Un bilancio sociale.
Martedì 25 aprile 2006, mentre la manifestazione istituzionale affolava piazzale Marconi, le strade del centro cittadino venivano attraversate dalla scorribanda antifascista: un segnale di discontinuità urbana, una presenza scomoda e irriverente, perpendicolare alla trionfale processione di autorità cittadine, partiti di Governo e immancabili sindacati confederati, una voce fuori dal coro nel silenzio assordante di una città perfetta. La celebrazione alternativa alla commemorazione ufficiale del 25 aprile è stata l'appuntamento culminante di quattro giornate di orizzontalità e partecipazione, maturate intorno a una piattaforma condivisa dai diversi soggetti sociali che attraverso di essa hanno deciso di relazionarsi, su quelle istanze che, sottraendo l'antifascismo alla teca di vetro inpolverata della memoria autorizzata, ne riaffermano l'attualità indispensabile nella società del presente. Attraverso di esse si delinea una differente chiave interpretativa di quell'esperienza storica eccezionale che fu la Liberazione dal nazifascismo, dove la Resistenza non costituisce soltanto un riferimento per la memoria collettiva di un paese, ma una pratica riproducibile, viva e necessaria. Lo straordinario intreccio delle diverse soggettività sociali che in varie forme hanno contribuito alla riuscita di “Bergamo Resiste”, lascia emergere l'immagine di una città nella città, dai mille volti e propositivamente altra, non minoritaria e marginale come qualcuno vorrebbe dipingerla. Sabato 22 aprile le diverse anime dell'antagonismo cittadino, ognuna con le proprie tematiche e modalità, attraversavano, con la propria vertenzialità, le strade dell'elegante centro cittadino. Ne è scaturità una giornata densa di appuntamenti in sequenza. Il pomeriggio è cominciato con l'interposizione in via XX settembre, un bastone nei raggi della ruota delle deportazioni, una pratica di solidarietà attiva verso i venditori ambulanti senegalesi, da tempo oggetto delle “attenzioni repressive” della Polizia Locale dell'assessore alla sicurezza Antonio Misiani (neo deputato dei Democratici di Sinistra). Successivamente abbiamo assistito all'incursione anti copy right del collettivo autonomo studentesco “Z” alla Fiera del Libro, dove alle persone presenti veniva fatto dono di materiale allegramente piratato, una azione pubblica per rivendicare il diritto alla libera fruizione dei saperi. La giornata veniva quindi conclusa dal “Percorso della Memoria”, camminata congiuntamente orchestrata dal centro sociale Pacì Paciana e da Bergamo Antifa attraverso i luoghi in cui, 61 anni or sono, accadde la Resistenza. Il torneo di calcio antirazzista di domenica 23 aprile, iniziativa centrale delle quattro giornate, è stato espressione della città “altra” raccolta intorno al progetto di “Bergamo Resiste”, nella composizione inedita delle variegate realtà sociali chiamate in causa dal desiderio comune di una società multietnica e policulturale, dove la diversità non costituisce terreno di scontro o integrazione, ma di confronto e scambio. La ricchezza di questo “culture mix” si commenta da sola attraverso una semplice elencazione dei soggetti coinvolti nell'evento: la comunità senegalese, la squadra di calcio dell'associazione araba ......, gli skinheads antirazzisti di Seriate, gli ultras degli Originals, lo spazio anarchico Underground con il proprio stand informativo e libertario, la tribù del centro sociale Pacì Paciana, Quickly Burnin' Sound, il cui progetto musicale intercetta trasversalmente le esperienze culturali dello Spazio Bunker e dell'associazione “Orange” (due realtà, queste ultime, a loro volta ben rappresentate nell'ambito delle quattro giornate di “Bergamo Resiste”), gli ospiti del Nuovo Albergo Popolare, coinvolti, come ormai di consuetudine, anche nell'organizzazione del tradizionale pranzo antifascista del 25 aprile al centro sociale Pacì Paciana. Le parole d'ordine di “Bergamo Resiste”, trasformate in pubbliche vertenze dalla scorribanda antifascista del 25 aprile, avrebbero dovuto porre l'accento su alcune istanze che il Governo entrante di Prodi non può non considerare in tutta la loro drammatica urgenza. La risposta delle autorità cittadine e delle “forze democratiche” alle questioni sollevate dalla nostra celebrazione alternativa è stata ben differente da quel dibattito pubblico e contenutistico che avremmo voluto sollecitare e ci costringe, una volta di più, a constatare con disillusione e amarezza quanto i significati da noi associati a principi alti quali libertà e democrazia ci distanzino, nei fatti, da coloro che ne promuovono istituzionalmente le virtù; il mutismo dei media cittadini su un torneo antirazzista che ha coinvolto centinaia di persone e le pressioni del Sindaco di Bergamo Roberto Bruni sulla Prefettura, unitamente alle minacce ingiustificate di prescrizione della Questura, per ostacolare la scorribanda antifascista, ne forniscono una triste espressione. I timori del Sindaco di possibili contestazioni, mentre davano luogo ad autoritarie interferenze nella gestione dell'ordine pubblico per risolvere un gap esclusivamente politico (circostanza che con la democrazia ha poco a che vedere..), venivano sconfessati dalla prova di responsabilità della scorribanda antifascista. Consapevoli della compostezza che un giorno come questo esige, alcune centinaia di antifascisti e antifasciste hanno percorso le strade del centro cittadino, affermando innanzitutto quei desideri e bi_sogni che non vogliono ne possono rimanere inespressi o essere ridotti al silenzio da chicchessia, e hanno attraversato perpendicolarmente la manifestazione istituzionale senza fischi o contrapposizioni, ma con la voglia di comunicare e presentare la propria alternativa a coloro che a quella manifestazione avevano deciso di prendere parte. Abbiamo parlato della presenza di contingenti italiani in vari scenari di guerra, di cui pretendiamo l'immediato ritiro, della condizione dei migranti in Italia, della vergogna di quei centri di permanenza temporanea (veri e propri lager di stato) che vogliamo vedere chiusi, dell'emergenza securitaria creata ad hoc da “certi” mezzi di comunicazione, fatta propria dalla totalità dei media e quindi dalla classe politica tutta, e delle conseguenti ripercussioni repressive e lesive delle libertà individuali più elementari. Abbiamo parlato della preoccupante situazione politica italiana, dove il dibattito politico è seriamente compromesso da un'informazione “privata”, viziata e forviante, e proprio in questo contesto si poneva con forza la nostra richiesta prima e inprescindibile: la liberazione dei fratelli e delle sorelle in carcere da più di un mese dopo gli incidenti dell'11 marzo scorso a Milano. In piazzetta Santo Spirito la scorribanda antifascista si è raccolta attorno alla lapide dedicata al partigiano gappista Ferruccio Dell'Orto, ucciso giovanissimo da antifascista, proprio come Davide “Dax” Cesare e Carlo Giuliani. In quel luogo di memoria viva le parole partigiane della “Cocca” hanno reso giustizia ai fratelli e le sorelle impriginati per antifascismo dall'11 marzo, una voce fuori dal coro a indicare quel filo diretto che attraverso la storia italiana del dopoguerra arriva ai nostri giorni, restituendo la Resistenza all'attualità di quel futuro che comincia adesso. Riemergono nell'abisso della memoria i molti che la morte ha ingoiato. Gli altri sono diventati diversi: la vita “normale” ha disperso quelli che un periodo di vita eccezionale aveva riunito una volta. Il tempo di “Senza Tregua” è diventato una leggenda. Alcuni dei suoi militano in diverse uniformi o addirittura non militano affatto. Che è rimasto dell'eroismo degli uomini? Soltanto la cara memoria dei martiri e il ricordo dei migliori? Gli uomini creano e scompaiono. E le loro opere? E l'opera più solida è l'Italia antifascista, la pace, la fratellanza dei popoli. E' l'opera dei protagonisti di Senza Tregua. Tocca ai giovani continuare sulla strada maestra, ai giovani continuare la Resistenza. (Giovanni Pesce, “Senza Tregua”)
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