Mentre scriviamo, i caccia Israeliani stanno distruggendo aeroporti, strade, ospedali nel Libano vanificando così 15 anni di investimenti economici per la ricostruzione di un paese già martoriato da una ventennale guerra civile.
In seno alla stessa Unione sono ormai preponderanti le posizioni filo Israeliane che ben si coniugano con la guerra preventiva di Bush: vedi il rifinanziamento delle missioni italiane nelle zone di guerra
NON SI TRATTA SULLA GUERRA!
RITIRO IMMEDIATO DA IRAK, AFGHANISTAN BALCANI E DA TUTTI GLI SCENARI DI GUERRA
CONDANNA DELL’AGGRESSIONE ISRAELIANA AI POPOLI PALESTINESE E LIBANESE
SANZIONI INTERNAZIONALI CONTRO L’IMPUNITA’ DELLO STATO SIONISTA DI ISRAELE
Mentre scriviamo, i caccia Israeliani stanno distruggendo aeroporti, strade, ospedali nel Libano vanificando così 15 anni di investimenti economici per la ricostruzione di un paese già martoriato da una ventennale guerra civile. Gran parte della opinione pubblica italiana, i grandi giornali hanno già espresso la loro inappellabile sentenza: Israele è la sola democrazia nella Regione, ogni sua azione è un atto di difesa sacrosanto dal terrorismo . A leggere le dichiarazioni di Berlusconi e di Rutelli non troveremo grandi differenze: Prodi blatera a (s)proposito di interventi per ripristinare la pace, ma non si discosta minimamente dalla Nato e dagli Usa che hanno sempre posto il loro invalicabile veto alle Nazioni Unite ogni qual volta si è parlato di condannare l’operato di Israele (ben 72 sono le risoluzioni Onu a favore dei palestinesi tutt’oggi inapplicate). Israele non intende dividere con gli arabi la città di Gerusalemme: gli attacchi a Gaza dei mesi scorsi, l’uccisione di centinaia di civili con bombardamenti aerei - o operazioni chirurgiche che siano - sono finalizzate al controllo di tutta la Cisgiordania. Chi si ribella alla pace israeliana è un terrorista e l’opinione pubblica internazionale viene mobilitata e disinformata sul pericolo dell’integralismo islamico con Hezbollah e Hamas additati come i nemici principali (ma i sionisti delle colonie non sono più integralisti di molti musulmani?): eppure Hamas in Palestina ha vinto regolari elezioni democratiche e per tutta risposta ha subito il boicottaggio economico della stessa Europa.
Il Medio Oriente si infiamma nuovamente per l’inconcepibile aggressione ormai a tutto campo dell’imperialismo sionista dello Stato di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza e contro il Libano; da più parti si invoca un ritorno alla Road Map - che ha già mostrato palesemente la sua inconsistenza - ma la comunità internazionale ha ancora una volta voltato la faccia di fronte agli eventi, garantendo senza alcun ritegno la massima impunità ad Israele che non solo aggredisce la popolazione palestinese a Gaza, ma di fatto entra in guerra con il Libano (secondo la dottrina della guerra preventiva e permanente contro il terrorismo “elaborata” da quel fine giurista internazionale che è George W. Bush, il quale è l’unico a sostenere Israele senza se e senza ma). L’Unione Europea non ha espresso alcuna condanna reale di Israele (si parla eufemisticamente di “reazione sproporzionata”), e accenna solo di sfuggita alla violenza feroce contro la popolazione civile! Anche la posizione di “equi-vicinanza” del governo italiano rispetto al popolo palestinese e allo Stato di Israele espressa dal ministro D’Alema risulta non solo ambigua, ma profondamente ipocrita in quanto tace sul fatto che i diritti che continuano a essere negati da quasi sessant’anni sono quelli del popolo palestinese ad avere un proprio Stato indipendente, non sottomesso all’arbitrio (e all’aggressione perpetua) di Israele. Condizione irrinunciabile perché si possa ricominciare a parlare di processo di pace in Medio Oriente è che Israele si ritiri subito all’interno dei confini del 1967 (e lasci dunque completamente liberi i territori occupati della Cisgiordania), abbatta il Muro della Vergogna che sta costruendo per chiudere i palestinesi in un ghetto, interrompa immediatamente il genocidio del popolo palestinese che sta attuando con la miserevole e ignobile giustificazione di difendersi dal terrorismo. Se il primo terrorista è lo Stato di Israele - i cui soldati massacrano indiscriminatamente civili, famiglie, bambini come avveniva con le rappresaglie in-degne durante la Seconda Guerra Mondiale - quali altri mezzi restano ai palestinesi per difendersi se non la resistenza anche armata contro uno dei più potenti eserciti del mondo? La lotta del popolo palestinese e libanese è lotta contro la guerra permanente e contro l’imperialismo: non ci sono democrazie da difendere, ma solo interessi economici imperialisti. Chiunque oggi si professi democratico, progressista e pacifista non può che schierarsi a fianco del popolo palestinese e contro le guerre Usa/Nato e Israeliane.
In seno alla stessa Unione sono ormai preponderanti le posizioni filo Israeliane che ben si coniugano con la guerra preventiva di Bush: vedi il rifinanziamento delle missioni italiane nelle zone di guerra (a proposito: il decreto legge rafforza le presenze militari all’estero, la mozione poi dell’Unione sbandierata dal segretario Prc Giordano come posizione avanzata parla di peace keeping, interventi umanitari sotto l’egida Onu proprio come accaduto nei Balcani) e il potenziamento del nuovo modello di difesa, costruito sulla filosofia Nato delle forze di pronto intervento a difesa degli interessi nevralgici. Accettare il rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero è in piena sintonia con una politica estera che non cambia sia che a governare sia l’Unione che il Polo: la subalternità della politica agli interessi imperialisti Usa è ormai appurata, chi si ribella è considerato amico dei terroristi e nemico della democrazia. Noi diciamo di No ad un nuovo colonialismo occidentale. Il dramma di queste ore si ripercuote anche più in generale sulla regione: gli israelo-statunitensi intendono coinvolgere la Siria, tirare per i capelli l’Iran, incendiare tutta l’are per cercare di uscire da una situazione di stallo (e fallimento, dal loro punto di vista) in Irak ed in Afghanistan. Di fronte a tutto questo, la politica estera italiana si ripiega su se stessa senza alcun pudore, chiudendosi in una discussione senza respiro che in sostanza nega l’unica soluzione reale possibile, quella del ritiro immediato di tutti i soldati delle missioni militari in Irak ed Afghanistan e la messa in discussione del concetto di “guerra umanitaria”, di peace keeping, di missioni in forma militare.
Quale sarebbe la nuova politica estera italiana, inaugurata addirittura da un voto compatto (addirittura bipartisan!) del rifinanziamento delle missioni di guerra? Ci chiediamo: cosa avrebbe determinato l’accodarsi della cosiddetta sinistra radicale (PRC, Verdi, PdCI, con la lodevole eccezione degli otto senatori che voteranno contro, se manterranno la posizione) al voto del rifinanziamento delle missioni militari? Una decisa inversione di rotta della politica estera imperialista italiana? Una radicale “discontinuità” con l’impegno militarista dispiegato in questi anni sia da destra che da centrosinistra? Una “promessa” di ritiro (rientro) dall’Iraq (senza una data, tanto per lasciarsi aperte tutte le possibilità fino alla fine dell’anno)? La conferma del numero dei militari in Afghanistan, e non un loro incremento? Un atteggiamento pragmatico che indica nel decreto una sostanziale”riduzione del danno” (ma certamente non di quello che rappresenta un Ministro degli Esteri come D’Alema)?
Qualunque sia la giustificazione che ci verrà propinata, l’unica discontinuità/inversione di tendenza è data dalla giravolta/voltafaccia delle forze politiche che hanno sostenuto negli scorsi anni posizioni di coerente e radicale opposizione alle missioni di guerra senza compromessi, SENZA SE E SENZA MA, come è stato detto. Addirittura il PRC voterà per la guerra dopo aver costruito la sua nuova immagine sulla non-violenza: che incredibile coerenza! È l’ennesimo, gravissimo strappo alla Costituzione, il cui impianto e spirito originario sono stati riconfermati dalla stragrande maggioranza degli italiani solo poche settimane fa. Questo voto che rifinanzia le missioni militari va contro lo spirito e la lettera dell’articolo 11, che non smetteremo mai di citare: «L’Italia ripudia la guerra come soluzione delle controversie internazionali». È ormai evidente che il governo dell’Unione (con l’alleanza organica dei due più grandi partiti comunisti presenti in Italia) mantiene la continuità con la politica imperialista e neocolonialista dei governi precedenti, riproponendo in politica estera (per non parlare delle politiche economico-sociali, che affronteremo in un’altra occasione più organicamente!) la dipendenza dall’alleato/padrone statunitense coniugato con il progetto di costruzione del polo imperialista europeo. Lo scenario della cosiddetta guerra permanente - cioè la declinazione militarista nell’epoca della globalizzazione neoliberista del capitalismo - è l’orizzonte in cui anche l’Unione iscrive la propria politica estera: dunque, l’Italia conferma che gli interessi nazionali si difendono anche all’estero, con missioni di aggressione e di occupazione di territori in cui le nostre aziende (l’ENI in primis) hanno interessi sulle fonti energetiche, sui corridoi, sui mercati.
L’appoggio a queste missioni da parte dei comunisti (a parte i pochi valorosi esempi di coerenza che manterranno fino in fondo la posizione di opposizione e voteranno NO!) equivale al voto ai crediti di guerra da parte dei socialisti tedeschi alla vigilia della Prima Guerra Mondiale: un vero e proprio TRADIMENTO!
Ritiro immediato da Irak e Afghanistan e di tutte le missioni militari all’estero.
No al rifinanziamento di tutte le missioni di guerra.
Taglio radicale delle spese militari e aumento degli investimenti sociali.
Solidarietà al popolo palestinese contro l’impunità del sionismo israeliano.
Sostegno alla resistenza dei popoli palestinese e iracheno.
Condanna da parte del Governo Italiano e dei partiti dell’Unione dell’aggressione militare israeliana alla striscia di Gaza, ai campi profughi e al Libano.
Abbattimento del Muro della Vergogna e ritiro di Israele nei confini del ‘67.
Associazione Comunista IL PIANETA FUTURO
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