito di Rauti riesce a
raccogliere soltanto tra l’1 ed il 2% dei voti anche se a livello locale alcuni
accordi tra Movimento Sociale - Fiamma Tricolore e la Casa delle
Libertà saranno determinanti per l’elezione di alcuni amministratori
(sindaci, presidenti delle regioni e province).
Ma la formula Rauti manda in pezzi il partito, sancendo una serie di
divisioni e fratture. I primi aduscire
sono Giorgio Pisanò e i vecchi camerati di Fascismo e Libertà. Arriva
quindi il commissariamento del settore giovanile del partito, riunito intorno
alla pubblicazione Foglio di Lotta che contribuirà, dopo il 1997, alla
nascita di Forza Nuova. Anche Modesto Della Rosa, l’unico deputato che
aveva seguito Rauti dopo la scissione, lascerà il Movimento Sociale - Fiamma
Tricolore. Sarà poi la volta di Adriano Tilgher nel 1997 che, in seguito
all’espulsione dal partito, darà vita al Fronte Nazionale. Poche
settimane prima si erano riuniti a Roma quasi 200 dirigenti missini per
protestare contro l’allora attuale presidenza. La risposta di Rauti fu una
serie di provvedimenti di espulsione.
“Provengono dalla cultura della destra extraparlamentare, incapace di
integrarsi davvero nella vita di un partito, per questo non potevano restare
più nella Fiamma” commentò
Rauti. Tra il 1999 e il 2000 se ne vanno anche il Sindaco di Chieti Cucullo, un
importante dirigente nazionale Cospito e l’europarlamentare Bigliardo fondatore
del Movimento Sociale Europeo, che per quanto ne sappiamo si è già
sciolto. Attualmente Fiamma Tricolore vive un periodo di grande crisi.
Le sue componenti giovanili sono state assorbite da gruppi più radicali quali Forza
Nuova o Base Autonoma e, per non scomparire, sta tentando di dar
vita al Movimento Nazional-Popolare. Luca Romagnoli, recentemente, è
stato eletto nuovo segretario, Rauti rimane come presidente “garante della
linea politica” e, in termini di sopravvivenza elettorale, è stata varata
l’alleanza “funzionale” con la Casa delle Libertà nel rispetto
dell’identità politica e storica del partito.
DESTRA NAZIONALE
“Prepariamoci a batterci al fianco degli USA in quella che,
probabilmente, o meglio sicuramente, sarà la Terza Guerra Mondiale. La
civilizzazione contro la barbarie: come le antiche legioni romane che fecero un
deserto e lo chiamarono pace. E’ il solo mezzo di cui disponiamo per salvare la
nostra cultura, la nostra libertà, le nostre famiglie”.
Dopo gli attentati dell’11 settembre, quest’appello, presente sul sito
del partito della Destra Nazionale, scompare.
“Nei prossimi mesi, l’Italia potrebbe essere colpita da attacchi d’una
violenza inimmaginabile da parte dei paesi islamici del bacino mediterraneo. La
nostra nazione potrebbe essere distrutta, prima che le forze alleate possano
intervenire in aiuto alle Forze armate presenti sul nostro territorio. Un
milione e mezzo di islamici sono già presenti sul nostro suolo. Quanti di loro
ci attaccheranno? Le Forze armate e la Polizia saranno sufficienti a
proteggerci? NO. La nostra difesa, deve venire da noi stessi con i Reparti di Protezione
Nazionale. In caso di grave pericolo, saranno un valido supporto alle Forze
armate. Vieni a combattere con noi, diventa una Camicia Grigia!”
Quest’organizzazione dispone d’un regolare statuto. “I Reparti di
Protezione Nazionale si pongono come un’organizzazione volontaria di liberi
cittadini che con il loro impegno vogliono esaltare i valori mai estinti che,
da sempre, sono presenti nel cuore d’ogni italiano: Dio, Famiglia, Patria”.
Nonostante questa “libera associazione di cittadini” disponga di proprie
uniformi militari, viene specificato nel suo regolamento che “I Reparti di
Protezione Nazionale escludono l’uso delle armi e della violenza così come
tutti gli altri comportamenti riconducibili a delle organizzazioni militari o
paramilitari...”.
Questa dichiarazione d’intenti, all’apparenza angelica, non impedisce
tuttavia al gruppo di inserire sul proprio sito, in bella evidenza, un link che
rimanda alla pagina web di un vero e proprio supermercato militare con sede
negli Stati Uniti. Qui, di fianco al banner pubblicitario della “Smith &
Wesson” si possono fare comodamente compere tramite cardita di credito.
Gli USA esercitano sicuramente un fascino particolare sui dirigenti di Destra
Nazionale che hanno persino ripreso, con qualche piccola modifica, il logo
ufficiale della CIA per farne il simbolo del loro partito, proprio come un
marchio di fabbrica. Non a caso il leader della Destra Nazionale altri
non è che Gaetano Saya, un personaggio che ha fatto carriera nella rete occulta
della NATO, “Gladio/Stay behind”.
Gaetano Saya, messinese, viene cresciuto dal nonno Matteo Francesco,
all’epoca membro del Regio Esercito e aderente alla marcia su Roma,che lo educa all’amore per la “Patria e per
il Duce”.
Fin da giovanissimo, Saya simpatizza per il Movimento Sociale
Italiano - Destra Nazionale e nel 1970, appena quattordicenne, partecipa
alle famose “giornate di Reggio Calabria” (la rivolta per il capoluogo aizzate
dai fascisti). Nel 1974, a soli diciott’anni, si arruola nel Corpo delle
Guardie di Pubblica Sicurezza e, dopo l’addestramento e una breve permanenza,
viene ingaggiato dai Servizi Segreti della NATO come esperto in ISPEG,
controspionaggio e antiterrorismo, da cui si congeda “ufficialmente” solo nel
1997.
Viene cooptato nella rete Gladio nel 1975 dal famigerato Generale
Giuseppe Santovito, allora capo del SISMI e membro della P2, e, in seguito,
iniziato in una Loggia Massonica riservata.
Da Apprendista di primo grado diviene, in breve, Maestro Venerabile
della Loggia“Divulgazione 1”.
“Divulgazione 1”,
loggia massonica ancor più segreta della P2, aveva una dimensione
internazionale ed era parte integrante dei dispositivi sotterranei della NATO.
Nel Novembre 1997, viene citato come principale teste d’accusa della
Procura della Repubblica di Palermo, nel processo contro Giulio Andreotti
accusato dallo stesso Saya di essere il mandante dell’omicidio del Generale dei
Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa (anche lui membro della P2) nel 1982.
E’ in questa occasione che Saya dichiara pubblicamente, davanti ai
giudici, di essere un vecchio agente segreto dell’Alleanza Atlantica e di aver
mantenuto rapporti stretti con ambienti massonici americani e con Licio Gelli.
A testimonianza di ciò esibisce la sua corrispondenza amichevole, proseguita
fino agli inizi degli anni ’90, col Maestro Venerabile della P2.
Riguardo alle accuse mosse ad Andreotti, Saya afferma di aver ricevuto
questa informazione direttamente dal generale Santovito “il 16 giugno 1982”,
se ne ricordava perfettamente poiché lo stesso giorno a Palermo “aveva avuto
luogo un regolamento di conti”, un clan mafioso aveva assassinato Alfio
Ferlito, capo d’un clan rivale, crivellandolo di colpi durante il suo
trasferimento da una prigione ad un’altra.
Congedatosi dai Servizi, e messosi in “sonno” Massonico, Saya è uno dei
protagonisti della contestazione alla “svolta di Fiuggi”, 27 gennaio 1995, ed,
insieme ad un gruppo di fedelissimi, decide di ridar vita al movimento politico
fascista-monarchico della Destra Nazionale, già voluto da Almirante e
poi soppresso.
Per Saya, il cambiamento di nome in Alleanza Nazionale, è stato
un tradimento. “Fini ha venduto la bandiera del social-fascismo e del
corporativismo per diventare una corrente, e neanche la più radicale, di
Berlusconi”.
A partire da quella data, Saya riunisce attorno a sè un piccolo
drappello di guardiani del tempio mussoliniano che si proclamano i soli
leggittimi eredi del fascismo“degli ideali che il mondo intero ci ha
invidiato: la Storia ci darà ragione”.
Il movimento della Destra
Nazionale si strutturerà in partito il 12 luglio 2000 presentandosi, con
scarsi risultati, alle elezioni amministrative del 2003, in lista congiunta con
il Fronte Sociale Nazionale.
FORZA NUOVA
Forza Nuova, vecchi fascisti…
Nel maggio 1993 quasi tutte le
formazioni neonaziste italiane (Movimento Politico, Meridiano Zero, Azione
Skinhead e tutti i gruppi che componevano la prima Base Autonoma)
vengono sciolte o si sciolgono spontaneamente e le centinaia di militanti che
gravitano attorno a quell’area vanno ad ingrossare le fila del Movimento
Sociale Italiano, poi Movimento Sociale - Fiamma Tricolore. E’ qui
che inizia l’incubazione di Forza Nuova intorno alla rivista Foglio
di Lotta, finanziato dal latitante a Londra Roberto Fiore.
Nel 1997 il leader del Movimento
Sociale - Fiamma Tricolore, Pino Rauti, vieta la diffusione della rivista,
intimorito dal consenso che questa incominciava a riscuotere, specialmente tra
i più giovani. I militanti di Foglio di Lotta decidono allora l’uscita
dal partito per dar vita ad una nuova creatura politica, Forza Nuova.
Forza Nuova nasce a Londra
il 27 settembre 1997, e già nella data, giorno di Sant’Arcangelo Michele, fa
riferimento diretto alla Guardia di Ferro, il movimento cattolico
integralista, ultranazionalista e antisemita rumeno. Le attività di Forza
Nuova saranno, durante i primi mesi, dirette da Londra, città in cui
risiedono i due leader del partito, Roberto Fiore e Massimo Morsello. Sia Fiore
che Morsello sono figure della destra neofascista anni ‘70. Fiore era uno dei capi
di Terza Posizione mentre Morsello, in gioventù cantautore missino nei
Campi Hobbit, proviene dai Nuclei Armati Rivoluzionari (N.A.R.) di
Alibrandi e Fioravanti.
Fuggiti a Londra nel 1980 dopo la
strage alla stazione di Bologna, inseguiti da mandati di cattura della
magistratura italiana, i due hanno costruito un piccolo impero economico che ha
offerto la base materiale per la creazione in Italia di Forza Nuova. Il
giro d’affari delle società controllate da Fiore e Morsello si aggira intorno
ai trenta miliardi l’anno. Al centro di questo piccolo impero economico
l’agenzia di viaggi e società di servizi Meeting Point. In Italia esiste
una rete di agenzie turistiche collegate a questo circuito imprenditoriale: la Easy
London, che offre pacchetti casa-lavoro-studio a Londra.
Fiore e Morsello devono aspettare
il 1999 per poter tornare in Italia, il primo dopo la caduta in prescrizione
dei reati di cui è accusato, il secondo per motivi di salute (Morsello morirà,
infatti, di tumore nel 2001).
A dare il benvenuto a Morsello,
al suo rientro in Italia, vi è un comitato d’accoglienza composto da svariati
deputati di Alleanza Nazionale come l’attuale presidente della Regione
Lazio Francesco Storace, Alberto Simeone, oltre al parlamentare europeo di Forza
Italia Ernesto Caccavale e all'ex sottosegretario alla giustizia Carlo
Taormina.
Il programma di Forza Nuova
è articolato in otto punti centrali, che mostrano la volontà di recuperare, un
po’ in tutte le direzioni, il radicalismo di destra. Si va dalla richiesta di
abrogazione della legge sull’aborto a proposte in favore di una legislazione
che metta al centro la valorizzazione della famiglia e la crescita demografica.
Si arriva a chiedere il ripristino del concordato tra Stato e Chiesa stipulato
durante il fascismo.
Si propone, inoltre, la messa al
bando della massoneria e di tutte “le sette segrete”; il blocco
dell’immigrazione e un “rimpatrio umano”per gli immigrati, l’abolizione
dell'usura e la formazione delle corporazioni dei lavoratori. Infine, Forza
Nuova richiede l’abrogazione delle “leggi liberticide” Scelba e
Mancino.
Nella propaganda ricorrono spesso
parole d'ordine come “contro ogni droga”, nonché campagne in difesa dei
prodotti made in Italy, intitolate “compra italiano”.
Oltre a ciò, numerosi sono i
riferimenti al patrimonio caro a Terza Posizione, cioè a quella che fu
la scuola quadri degli attuali capi di Forza Nuova, ad esempio,
nell’esaltazione dello “stile legionario”, l’idea di un combattente
politico sempre pronto e costantemente in azione.
Forza Nuova si presenta come partito (beneficiando
in questo modo dei fondi pubblici), anche se, fin dall’inizio, aggrega attorno
a sé elementi fuoriusciti dai più disparati movimenti: dal Movimento Sociale
- Fiamma Tricolore ai sopravvissuti dell'esperienza politica di Base
Autonoma dei primi anni ‘90. L’ultras calcistico padovano Paolo
Cartossidis, l’ex leader di Azione Skinhead Duilio Canu, quello di Movimento
Politico Maurizio Boccacci, sono solo alcuni dei personaggi che in questi
anni sono stati veri e propri quadri all'interno di Forza Nuova.
I militanti vengono reclutati allo stadio tra le fila
degli Ultras, negli ambienti dell’integralismo cattolico a destra di Comunione
e Liberazione, tra i giovani delle altre formazioni di destra ormai in via
d’estinzione (Movimento Sociale - Fiamma Tricolore, Fronte Sociale Nazionale
di Adriano Tilgher ed il recentemente disciolto Fronte Nazionale di
Franco Freda).
Nell’aprile 1999, Caratossidis,
studente di Scienze Politiche, spiega la strategia movimentista di Forza
Nuova in un’intervista a Repubblica: “Lo stadio, le discoteche, le
birrerie e anche i centri sociali sono un bacino da sfruttare per la ricerca di
voti e consensi…Se si fa propaganda con i volantini, mille distribuiti tra gli
spalti hanno più valore che davanti a un supermercato. Con pochi soldi, uno
striscione allo stadio ha una visibilità nazionale”.
Eppure, la xenofobia, l’omofobia, le continue
rivendicazioni di discendenza diretta dal fascismo, non fanno di Forza Nuova
un partito isolato. A livello locale numerosissime sono le collaborazioni
intorno a tematiche specifiche (ad esempio raccolte firme contro
l'immigrazione), ad iniziative di quartiere (spesso organizzate fianco a fianco
ad Azione Giovani), così come gli accordi elettorali con il Polo delle
Libertà (a Bologna, Padova, Milano..., Fiore stesso, invitato al congresso
di Comunione e Liberazione, annunciò l’appoggio di Forza Nuova a
Berlusconi per sconfiggere i “comunisti” alle elezioni).
Nel 2002, inoltre, viene saldato e consolidato il rapporto
con la Lega Nord, in particolare con i suoi esponenti più radicali,
costituendo un fronte comune nella lotta contro gli immigrati. Borghezio, ad
esempio, è stato più volte invitato ad intervenire al termine di manifestazioni
di Forza Nuova (anche a Roma il 2 novembre), mostrandosi perfettamente a
suo agio di fronte a una selva di braccia tese.
Persino in occasione delle recenti polemiche medianiche
che hanno visto Forza Nuova protagonista in seguito all’aggressione, in
diretta TV, a Verona del presidente dell’Unione Islamici Italiani, Abdel Smith,
che ha portato ai domiciliari 21 militanti dell’organizzazione (tra cui i
dirigenti veneti), esponenti di Alleanza Nazionale e della Lega
non hanno esitato ad esprimere solidarietà nei confronti degli arrestati; il
solito Borghezio è andato a trovarli in carcere e il Sindaco di Treviso
Gentilini (Lega Nord) ha auspicato proficue collaborazioni in vista
delle elezioni.
In questi ultimi anni, a Roma, Forza
Nuova è stato, senza dubbio, il gruppo più attivo a livello cittadino
(senza contare i gruppetti di quartiere); il gruppo possiede persino un
negozio, l’Emporio Italico con sede in via Luigi Ungarelli, nella zona
della Batteria Nomentana. Ogni estate i forzanovisti riesumano la loro
opposizione al Gay Pride, affiggendo manifesti omofobi e organizzando
contromanifestazioni. In particolare nel 2000, quando Roma ospitò il World Gay
Pride, Forza Nuova convocò una grossa mobilitazione, portando in piazza
600 neofascisti, che sarebbe dovuta culminare, il giorno del corteo del World
Pride, in una contromanifestazione annunciata con minacce e paventati scontri.
Ma la morte, qualche giorno prima, della giovane figlia di Morsello, e il lutto
di tutto il partito, portano all’annullamento della provocatoria manifestazione
(forse anche in previsione delle scarse probabilità di riuscire a sostenere
quanto annunciato).
Agli appuntamenti fissi di Forza Nuova (28 ottobre,
commemorazione della marcia su Roma, con visita alle tombe dei fascisti al
Verano e 25 aprile, Festa della Liberazione, sempre al Verano per quello che
loro considerano lutto nazionale) si sono aggiunti, quest’ultimo anno,
banchetti, volantinaggi e raccolta firme in pieno centro (via del Corso) con
cadenze quasi settimanali, oltre alla manifestazione a piazza Venezia svoltasi
il 2 novembre 2002, con comizio finale dell'onorevole Borghezio della Lega
Nord.
Del gruppo romano è anche Andrea
Insabato, che nel dicembre 2000 rimase ferito nell’esplosione dell’ordigno che
lui stesso aveva collocato davanti alla redazione del Manifesto. Insabato, fino
ad allora “cassiere” di Forza Nuova, e anello di congiunzione con il
movimento ultracattolico Militia Christi, viene, in seguito a questo
episodio, declassato nelle conferenze stampa al rango di semplice simpatizzante
del movimento, seppure “amico di sempre” di Fiore e Morsello.
D’altronde, il primo a far visita a Insabato in ospedale è proprio un militante
di Forza Nuova del quartiere di Primavalle, Giuliano Castellino (attuale
capo di Base Autonoma). Per completare l’elenco possiamo infine
menzionare Francesco Bianco, ex responsabile a Roma di Forza Nuova,
nonché ex-N.A.R. protagonista di rapine e azioni insieme ai fratelli
Fioravanti, Alibrandi e Anselmi. Bianco, pur rimanendo un personaggio minore
della galassia N.A.R., è stato arrestato e condannato ad alcuni anni di
galera per banda armata.
Easy London... cosa c’è dietro a Forza Nuova?
Da quasi quattro decenni la Gran Bretagna, in particolare Londra, è
diventata il luogo in cui ex-terroristi neri e neo-fascisti, provenienti da
ogni parte del mondo, possono trovare indisturbati rifugio dopo aver commesso
le peggiori infamie.
Molti sono gli esempi, dal dopo guerra a oggi, cui si potrebbe far
ricorso: dalla lunga latitanza in terra inglese di James Earl Ray, l’assassino
di Martin Luter King, all’accoglienza che l’estrema destra locale offrì per
diverso tempo a George Parisey, terrorista algerino, arrestato successivamente
(grazie al lavoro di svariati militanti antifascisti) in compagnia di un
comandante dell’Oswald Mosley’s Union Movement, vecchio gruppo ultra
conservatore britannico.
I legami tra la destra internazionale e la Gran Bretagna
sono, come ribadito, molto saldi; ma la connessione con l’Italia è sicuramente
la più forte; sono italiani, infatti, i referenti dell’organizzazione meglio
conosciuta come International Third Position ed è ancora grazie al
contributo di italiani che la destra nazionale è riuscita a costruire, con
l’appoggio di varie strutture locali, un enorme apparato finanziario capace di
sostenere economicamente (in maniera più o meno nascosta) molte organizzazioni
neo-fasciste in Europa ma, ovviamente, concentrando i maggiori sforzi e le
maggiori sovvenzioni all’ Italia, dove il referente politico-militante si
chiama Forza Nuova.
Se a qualcuno non fosse ancora chiaro i nostri manager in camicia nera
rispondono ai nomi di Roberto Fiore - segretario di Forza Nuova- e
Massimo Morsello (ora deceduto).
Cerchiamo ora di ricostruire la storia che ha portato due fascisti tout
court dalla semplice latitanza alla costituzione di quel macro-apparato
finanziario che trova la sua direzione nella società Meeting Point.
Quando Roberto Fiore e Massimo Morsello fuggirono
dall’Italia, dopo la strage alla stazione di Bologna del 1980, erano i leaders
riconosciuti dell’organizzazione d’estrema destra Terza Posizione.
Terza Posizione, organizzazione paramilitare, era
sospettata fortemente di avere legami con la loggia massonica P2 di Licio
Gelli, così come con gli ambienti dei servizi segreti e della malavita
organizzata.
Dopo essere fuggiti in Libano, Fiore e Morsello riappaiono a Londra,
all’inizio degli anni ‘80. Seguendo le relazioni pubblicate nell’agosto del
1998 su The Guardian, i due terroristi neri erano stati reclutati in
Libano dai servizi segreti inglesi del Military Intelligence 6 (M16).
I due, sfruttando i consolidati agganci con il National Front
(sciolto nel 1989) e con Nick Griffin (leader del British National Party,
oltre che co-fondatore, con Fiore e Morsello di International Third Position)
e, costruendo nuove alleanze, riescono nel 1986 ad inaugurare Meeting Point.
Meeting Point è una
finanziaria che ha come maggior patrimonio una vastissima proprietà immobiliare
(1300 appartamenti abitati esclusivamente da giovani, provenienti da tutta
Europa, che per ragioni di lavoro o di studio o, semplicemente, per apprendere
la lingua decidono di trascorrere un periodo in Inghilterra). La struttura che
in Europa si occupa di reclutare giovani, inseriti poi a livello lavorativi
tramite società di collocamento direttamente collegate a Meeting Point ,
si chiama Easy London (15 sedi in Italia).
Easy London propone
a coloro che, ignari, vi si rivolgono un pacchetto pronto che offre viaggio,
lavoro e alloggio ad un prezzo “interessante”.Quello che, però, viene omesso dall’accattivante brochure è che i
malcapitati, al loro arrivo in Gran Bretagna, saranno accolti nelle cucine del
West End e che buona parte delle già magre paghe andrà ad ingrossare le casse
di Fiore e soci. Inoltre, le confortevoli camere, illustrate nei depliants, non
esistono, ma al loro posto ci sono micro-alloggi super affollati, con letti nei
corridoi e bagni in comune per 15 persone, il tutto gestito (in clima
militaresco) da decine di nazi-skin non solo italiani; è, infatti, del
quotidiano “Mail” del 20/9/99 la notizia che Fiore avrebbe fatto
arrivare dalla Polonia un “esercito” di boneheads per meglio gestire i
quasi seimila giovani europei che annualmente entrano in contatto con la
società. Molti sono i racconti (alcuni di esperienze dirette) che parlano di
pestaggi notturni ad affittuari in ritardo o semplicemente non in linea con la
gestione.
Ma le grosse rendite per la Meeting Point non si esauriscono
nella percentuale sottratta agli stipendi e dalla riscossione degli affitti
molto alti, nonostante il mercato immobiliare londinese sia già caro di per sé;
infatti, tra le molteplici attività della holding troviamo una catena di
ristoranti, negozi alimentari di prodotti italiani, una casa discografica e
alcune scuole di lingua, come quella di Westminster Bridge Road dove, secondo
la magistratura italiana, si tengono periodicamente congressi di organizzazioni
fasciste di tutta Europa e il cui contratto d’affitto era intestato
direttamente a nome di Morsello.
Tutto questo, dal reclutamento di nazisti all’enorme impero
finanziario, potrebbe per certi versi sembrare fantascienza, ma non lo è,
soprattutto se teniamo conto che non si è ancora parlato dei maggiori
sostenitori della coppia Fiore Morsello ed è giunto il momento di farlo.
Si tratta di due organizzazioni ultra-cattoliche (come potevano
mancare) che fin dagli inizi della latitanza hanno offerto ai due protezione e,
soprattutto, denaro; stiamo parlando del St.George’s Educational Trust e
St.Michael’s the Arcangel Trust.
La prima organizzazione menzionata, di cui Fiore è l’amministratore, è
direttamente collegata alla St.George League, un piccolo quanto
ricchissimo gruppo nazista in contatto con personaggi e fondi delle ex-SS; la
seconda, ma non quanto a ricchezza, prende il nome dall’Arcangelo Michele santo
patrono dei miliziani della guardia di ferro del leader fascista rumeno
Corneliu Codreanu. Le due organizzazioni sono proprietarie di una fitta rete di
charity shop (letteralmente “negozi della carità”), la cui principale
funzione è quella di fornire la migliore copertura possibile a International
Third Position contribuendo comunque, in maniera determinante, a riempirne
le casse.
Lo scopo ufficiale delle charity (la cui fitta rete conta 8 negozi solo
a Londra) è quello di promuovere la diffusione della religione cattolica in un
paese a maggioranza protestante, anche se il Vaticano ha sempre negato il
proprio appoggio a questo tipo di forme caritatevoli; nonostante ciò migliaia
di cattolici inglesi, per lo più ignari riguardo la loro reale attività, continuano
a frequentare le charity dove tra immagini di madonne, abiti usati e dischi
possono trovare testi revisionisti e varie pubblicazioni fasciste. Se la
presenza di tali libri non fosse abbastanza esplicita riguardo l’ispirazione
politica da cui traggono origine queste organizzazioni, basta spingersi a
visitare i rispettivi siti internet su cui è possibile acquistare poster di
Hitler e Mussolini, libri di propaganda nazista, pubblicazioni antisemite e
inneggianti alla superiorità della razza bianca.
Non c’è da stupirsi quindi se proprio la St.Michael’s Trust ha
deciso di “donare” 21 milioni di lire per la costruzione di una chiesa, che
dovrà sorgere nel nuovo villaggio fascista a nord della Spagna (progetto di
Fiore del quale ci occuperemo in seguito) e se la somma restante proviene da un
assegno staccatodalla Barclays Bank e
intestato a Meeting Point, il cui patrimonio economico, va ricordato,
ammonta a più di 30 miliardi di lire.
Come ogni società che si rispetti anche Meeting Point necessita
di reinvestire i propri utili (non potendo scaricare dalle tasse le sovvenzioni
ai fascisti nostrani) e parte di questi Fiore ha deciso di impegnarli nella
ricostruzione di un villaggio a circa 80 Km da Valencia, “Los Pedriches”;
nel 1996, con la spesa iniziale di circa 40 milioni, Meeting Point
acquista i primi quattro fabbricati all’interno del villaggio e da allora
gruppi di fascisti di mezz’Europa hanno contribuito alla costruzione di alcune
abitazioni, una cappella e un ostello per famiglie. In risposta alla valanga di
critiche piovutagli addosso nell’ultimo periodo (da quando la frequentazione di
elementi nazisti è nettamente aumentata), Fiore ha controbattuto che il loro è
un semplice progetto turistico che gode, oltretutto, dell’avallo del ministero
del turismo spagnolo che avrebbe offerto il proprio aiuto economico al progetto
di rilancio del turismo in quel territorio.
Ovviamente le finalità di questa impresa sono ben altre; l’obiettivo è
quello di creare un rifugio sicuro in cui ospitare fascisti in fuga da tutto il
mondo, organizzare convegni e colonie estive; del resto, il villaggio viene
reclamizzato come luogo in cui sperimentare l’esperienza di un “ordine nuovo” e
dove i giovani europei verranno formati e rieducati in modo da non “parlare,
muoversi, agire come dei negri”, e queste esternazioni da dove potevano
provenire se non dai siti ufficiali delle già citate St.George e St.Michael
Trust?
Dunque,
i collegamenti internazionali di Forza Nuova si diramano attraverso il
circuito dell’International Third Position in Germania, Polonia,
Romania, Galles, Inghilterra e Stati Uniti;nonostante ciò, alle elezioni europee del ‘99 i candidati di Forza
Nuova - presentatisi con la Lista Cito - hanno ottenuto poche
centinaia di voti.
Quanto trattato in queste pagine non è altro che una panoramica
sommaria sull’impero finanziario che Meeting Point, e più in generale International
Third Position, è riuscita a costruirsi attorno, con l’aiuto di una fitta
quanto complicata rete di contatti stretti con le peggiori strutture della
destra radicale e dell’ortodossia cattolica presenti in Europa; ricordiamoci
che Forza Nuova è, in Italia, il braccio militante di questa struttura.
Non siamo, dunque, di fronte a fenomeni già conosciuti, riconducibili
semplicemente a gruppi di boneheads tenuti insieme da una sigla poiché,
oltre a questi personaggi, non sono pochi, all’interno dell’organizzazione, i
fautori dell’azione (pensiamo alle rapine di autofinanziamento) e, senza
dubbio, a molti tra i potenti amici di Forza Nuova non dispiacerebbe
assistere al ritorno dello spontaneismo armato caro a Fiore.
BASE AUTONOMA
Base Autonoma è tra
le più recenti e attive formazioni dell’estrema destra romana; le sue prime
apparizioni risalgono all’estate 2002.
In realtà il nome Base Autonoma fu già utilizzato negli anni ’90
per indicare un raggruppamento di realtà neo-fasciste presenti su tutto il
territorio nazionale, tra cui il Movimento Politico di Roma capitanato
da Maurizio Boccacci.
Boccacci è, infatti, anche il leader dell’attuale versione di Base
Autonoma; il suo percorso politico inizia a metà degli anni ‘80, quando
fonda, a Grottaferrata, il Movimento Politico Occidentale, poi Movimento
Politico tout court (dopo la fusione con la Divisione Artistica del Fronte
della Gioventù nel 1989).
Sono gli anni in cui avviene la trasformazione sociale di parte del
mondo neofascista. Emerge anche in Italia il fenomeno erroneamente chiamato
naziskin ed il formarsi di una sottocultura razzista ed estrema, in special
modo nelle periferie delle grandi città e tra le curve degli stadi. La
xenofobia, il rifiuto dell’immigrazione e l’antisemitismo, faranno da sfondo a
questi gruppi che tenteranno, per accattivarsi consensi specialmente nei
settori giovanili, anche la costruzione in Italia di un circuito nazi-rock.
A Roma il Movimento Politico riesce ad avere una certa
risonanza, nel giro di pochi anni, grazie al clamore sollevato sui media da
alcune sue azioni, emergendo come il settore meglio strutturato in questa nuova
fase del neo-fascismo. Oltre agli incontri internazionali e al corteo nazionale
del febbraio ‘92, conclusosi a Roma, a piazza Venezia, tra slogan e saluti
fascisti, i militanti del gruppo si resero responsabili di una lunga serie di
violenze, pestaggi e accoltellamenti ai danni di compagni e immigrati, nonché
di svariate provocazioni culminate con l’affissione di decine di stelle di
David gialle su negozi di commercianti ebrei.
Svolgendo un lavoro sotterraneo, il Movimento Politico sfruttava
l’organizzazione di concerti e l’uso sistematico dello stadio come spazio di
aggregazione giovanile. Lo stesso Boccacci sarebbe stato condannato per gli
scontri e per l’aggressione, compiuta prima dell’incontro di calcio
Brescia-Roma, nel ‘94 ai danni di un funzionario di polizia.
Attorno al Movimento Politico di Roma era, inoltre, nato un
network nazionale, denominato già allora Base Autonoma, sciolto nel ‘93
in virtù del “Decreto Mancino” promulgato quello stesso anno per frenare il
diffondersi di atti violenti e l’incitamento all’odio razziale; la cosa singolare
in questa vicenda è che venne sciolto il network, ma non i gruppi e le
associazioni che ne facevano parte!
Ecco un’intervista a Boccacci dal Manifesto del 1992 sulla strategia
del gruppo: “Quantitativamente, a livello di militanti, il Movimento
Politico a Roma avrà 400/500 persone, e in più, un insieme di simpatizzanti che
lo sostengono. Una cinquantina sono skinhead, mentre in tutta Italia siamo
nell’ordine di 4/5000 militanti suddivisi in varie realtà cittadine. Per
esempio a Vicenza il Veneto Fronte Skinheads, a Milano Ideogramma ed Azione
Skinhead ed altri gruppi in altre città. Abbiamo dato vita al Veneto Fronte
Skinheads ed Azione Skinhead per contrastare l’equazione corrente di skin
uguale teppista, ma entrambe sono associazioni culturali, mentre la linea
politica è decisa dal Movimento Politico a Roma. Inoltre organizziamo concerti
come mezzo di comunicazione verso l’esterno e per diffondere determinati
prodotti musicali. I concerti sono anche un mezzo per finanziare le
associazioni. Se sono razzista? Il valore che diamo a questa parola significa
difesa della razza, della civiltà e delle tradizioni. Ne consegue un discorso
sull’autodeterminazione dei popoli. E se per antisemita intendi antiebraico,
si, sono antisemita. Dato che gli ebrei combattono per dominare sul mondo e
sugli altri popoli, io sono antiebraico”.
Ma lo scioglimento del ‘93 non pone fine all’avventura
politica di Boccacci e di altri quadri di Base Autonoma. Coinvolto in
prima persona nelle aggressioni e nelle violenze che vedono protagonisti i
militanti di Movimento Politico, la storia di Boccacci si può seguire
sulle cronache dei giornali, che lo vedono alla guida di un centinaio di
naziskin, il 16 aprile 1994, nell’assalto al centro sociale Break Out di
Primavalle, successivamente arrestato negli scontri allo stadio di Brescia, il
20 novembre 1994, in seguito all’accoltellamento di un poliziotto e, infine,
candidato sindaco nelle liste di Forza Nuova a Frascati.
Ma la nuova Base Autonoma non fa capo unicamente a Boccacci;
l’altro leader riconosciuto è Giuliano Castellino, più volte presentatosi come
il responsabile politico di tale formazione, e, anche lui, vecchia conoscenza
del panorama neo-fascista romano. Frequentatore delle comitive fasciste di
Primavalle nei primi anni novanta, elemento di raccordo tra coatti destrorsi,
ultras di quartiere ed il Movimento Politico di Boccacci, lo ritroviamo
in cima alla stele di Axum per protesta contro la restituzione dell’obelisco
(da conservare in quanto “trofeo” fascista); è, successivamente, tra gli
indagati per l’attentato al cinema Nuovo Olimpia di Roma del 25.11.99, dove fu ritrovato dell’esplosivo fuori dai locali durante
la programmazione dell film sul nazista Heichmann (rivendicato, poi, da
un misterioso Movimento Antisionista, insieme all’attentato al museo
della Liberazione di via Tasso), infine anche lui nelle liste di Forza Nuova
alle elezioni per il Comune di Roma. Attualmente sposato con la figlia del
defunto leader di Forza Nuova, Morsello, continua a frequentare la
tifoseria ultras romanista, anche se con poco seguito.
Sia Boccacci che Castellino ruotano attorno al centro convegni -
libreria Laboratorio d’Idee, sito nel quartiere Ostiense, promotore di
numerose iniziative e dibattiti che hanno visto la partecipazione anche di esponenti
di Alleanza Nazionale.
La attuale Base Autonoma raccoglie in toto
l’eredità del Movimento Politico, ponendosi in continuità con il
discorso lasciato aperto nel ‘93. Le parole d’ordine sono “Patria,
Socializzazione e Antagonismo”, un misto di fascismo socialisteggiante del
primo periodo e di sottocultura xenofoba che li porta a descrivere una
“millenaria civiltà italiana” minacciata dal mondialismo e dall’immigrazione,
in cui l’ambigua sovrapposizione dei due concetti porta ad identificare
nell’immigrato l’incarnazione della “dittatura mondialista” da
combattere. L’immigrazione viene dipinta come il tentativo violento di
cancellare le tradizioni nazionali, conseguenza di un preciso disegno di
omologazione/annientamento delle culture, portato avanti da una confusa
alleanza “americano-giudaico-massonico-comunista”. Questa lettura, in chiave
cospiratoria, del fenomeno dell’immigrazione e, più in generale, della
globalizzazione consente a Base Autonoma di portare avanti un discorso
astrattamente antagonista e ribelle rispetto ai cosiddetti poteri forti
(sostanzialmente l’America, ma anche il comunismo, colpevole di aver consegnato
l’Italia agli Stati Uniti attraverso la Resistenza!) ed allo stesso tempo di
propagandare il razzismo più becero individuando negli stranieri gli strumenti
materiali di quel disegno.
A ragione di ciò, la prima vera
apparizione pubblica di Base Autonoma nelle piazze, anticipata
dall’affissione di alcuni striscioni contro gli immigrati nell’estate del
2002,si è verificata il 28 ottobre
2002, simbolica data degli 80 anni della marcia su Roma, quando Boccacci &
co. hanno intesoconvocare una
provocatoria sfilata a piazza Vittorio, cuore multi-etnico del quartiere
Esquilino, per “liberare gli italiani prigionieri in territorio straniero”
e per “riappropriarsi delle strade”, annunciata da un capillare
imbrattamento dei muri di Roma con scritte e manifesti e, in seguito, da uno
striscione (“28 ottobre-marciare per non marcire”) innalzato, durante il
derby, dal gruppo ultras romanista Tradizione Distinzione alla vigilia
dell’evento. Peraltro, proprio nel settore di Tradizione Distinzione
sventolava, nelle settimane precedenti la sfilata, la bandiera di Base
Autonoma, un tricolore con al centro il fascio littorio stilizzato. La
manifestazione si è poi rivelata un fallimento per chi pensava che i consensi
raccolti allo stadio si traducessero automaticamente in militanza politica, la
qual dovrebbe indurre ad un più approfondito ragionamento rispetto al
retroterra socio-culturale del complesso fenomeno - ultras.
A prescindere da ciò, il 28 ottobre militanti e simpatizzanti di Base
Autonoma si ritrovano in 80 a presidiare un angolo di piazza Vittorio,
circondati dalla polizia, mentre centinaia di militanti antifascisti insieme ai
diversi comitati di immigrati gli impediscono qualsiasi tipo di agibilità di
piazza.
Ancora, il 14 dicembre, una trentina di militanti di Base Autonoma
manifestano per l’indulto sotto il carcere di Regina Coeli per dare un senso al
termine “antagonismo” che tanto gli piace utilizzare; ancor meno di trenta i
militanti che, successivamente, fanno irruzione in un McDonald’s per protestare
contro la “globalizzazione americana”.
Nell’anniversario della “strage” di Acca Larentia, Castellino e
Boccacci sfilano in testa ad un corteo di 300 neofascisti, corteo al quale Base
Autonoma ha aderito ufficialmente, ma che vede la partecipazione di tutte
le realtà neofasciste cittadine, da Forza Nuova a Fiamma Tricolore.
Di recente una manifestazione di Base Autonoma a Genzano di Roma, con tanto
di bastoni e di disposizione “militare” dei partecipanti (schierati a modi di
falange romana), ha visto, tra gli altri, la partecipazione di un consigliere
comunale di Alleanza Nazionale.
In una città in cui Forza Nuova da qualche anno ha inglobato tutte
le peggiori pulsioni xenofobe e neofasciste, finendo praticamente per diventare
l’unico movimento di estrema destra organizzato e numericamente concreto, che
sottrae militanti a tutte le altre formazioni di estrema destra (fatta
eccezione per alcune realtà territoriali già radicate da anni nei quartieri, o
per alcune realtà studentesche), l’apparizione di Base Autonoma è
importante in quanto si situa “alla destra” di Forza Nuova e non in
contrapposizione a quest’ultima, ma proponendosi, di fatto, come suo “braccio
armato”, da stadio e stradaiolo.
Sebbene Boccacci e Castellino ci tengano a tenere distinti i due
movimenti (specificando però che non vi è concorrenza), non è casuale che la
carriera politica dei dirigenti di Base Autonoma in questi ultimi anni
si svolge internamente a Forza Nuova, che i manifesti delle due
formazioni appaiono nelle stesse zone e con gli stessi formati; infine non è
casuale che quest’anno, per la prima volta da diverso tempo, Forza Nuova
non ha organizzato parate commemorative in occasione del 28 ottobre, lasciando
a Base Autonoma la paternità dell’unica iniziativa evidentemente
condivisa.
La preparazione della citata manifestazione, con toni esasperatamente
provocatori e con continui inviti allo scontro rivolti agli antifascisti
romani, mostrano Base Autonoma per ciò che realmente è, vale a dire
un’organizzazione militante nata e cresciuta nei
settori del neofascismo da stadio, all’interno di gruppi quali Tradizione
Distinzione della Roma o Banda Noantri della Lazioi, le cui scritte
sui muri romani spesso si accompagnano a quelle della formazione dell’estrema
destra neo-fascista.
FRONTE NAZIONALE di Franco Freda
“Cinque anni fa facemmo un’azione di preveggenza sulla questione
dell’immigrazione rispetto a proposte che oggi vengono fatte da molte forze
politiche ‘democratiche”.
Ha avuto facile gioco Franco “Giorgio” Freda nel difendersi
dalle accuse di istigazione all’odio
razziale nel processo di Verona che, insieme a quest’ultimo, vede il
coinvolgimento di 49 militanti del Fronte Nazionale accusati, in ultima
analisi, di ricostituzione del partito fascista. Al termine dell’iter
processuale, il 7 maggio 1999, la prima sezione penale della Cassazione
condanna Franco Freda a tre anni di reclusione per violazione della legge
Mancino, detta anche “antinaziskin”, in seguito alla costituzione del Fronte
Nazionale. Freda sconta sette mesi di carcere senza i benefici generalmente
concessi per i brevi residui di pena.
Le indagini sul Fronte Nazionale erano iniziate nel
1992, a Verona, sotto la direzione del PM Guido Papalia, in seguito alla
distribuzione di volantini di stampo apertamente xenofobo. La suprema Corte di
cassazione, col patteggiamento, lascia cadere l’accusa di istigazione all’odio
razziale, accogliendo la richiesta del legale di Freda, l’avvocato Carlo
Taormina, e del PG della Cassazione di derubricazione del reato ascritto
all’imputato – condannato, invece, dalla Corte di Assise di Appello di Venezia
a poco meno di 6 anni di reclusione, per ricostituzione del partito fascista –
in violazione alla legge Mancino.
Insieme a Freda sono stati condannati a pene minori 41 imputati,
gravitanti attorno al Fronte Nazionale, tra questi Cesare Ferri (20
mesi) e Aldo Gaiba (16 mesi). Nell’autunno 1995 la ricetta apertamente razzista
del movimento (“chiusura effettiva delle frontiere all’immigrazione
extraeuropea, espulsione immediata degli stranieri clandestini, cancellazione
graduale sino all’abrogazione totale della cosiddetta “legge Martelli” e il
rimpatrio di tutti gli stranieri extraeuropei il cui soggiorno in Italia
risulta finora consentito dalla stessa”) raccoglie insospettati consensi. “Non
sono intollerante – si difende al processo di primo grado Freda – sono
intransigente per quello che riguarda il destino delle future generazioni.
Abbiamo il dovere di difendere le origini e l’essenza del nostro popolo
italiano, di razza bianca e di cultura europea”.
Il sito Internet della libreria AR diffonde un significativo
sunto del punto di vista del Fronte Nazionale sulla questione: “Il
dovere di noi Europei, discendenti dalle genti arie d’occidente, è quello di
destare le nostre coscienze, attraverso una sorta di ‘educazione militare
dell’anima’: ricordare quella grandezza e divinità che costituisce il retaggio
dei nostri avi indoeuropei – e che verrebbe annientata nella convivenza con una
massa mondiale magmatica. Ricordare e insorgere. Lottare – senza tumulti, né
violenze da noi provocati, ma senza transigere col dovere di contrastare la
prepotenza degli allogeni – per la salvaguardia delle nostre comunità nazionali
e razziali in Europa. Ricordare. Evocare e richiamare alla vita l’antenato ario
che è in noi. Tornare alle origini dell’uomo di razza che è stato autore e
generatore delle nostre stirpi – ovvero della cultura, dei costumi delle forme
di vita della nostra specie. Insorgere. Difendere con generosità di cuore e
perseveranza di opere quella terra e quel sangue che incarnano e manifestano,
nell’ordine fisico e biologico, quelle potenze naturali, metafisiche e
metabiologiche, che sono gli dei del Sangue e della Terra. ‘Consacrare’ a loro
la nostra volontà significa purificarla dalla decadenza – e purificarla
equivale a stabilire la condizione fondamentale dell’esito vittorioso del
nostro agire. Saranno essi, infatti le guide – disincarnate e invisibili, ma
presenti – del nostro ‘cammino di ronda’ nella fortezza europea”.
Tornato in libertà nel 1985, con la definitiva assoluzione
per la strage di Piazza Fontana, Freda si è affannato per anni a spiegare che
non aveva intenzione di fare politica, anzi (esagerando) ha ripetutamente
negato di averla mai fatta. “Il mio – si è schernito – è solo
allevamento pollitico”. Pedagogia
rivoluzionaria, opera lenta di formazione di una nuova generazione di “uomini
differenziati” per portare il testimone oltre il crepuscolo del Kali–yuga.
Sembrava aver accettato la critica feroce di Zani: “Freda? Tanto di
cappello per l’opera di editore, ma nulla da vedere con la lotta
rivoluzionaria”. Poi, improvvisa, la folgorazione. Inizio anni 90Col
montare di uno stato d’animo xenofobo che dalle viscere del Paese affiora nelle
prime ondate leghiste, Freda riscende in campo, raccontando la lezione di Evola
(“Nell’Idea va riconosciuta la nostra vera patria. Non l’essere di una
stessa terra o di una stessa lingua, ma l’essere della stessa Idea è quel che
oggi conta”) si erge a paladino della civiltà europea minacciata dalla “invasione
allogena”.
Al giornalista che crede di vedervi una regressione ideologica rispetto
alle tesi rivoluzionarie della “Disintegrazione del sistema”, replica
secco: “Sono stato chiamato...”.
Nel 1969 Il manifesto del militante del fronte europeo aveva
demolito il mito dell’Europa Nazione, tanto caro ai giovani fascisti
missini (ed ora di Alleanza Nazionale): “Agli inizi credevamo che
l’Europa fosse veramente un mito, e rappresentasse un’idea forza: (...) gli
stessi ragazzotti neofascisti guaiscono: Europa–Fascismo–Rivoluzione (...) senza
verificare se esista in realtà un’omogenea civiltà europea (...) alla
luce di una situazione storica mondiale per cui il guerrigliero latinoamericano
aderisce alla nostra visione del mondo molto più dello spagnolo infeudato ai
preti e agli Usa; per cui il popolo guerriero del Nord Vietnam, col suo stile
sobrio, spartano, eroico di vita, è molto più affine alla nostra concezione
dell’esistenza che il budello italiota o franzoso o tedesco–occidentale: per
cui il terrorista palestinese alle nostre vendette dell’inglese (europeo? ma io
ne dubito!) giudeo o giudaizzato (...). L’Europa è una vecchia baldracca
che ha puttaneggiato in tutti i bordelli e che ha contratto tutte le infezioni
ideologiche (...) una baldracca il cui ventre ha concepito e generato la
rivoluzione borghese e la rivolta proletaria; la cui anima è stata posseduta
dalla violenza dei mercanti e dalla ribellione degli schiavi. E noi, a questo
punto, vorremmo redimerla?”.
Vent’anni dopo la risposta è positiva. Il programma del Fronte
Nazionale, “sodalizio politico che intende custodire i lineamenti
essenziali che formano lo Stato nazione...” è chiarissimo: “la
lotta senza tregua all’immigrazione extraeuropea, la bonifica e il risanamento
della vita nazionale dai vari agenti di disfacimento, la segregazione
progressiva dei veicoli di infezione sociale, la difesa inattenuata del lavoro
e dell’occupazione, la restituzione ai membri della comunità nazionale di spazi
di vita sociale”. Che poi l’organizzazione raccogliesse una settantina di
militanti in tutta Italia, nonostante la felice intuizione sul potenziale di
massa della xenofobia, è la prova che Freda con la politica “non ci azzecca”.
La condanna dei militanti del Fronte Nazionale (e per Cesare
Ferri è la prima condanna dopo le assoluzioni in serie collezionate per Ordine
nero, il MAR di Fumagalli, l’omicidio Buzzi e la strage di Brescia)
serve solo a confermare lo scollamento tra l’esercizio della giurisdizione e la
realtà effettuale delle cose.
Il Fronte Nazionale era
stato fondato al Solstizio d’Inverno 1990, e
legalmente il 12 gennaio successivo da un notaio di Ferrara, da Freda, Gaiba,
Enzo Campagna, Antonio Sisti e Ferdinando Alberti. La sede centrale è a Milano,
a via Bergamo 12. Le funzioni di “rappresentanza, guida e coordinamento”
sono affidate a Freda per i primi tre anni.
Nel primo anno il Fronte Nazionale - che ha sedi attive a Milano
e Verona e presenze organizzate a Torino, Varese, Brescia, Ferrara e
Battipaglia - si limita per lo più a fiancheggiare le edizioni di AR,
che hanno la centrale operativo-editoriale a casa di Freda, a Casale di
Brindisi e libreria e magazzino a Salerno. Il 2 dicembre 1992 il procuratore
capo di Monza chiede l’archiviazione di una denuncia dei Verdicontro i
dirigenti del Fronte Nazionale per manifesti apologetici di fascismo,
nazismo e discriminazione razziale.
Il blitz scatta a Verona. L’8 luglio 1993 il GIP ordina la custodia
cautelare per i dirigenti nazionali Freda, Ferri, Gaiba, e per i quadri
veronesi Trotti, Stupilli, Wallner. Maurizio Trotti, 36 anni, è lo psichiatra
di Abel e Furlan, i due di Ludwig. Un altro degli arrestati è uno dei
leader delle “Brigate Gialloblù”, uno dei raggruppamenti della tifoseria del
Verona calcio.
L’ordinanza del GIP recita: «Il Fronte Nazionale persegue finalità
antidemocratiche di stampo nazifascista, ponendosi come vero e proprio nucleo
organizzato di ricostituzione del disciolto Partito Nazionale Fascista. Sono
dichiarate le posizioni di “radicalismo razzista”, di salvaguardia
dell’integrità etnico-culturale della stirpe nazionale dalle commistioni e
contaminazioni derivanti dall’immigrazione con “formulazioni teorico-propagandistiche
tese a suscitare odio razziale e avversione contro gli extraeuropei”, nel
quadro di una più ampia visione secondo cui “spetterebbe alla razza bianca una
funzione egemone”.Capzioso è l’argomento sostenuto da Ferri nel
solstizio: il FN non odia l’altro, il diverso, ma difende la nostra razza e
radice, al pari dell’altrui. Di inequivoca ispirazione nazifascista (...)
l’adozione di un monogramma giocato sull’equivoco di una stilizzazione delle
iniziali che, in realtà, corrisponde alla rappresentazione grafica di mezza
croce uncinata, con significato di sintesi provvisoria di una palingenesi in
divenire verso il suo completamento, il recupero con tutti i suoi ritualismi
della celebrazione del solstizio di inverno (celebrato due volte, nel ‘91 e nel
‘92, a Bardolino) “adottando metodiche di controllo ambientale di tipo
squadrista”».
L’inchiesta veronese è partita proprio dalla celebrazione del Solstizio
di Inverno del 1992 all’Holiday Inn di
Bardolino, concluso con il rogo di una pira e il canto dei Carmina Burana. Alla
cerimonia hanno partecipato 50 militanti, con alla presidenza Freda, Ferri e
Trotta. Per l’occasione, in vista dei maggiori rischi previsti nel futuro con
il varo imminente della legge Mancino, Freda chiede una rinnovata adesione dei
militanti e decide la rifondazione del Fronte Nazionale, sulla base di
una più attenta selezione dei partecipi “da circoscrivere alle persone più
convinte, determinate e motivate”.
Un reclutamento per altro già assai selettivo, se imponeva il filtro
del responsabile di zona per tenere sotto controllo per un anno il candidato
militante. Nell’appartamento veronese di Trotti, cade nelle mani degli
inquirenti l’organigramma del gruppo: 4 coordinatori di zona, tra cui Ferri e
Gaiba, dai quali dipendono i responsabili territoriali (tra i quali Trotti, a
Verona) un addetto amministrativo a Milano, la libreria a Salerno.
Il 24 luglio il GIP concede gli arresti domiciliari a Wallner. Il
collegio che respinge l’istanza di Ferri sottolinea il mancato passaggio dalla
teoria alla pratica e l’inidoneità dei mezzi (meno di 107 milioni di bilancio
annuale) alla ricostruzione del Partito Nazionale Fascista e conferma la
custodia per la legge Mancino. A settembre solo i tre leader nazionali restano
in carcere. Dei 64 imputati iniziali, 49 sono rinviati a giudizio e -
nell’ottobre 1995 - 45 sono condannati: Freda a 6 anni, Ferri e Gaiba a 4 anni,
gli altri a pene minori.
Dopo la condanna in appello, il Viminale dispone lo scioglimento del
gruppo confermato definitivamente da una sentenza del 1999.
FRONTE SOCIALE NAZIONALE di Adriano Tilgher
Il
Fronte Nazionale di Adriano Tilgher (per distinguerlo dalle omonime
esperienze del principe Borghese e di Franco Freda) – oggi Fronte Sociale
Nazionale - nasce da una scissione della Fiamma Tricolore nel
settembre 1997, ma rappresenta a tutti gli effetti la continuità storica di
un’esperienza politica, quella di Avanguardia Nazionale, che, attraverso
innumerevoli rigenerazioni, vanta ormai 40 anni di storia.
Dopo
il fallimento dell’esperienza organizzativa tentata con lo stragista Stefano
Delle Chiaie agli inizi degli anni ‘90, la Lega Nazional
Popolare-Alternativa Nazional Popolare, un gruppo di avanguardisti
storici, guidati da Tilgher e affiancati dall’ex-parlamentare missinoTommaso
Staiti di Cuddia, partecipa al processo di rifondazione missina, acquisendo un
potere notevole all’interno del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore.
All’espulsione di entrambi da parte di Rauti a metà del luglio’97, seguono, a
catena,le dimissioni di tutti i quadri
della componente.
L’operazione
è ghiotta, così Tilgher decide di bruciare i tempi annunciando, il 28
settembre, la nascita del Fronte Nazionale.
Nel Fronte Nazionale confluiscono le esperienze, inizialmente
transitate nella Fiamma, di Alternativa Nazional Popolare e della
rivista La spina nel fianco (il cui primo animatore, Marcello De
Angelis, ex-portavoce degli esuli di Terza Posizione, è poi passato nei ranghi
della destra sociale di Gianni Alemanno e Francesco Storace).
Il programma privilegia la “lotta all’immigrazione” e alla “società
multirazziale”, e in opposizione al “mondialismo”, invoca una “Europa
unificata” e l’uscita dell’Italia dalla NATO.
Il Fronte, quasi inesistente al nord, riesce a raccogliere 25
mila voti alle elezioni provinciali di Roma nel 1998 (18 mila nella sola
capitale). Nel 1999 subisce la scissione della componente “nazional-comunista”
che si aggrega attorno alla rivista Rosso è Nero di Carlo Terracciano e
Maurizio Neri. In occasione dell’anniversario della
“strage di Acca Larentia” (il 7 gennaio 1978: due militanti della sezione
missina, noto covo di squadristi, furono uccisi da un commando delle BR ed un
terzo nei successivi scontri con i carabinieri), nel 2000, viene
distrutta in un attentato incendiario la sede nazionale del Fronte di
via Taranto, a Roma.
Leader del Fronte Nazionale incontrastato è Adriano Tilgher,
delfino storico di Stefano Delle Chiaie, che nel movimento mantiene un ruolo
defilato, prima alla testa dell’agenzia di stampa Publicondor e in
seguito impegnato nella costruzione e gestione di un’emittente televisiva in
Calabria.
Altre figure note sono: Paolo Signorelli (tra i massimi dirigenti di Ordine
Nuovo, più volte inquisito per omicidio: tre ergastoli annullati in
successivi gradi di giudizio e nove anni di carcere preventivo), Enzo Erra (il
leader della prima corrente giovanile evoliana nel MSI dei primi anni
‘50, Imperium) e Rutilio Sermonti (autore, insieme a Rauti, di una Storia
del fascismo in sei volumi).
A inizio giugno 2000 si svolge a Roma quello che gli organizzatori
hanno definito “un forum nazionale per la costruzione del movimento unitario
antagonista”. Partecipano un po’ tutti, eccetto Forza Nuova. Stefano
Delle Chiaie, su Publicondor, così presenta l’iniziativa in cui il Fronte
Nazionale ha un ruolo centrale: “Quella che pareva ai soliti disfattisti
una scommessa impossibile sta diventando realtà. Sappiamo che ci vuole
tempo...Ma è il momento di credere e costruire”. L’obiettivo è la Cosa
nera, una Margherita della destra che possa dialogare col Polo.
Nell’attesa, il Fronte Nazionale organizza in Molise il “campo
dei ribelli” dove i giovani del movimento possono vivere una vita sana e
marziale: alzabandiera, tecniche di marcia e di movimento, con tanto di
“rompete le righe” finale.
A dicembre 2000 la Conferenza Programmatica per “discutere di unità
e di elezioni”, convocata dalla Direzione nazionale del Fronte, prende atto
del sostanziale fallimento del progetto unitario. Enzo Erra rivisita le tappe
del percorso “che avrebbe dovuto condurre alla costruzione del nuovo
soggetto politico alternativo per il quale si era impegnato il Segretario
nazionale del MS Fiamma Tricolore, Pino Rauti”. Erra constata con amarezza “dopo
un’ennesima recentissima proposta avanzata dalla Presidenza collegiale del
Fronte Nazionale intesa a realizzare il processo unitario, la mancanza di
volontà concreta da parte della dirigenza del MS-FT a convenire sulla creazione
del Movimento di alternativa antagonista al sistema di potere nazionale e
sovranazionale”.
Dal Piaz e Silvestri, esponenti dell’opposizione interna al MS-FT,
dichiarano la loro disponibilità futura ad aderire ad un eventuale nuovo
soggetto politico, privilegiando al momento l’azione giudiziaria da loro
promossa nei confronti della dirigenza del Partito.
Aderiscono, invece, subito al Fronte Nazionale i dirigenti
siciliani del MS-FT, Maltese e Rao, a nome delle Federazioni di Palermo,
Trapani ed Enna e poi Di Salvo, Melchiorre e Pecchioli, rispettivamente per le
Federazioni di Isernia, Benevento e di Genova.
Il Fronte Nazionale, pur non riuscendo ad attingere al ruolo
complessivo di polo unitario della destra radicale, finisce col diventare il
catalizzatore iniziale della continua diaspora missina: tra i transfughi di
Rauti, spicca la personalità di Clemente Manco, già deputato del MSI e
infine presidente del disciolto Movimento Sociale Europeo, il gruppo
nato nell’inverno 2000 intorno all’europarlamentare della Fiamma, Roberto
Bigliardo (poi rientrato nell’estate 2001 in Alleanza Nazionale).
Dopo l’11 settembre, il Fronte Nazionale accentua i toni
anti-americani e filo-islamici.
Il congresso costituente dell’autunno 2001, che trasforma il movimento
in Fronte Sociale Nazionale, confermando la leadership di Adriano
Tilgher, viene criticato da diverse componenti dell’area
“nazional-rivoluzionaria”, poiché brucia le aspettative di un processo
unitario, ambito da più parti, ma che necessariamente viene scontrandosi con la
naturale rissosità e con lo spirito di scissione propri dell’ambiente.
Nel
gruppo dirigente, emerso dal congresso, hanno particolare visibilità i
fuoriusciti dalla Fiamma, come Silvestri e Del Piaz, ma ci sono anche nomi noti
degli anni di piombo, come Manlio Portolan, già fiduciario di Ordine Nuovo
nel Friuli-Venezia Giulia e indicato da Vincenzo Vinciguerra come componente
della rete di sicurezza atlantica, e come Alfredo Graniti (un avanguardista,
arrestato nell’aprile 1981 mentre tentava di espatriare con due latitanti dei N.A.R.,
Massimo Carminati (poi assolto in primo grado dall’accusa di essere stato
l’esecutore nell’omicidio di Mino Pecorelli) e Mimmo Magnetta, recentemente
coinvolto nelle indagini per l’omicidio di Alessandro Alvarez (un ex militante
di Alternativa Nazional Popolare, ucciso nel marzo 2000 nel Milanese).
Nella primavera 2003 Roma è tappezzata dai manifesti del Fronte
Sociale Nazionale che tenta di sfruttare le elezioni amministrative per
avere maggiore visibilità. Anche questo raggruppamento è impegnato nel progetto
di ricomposizione dell’area nazional-popolare (in apparente contrasto politico
con Forza Nuova).
Fronte Sociale Nazionale poteva contare, inizialmente, anche sul quotidiano Rinascita,
diretto da un altro nome noto dell’estrema destra del passato, Ugo Gaudenzi, ex
militante di Lotta di Popolo.
Attorno a questa rivista nasce un’aggregazione su cui è il caso di
soffermarsi: Rinascita Nazionale.
RINASCITA NAZIONALE
Si tratta di una delle più recenti formazioni dell’estrema destra
italiana, pur avendo in realtà una lunga storia alle spalle. E’ necessario
soffermarsi brevemente su Rinascita Nazionale essendo una formazione che
segue con costanza i siti d’informazioni del movimento antagonista (tipo
Indymedia), cercando di conquistarsi credibilità in questi settori .
Rinascita Nazionale
nasce nel luglio del 2000 dalla Convenzione Nazionale organizzata da sei
testate: Rinascita, Orientamenti, l’Uomo libero, Italicum, Avvento, Utopia
configurandosi come confederazione di gruppi, testate “nazionalpopolari”,
centri culturali, gravitanti attorno al quotidiano Rinascita.
Rinascita, prima
legato al PSDI (riciclaggio dell’Umanità), poi riassorbito nell’organo
informativo del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, diviene infine
soggetto autonomo che andrà per l’appunto a dar vita a Rinascita Nazionale.
Il leader del giornale e del movimento, Ugo Gaudenzi, ex Lotta di Popolo,
gruppo “nazi-maoista” degli anni ‘70, è passato dai movimenti antisemiti ed
antimperialisti alla sinistra socialista (esiste da qualche tempo anche un
gruppo che si chiama Rifondazione Socialista, con tanto di falce e martello).
Questo ambiguo personaggio, dopo un ventennio di militanza giornalistica
nell’area della sinistra riformista (tra l’altro, corrispondente dal Libano per
l’ANSA), fa, infine, ritorno all’equivoca area di appartenenza, che strizza
l’occhio ai movimenti no-global per le loro pulsioni anti-americane ed
anti-mondialiste, ma che scende in piazza tra croci celtiche ed braccia tese.
Il quotidiano è diffuso in edicola in Campania, Lazio, Lombardia,
Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo e Puglia e si avvale della collaborazione di
quadri storici della componente tercerista, da Carlo Terracciano a Gabriele
Adinolfi.
Il simbolo di Rinascita Nazionale riproduce, senza grandi
variazioni, lo stemma utilizzato dalla divisione italiana delle Waffen-SS.
Nicola Cospito, un ex fedelissimo di Rauti, uscito dalla Fiamma
Tricolore per aderire al Movimento Sociale Europeo e che poi
promuove il Collegio Costituente per l’Unità e la Dieta delle Comunità
Nazional-Popolari, spiega che lo scopo di Rinascita è di riaggregare
i militanti dispersi dell’estrema destra.
Al Nord l’interlocutore privilegiato è la Lega. Pietro Sella,
coordinatore nord di Rinascita, fa parte degli oratori dell’Università dei
Giovani Padani , sorta a Erba il 10 settembre 2000. Nel ‘90 Sella pubblica un
libro intitolato “Prima d’Israele” dove si legge: “Retrocedendo nei
secoli ci s’imbatte in una serie di episodi che dimostrano come l’antisemitismo
sia fenomeno tutt’altro che occasionale e tutt’altro che irrazionale...”.
Il 3 dicembre 2000 a Roma si svolge la prima assemblea dei quadri
nazionali che si riuniscono: “per una larga, comune azione per la rinascita
del nostro popolo, della libertà, della giustizia sociale in Italia e in
Europa. Un laboratorio di uomini attivi ha rinunciato a trincerarsi in steccati
nominalisti, per partecipare senza riserve ad una battaglia politica attiva sul
terreno nazionale e sociale. Senza rinunciare alle proprie individuali e
naturali differenze, un insieme di uomini liberi ha dichiarato la sua più
totale disponibilità al "fare", a costruire giorno dopo giorno una
macchina da guerra, un partito-movimento, una concentrazione di forze
nazionali, socialiste e popolari capace di mandare in rovina il regime della
liberal-democrazia, della schiavitù, del profitto e dell’usura”.
Il programma, un misto di antimondialismo, sindrome securitaria e
nazionalpopulismo, è articolato in cinque campagne nazionali:
1) per l’immediato blocco dell’immigrazione extraeuropea;
2) per l’abrogazione delle politiche antisociali, delle svendite, delle
privatizzazioni, delle delocalizzazioni delle attività produttive, del lavoro
detto in affitto o precario o flessibile;
3) per la sovranità nazionale e, naturalmente, militare italiana ed
europea, con l’abrogazione delle leggi e delle norme che rendono “sudditi”
degli atlantici uomini e popoli;
4) in favore della produzione agro-alimentare nazionale ed europea;
5) per la sicurezza dei cittadini.
In questo contesto il quotidiano diventa “una potente cinghia di
trasmissione del pensiero antagonista alla liberal-democrazia. Il luogo
geometrico d’incontro di chi ritiene di non avere condotto il suo cervello
all’ammasso della globalizzazione economica della miseria, del pensiero unico
che ogni cosa e ogni persona livella e rende schiava di una società senza
memoria e priva di avvenire”.
Per una breve fase Rinascita Nazionale entra
nell’orbita del Movimento Sociale Europeo, la scissione di Fiamma
Tricolore promossa dall’eurodeputato Bigliardo, che però ben presto si
sfalda, liberando decine di quadri storici, da Nicola Cospito a Stefano Aiossa,
che danno vita a un nuovo contenitore unitario, la Costituente per l’Unità,
mentre Bigliardo rifluisce in AN.
Il convegno “Gli
Stati Generali per l’indipendenza dei Popoli”, promosso a Napoli il 22 e 23
settembre 2001, con un massiccio investimento pubblicitario, punta sulla spinta
emotiva dell’attacco agli USA, ma si rivela un clamoroso tonfo organizzativo,
anche se è l’occasione per una netta presa di posizione filo-islamica e
anti-americana.
Rivitalizzati, probabilmente, dal progetto Movimento Nazional
Popolare hanno lanciato di recente a Roma un’ampia campagna mediatica. La
direzione di Rinascita Nazionale a Roma dovrebbe essere a Prati, in Via
Ottaviano 9, nell’ex sezione del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore,
prima, e Movimento Sociale Europeo, poi.
SINERGIE EUROPEE
Arriviamo ora ad un capitolo assai delicato di questa full
immersion nell’arcipelago della destra neo-fascista, quello della vecchia anima
nazional-bolscevica (che trae origine nell’esperienza repressa da Hitler nella
Germania degli anni ‘30) della “sinistra fascista”.
Il movimento, tradizionalmente forte in area franco-belga - in
continuità con l’esperienza storica della Giovane Europa di Jean Thriart
- rifiuta d’essere collocato nello schieramento della destra borghese, si
oppone al capitalismo e alla globalizzazione, prospetta la creazione di uno
“spazio eurasiatico” in funzione anti-americana, sostiene i movimenti
antimperialisti e gli “Stati Canaglia” che si contrappongono agli Stati Uniti.
Dall’Iraq alla Serbia, da Cuba alla Corea del Nord.
In Italia la testata di riferimento è Orion, fondata agli inizi
degli anni ‘80 ed oggi espressione della rete italiana di Sinergie Europee, in
cui sono confluite precedenti esperienze organizzative: Nuova Azione di
Marco Battarra e il Movimento Antagonista - Sinistra Nazionale, nato
attorno al mensile Aurora, uscito per la prima volta nell’88, su
iniziativa di ex-rautiani facenti capo alla Comunità Politica “B. Niccolai”
con sede a Modigliana (Fo) e al Circolo “A. Romualdi” di Cento (Fe).
La nuova sintesi dell’area, che
si aggrega attorno alla personalità carismatica di Maurizio Murelli, si propone
sotto diverse sigle organizzative: dal Fronte Europeo di Liberazione a Sinergie
Europee. L’internazionale rosso-nera, nata da una costola della nuova
destra francese, ha caratteri di originalità: “una peculiare visione in
chiave islamica della possibile alleanza con l’ex-Unione Sovietica ed il mondo
islamico, appunto attraverso la mediazione dell’Islam”.
Nell’area “nazional-comunista” non esistono problemi di
appartenenza religiosa e convivono tranquillamente cattolici tradizionalisti,
pagani come Murelli, Battarra (che dichiarano però di avere da tempo
abbandonato i riti del solstizio), Carlo Terracciano e Alessandra Colla (cultrice
di Ipazia, la prima martire del paganesimo), agnostici come Chicco Galmozzi (ex
di Prima linea) e musulmani convertiti come Claudio Mutti.
Sull’aggregazione esistente ha un peso culturale, almeno pari
all’insorgenza “rosso-bruna” in Russia, il boom neo-celtico, che ha per altro
ispirato il fenomeno della Lega, sviluppandosi negli anni ‘80 su scala
europea e rompendo il tradizionale schema che vedeva un certo tipo di destra
politica interessato unicamente alla Roma imperiale o ai primordi germanici in
Europa.
Se negli Stati Uniti e in Germania rappresentanti significative del
femminismo estremizzano il discorso sul simbolo della “strega”, dedicandosi al
culto panteistico della Terra, nazionalisti bretoni o scozzesi riscoprono la
religione dei padri nel quadro di un movimento di revival politico. Il
neo-celtismo fa proseliti anche nella costellazione della destra radicale che
si richiama all’esperienza dei nazional-bolscevichi, liquidata brutalmente
dalle SS per le loro tendenze “sinistrorse”.
I “partigiani europei”, eredi di quella Giovane Europa di Jean
Thiriart, si definiscono come “una fazione dell’estrema destra, che,
passando attraverso il neofascismo si è evoluta verso il nazionalismo
rivoluzionario e l’estrema sinistra anti-sionista, libertaria e non dogmatica”.
Da un “insieme eterogeneo di
correnti ideologiche (dai neonazisti veri e propri ai corporativisti, dai
teorici della rivoluzione conservatrice ai “cercatori del Graal”, dalla
sinistra fascista alla corrente spiritualista e idealista dello stesso
fascismo, dai razzisti ariani e celti ai semplici anticomunisti duri)”,
questa scheggia “rivoluzionaria” approda ad una posizione “antimperialista” e
antimondialista, di lotta dura alla “congiura delle élite” plutocratiche,
sioniste e massoniche e dalla parte dei popoli.
Orion è, dunque, la
punta di diamante di un composito schieramento di gruppi che manifestano
“simpatia”, pur non appartenendo alla comunità islamica, per un’evidente
identificazione nell’Islam teocratico e guerriero, cavalleresco e gerarchizzato,
un idealtipo della società da costruire.
Orion non è
riducibile alla “deriva islamica” che ha investito l’area su scala
continentale, creando una spaccatura verticale con quei camerati che quando
sentono parlare di arabi “mettono mano alla spranga”.
La traiettoria umana e politica di Maurizio Murelli è cominciata nella
piazza più nera d’Italia per approdare alla Piazza Rossa più famosa del mondo.
Una vicenda resa interessante dal fatto che Murelli, 11 anni di galera per
concorso nell’omicidio del poliziotto Antonio Marino nel corso di durissimi
scontri di piazza nell’aprile 1973, è riuscito ad evitare la trappola della
criminalizzazione in cui sono caduti molti suoi camerati.
A differenza di tanti estremisti che hanno a lungo sofferto della crisi
di abbandono dal MSI, Murelli non ha rimpianti: “Giudicai il comportamento
del MSI vile e squallido, ma mi reputo responsabile di tutto quello che ho
fatto. Sono scelte che io rivendico, e non rinnego nulla”.
All’uscita del carcere gli ultimi fuochi di guerriglia si sono spenti e
Murelli individua la sua missione di “uomo di milizia”: con il Centro culturale
Barbarossa di Saluzzo (un gruppo di ex appartenenti ad Europa Civiltà)
dà vita alle omonime edizioni e alla rivista Orion.
Il gruppo - dopo un breve flirt con i leghisti - trae nuova linfa dalla
nascita dell’opposizione nazional-comunista in Russia che lo folgora “sulla via
di Damasco” nell’elaborazione di un rinnovamento della strategia di fase.
Murelli sottolinea con
soddisfazione il dinamismo della nuova destra russa nel superare la
contrapposizione che ha segnato il fronte della guerra civile europea: “Noi
pensiamo - spiega Murelli - che all’interno dell’evoluzione del pensiero
comunista, che non è solo quello marxista, ma che ha tradizioni diverse e
antichissime, e all’interno di quella che è stata la sintesi fascista di valori
tradizionali e nazionali, ci siano i presupposti per ricostruire un’ipotesi
politica, economica e sociale”.
La rivista tira duemila copie ed è lo snodo di un piccolo circuito editoriale,
con un centro studi, un bollettino monografico, Origini, la casa
editrice Barbarossa e una libreria fantasy al centro di Milano, La
bottega del fantastico, che dà anche da campare all’alter ego di Murelli,
Marco Battarra.
Al movimento - che ha diverse decine di simpatizzanti in tutt’Italia -
aderiscono i due più noti discepoli di Franco Freda (in rotta da anni col
“maestro”), Claudio Mutti e Carlo Terracciano e uno dei fondatori di Prima
Linea: Chicco Galmozzi, dissociato dalla lotta armata e convertito al
dannunzianesimo. Un melting-pot che consente a Murelli di affermare con
orgoglio: “Tutti gli irriducibili, sia che provengano da destra che da
sinistra, che siano pagani o fondamentalisti islamici, che siano cattolici
vandeani o anarchici bestemmiatori di ogni dio, transitano per Orion”.
Quelli che vanno a fondare Sinergie Europee dichiarano
apertamente che “la politica va intesa per quel che realmente è: la
continuazione della guerra con altri mezzi” e annunciano la ridiscesa in
campo in un processo di aggregazione su scala europea che richiama con forza
l’esperienza degli anni ‘60 di Jean Thiriart, l’ex Waffen SS teorico del
“nazionalbolscevismo”, che voleva costruire un partito europeo (armato) per la
liberazione e l’unificazione del continente, da Brest a Vladivostock.
Negli ultimi anni a Sinergie Europee si sono avvicinati anche
quadri storici di altra provenienza, dal fondatore di Terza Posizione,
Gabriele Adinolfi, a Rainaldo Graziani, fondatore di Meridiano Zero e
figlio di Clemente (ex-gerarca appartenente alla X Mas).
E’ proprio il professor Claudio Mutti l’intellettuale di punta e il
garante internazionale dello schieramento nazional-comunista e della sua
continuità politica ed ideale: tra una disavventura giudiziaria e un’altra
(tutte finite nel nulla) è infatti transitato per Giovane Europa, Lotta
di Popolo per poi ripiegare in un’indefessa attività pubblicistica ed
editoriale. Convertito all’Islam, è l’animatore delle Edizioni all’Insegna
del Veltro (80 volumi in catalogo, più altri 500 di case editrici minori in
distribuzione e larga diffusione dei suoi scritti nelle caselle di posta di
tutti i gruppi di solidarietà con la Palestina).
Specializzato in filologia ugro-finnica, Mutti si è visto stroncare una
promettente carriera universitaria per le ripetute disavventure giudiziarie ed
ora insegna latino e greco al liceo.
Profondo conoscitore del rumeno, dell’ungherese e dell’arabo, autore di
decine di volumi, è traduttore di Khomeini e di Gheddafi, ma anche il
responsabile del boom politico ed editoriale di Codreanu e della Guardia di
Ferro romena nell’Italia degli anni ‘70.
I procedimenti giudiziari non hanno piegato la sua determinazione.
Mutti continua a militare nei ranghi della area “rosso-bruna” che da
trent’anni, sotto diverse formule e ipotesi organizzative, tenta la
ricomposizione degli opposti estremismi in una nuova sintesi, “un polo
analogo...a quello che in Russia aggrega comunisti e nazionalisti contro il
governo filoamericano. In Italia dovrebbe trattarsi di un polo antagonista a
quell’ideologia liberal-democratica e occidentalista che egemonizza sia la
destra sia la sinistra”.
Il suo contributo originale a Orion è
l’affermazione della centralità della geopolitica: i frequenti viaggi
all’estero sono funzionali alla “visione imperiale” ereditata da Thiriart.
L’obiettivo politico è sempre la liberazione dell’Europa. Nella fitta trama di
rapporti internazionali (i “partigiani europei” dell’area franco-belga, i
nazionalisti celti dalla Scozia alla Galizia), Mutti - mettendo a frutto la
conoscenza delle lingue - allaccia contatti nelle ex repubbliche sovietiche e
nei paesi islamici: l’opposizione russa unita nel Fronte di Salvezza Nazionale;
il Movimento della Romania, erede della Guardia di Ferro; filoni vicini
all’ideologia degli ayatollah iraniani.
L’ultimo segmento di questo quadro della destra plurale arriva
dall’Università d’Estate 2000, organizzata da Sinergie Europee, presso
un agriturismo della provincia di Varese di proprietà di Rainaldo Graziani, il
figlio di Clemente Graziani, uno dei fondatori di Ordine Nuovo, che
condivide con Murelli la passione per Junger.
Come ha spiegato uno degli organizzatori, Gabriele Adinolfi sulla
rivista Orion:
“Vi è stata una coesione immediata di gruppi eterogenei: una trentina
di realtà provenienti da oltre quaranta città italiane; realtà autonome, realtà
metapolitiche e realtà militanti tra le quali spiccavano quadri nazionali di
Forza Nuova, quadri della Fiamma, assessori di AN che non erano saltimbanchi
del politichese ma espressioni di realtà militanti territorialmente radicate;
il tutto condito dalla presenza leghista”.
Gran parte degli interventi sono stati già raccolti in un volume
intitolato “Il pensiero armato. Idee-shock per una cultura dell’azione”.
Tra questi spiccano l’editore dell’Uomo libero,
Mario Consoli, (autore de “Il denaro, grimaldello del potere mondialista”),
il negazionista Jurgen Graf (autore de “Il revisionismo storico”), il
leader del Veneto Fronte Skinhead, Piero Puschiavo, (autore di “Un
senso di appartenenza. I valori della comunità skinhead”).
Anche considerando la giovane età di molti dei
partecipanti, “si sono gettate le basi per l’opportunità - scrive
Maurizio Murelli su Orion- di creare una rete antagonista oltre i
normali schemi organizzativi; sarà il futuro a dirci se sarà messa a frutto”.
I CIRCOLI
COMUNITARISTI
Come sopra detto, esiste da sempre a destra la ricerca di radici
“rivoluzionarie”, ovvero di “sinistra”, del fascismo e del nazismo che porta
alcuni militanti a rompere con il proprio ambiente di appartenenza per
approdare su opposta sponda. E’ l’esperienza storica, ormai quasi secolare dei
“fascisti rossi” o della “sinistra fascista”.
Le esperienze meno lontane ci riportano alle frange movimentiste di Università
Europea, approdate al movimento “comunista rivoluzionario” nel ‘68;
all’esperienza di Indipendenza, un gruppo di ex militanti di Terza
Posizione passati attraverso l’esperienza della lotta armata degli ultimi N.A.R.
e del carcere e approdati a posizioni di sinistra “nazionalitaria”.
Nella maggior parte dei casi - da Lotta di Popolo a Sinergie
Europee -finisce per prevalere il
senso di appartenenza tribale alle proprie tradizioni ed origini puramente
fasciste.
Più di recente è da segnalare l’esperienza di alcuni militanti dei Circoli
Comunitaristi provenienti dallo sviluppo della “Linea comunitarista”,
componente organizzata del Fronte Nazionale di Adriano Tilgher. Questi
ultimi cominciano con il promuovere un Bollettino del Fronte Olista
scegliendo come titolo Rosso è Nero, con un evidente richiamo ai
“fascisti rossi”, la componente “socialistica” propria del “diciannovismo”, poi
riemersa nella Repubblica Sociale Italiana.
Il riferimento al nazional-bolscevismo tedesco degli anni ‘20 e ‘30
traspare nella scelta dei primi simboli: l’aquila prussiana con la spada, la
falce e il martello.
Il primo numero del novembre ‘98 espone la posizione
“nazional-comunitaria”, partendo dal consueto superamento dei concetti di
destra e sinistra: “Il fascista cattivo e nostalgico non mette paura a
nessuno, anzi è utile e funzionale al sistema. Quello che mette veramente paura
è il rivoluzionario. Questo non significa certo diventare di sinistra, perché
questa sinistra ci disgusta quanto la destra. Significa oltrepassare i limiti
imposti dalla cultura borghese e creare una nuova concezione della politica”.
Fin qui niente di nuovo: siamo alla semplice riproposizione delle tesi,
allora innovative, di Costruiamo l’azione. Il leader della componente è
infatti un quadro storico dello spontaneismo armato, quel Maurizio Neri, dal
cui arresto dopo la strage di Bologna (insieme, tra gli altri, alla Mambro, a
Fioravanti, a Fiore e Morsello) è scaturita la prima inchiesta giudiziaria
contro la rivista ed il gruppo diretto da Paolo Signorelli e Massimiliano
Fachini.
La spaccatura si consuma nell’estate del 1999, nel momento di massimo
avvicinamento del Fronte Nazionale di Tilgher all’accordo elettorale con
la Fiamma Tricolore di Rauti ed il Polo delle Libertà. A questo punto “l’area
nazional-rivoluzionaria e nazional-comunista può e deve intraprendere una
necessaria revisione dottrinaria ed ideologica (...) per trovare una sua strada
del tutto autonoma”.
Il primo sbocco è un convegno (Febbraio 2000) che si svolge in
occasione del primo anniversario dell’attacco della NATO alla Jugoslavia.
All’iniziativa partecipa Luc Michel, presidente del Partito Comunitarista
Nazionaleuropeo. Molti i relatori “nazional-comunisti”: oltre a Carlo
Terracciano, della più volte citata rivista Rosso è Nero, Yves Bataille,
Dragos Kalajic, Chicco Galmozzi (ex di Prima Linea), ma anche un ex missino doc
come Tommaso Staiti di Cuddia.
Parte forse da qui (aprile-settembre 2000) il breve feeling politico
dei Circoli Comunitaristi con il Partito Comunitarista
Nazionaleuropeo, attivo soprattutto in Belgio, Francia e Germania. Si
tratta di un gruppo transnazionale che rivendica la diretta filiazione
dall’esperienza organizzata della Giovane Europa di Jean Thiriart. Il
gruppo, dissoltosi alla fine degli anni ‘60, era stato rifondato come Parti
Communautaire Européen in Belgio negli anni ‘80, ma il suo rilancio
internazionale è collegato all’auspicio di un’alleanza in Russia tra
nazionalisti e comunisti che hanno fatto tornare Thiriart alla politica attiva
sino alla sua morte, avvenuta alla fine del ‘92.
Ed è proprio sulla base della critica dottrinaria al thriartismo ed al
“comunitarismo europeo” che avviene la rottura dei Circoli Comunitaristi
con Il PCN. Da questo momento i primi affermano con forza che il loro scopo è
quello di perseguire una collocazione “in seno alla sinistra anticapitalista
ed antimperialista”. A ottobre 2000 nasce la Rete Italiana dei Circoli
Comunitaristi che trasforma la testata in Comunitarismo con il
sottotitolo Democrazia diretta - Socialismo liberazione, e dichiara
consumata la rottura con gli ambienti nazional-rivoluzionari.
Nel bilancio politico di “un anno di lotta” si sottolinea la
centralità della proposta portata all’interno del movimento
anti-globalizzazione e tra le forze antimperialiste “per la costruzione di
un fronte di sinistra europea antagonista che si batte per il socialismo e che
considera il dato nazionale un fattore imprescindibile”. Nel maggio 2001 –
per loro stessa ammissione – l’esperienza dei Circoli Comunitaristi si
esaurisce definitivamente. Essi si sciolgono e dichiarano la più totale rottura
con gli ambienti della destra estrema per passare a quello che loro chiamano il
“comunismo nazionalitario”.
L’ultima ridefinizione identitaria, è dell’estate del 2001: “per
rafforzare la comunicazione con le altre realtà della sinistra
anticapitalistica e antimperialista: autoscioglimento…per dare vita alla
formazione dell’Unione dei Comunisti Nazionalitari, cambiamento del nome della
rivista…in Resistere!, cambiamento del vecchio simbolo (falce, martello e spada
incrociati ), apertura di un nuovo sito-internet”.
Il “comunismo” ed il “marxismo” sembrerebbero dunque essere l’ultimo
approdo, con la nascita della Unione dei Comunisti Nazionalitari (dai
quali si è allontanato Terracciano), che vanta alcuni circoli sparsi sull’intero
territorio nazionale ed un sito internet. La Unione dei Comunisti
Nazionalitari rivendica un’identità di sinistra radicale e, di fronte
all’ostilità di gran parte del movimento di classe, adduce, a motivo di
“legittimazione”, l’adesione ad alcuni campi antimperialisti.
La loro rivista Comunitarismo
viene definita “punto di riferimento di una corrente di pensiero Comunista
Nazionalitaria, punto di arrivo di una lunga elaborazione teorica il cui
approdo irrevocabile è la totale collocazione all’interno dell’area di sinistra
antifascista, anticapitalistica, antimperialista e marxista”.
A quei settori della sinistra antagonista che restano però convinti (a
nostro avviso giustamente) che si tratti di un tentativo di infiltrazione, la Unione
dei Comunisti Nazionalitari così risponde: “se alcuni settori della
sinistra ancora dubitano di noi è anche per motivi legati alle analisi
sull’imperialismo e sulle lotte di liberazione nazionale nel mondo. Siamo
fiduciosi, comunque, che il tempo farà sfumare anche le ultime diffidenze”.
Ma anche quest’esperienza non ha fatto “breccia” negli ambiti
sinceramente anticapitalisti ed antimperialisti ed ora è stata riciclata
nell’esperienza di Socialismo e Liberazione (dal sottotitolo della
vecchia rivista). Così il medesimo gruppo cambia gattopardescamente nome
rilanciando il medesimo progetto: “l’UCN (Unione Comunisti Nazionalitari) si
è sciolta un anno fa (marzo 2002) proprio allo scopo di facilitare il dialogo
con le altre componenti comuniste, antimperialiste ed anticapitaliste e di
eliminare ostacoli alla mutua comprensione con altre realtà politiche
antagoniste; l’associazione "Socialismo e Liberazione" non è in
nessun modo un organizzazione centralizzata e gerarchizzata, bensì è un
associazione culturale aperta a tutte le libere individualità che intendono
diffondere idee e tesi anticapitaliste ed antiimperialiste; l’associazione
"Socialismo e Liberazione" per queste sue caratteristiche è composta
da diverse anime, tra cui quella comunista e nazionalitaria e utilizza strumenti
di diffusione come la Rivista, siti internet e forum di discussione”.
La fenice “nazional-comunista” traccia questa linea nel suo primo
editoriale sul nuovo sito: “L’editoriale di questo numero lo vorremmo
dedicare ad una spiegazione chiara e definitiva sulla linea politico -
culturale che anima la Rivista ed il gruppo umano che la promuove. In questi
ultimi mesi, abbiamo cercato di stabilire con altre realtà di compagni un
dialogo costruttivo che ponesse le basi per una fattiva unione delle forze,
posto che il settarismo e le granitiche certezze non hanno mai costituito, per
fortuna, un problema per noi. L’esito, è bene dirlo apertamente, non è stato
dei più felici, perché come spesso accade ci scontriamo con visioni vecchie
quanto il cucco, come l’economicismo o il vetero-marxismo più pervicace, che
ostacolano oggettivamente la nostra ricerca di un “pensiero nuovo” che si
alimenti del contributo scientifico marxista, ma che, nel contempo, contenga in
sé il fattore nazionalitario”.
Ormai smascherato, il gruppo (guidato sempre da Maurizio Neri che firma
gli articoli principali) si trincera dietro una posizione da “incompresi” in un
mondo marxista che sarebbe legato a “vecchi schemi” e dove la provenienza
politica “differente” è sinonimo di “emarginazione”.
Una certa legittimazione politica gli viene dai contributi dell’unico
filosofo “marxista” da loro considerato “moderno”, ovvero che da leggittimità
alle tesi del “comunismo nazionalitario”: Costanzo Preve.
I suoi articoli ed i suoi contributi sono posti, infatti, in grande
evidenza sul sito e sulla rivista del gruppo.
In particolar modo quelli su Comunitarismo e Comunismo dove
Preve spiega le sue ragioni circa la legittimità ed il “diritto di
cittadinanza” dell’idea di “comunismo nazionalitario” e della sua
“collaborazione” coi gruppi che se ne fanno portatori. “Per queste ragioni,
e per molte altre di questo tipo, ho personalmente deciso fin dal 1997 di
collaborare con la rivista romana Indipendenza, che sostiene una versione
democratica della questione nazionale cui ha dato il nome di nazionalitaria”.
Uno degli assi portanti a sostegno della teoria è, dichiaratamente, il
pensiero delle correnti “neo-comunitariste” di Etzioni (“fulminato” dalla vita
comunitaria nei Kibbutz israeliani) e Mac Intyre, idee di cui ci si può
“nutrire” nelle riviste e nelle associazioni culturali legate al pensiero
neo-fascista “celtico” come Ideazione e Diorama (di Marco Tarchi,
altro personaggio della destra che ha cercato di accreditarsi negli ambienti,
questa volta, no-global) o nei manifesti delle “Comunità Giovanili” (come, ad
esempio, quella di Parma).
Ovviamente l’altro piatto forte di Preve, servito sulla tavola ben
imbandita dai moderni seguaci del “nazional-comunismo”, è quello del
superamento storico della dicotomia “destra-sinistra” che ci pone in termini
“limitanti” di fronte agli sbocchi politici necessari per affrontare il moderno
imperialismo e di fronte agli strumenti del marxismo “ortodosso” inadatti a
leggere il fallimento del “comunismo novecentesco”.
Un superamento della “pregiudiziale” nei confronti della possibilità di
uno spostamento di posizioni politiche “da destra a sinistra” che Preve auspica
seppure, ammette, “…ne siamo ancora lontani. Fino a quel momento, non vedo
come si possa negare a priori, senza neppure esaminarla e verificarla, la buona
fede politica e filosofica di chi si sposta da sinistra a destra (come ad
esempio Adriano Sofri) o di chi si sposta da destra a sinistra.”
COMUNITA’ POLITICA
D’AVANGUARDIA
Nel panorama della destra neo-fascista, un’altra visione “geopolitica”
originale, che colloca il faro del movimento nazional-rivoluzionario a Teheran,
è quella che caratterizza la Comunità Politica di Avanguardia, la
componente che si è aggregata intorno al progetto Eurasia-Islam, promosso nel
1991 dalla rivista Avanguardia, fondata nell’82 da un rautiano
trapanese, Leonardo Fonte.
“Fautrice di un’alleanza spirituale e tradizionale con l’Islam
rivoluzionario”, la rivista
indica nell’Iran il baluardo e la sentinella della lotta antimondialista e si
definisce come “lo spazio di riferimento culturale, il fronte di convergenza
politica e il bando di mobilitazione totale della leva antisistema che
fascinerà, raccoglierà, ordinerà e attiverà le migliori energie militanti
dell’estrema destra, ricomponendole nel quadro della forma politica denominata
Comunità Politica Nazionale d’Avanguardia”.
Le microcomunità locali dovrebbero esprimere “l’aristocrazia
politica del futuro partito rivoluzionario di massa, nel quale si realizzerà
l’unità politica del fronte antimondialista”.
Nonostante i propositi roboanti la rete militante è modesta: il Centro
librario Knut Hamsun di Trapani, sede della redazione centrale, il Centro
studi Cristianesimo e Islam di Marsala, guidato da Gioacchino Grupposo, il Circolo
culturale Avanguardia di Pescara, che fa capo a Maurizio Lattanzio, già
autore delle edizioni di Ar, oltre ad una serie di redazioni sparse che
coincidono spesso con le abitazioni dei militanti.
Breve vita ha avuto la redazione emiliana (anche se il responsabile,
Dagoberto Bellucci, continua a collaborare) e umbra (per dissensi ideologici),
mentre nell’estate 1995 la redazione lombarda (costituita un anno prima) è
“sospesa” per sei mesi.
A dimostrare l’alto tasso di “litigiosità” interna è la vicenda della
comunità militante di Perugia, che proviene dall’esperienza del Fronte
Europeo;guidata da Mario Cecere
costituisce una redazione locale dall’autunno 1993 all’estate successiva,
quando lo stesso Cecere viene espulso con l’accusa di slealtà, m avendo mantenuto
rapporti con Stefano Delle Chiaie, Pino Rauti e una studentessa in contatto con
Vincenzo Vinciguerra per una tesi di laurea sulla strage di Peteano.
Presenze si registrano anche a Viterbo, Tricase, dove Andrea Chiuri
costituisce una comunità militante e realizza un opuscolo sul Chiapas, oltre
che a Bari, a Bergamo, a Varese, a Massa Carrara, a Sassari (che poi dà vita a
una redazione che cura un supplemento regionale), a Treviso.
Poco più di una decina di camerati partecipano al convegno nazionale di
Perugia del gennaio 1994 e Lattanzio commenta amareggiato: “nonostante la
geometrica perfezione politica delle coordinate progettuali da noi delineate,
risulta oggettivamente asfittico il percorso antropologico”. Ne consegue la
definitiva chiusura di ogni tentativo di realizzare alleanze culturali
nell’area di estrema destra “al di fuori di Avanguardia – nell’area di
estrema destra - non esistono dunque individui animati da un’autentica volontà
politica di lotta al sistema”.
L’isolamento è il prodotto degli scontri successivi con gli skin e, in
seguito, con il gruppo della rivista Orion.
Netta era stata la rottura - al convegno a Pacentro nel giugno 1992 -
con l’area skin sul tema dell’Islam. Per Avanguardia, l’Europa del
potere bianco non va difesa ma disintegrata, “premessa strategica
assolutamente pregiudiziale”. Il violento antagonismo tra skin e
arabi-musulmani è considerato un autogol a favore del potere mondialista.
La polemica prosegue dopo l’operazione Runa (il blitz contro Movimento
Politico e l’area skin nel maggio 1993): Bellucci sbeffeggia gli ambienti -
scioltisi come neve al sole dinanzi all’applicazione del decreto Mancino - e
polemizza con i camerati del fu Meridiano Zero, colpevoli di ritenere la
dottrina tradizionale islamica conforme al progetto mondialista.
Nonostante le evidenti affinità con Orion - che ha diffuso (e
finanziato) a lungo la rivista nelle librerie di Milano e di Pieve di Cento - i
toni dello scontro sono assai aspri. Dalla diversa centralità geopolitica (Iran
versus Russia), si finisce beceramente sul personale. Mutti protesta per le
adesioni di Avanguardia alle tesi di Vinciguerra (accusandolo di aver
fatto parte della struttura di sicurezza atlantica). Lattanzio dà del
“ruffiano” a Murelli.
Avanguardia attacca Orion
per aver gonfiato il ruolo dell’opposizione nazional-comunista e il peso
specifico dei gruppi fascisti. Il crescente isolamento accentua il delirio di
onnipotenza: “La Comunità Politica di Avanguardia può essere giustamente
definita come ultimo caposaldo planetario nella lotta contro il nuovo ordine
mondiale, contro le lobbies palesi e occulte del giudaismo e della massoneria
mondiale che trovano nell’usura e nell’Alta Finanza il loro monopolio di
controllo e di dominio del mondo”.
Avanguardia è
travagliata da una successiva crisi di leadership: in un trafiletto, senza
soffermarsi sulla decisione, si rende noto che Lattanzio ha rinunciato alla
responsabilità di coordinatore politico delle microcomunità. La sua scelta di
“spostarsi di lato” non va comunque nella direzione di unaricomposizione “diplomatica” con gli altri
gruppi. Anzi, la tensione è accentuata dalla decisione di ripubblicare vecchi
saggi e memorie difensive del Vinciguerra, motivata con la totale adesione all’analisi
del responsabile della strage di Peteano sull’asservimento dell’estrema destra
ai servizi di sicurezza atlantici, proprio nella fase in cui la collaborazione
di Vinciguerra con i magistrati ha portato al rilancio delle inchieste sul
terrorismo nero e le stragi negli anni ‘70.
La rete militante resta sparuta: le redazioni sarda, lombarda ed
emiliana coincidono con le abitazioni dei tre responsabili, Gino Scanu, Paolo
Rada e Manuel Negri, mentre scompare dalla gerenza ogni riferimento a
Lattanzio.
IL TRADIZIONALISMO
CATTOLICO
In nome del rifiuto del “mondo moderno”, della “democrazia e
dell’egualitarismo”, le componenti del tradizionalismo cattolico si sono spesso
intrecciate con l’articolato arcipelago neofascista. L’associazione di gran
lunga più importante e longeva è, senza dubbio,Alleanza Cattolica che raccoglie attorno a sé numerosi
intellettuali, da Marco Tangheroni, direttore del dipartimento di storia
medioevale all’Università di Pisa, agli avvocati Mauro Ronco, docente di
diritto penale all’Università di Modena e Benedetto Tusa, difensori nel
processo per la strage di Piazza Fontana rispettivamente di Carlo Maria Maggi e
Giancarlo Rognoni; dal magistrato Alfredo Mantovano, protagonista di una
rapidissima ascesa in Alleanza Nazionale (da responsabile della
giustizia a coordinatore nazionale e oggi sottosegretario degli Interni) a
Massimo Introvigne, direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove
Religioni).
Secondo una rivista “anti-massonica”, l’intero capitolo francese
dell’associazione apparterrebbe alla minoranza di destra della massoneria: “La
direzione del Cesnur France, associazione di studi sui ‘nuovi movimenti
religiosi’ (chiamati anche sètte), filiale del Cesnur Italia diretta dal
sociologo cattolico Massimo Introvigne, sembra controllata dalla Gran Loggia
nazionale francese, con la presenza nel consiglio di amministrazione del
professor Antoine Faivre, redattore in capo dei Cahiers Villard de Honnecourt,
dell’avv. Olivier–Louis Séguy e del professore Roland Edighoffer”.
Séguy e il suo collega Jean–Marc Florand (quest’ultimo,
sorprendentemente, un omosessuale militante) sono entrambi estremisti di destra
e hanno fatto conferenze per il Front National per oltre dieci anni.
Florand difende regolarmente i Testimoni di Geova nei processi. Un altro
leader dell’estrema destra francese associato a Massimo Introvigne, per la
comune appartenenza al Gruppo di Tebe (un gruppo di studio accademico
sulle sètte, denunciato come superloggia esoterica dalla rivista
tradizionalista Sodalitium) è Christian Bouchet, leader dell’ala tercerista,
espulso da Troiseme Vie e oggi membro della setta antisemita americana
della World Church of the Creator, protagonista, tra l’altro, di vari
episodidi violenza razzista.
Lo stemma di Alleanza Cattolica ha l’aquila nera di San Giovanni
e al centro il Sacro Cuore sormontato da una croce, il simbolo della Vandea
reso popolare da Irene Pivetti.
Gli aderenti ad Alleanza Cattolica rivendicano con orgoglio la
propria identità di destra («Se per destra si intende la reazione storica a
quel grande processo di secolarizzazione che è stata la Rivoluzione francese,
ebbene sì, allora noi siamo di destra. Ma il termine che preferiamo è
“controrivoluzionari”»), ma negano di essere fascisti.
“Fino a cinque anni fa –
precisa Marco Invernizzi, responsabile della sede di Milano, nel corso di
un’intervista nel 1994 – mi sarei vergognato a dichiararmi antifascista: non
volevo fare la figura di chi segue il vento (...) ma sono culturalmente,
dottrinalmente antifascista, anche se mi sono preso del “fascista” per tutta la
vita”.
Giovanni Cantoni, che ne è il reggente (“per conto della Madonna”),
ha dato vita con altri militanti all’IDIS (Istituto per lo studio e
l’informazione sociale), istituto che pubblica ogni settimana sul Secolo
d’Italia (e sul proprio sito web) un Dizionario del pensiero forte,
con un’evidente ambizione di pedagogia politica. Un pensiero ispirato alle
dottrine controrivoluzionarie cattoliche della TFP, ma irrobustito dalla
linfa vitale della nuova destra americana. Il curatore della pagina, Marco
Respiti, è un esplicito apologeta del catto-capitalismo. Alleanza Cattolica
non ha mai nascosto il proprio impegno politico, in uno spettro abbastanza
ampio: se l’interlocutore privilegiato è Alleanza Nazionale, non mancano
i rapporti con il C.C.D. (Introvigne e l’ex capogruppo alla Camera, ora
membro laico del CSM, il torinese Vietti), ma anche con la destra radicale.
Aldo Carletti, membro sia del CESNUR che di Alleanza Cattolica, è
intervenuto ad un convegno organizzato a Varese dal Centro Studi Trans
Lineam, animato da Rainaldo Graziani (ex-Meridiano Zero).
Scrivendo su Orion, Lucio Tancredi ha accusato Alleanza
Cattolica di aver infiltrato la “destra radicale” nel tentativo di
convertirla al neoconservatorismo di marca statunitense.
I più feroci critici di Alleanza Cattolica e dei complessi
giochi di Introvigne e del suo Cesnur sono però i gruppi
cattolico–tradizionalisti che non hanno deflettuto da posizioni intransigenti:
la scismatica Fraternità Pio X e i sedevacantisti di Sodalitium, l’organo
ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii, la comunità che ha sede a
Verrua Savoia, non perdono occasione per rievocare le intense frequentazioni
comuni con monsignor Lefebvre e le originali posizioni di estrema destra. Anche
Introvigne, prima di scoprirsi apostolo della libertà religiosa di gruppi come Nuova
Acropoli, non esitava a invocare ricette repressive contro il dilagare di
droga e pornografia, considerate nel pensiero controrivoluzionario di Correa de
Oliveira, manifestazioni della “quarta rivoluzione”.
Dello stesso segno è la riscoperta del pentecostalismo e la
valorizzazione dei movimenti carismatici vent’anni fa collegati dal “profeta”
brasiliano alla cultura della droga e liquidati da Alleanza Cattolica
come manifestazioni della tribalizzazione della Chiesa.
L’organizzazione “si propone la propagazione positiva e apologetica,
quindi anche polemica, e la realizzazione della dottrina sociale della Chiesa,
applicazione della perenne morale naturale e cristiana alle mutevoli
circostanze storiche. La sua azione si situa nel campo dell’instaurazione
cristiana dell’ordine temporale; è mossa dalla carità politica” e si pone
lo scopo di costruire “una civiltà che possa dirsi a buon diritto cristiana,
in quanto rispettosa dei diritti divini e consapevolmente vivente all’interno
delle frontiere poste dalla dottrina e dalla morale della Chiesa”. Ad
ispirare il movimento è la promessa della Madonna a Fatima: “Infine, il mio
Cuore Immacolato trionferà”. Nell’attesa di inserire la società nelle
“frontiere” della nuova civiltà, Alleanza Cattolica presta particolare
attenzione “alle forze che mirano all’instaurazione dell’antidecalogo e
della menzogna dottrinale e morale, con specifico riferimento al processo
storico che va dalla crisi rinascimentale e protestantica al socialcomunismo e
oltre, cioè alla Rivoluzione che si vuole intronizzare al posto di Dio e della
sua legge”. Un posto di rilievo spetta anche al Centro Lepanto, nato
da una scissione di Alleanza Cattolica, maturata su un primo cedimento
dottrinario di A. C., una posizione non intransigente contro ogni tipo
di aborto. In occasione del referendum indetto dal Movimento per la Vita
nel 1981, Alleanza Cattolica si era dichiarata contraria, perché troppo
permissivo sulla questione dell’aborto terapeutico poi, in seguito alle
pressioni delle gerarchie vaticane, poche settimane prima del voto, aveva
abbandonato l’astensionismo e propagandato il sì.
Il centro ultracattolico, che vanta aderenti in tutte le grandi città
italiane e migliaia di simpatizzanti, ha sede in un minuscolo appartamento del
Ghetto ebraico di Roma, a via dei Delfini. L’animatore del Centro Lepanto
è un docente di storia dell’Università di Cassino, Roberto de Mattei, già
assistente, assieme a Rocco Buttiglione, di Augusto del Noce, travolto da
divorante passione per la Vandea.
Sulle questioni morali i lepantini sono di un rigore assoluto: tutti i
celibi fanno voto di castità, “l’omosessualità è un peccato che grida
vendetta davanti a Dio”. Numerose le campagne su questo fronte: da quella
contro la bestemmia al boicottaggio della tournée di Madonna. Altrettanto
intransigenti per quanto riguarda la ritualità: a Roma sono stati autorizzati a
seguire la messa preconciliare in latino, la cui restaurazione era alle origini
dello scisma lefebvriano: “Siamo legati ad una tradizione – spiega De
Mattei – rigorosa e guardiamo con simpatia alle élite culturali,
aristocratiche, religiose. Nel ‘82 i nostri avversari non erano gli islamici,
piuttosto i comunisti, italiani e non. Oggi ci sono pericoli emergenti più
gravi, il primo è l’invasione islamica. Noi non siamo politici, anche se
facciamo tutti riferimento all’area del Polo delle Libertà. La nostra
preoccupazione, sia allora nei confronti dei comunisti, sia oggi nei confronti
dell’Islam è squisitamente religiosa”. Il timore del professor De Mattei è
che, dilagando le conversioni all’islamismo, gli italiani rivendichino il
diritto alla poligamia. Il vicepresidente del Centro Lepanto, Stefano
Nitoglia, autore del volume “Islam. Anatomia di una setta” è lapidario: “Settario
nell’accezione cristiana di separato. Alla luce di quanto sta accadendo (...)
siamo stati profetici anche nella scelta del simbolo, il crociato a braccia
conserte e il motto della Genesi che dice: ti schiacceremo, rivolto alla testa
del serpente”.
Il Centro Lepanto è assurto a fama nazionale soltanto nel 1995
per il Rosario di riparazione dopo l’inaugurazione della Moschea di Roma,
godendo, tra l’altro, dell’entusiastica adesione dell’allora presidente della
Camera, Irene Pivetti, mossa allora da preoccupazioni di natura squisitamente
politica. Scarso rilievo ebbe, nell’inverno ‘93, la sua dura e isolata presa di
posizione contro la legge Mancino: l’allora presidente della Consulta cattolica
della Lega Nord rivendicava il diritto di “pensare male” delle grandi
ondate immigratorie e dei processi di integrazione. Sapeva bene che queste idee
non erano circoscritte a qualche centinaio di teste rasate, ma innervavano il
senso comune dello zoccolo duro leghista e avevano ampia circolazione in
ambienti cattolici fondamentalisti. Un patrimonio collettivo che affonda le
radici nella discriminante di fondo dei movimenti anticonciliari: il rifiuto
dell’ecumenismo, l’affermazione perentoria del primato cattolico.
Nell’ottobre del 1993, in un convegno ufficiale della Consulta
cattolica si teorizzò esplicitamente che non tutte le religioni hanno gli
stessi diritti: “Gli altri devono convertirsi, non essere riconosciuti”
dichiarò in quella sede la Pivetti. Nelle maglie della legge Mancino ha finito
per incappare il tradizionalismo cattolico: nel febbraio del 1995, la procura
di Verona ha ordinato decine di perquisizioni ad abitazioni di esponenti
integralisti e attivisti di destra per “istigazione al razzismo”.
Tra i sospettati l’addetto stampa di A.N., Giovanni Perez e il
consigliere comunale della Lega, Maurizio Grassi, già militante di Famiglie
cattoliche, l’associazione fondata da Nicola Cavedini per “combattere
l’infiltrazione dei catto-comunisti nella compagine ecclesiastica”.
L’inchiesta del pm Guido Papalia – aperta dopo la distribuzione di centinaia di
volantini con pesanti accuse al settimanale diocesano Verona fedele e al
mensile dei Comboniani Nigrizia – interessa numerose associazioni
cattolico–tradizionaliste: il Comitato Principe Eugenio dell’odontoiatra
Marco Battei, ispirato al Savoia che difese Vienna dai turchi (“Attenti
all’invasione musulmana, perché rischiamo di diventare la Mecca della
Padania...Siamo reazionari e ci battiamo per il ritorno della società
tradizionale”); Famiglia e civiltà di Palmarino Zoccatelli, sindacalista CISNAL
(oggi UGL) e organizzatore di rabbiosi boicottaggi del film di Godard “Je
vous salue Marie” e del concerto di Madonna, animatore del Comitato SOS
Italia, promotore di due referendum contro la legge Martelli
sull’immigrazione (“Vogliamo difendere la famiglia e la civiltà cristiana”);
il monarchico Sacrum Imperium di Maurizio Ruggiero, dapprima noto come
l’Anti-’89, che si batte contro “l’egualitarismo nato dalla rivoluzione
francese, il risorgimento, per il ritorno dell’Italia preunitaria”.
Questo gruppo, fondato per il bicentenario della Rivoluzione francese
da un’insegnante fiorentino, Pucci Cipriani, diffonde per abbonamento il
trimestrale Controrivoluzione ed è presente anche a Genova, a Napoli e a
Firenze: si caratterizza da subito per l’assoluta intransigenza in campo
politico e per i durissimi attacchi ad Alleanza Cattolica, colpevole di
cedimenti opportunistici nello scontro con la “setta democristiana”.
Cipriani è tra gli animatori degli annuali raduni di Civitella del Tronto,
ultima sacca di resistenza borbonica nel 1860.
La campagna contro la sfilata per il gay pride a Roma nell’anno del
Giubileo - in cui gioca un ruolo da protagonista Forza Nuova - riporta
alla ribalta i lepantini. I cattolici integralisti organizzano una “fiaccolata
riparatrice”, che raccoglie un migliaio di persone, per “espiare l’offesa
arrecata dal gay pride alla capitale del cristianesimo”.
Roberto de Mattei spiega le ragioni dell’iniziativa: “Proclamare
l’esistenza di un ordine naturale e cristiano oggettivo e immutabile, come
unico e necessario fondamento di ogni società bene ordinata”. L’iniziativa
ha ampio sostegno politico nel centro destra. Alla conferenza stampa di
presentazione partecipano autorevoli parlamentari, tra i quali il
vicepresidente della Camera dei deputati Carlo Giovanardi (del C.C.D.),
il presidente dei deputati e della Consulta per i problemi etico-religiosi di Alleanza
Nazionale, Gustavo Selva, e Maria Burani Procaccini, segretario di
presidenza della Camera e presidente della Consulta per i problemi
etico-religiosi di Forza Italia. Alla fiaccolata integralista prende
parte anche il deputato di A.N. Domenico Gramazio, che in precedenza
aveva provveduto a far distribuire volantini in cui si invitavano“i
cittadini ad aderire e partecipare alla manifestazione”.
Su posizioni estremamente radicali sono infine i gruppi di Militia
Christi, gli ultra – fascisti - antiabortisti nei cui ranghi militano
elementi di Forza Nuova come Andrea Insabato, l’autore dell’attentato al
Manifesto, e Holywar, cattolici tradizionalisti antisemiti, il cui sito
web è stato per un periodo oscurato per istigazione all’odio razziale:
conteneva, tra le altre cose, anche l’elenco dei cognomi degli ebrei italiani.
I MOVIMENTI DI ESTREMA DESTRA IN EUROPA
Si chiama Euronat (affiancata da Euronat Giovani) ed è la
rete europea che raccoglie organizzazioni di estrema destra cui aderiscono,
oltre al gruppo italiano Forza Nuova, il Partito Nazionalista
Slovacco, il Vlaams Block belga, il Fronte Ellenico e la
spagnola Democracia Nacional. In questo circuito nero sono presenti
anche il Movimento Patriottico Popolare Finlandese, il Partito della
Grande Romania, il Partito Svedese Democratico, Aliancia Nacional
portoghese, il Deutsche Volksunion ed il Partito Nazionalista serbo.
Per quanto riguarda la Francia, è il Front National di Le Pena mantenere saldi legami con la rete,
finanziando gruppi dell’ultra destra antiebraica in tutta Europa. Allo stesso
tempo, mediante la via parlamentare, mantiene nel suo paese un consenso del 10%
circa.
Ovviamente, questi gruppi, aldilà delle peculiarità locali, condividono
modalità d’azione violente e una serie di “punti fermi”: la riscoperta
dell’identità nazionale, il blocco delle immigrazioni (accusate di mettere in
pericolo le culture locali), la rivendicazione di uno stato forte con un unico
partito al potere, il ritorno al “sacro”, l’abrogazione delle leggi abortiste e
la concezione della famiglia come fulcro della crescita demografica. Periodici
sono gli incontri di scambio e di coordinamento, alcuni dei quali si sono
svolti proprio nel nostro paese.
Nel novembre del 1998, infatti, si è tenuta a Trieste una convention
organizzata dal Fronte Unitario degli Italiani (associazione
neo-irredentista diretta dal triestino Mario Ivancich), il cui ospite d’onore
era proprio il francese Le Pen. “Crimini contro l’umanità in tempo di pace e
mancata applicazione del diritto internazionale nella questione ancora aperta
della Venezia Giulia a 50 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale”,
questo il titolo che richiama alcuni temi ricorrenti in diversi settori della
destra locale, dagli “estremisti” di Forza Nuova e Fiamma Tricolore,
ai “democratici” di Alleanza Nazionale e delle varie associazioni degli
esuli istriani.
Al fine di consolidare i contatti, lo scorso agosto, a Villa Umbra
(Perugia), la rivista Orion ha organizzato un convegno dal titolo
apparentemente innocuo, “Università Estate”, dove si sono incontrati
diversi esponenti della destra radicale europea. Già nel maggio del 2000 si era
tenuto un incontro a Groppello di Gavirate (Varese) al quale erano presenti
vecchie conoscenze del circuito nero italiano: ex esponenti di Avanguardia
Nazionale, di Meridiano Zero oltre, ovviamente, ai membri milanesi
della rivista Orion.
Quello delle Sinergie Europee è un fenomeno che non va
sottovalutato sia per l’adesione che queste sigle riscuotono nei loro paesi,
che, in alcuni casi, per i successi elettorali ; emblematico l’esempio di
Haider in Austria, dimostrazione del fatto che esiste per queste frange la
possibilità di uscire dal minoritarismo.Una breve panoramica nei diversi paesi europei delle differenti
formazioni della destra radicale può risultare utile a completare il quadro fin
qui esposto.
Gran Bretagna
Qui il National Party è strettamente collegato a quei gruppi
dell’estrema destra europea che fanno della “cultura bianca” il loro stendardo
ed è, allo stesso tempo, affiancato dal minoritario mondo cattolico dell’
ultradestra, violentemente antisemita.
A Londra, vivono, inoltre, la maggior parte dei latitanti dell’ estrema
destra europea; del resto, l’organizzazione extraparlamentare più consistente,
è Third Position (Terza Posizione) di cui abbiamo già avuto occasione di
parlare.
Third Position fa
parte di un movimento internazionale chiamato “The International Third
Position” (con sedi anche negli Stati Uniti e Messico e legami forti con
ambienti dei servizi segreti). Il suo slogan è “For England and the English”
ed i suoi punti fermi sono: la centralità della famiglia e la lotta all’aborto,
il recupero della dimensione sacra, la difesa della “razza bianca”, la lotta
all’omosessualità come degenerazione morale, il ritorno alla vita rurale, il
tutto insieme alla richiesta di una legislazione più severa e della pena di
morte. Esiste anche una sezione giovani, che conta diverse adesioni nelle
scuole superiori e pubblica mensilmente la rivista, The Voice of St. George.
Spagna
Il più importante movimento extraparlamentare dell’estrema destra
spagnola è, attualmente, Democracia Nacional (della rete Euronat),
fondata nel 1995 da Juan Peligro, erede diretta della Falange spagnola.
Il programma politico di Democracia Nacional sostiene i “valori”
fondamentali a cui aderisce la rete nera europea, affiancati dall’interesse per
l’ambiente e l’ecologia. Di frequente, promuove campagne, con l’appoggio di
altri movimenti locali, contro l’aborto e l’uso di droghe leggere. Tra le
pubblicazioni del movimento: “L’alternativa a la mundializacion. Bases
políticas contra el pensamiento único” e “Aborto: Crimen Permitido.
Acabemos con el genocidio que está sufriendo nuestro pueblo”.
Belgio
Nel dopoguerra si forma in Belgio il Mouvement d’Action Civique
(MAC). Tra i dirigenti del movimento neofascista c’è Jean François Thiriart
(che usa lo pseudonimo di Jean Tisch), ex collaborazionista durante la Seconda
Guerra Mondiale e leader della corrente europea del nazional-comunitarismo. La
formazione giovanile del MAC è Jeune Nation.
Negli anni ‘50 l’estrema destra belga era composta dal Movimento
Sociale Belga, membro dell’Internazionale Nera, e dalla VolksUnie,
movimento nazionalista fiammingo.
A tutt’oggi, il circuito nero in Belgio è diviso in due tronconi: la
parte francese, dominata dal lepenista Front National (fondato nel
1985), e la parte fiamminga, egemonizzata dal Vlaams Block che nel ‘91
ha ottenuto il 6,6% di voti e 12 seggi in Parlamento.
Esistono inoltre diverse organizzazioni giovanili, per lo più violente
e più o meno legate ai gruppi sopra menzionati, come Assault nella zona
francofona e Vorstort (Avanguardia) nella parte fiamminga.
Austria
La vittoria del partito di Jörg Haider (FPO) non nasce solo su
di un terreno elettoralista, ma si erge su un tessuto già articolato, formato
per lo più da gruppi violenti.
Il più noto, tra questi gruppi, è Vapo, fondato nel 1986 da uno
studente il cui obiettivo finale consisteva nel dar vita al quarto Reich.
I “naziskin” militanti in Austria sono circa duemila, divisi in una
trentina di gruppi; loro organo di stampa è “Halt”, giornale neonazista
con una tiratura di circa ventimila copie.
Alle ultime elezioni nazionali, il FPO, la cui leader è Susanne
Riess-Passer, ha conseguito il 26,9% di voti e a Vienna numerosi quartieri,
tradizionalmente roccaforti dei socialisti, sono ora passati all’estrema
destra.
Germania
Nell’ambito della destra neonazista, troviamo: il DVU - Deutsche
Volksunion (appartenente alla rete Euronat), i Republikaner
ed il NPD (Partito nazionaldemocratico tedesco), formazioni marginali
che hanno seguito soprattutto nelle lands orientali e tra i giovani. Il NPD,
considerato tra gli ispiratori della violenza xenofoba che attraversa la
Germania, rischia di essere dichiarato fuorilegge dalla Corte Costituzionale
tedesca.
Polonia
In Polonia stanno crescendo i gruppi estremisti cattolici ed i movimenti
naziskin. Inoltre, la Confederazione della Polonia Indipendente e la Nazionaldemocrazia
non nascondono la loro fede neo-hitleriana.
D’altronde, in tutta l’Europa dell’Est, l’adesione alle organizzazioni
di estrema destra è in vertiginoso aumento. Il partito polacco Movement for
Poland’s Reconstruction di Jan Olszewski mantiene un consenso stabile
attorno al 0,7 %.
Svezia
In Svezia, come negli altri paesi scandinavi, l’estrema destra è
rappresentata dal Partito del Progresso, di ispirazione lepenista, che
negli ultimi anni ha riscontrato un forte incremento elettorale. Altri
movimenti “neri” sono: il Partito Democratico (aderente a Euronat), il Partito
della Madrepatria, Stop all’Immigrazione e il Fronte di
Resistenza Ariana (semi-clandestino).
Francia
Nell’ambito della scena politica francese, accanto ai tradizionali
partiti di ispirazione gollista, troviamo il Front National di Le Pen,
nato agli inizi degli anni ‘80 ed affermatosi alle Presidenziali del 1992 con
il 13,9% di adesioni. Le frange estremiste di quest’area sono: il FANE
(i Fasci Nazionali Europei), TroisiemeVoie, Jeunesse Nationaliste
Revolutionnaire e Skinhead de France.
SOTTOCULTURA GIOVANILE E
MUSICA
Non tutti sono al corrente dell’esistenza di un ampio settore musicale
con cd, dischi, demo-tape e concerti che si svolgono regolarmente in tutta
Italia, che fa capo a gruppi di destra.
RAC (Rock Against Communism) e White Power Music, così si definiscono i
primi generi musicali delle nazi-band a livello mondiale.
Essendo la musica un elemento di aggregazione giovanile, una destra
radicale “movimentista” non poteva che creare un circuito proprio. I veneti Peggior
Amico sono fra le prime band RAC italiane (primi anni ‘90). Li
contraddistinguono voci basse e roche, testi razzisti e inneggianti alla
violenza, una musica, per intenderci, più vicina all’heavy metal che non allo
ska o all’Oi!.
Nello stesso periodo nasce la band romana Intolleranza, vicina
al Movimento Politico; il loro pezzo “orda nera” è un vero inno al
razzismo: “Sui bus, nella stazione, nelle strade, nei quartieri /
l’invasione degli immigrati, oggi sono più di ieri / Si professano sfruttati,
ma a me non fanno pena / sono pronti ad infilarti un coltello nella schiena /
orda nera orda nera” (sic!).
In realtà, in Italia, già a partire dagli anni ’70,nasce e si sviluppa un ristretto circuito di
cantautori e band di destra, sotto l’etichetta “musica alternativa”, che senza
troppa fantasia imitavano la musica d’autore del momento. Oltre al già citato
Massimo Morsello (chiamato il “De Gregori Nero”), c’erano gli Janus e La
Compagnia dell’Anello che si esibivano prevalentemente durante i Campi
Hobbit e le feste del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile
del Movimento Sociale Italiano prima e di Alleanza Nazionale poi,
l’attuale Azione Giovani.
Oggi, il nuovo orientamento
musicale di destra prende il nome di “rock identitario” differenziandosi dal
rock “white power” per sonorità più orecchiabili, voci più pulite e per testi
“meno espliciti”. Basta con il razzismo becero e spazio alla difesa
dell’identità nazionale, allo spirito comunitarista ed al ribellismo giovanile
al fianco di un “sano” anticomunismo ed uno pseudo-anticonformismo.
I gruppi più popolari al momento sono gli Zeta Zero Alfa ed i 270Bis,
entrambi romani. Suonano alle feste di Alleanza Nazionale, ma anche ai
raduni di Forza Nuova, e in locali, birrerie o dove trovano spazio. Esistono etichette indipendenti, la Rupe Tarpea Records
e la Tuono Records con accattivanti siti internet dove è possibile
leggere recensioni musicali e informarsi sui concerti (www.perimetro.com), nonché
web-radio che trasmette solo “rock identitario”. Gli Zeta Zero Alfa sono
probabilmente la band italiana più importante nel settore della destra musicale,
coloro che riscuotono maggior consenso e vendono più dischi. Il gruppo ha,
inoltre, una birreria a Colle Oppio, poco distante dalla “gay-street”, e fa
parte dell’occupazione di Casa Montag, uno spazio occupato dai fascisti
alle porte di Roma, nel luglio 2002. Gli adesivi del gruppo sono sui muri di
tutta Roma.
Nel loro sito non ci sono simboli riconducibili
direttamente al fascismo, anzi tra i testi consigliati troviamo Chomsky
e Marcos, ma questo non deve trarre in inganno, essendo evidente la loro
appartenenza.
Sui 270Bis il discorso è più ampio. Il nome del
gruppo ha come riferimento l’articolo del codice penale sull’associazione
sovversiva.
Il cantante del gruppo, Marcello De Angelis, è anche il direttore di Area,
la rivista politica di Alleanza Nazionale, ed è fratello del defunto
Nanni De Angelis, morto in carcere dopo il suo arresto, con cui ha condiviso la
militanza in Terza Posizione. Dopo la latitanza, Marcello De Angelis è
rientrato in Italia per scontare la condanna per associazione sovversiva. E’
stato l’unico quadro intermedio di Terza Posizione condannato per “reati
politici” senza nessun fatto materiale. Di nuovo in libertà, De Angelis
collabora con Italia Settimanale, è tra gli animatori di Spina nel
Fianco e, infine, compone la band. E’ tra gli ideologi del Fronte della
Gioventù prima e di Azione Giovani poi, fa parte della corrente
sociale di Alleanza Nazionale di Alemanno e Storace e nel 1996 da vita
alla rivista propria di questa corrente: Area. De Angelis è la voce più
nota della destra neofascista e le sue canzoni sono cantate a memoria sia dai
giovani skin che dai quadri del partito. Gli arrangiamenti del gruppo sono ben
curati, un rock facilmente orecchiabilee testi diretti. “Bye bye, spara sulle posse” recita il
ritornello di una canzone dedicata ai gruppi di sinistra, ma il top lo troviamo
in “Claretta e Ben” canzone omaggio alla Petacci e a Mussolini: “Han
Ballato sui loro corpi / han sputato sul loro nome / han nascosto le loro tombe
/ ma non li possono cancellare...piovono fiori su piazzale Loreto...io ho il
cuore nero / e me ne frego e sputo / in faccia al mondo intero”.
Colleghi in Alleanza Nazionale, e vecchi amici del De Angelis,
sono Piso e Dimitri, quest’ultimo, insieme a Fiore e Adinolfi, fondatore di Terza
Posizione.
Ancora, tra i gruppi romani, ricordiamo gli Aurora (rock
identitario), i Dente di Lupo (band boneheads, musica rac oi!), i Londinium
SPQR (di recente sciolti), Innato Senso d’Allergia (“streetpunk”) ed
i Janus (rock identitario).
Proprio gli Aurora sono tra i fondatori di Musicazione,
etichetta musicale e non, legata ad Azione Giovani.Da quanto detto, è evidente come gli
ambienti giovanili, per quel che concerne il versante musicale, non siano
affatto frammentati.
Questo fenomeno, anche se non propriamente di massa, non va certo
considerato marginale o poco pericoloso. Per dare un’idea della portata del
fenomeno, ricordiamo che nel mese di gennaioi 270 bis hanno suonato nel
quartiere Torrino, in ricordo di Alberto Giaquinto; ad Anzio, vicino Roma; al locale
“Avalon”, sulla via Nomentana, in ricordo di Acca Larentia; presso la Casa
Montag, contro lo sgombero, insieme agli Innato Senso d’Allergia, i Dente
di Lupo, gli Aurora, i Rock’n’Roll Soldiers ed, ovviamente,
gli Zetazeroalfa; infine presso il locale “Cafè de la Paix” in via
Evandro 8 (dietro alla sede di Acca Larentia).
LO STADIO
“Le folle che vanno allo stadio fanno parte
del tessuto sociale e là noi costruiamo il nostro lavoro politico. Noi non
siamo i padri degli hooligans, ma siamo disposti ad adottarli”. (Roberto Fiore
e Massimo Morsello su L’Espresso del 17.02.2000).
Legami e contatti tra gruppi ultras ed elementi del neofascismo romano
esistono da sempre, sia nella curva nord laziale, storicamente di destra, che
in quella romanista, più sinistreggiante e sostanzialmente apolitica. Dagli
inizi degli anni ‘90 ad oggi, però, la curva sud è decisamente passata a
destra. La maggior parte dei gruppi ultras è “culturalmente” di destra o
apertamente fascista. Anche se è necessario fare dei distinguo.
I famigerati “scontri di Brescia” del 1994, considerati lo spartiacque
della politicizzazione fascista della curva romanista, mettono in evidenza
come, in alcuni gruppi ultras, esistono delle componenti neofasciste
organizzate che, prendendo a pretesto la partita domenicale, compiono veri e
propri addestramenti, con raid nei confronti delle forze dell’ordine, grazie
anche all’appoggio di ultras neofascisti di altre tifoserie. In quel periodo i
gruppi di Opposta Fazione e dei Boys Roma sono i gruppi più politicizzati
in curva sud. Alcuni esponenti di spicco dei Boys saranno candidati
nelle liste del Movimento Sociale Italiano durante le elezioni
amministrative a Roma, quelle del confronto Fini-Rutelli.
Dopo l’escalation dei primi anni ‘90 con scontri, aggressioni e
violenze in varie in città italiane, la situazione si normalizza fuori e dentro
gli stadi. La cacciata del gruppo storico romanista, il CUCS (Commando Ultrà
Curva Sud), nasce da motivazioni ben più affaristiche che politiche, sulla
falsa riga di quanto accade nella curva nord della Lazio. A differenza delle
tifoserie laziali, nella curva romanista esistono svariati gruppi
fondamentalmente di destra ma diversi nella “mentalità ultras”. Attualmente il
gruppo più politicizzato, tra le fila della tifoseria romanista, è Tradizione
Distinzione Roma che non fa nulla per nascondere la sua appartenenza.
Evidenti sono, infatti, i legami con Base Autonoma, visto che
spesso e volentieri è possibile notare una bandiera tricolore con tanto di
simbolo di Base Autonoma che sventola sopra il loro striscione. Durante
il derby del il 27.10.02 il gruppo ha esposto uno striscione con la scritta “28.X.02
Marciare per non marcire”, evidente riferimento al corteo che avrebbe
tenuto Base Autonoma il giorno dopo a Roma a Piazza Vittorio.
In una intervista al gruppo, un suo esponente spiega: “Tengo a
sottolineare il rapporto dei ragazzi di Tradizione Distinzione con il
Laboratorio di idee, un’associazione culturale impegnata nel sostegno di quanti
vivono situazioni di difficoltà ed anche il fatto che molta parte dei soldi
ricavati dalla vendita del materiale del gruppo sono utilizzati per sostenere
alcuni amici attualmente detenuti”.
Promotrice di una fanzine dal nome Blackshirt (camicia nera), il
gruppo Tradizione Distinzione conduce tutti i pomeriggi una trasmissione
su Radio Flash dove, tra discorsi qualunquisti e dai toni accesamente razzisti,
con sottofondo musicale nazi-rock,si
parla anche di calcio.
Nella stessa intervista, esponenti del gruppo sintetizzano così la
scelta del loro nome: “La parola Tradizione o gli uomini della tradizione li
troviamo, infatti, soltanto nei rari, ma proprio per questo preziosi, testi
destinati all’uomo della Milizia, un uomo di provata ed elevata spiritualità
che se occorre si lancia al combattimento richiamato dalla fedeltà della
propria natura e della propria immagine del mondo. Si veda Evola, Eliade o
Spengler. La complessità delle tematiche così profonde non ci permette di
andare oltre anche perché conosciamo i nostri limiti umani e riuscire a vivere
come i maestri sopracitati non è per niente semplice. Tuttavia c’è chi, come
noi, prova ad avvicinarsi. Da qui il significato Distinzione. Queste in sintesi
le ragioni della nostra denominazione. Il nostro gruppo, a differenza di altri,
ha scelto questo nome mai visto negli stadi italiani, proprio perché ci
sentiamo rappresentanti di verità ancestrali, innate dentro di noi che poco
hanno a che vedere con la moda di essere destra”.
Gli appartenenti a Tradizione Distinzione provengono in grossa parte
dalla zona di Piazza Bologna, luogo storico dei neofascisti romani.
Il merchandising del gruppo (venduto nel loro negozio, nel quartiere
Nomentano) presenta cappellini con il tricolore ed il fascio littorio o con lo
stemma della divisione belga delle SS “Charlemagne”. Sul sito è apertamente
dichiarata la matrice fascista del gruppo e, del resto, i libri consigliati
sono prevalentemente di Evola o di Freda. Da segnalare, inoltre, che durante la
partita Roma-Brescia del gennaio 2003 era presente in curva un banchetto di
raccolta firme pro-Priebke, retto da esponenti del gruppo. Durante una loro
trasmissione radiofonica, giovedì 27.02.03, è intervenuto direttamente Giuliano
Castellino per pubblicizzare la manifestazione, organizzata da Base Autonoma,
che si sarebbe tenuta a Roma due giorni dopo, manifestazione a cui il gruppo ha
aderito ufficialmente. In aggiunta a ciò, nelle ultime partite si è notato
sopra il loro striscione, uno stendardo raffigurante il logo di Casa Montag,
simbolo di una “amicizia” confermata anche dai microfoni della radio.
Negli ASR ULTRAS, invece, nonostante la presenza di alcuni
forzanovisti e fascisti di varia provenienza, si ha ancora la sensazione di un
gruppo poco politicizzato e più concentrato sulla cultura ultras in senso stretto.
Altri gruppi che gravitano intorno all’area neofascista sono gli Ultras
Roma Primavalle e gli Asr Clan anch’essi aderenti al corteo
anti-immigrazione, promosso da Base Autonoma.
Un discorso a parte meritano Boys e Ultras Romani,
storicamente e culturalmente di destra.
Queste formazioni utilizzano un’iconografia decisamente di destra ma,
probabilmente, più per la vendibilità dei “marchi” che per progettualità
politica vera e propria, anche se la loro appartenenza viene manifestata in
maniera evidente, come testimonia la bandiera con l’ascia bipenne, simbolo che
fu già di Ordine Nuovo. Boys è, senz’altro, il gruppo ultras più
vecchio della curva sud e da sempre politicamente di destra. Per Ultras
Romani il discorso è simile. Nati da una costola dei Boys,
provengono dal litorale laziale (Ostia e zone limitrofe). Formazione
essenzialmente giovane, si è distinta ultimamente per aver difeso gli ultras
laziali dopo l’aggressione ad un marocchino nel quartiere Ostiense e per i
numerosi striscioni contro la repressione poliziesca, i giornalisti e le
tifoserie di sinistra.
Infine c’è il Gruppo Monte Verde schierato più decisamente a
destra.
Nella partita Roma-Chievo questi ultimi hanno esposto uno striscione
con la scritta: “Totti: tu no, noi si”, in aperta polemica con il
giocatore che ha prestato il volto allo spot antirazzista promosso dal Comune
di Roma.
Relativamente più semplice il
discorso per quanto riguarda la tifoseria laziale, essendo la curva nordegemonizzata da almeno 15 anni da un unico
gruppo: gli IrriducibiliLazio.
Gli IrriducibiliLazio
sono un gruppo Ultras “moderno” con una catena di negozi, una linea di
merchandising, Original Fans, ed una trasmissione radio molto seguita, La
Voce della Nord (dal nome della loro fanzine che distibuisce più di 5.000
copie a numero). Gli Irriducibili, nonostante la loro attiguità a gruppi
della destra radicale romana, formano loro stessi un gruppo politicizzato a sé
stante. Infatti, nella curva nord hanno trovato spazio, con bandiere e
striscioni, un po’ tutte le formazioni della destra radicale e questo non
sarebbe stato possibile senza il loro assenso. Tra l’altro, uno dei capi
storici della formazione si è presentato alle amministrative tra le fila di Forza
Nuova.
Nonostante ciò, il gli Irriducibili
non sembrano voler tirare le fila a nessuna formazione, essendo già di per sè
stessi formazione fascisteggiante, razzista, antisemita, omofobica, formalmente
attenta al sociale, comunitarista e “ribellista”. Basti pensare agli striscioni
“contro la repressione”, “contro la polizia”, “in ricordo di amici ultras morti
per rapina”, “ai carcerati”, “al fianco della “Tigre Arkan”, “contro le
guerre “imperialiste” e per finire allo striscione sulla morte di Carlo
Giuliani che recitava: “ideali diversi, onore a Carlo Giuliani”.
Sempre appartenenti alla
tifoseria laziale,Viking Lazio
ed i Commandos Monteverde Lazio ‘74 sono due gruppi ultras storici molto
vicini alla destra radicale, ma marginalizzati dall’egemonia incontrastata
degli Irriducibili. L’incendio di qualche anno fa del Lazio Point
di via Portuense, gestito da figure storiche della tifoseria laziale di
Monteverde,sembra stato un “segnale” a
non mettersi in concorrenza con la catena dei negozi degli Irriducibili.
La Banda Noantri, invece, è il gruppo emergente in curva nord.
Composto prevalentemente da giovani, nascono dalla scissione della componente
più radicale e politicizzata degli Irriducibili. Probabilmente stufi
delle gestione affaristica dei “fratelli maggiori”, vogliono rappresentare
l’ala dura della tifoseria laziale. Il loro legame con Base Autonoma è
evidente; alcuni del gruppo ne fanno ufficialmente parte ed all’interno girano
volantini di questa formazione (come per la manifestazione anti-immigrazione
del 28 ottobre 2002). La città è tappezzata da scritte della Banda
sistematicamente accompagnate da celtiche o svastiche. Spesso le scritte di Base
Autonoma e Banda Noantri, compaiono a pochi metri di distanza,
tratteggiate con la stessa mano.
Facciamolo all’inglese
Negli stadi, denuncia il deputato diessino Roberto Sciacca, “s’intravede
sempre più chiaro un piano della destra estrema per egemonizzare le curve e
reclutare militanti. Non è solo un fenomeno italiano, ma europeo. Con evidenti
agganci con analoghe esperienze neonaziste inglesi”. Gli risponde Fabrizio
Piscitelli, 33 anni, alias Diabolik, considerato la mente degli Irriducibili
della Lazio, un’aggregazione di tifosi nata nel 1987 e che nel 1993 ha preso il
sopravvento sui più apolitici Eagles Supporters. “Noi siamo di destra”,
spiega, “ma la politica deve restare fuori dallo stadio. Non capisco perché
si possono tollerare giocatori che espongono tatuaggi del Che e non la curva
nord che sventola qualche celtica. Che cosa c’entriamo con il nazismo? Il
problema è un altro: i militanti di destra non hanno cittadinanza con questo
governo. Sono stati cacciati dalle scuole, dai centri sociali e adesso si
vorrebbe buttarli fuori pure dalle curve”.
Anche Diabolik è un simpatizzante di Forza Nuova, movimento fondato in
Inghilterra nel 1996 dai “rifugiati” Roberto Fiore e Massimo Morsello, due
estremisti di destra già condannati per appartenenza ai NAR e diventati ricchi
in Gran Bretagna grazie all’attività della loro Easy London: una sorta di
agenzia di viaggi che manda ogni anno migliaia di giovani a lavorare
all’estero. A Roma la Easy London è diretta da un altro ex leader degli
Irriducibili, Maurizio Catena, e forse proprio per questo il gruppo dei
supporter della Lazio è stato il primo a introdurre nel nostro paese il tifo
all’inglese, niente tamburi, solo voci e mani, stendardi e sciarpe colorate.
Accanto all’attività di tifo vero e proprio, questo gruppo di ultras ne ha però
un’altra, molto più commerciale.
Soprannominati con cattiveria dagli avversari “Irriducibili spa”, i
tifosi laziali (5 mila iscritti e 100 attivisti) pubblicano una fanzine
patinata, “La voce della Nord” (l’editore è Diabolik), hanno un sito Internet
sempre aggiornato e dispongono di cinque punti vendita del loro materiale
firmato “Original fans”. In più possono contare su angoli riservati nei negozi
ufficiali Lazio Point e una sorta di banchetto allo stadio durante le partite.
Fatturano insomma decine di milioni. Con la loro presenza massiccia, la
compattezza e l’aggressività gli Irriducibili hanno finito per costituire un
problema per la Lazio di Sergio Cragnotti. La dirigenza ha tentato di tagliarli
fuori dalla gestione delle trasferte, ha chiuso il rubinetto dei biglietti
omaggio, ha revocato a uno a uno una serie di benefits.
Ma dopo due mesi di faccia a faccia a muso duro è stata costretta a
fare marcia indietro.
Tutto è iniziato nell’agosto del ‘99, quando Cragnotti ha deciso di far
pagare 4 mila lire il biglietto d’ingresso al centro sportivo di Formello dove
si allena la squadra e ha fatto sapere che chi voleva andare in trasferta
doveva acquistare il pacchetto dal tour operator Francorosso. “Per esempio
per la trasferta organizzata a Montecarlo per la partita di Champion’s League,
contro il Bayer Leverkusen, un tifoso spendeva 750 mila lire, mentre
organizzata da noi costava solo 350 mila”. Iniziano le proteste, sia degli
ultras che dei club Lazio.
Due pizze in faccia
Alla presentazione all’Olimpico della nuova formazione appare uno
striscione “Noi non siamo pomodori”. A Formello fanno capolino scritte
offensive contro la figlia di Cragnotti. La società manda in avanscoperta Guido
Paglia, dirigente Cirio. “Faceva l’amicone, promesse su promesse che
regolarmente non venivano mantenute”. A ottobre, si arriva allo scontro
finale. La Lazio annuncia che non permetterà più agli ultras di assistere agli
allenamenti. Gli Irriducibili come risposta organizzano a Formello una festa
del tifoso con porchetta. “E proprio quel giorno diramiamo anche un
comunicato firmato dai tifosi biancocelesti (club e ultras insieme) in cui proclamiamo
lo sciopero del tifo. Paglia all’hotel Summit, dove sono riuniti tutti i
tifosi, dice che non esiste un vero malcontento e che siamo solo noi, gli
Irriducibili, a montare il tutto”.“È stato più forte di me”,
racconta Diabolik: “Quando l’ho visto gli ho dato due pizze in faccia e un
calcio nel sedere”. Il risultato? Nella trattativa Paglia viene sostituito
dal deputato di Alleanza Nazionale, Gigi Martini (storico terzino della squadra
scudetto del ‘74). Il biglietto d’ingresso a Formello è abolito “almeno per
ora”, i costi del pacchetto offerto dalla “Francorosso” vengono ridotti, e
una quota di biglietti, variabile a seconda della partita, vengono gestiti, in
pratica venduti, dagli ultras. La Lazio ha calato le braghe.
Le frange più estreme delle
tifoserie sono insomma in grado di condizionare le dirigenze delle squadre. E
se poi possono agitare anche lo spauracchio dell’appartenenza a formazioni di
destra, con tanto di cori, saluti romani e striscioni razzisti (per i quali le
società sono costrette a pagare salatissime multe), tanto meglio. I presidenti,
da nord a sud, capitoleranno ancora più facilmente. Il fenomeno è emerso in
tutta la sua evidenza il 20 novembre del ‘94, in occasione degli scontri che a
Brescia portarono al ferimento del vice-questore Giovanni Selmin. Nel ‘96 le
indagini della Digos hanno permesso di stabilire che quel giorno gli incidenti
non scoppiarono a caso. Il raid di Brescia era infatti stato deciso a tavolino
e vi avevano partecipato non solo ultras della Roma, ma anche della Lazio.
Alla base di tutto, secondo l’accusa, c’era la volontà di ricattare la
nuova dirigenza giallorossa che, con l’avvento alla presidenza di Franco Sensi,
aveva tentato di revocare le agevolazioni concesse dal vecchio patron,
l’andreottiano Giuseppe Ciarrapico. Ma non basta. Al blitz aveva preso parte
anche Maurizio Boccacci, interista, leader dei naziskin italiani, fondatore del
disciolto Movimento Politico Occidentale, intenzionato con la violenza a
recuperare popolarità. Gli andrà male. Verrà condannato insieme a un gruppo di
pregiudicati per reati comuni. Sempre nel ‘96, a Roma, finiscono in manette
altri 7 capi ultras della curva giallorossa. Sono accusati di aver minacciato
funzionari della società per ottenere pacchetti di biglietti da rivendere a
caro prezzo alle spalle dei tifosi veri: lo dimostrano le intercettazioni
telefoniche. Ma la Roma, timorosa di contestazioni, subisce senza denunciare
nulla. Il processo è in corso. Tra gli arrestati del ‘96 vi sono, tra gli
altri, Fabrizio Carroccia, detto “Er Mortadella”, grande amico del direttore
generale della Juventus Luciano Moggi (ancora oggi invitato ad assistere gratis
alle partite dei bianconeri) e Mario Corsi, popolare speaker romanista di Radio
Incontro, l’emittente privata della Capitale che oggi ha ottenuto in
sub-appalto da RDS le radiocronache delle partite dei giallorossi. Anche Corsi
ha un passato di estrema destra. Ora lo rinnega.
Bibliografia
Molti dei dati e dei testi presenti su questo dossier sono stati
estratti - interamente, sintetizzati o rielaborati - da dossier ed articoli
presenti nei seguenti archivi:
Corte costituzionale, sentenza 231/75: Deposizioni Cherubini e Carlucci. Vedasi anche deposizione Filastò, 3
luglio 1981, resa al dott. Cappelli della Procura della Repubblica di Arezzo.
Vedasi la deposizione Zanda, 23 novembre 1982, al sostituto procuratore della
Repubblica di Bologna e Carlucci, 10 febbraio 1982, alla Assise di Bologna.
“Calcio e politica: la vera mappa
dell’odio” da L’Espresso, 2 dicembre 1999
.
Meglio è andata alle amministrative: 1,6 per cento alla provincia di Lodi, con
punte del 14 per cento a Somaglia e Salerano e un 8 per cento a Metaponto;
attualmente stanno stringendo alleanze e patti elettorali con la Casa delle
Libertà o solamente con la Lega, a seconda dle regioni.
ringraziamo e siamo lieti che scovasomari sia ancora tra noi in piena salute (alla faccia dei corvi portasfortuna della sinagoga che lanciano jatture a destra e a manca)
tornata Amina e anche Scovasomari direi che manca solo Dagoberto e Claudio e poi si ricomincia allegramente a cazzieggiare su questo sito di imbecilli!
Franco Cardini - era da Mentana giovedì sera a "Matrix" a parlare dell'11 settembre 2001 - è un notissimo intellettuale della destra antiglobalizzazione su posizioni filo-islamiche (ha scritto molti saggi su l'Islam) e non stupisce che abbia pubblicato per le Edizioni All'Insegna del Veltro del nazista Claudio Mutti nè elogiato i nazisti indiani amici di Hitler. Cardini scrive saggi per molte case editrici in particolare Il Cerchio di Rimini. Le sue tesi sono meno complottiste di quelle di un Maurizio Blondet ma tutto sommato non si discostano di troppo dall'area comunitarista e dal Campo Antimperialista.
Non è giusto mettere sullo stesso piano uno storico del valore di Franco Cardini con i vari Blondet, Mutti e altri esponenti dell'estrema destra complottista e più o meno nazistoide italiana. Cardini ha sicuramente un ben altro spessore culturale, intelligenza politica e anche storie diverse alle spalle rispetto a individui come quelli nominati sopra. Mutti è un tipico esponente dell'estrema destra terzoposizionista una delle teste pensanti del neofascismo da quarant'anni a questa parte; Blondet è ammorbato da un virus quello di vedere ovunque la mano di un ebreo , i complotti degli ebrei e simili scemenze. Non ho mai sentito fare a Cardini alcuna dichiarazione antisemita nè razzista; è pacatamente aperto a qualsiasi dialogo e da anni si è schierato contro la guerra assimmetrica statunitense. Cardini è anche un esperto dell'Islam oltre che uno studioso del mondo medioevale. Se abbia mai pubblicato per le edizioni del Veltro non saprei così come mi sembra strano che sia stato lui a mettere la firma di introduzione su un libro di quell'antisemita infame di Bellucci. Per me avete raccolto informazioni sbagliate anche sulla sua adesione al Campo Antimperialista perchè Cardini - ma direi anche Mutti - non è persona da aderire ad iniziative come quelle dei Pasquinelli e compagnia bella. Mutti per altri motivi Cardini per i suoi non avrebbero mai dato la loro adestione al Campo
Chiedo scusa agli admin ma è necessario rispondere a questo poveraccio che si firma cccp. Cardini non sarebbe fascista secondo te perchè ha semplicemente uno "spessore" culturale (???) superiore a quello di Mutti e Blondet? Ma che cazzo di ragionamenti fai? Visto poi quanto affermi prova a dare un occhio ai nomi che compaiono qua sotto nella paginata dedicata alla cultura del sito neofascista http://www.italiasociale.org e , accanto al tuo "non-fascista" Cardini ci trovi sempre i soliti nomi: Dal Cortivo, Massimo Fini, Bellucci, Mutti, Scalea, Vernole, insomma le redazioni di Eurasia, quella di Rinascita, Orion e altro ciarpame neofascista. E tu continui a credere che Cardini non sia fascista? o sei un idiota o sei un fascio mascherato
e adesso spero proprio che la smetterai di scrivere stronzate!
by
x cccp Tuesday, Jun. 06, 2006 at 1:12 PM
mail:
Hai letto? spero che la pianterai di scrivere cazzate. Cardini pubblica sui siti dell'estrema destra al fianco dei suoi amichetti nazi. Hai letto bene i nomi? Hai un idea di chi sia Gozzoli? E' della redazione dell'Uomo Libero - gli antisemiti razzisti di Milano - legato fino a qualche anno fa agli ambienti nazi-skin di Milano (prima della chiusura si chiamavano Azione Skinheads). Gozzoli è stato assieme a Piero Sella pure indagato per violazione della Legge Mancino contro attività antisemitiche e razzistiche. Visto i contenuti del mensile L'Uomo Libero è assurdo ma sono ancora tutti a piede libero e continuano a pubblicare saggi di storia a favore del Nazismo e del Fascismo e contro Israele
Gozzoli ha pubblicato "Le radici e il seme"; Sella ha invece pubblicato "L'Occidente contro l'Europa" e "Prima di Israele" (antisemitissima ricostruzione storica della nascita dello Stato israeliano).
Furono proprio quelli di L'Uomo Libero a ospitare a ssieme al capo della destra romana Maurizio Boccacci il noto storico negazionista David Irving dieci anni fa.
L'estrema destra italiana oggi si è divisa praticamente in due campi: da un lato ci sono i movimenti razzisti e xenofobi dall'altro lato invece quelli che possiamo definire "comunitaristi" o che comunque ripropongono l'idea terzoposizionista di Jean Thiriart sul superamento della destra e della sinistra.
I razzisti schietti e dichiarati sono quelli che hanno seguito la linea data da Franco Freda alla fine degli anni ottanta con la fondazione del Fronte Nazionale (poi sciolto d'autorità per "ricostituzione del partito nazionale fascista").
L'intero gruppo delle edizioni di "Ar" segue questa linea così come la stragrande maggioranza dei vecchi militanti della Base Autonoma.
Razzisti anche i loro ideologi ( riviste come "L'Uomo Libero" dei vari Gozzoli, Sella ecc. ecc.) e xenofobe le principali formazioni politiche dell'area neofascista (Alternativa Sociale della Mussolini, Fronte Sociale Nazionale di Tilgher, Forza Nuova di Fiore e il Movimento Fiamma Tricolore di Romagnoli).
A metà strada tra i due blocchi troviamo oggi "Orion" - un tempo organo del "fronte antimondialista" con idee che definivano "nazionalbolsceviche" o "nazionalcomuniste" - da un triennio diretta da Adinolfi ex di Terza Posizione rifluito su posizioni fasciste vecchio stampo.
Anche il quotidiano "Rinascita" ospita sia interventi dei vari Gozzoli e Sella che altri di ambienti terzoposizionisti.
Tra questi ultimi citerei soprattutto la rivista "Eurasia" , rivista di geopolitica alla quale collaborano vecchie firme del neofascismo italiano ma anche ideologi marxisti come Preve, la Scheidt, Scalea ecc. ecc.
Antisemita rimane "Avanguardia" stampata a Trapani e diretta dall'ex rautiano Leonardo Fonte così come dichiaratamente antisemite sono le case editrici del Veltro di Parma (che pure è responsabile editorale di "Eurasia"), Effedieffe di Milano, Effepi di Genova.
I siti on line dell'estrema destra sono quelli già citati: da italia sociale a politica on line passando per aljazira e rinascita.
L'Iran ai mondiali: i neonazisti sosterranno la squadra di Ahmadinejad
by
Iran ai mondiali: neonazisti pronti Wednesday, Jun. 07, 2006 at 10:01 AM
mail:
L'iran è arrivato in Germania. Nel paese dei forni crematori e della soluzione finale contro gli ebrei sembra che si stia solo attendendo l'inizio dei campionati mondiali di calcio con un occhio di riguardo alla nazionale iraniana. L'Iran dell'antisemita Ahmadinejad è arrivato alla fase finale dove se la vedrà con Portogallo, Angola e Messico. Gli iraniani potrebbero anche riuscire a superare il primo turno prospettiva inquietante per gli organizzatori del mondiale visto che il presidente iraniano ha dichiarato la sua intenzione di partecipare! Già i neonazisti tedeschi hanno comunicato che tiferanno Iran!
by
fahreneith x squalo , deborah faith ecc Wednesday, Jun. 07, 2006 at 10:13 AM
mail:
E' davvero un peccato che ai mondiali in Germania non ci sia anche la nazionale di Israele (purtroppo a calcio, e non solo a quello, sono un pò pippe!).
by
antisparacazzate Sunday, Jun. 18, 2006 at 12:13 PM
mail:
Così Preve la Scheidt sarebbero "marxisti"... tanto "marxisti" da farsela con Mutti, Murelli, Martinez, cardini, con quelli di Orion e di Eurasia, con la peggiore feccia del fascismo italiano...
Ma per favore, evitiamo le idiozie: Preve e la Scheidt sono tanto fascisti quanto i loro compagni di merende!