18 CONDANNE A 4 ANNI (AI DOMICILIARI) E NOVE ASSOLUZIONI
Diciotto condanne a 4 anni (ai domiciliari) e nove assoluzioni. È finito così il processo per gli scontri dell'11 marzo in Corso Buenos Aires a Milano che vedeva imputati 27 ragazzi e ragazze. La sentenza è stata emessa tra le proteste dei familiari dei condannati ai quali non è stato consentito di assistere alla lettura della sentenza, così come non è stato permesso neppure ai giornalisti di entrare nell'aula.
Questi i fatti di quell´11 marzo. Dopo giorni e giorni di tam tam in rete, l´11 marzo arrivano a Milano qualche migliaia di persone da tutta italiana per partecipare a una manifestazione, prevista nel pomeriggio, organizzata da alcuni centri sociali per impedire un raduno di militanti di Fiamma Tricolore. Ma già dalla mattina a Milano inizia una vera e propria guerriglia urbana. I ragazzi si scontrano con le forze dell'ordine: costruiscono barricate con auto bruciate, sedie e tavolini presi da un Mac Donalds. Alla fine di un pomeriggio sono 34 gli arresti convalidati dai Gip Mariolina Panasiti ed Enrico Manzi. Tre mesi dopo i ragazzi indagati erano 27, di cui 2 a piede libero. L'imputazione per tutti è pesante: concorso in devastazione e saccheggio.
Il 10 giugno si apre il processo con rito abbreviato. Il pm Piero Basilone ha basato le sue accuse non solo sulla devastazione e saccheggio ma anche sul concorso morale. In parole povere i ragazzi sono colpevoli per il solo fatto di essere stati quel giorno in quel posto. «Sono giovani che hanno assistito alla prima carica, erano di fianco alla barricata accanto a persone armate e travisate. Questa – dice l´accusa - è una partecipazione significativa di adesione a ciò che stava accadendo». Insorgono gli avvocati difensori: «L'istituto del concorso morale è indecente, questi ragazzi rischiano il carcere solo per aver manifestato l'antifascismo, di alcuni di loro non si è neanche riuscito a dimostrare la presenza in piazza».
Intanto si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà per 25 ragazzi e ragazze che comunque hanno trascorso in carcere 4 mesi. Oltre alle campagne promosse dai genitori e da decine di associazioni, c'è quella firmata da 150 parlamentari che chiedono la scarcerazione. Stessa richiesta è arrivata dai migliaia di ragazzi che il 17 giugno hanno sfilato per il centro di Milano.
Ora che le sentenze sono arrivate i familiari dei condannati annunciano il ricorso in appello. «È grave - afferma Ugo Tenace, uno degli avvocati di un imputato condannato - che per la prima volta sia stato riconosciuto il reato di devastazione». Anche dal fronte politico arrivano le critiche per la decisione del giudice. Il consigliere regionale di Rifondazione comunista Luciano Muhlbauer, presente in Tribunale, parla di «sentenza già scritta prima ancora del processo. Una sentenza con la quale si vuole trovare una via d'uscita ad un teorema accusatorio inconsistente. Molti ragazzi - ricorda Muhlbauer - hanno fatto quattro mesi di carcere pur essendo stati riconosciuti innocenti. Altri ragazzi devono pagare con gli arresti domiciliari per un processo farsesco, che si è svolto in un clima infame. Sono contento che i ragazzi escano dal carcere - conclude il consigliere del Prc - ma giustizia non è fatta».
Dello stesso tenore anche il commento di Marcello Saponaro, consigliere regionale dei Verdi in Regione Lombardia: «Nove ragazzi completamente innocenti sono stati tenuti in carcere per quattro mesi. Ora dovrebbero riflettere i politici che hanno chiesto la gogna per tutti e 25 i ragazzi senza alcuna distinzione».
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