Sentenza della Corte Costituzionale
SENTENZA N.422
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), promosso con ricorso della Regione Abruzzo, notificato il 4 maggio 2001, depositato in cancelleria il 10 successivo e iscritto al n. 27 del registro ricorsi 2001.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;
uditi l’avvocato Francesco Carli per la Regione Abruzzo e l’Avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con atto notificato il 4 maggio 2001 e depositato il successivo 10 maggio la Regione Abruzzo ha proposto "ricorso per dichiarazione di incostituzionalità e, comunque, per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato", avente a oggetto l’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), in relazione agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione.
Premette la ricorrente che il legislatore, con la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), ha regolato la tutela, l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, prevedendo in particolare: a) che, ai sensi dell’art. 4, la programmazione dell’istituzione delle aree naturali protette sia stabilita con cadenza triennale, mediante la realizzazione di intese, eventualmente promosse dal Ministro dell’ambiente, tra Regioni ed enti locali, sulla base dei metodi e criteri indicati nel programma triennale di azione pubblica definito dalla legge 28 agosto 1989, n. 305 (Programmazione triennale per la tutela dell’ambiente); b) che, secondo l’art. 8, comma 1, l’individuazione e la delimitazione dei parchi nazionali avvengano previa acquisizione del parere della Regione interessata; c) che, secondo l’art. 34, la delimitazione dei parchi nazionali e l’adozione delle misure di salvaguardia ad essi relative siano disposte d’intesa con le Regioni e, comunque, sentite le Regioni e gli enti locali interessati.
Ad avviso della Regione Abruzzo, dalle richiamate disposizioni della legge quadro emergerebbe la necessità, per la realizzazione di nuovi parchi nazionali, di un "procedimento concertativo" tra Stato e Regioni al fine di garantire la giusta delimitazione delle aree interessate e la corretta gestione degli enti istituiti.
Tali principi troverebbero conferma: a) nella legge 8 ottobre 1997, n. 344 (Disposizioni per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi e dell’occupazione in campo ambientale), che ha subordinato l’istituzione dei Parchi della Costa Teatina e Torre del Cerrano a un’istruttoria che il Ministro dell’ambiente avrebbe dovuto compiere entro il 30 giugno 1998, sentiti la Regione e gli enti locali competenti; b) nell’art. 77 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), che prevede che l’individuazione, l’istituzione e la disciplina generale dei parchi e delle riserve nazionali avvenga "sentita la Conferenza unificata".
Posto il quadro anzidetto, secondo la ricorrente l’art. 8, comma 3, della legge n. 93 del 2001, istituendo nel territorio della Regione Abruzzo il Parco nazionale Costa Teatina senza l’acquisizione della previa intesa o di un parere della Regione stessa, sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in quanto – non rispettando le procedure cooperative imposte dalla legge quadro e dalle altre disposizioni richiamate – avrebbe determinato lo svuotamento del ruolo e della funzione costituzionalmente riconosciuti alla Regione Abruzzo.
La denunciata violazione del principio di leale cooperazione si sarebbe inoltre tradotta, ad avviso della ricorrente, nella menomazione delle sue prerogative costituzionali, dando luogo ad un "conflitto di attribuzioni".
La Regione Abruzzo propone infine istanza di sospensione cautelare degli effetti della disposizione impugnata, poiché essa inciderebbe pesantemente sulla disciplina e sulla gestione di un’ampia porzione del territorio regionale e renderebbe possibile l’adozione di misure di salvaguardia, caratterizzate da "importanti effetti vincolistici", in assenza di preventive indicazioni da parte della Regione.
2. – E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
L’interveniente, qualificando il giudizio promosso dalla Regione Abruzzo in primo luogo come conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione, rileva che la disposizione impugnata non indica la perimetrazione del Parco nazionale in questione, limitandosi ad integrare l’art. 34 della legge n. 394 del 1991 e a stabilire la dotazione finanziaria dell’ente gestore.
Inoltre, considerato che l’art. 2 della legge quadro articola le aree naturali protette in tre distinte tipologie sulla base delle loro caratteristiche e degli interessi coinvolti (i parchi nazionali previsti dal comma 1, i parchi naturali regionali indicati dal comma 2 e le riserve naturali di cui al comma 3), l’Avvocatura dello Stato sostiene che nessuna disposizione di rango costituzionale garantisce alle Regioni l’uso esclusivo del proprio territorio; pertanto, anche in base alla disciplina dettata dal citato art. 34, le modalità attraverso le quali esso può essere gestito da parte delle Regioni sono modulate secondo le competenze attribuite dalla Costituzione. Da ciò consegue – secondo l’Avvocatura – che non necessariamente le iniziative volte a soddisfare un interesse unitario devono essere precedute dall’intesa con la Regione nel cui ambito territoriale è previsto l’intervento statale.
Nella fattispecie la collaborazione tra il Ministero dell’ambiente e la Regione Abruzzo sarebbe regolata dall’art. 34 della legge n. 394 del 1991 e la violazione delle procedure previste da tale disposizione non darebbe luogo ad un conflitto di attribuzioni, ma eventualmente alla illegittimità dei provvedimenti ministeriali, dovendosi in definitiva escludere ogni violazione dei parametri costituzionali invocati.
L’Avvocatura conclude chiedendo che il ricorso sia respinto per carenza di presupposti, ove lo si qualifichi come conflitto di attribuzioni, o comunque che sia rigettato ove sia inteso quale atto introduttivo di un giudizio di legittimità costituzionale in via principale.
3. – In prossimità dell’udienza la Regione Abruzzo ha depositato una memoria nella quale sostiene che la disposizione impugnata ha un triplice contenuto normativo, in quanto: a) dispone "in via immediata" l’istituzione del Parco Nazionale della Costa Teatina; b) dispone, sempre in via immediata, il finanziamento del Parco, prevedendo l’iscrizione nel bilancio dello Stato di un impegno finanziario sin dall’anno 2001; c) rinvia ad un provvedimento successivo la delimitazione territoriale del Parco.
Sulla base di tali considerazioni, la Regione ricorrente ribadisce, contestando le affermazioni dell’Avvocatura dello Stato, che il Parco nazionale della Costa Teatina è stato istituito con l’art. 8, comma 3, della legge n. 93 del 2001, senza alcuna previa intesa e pertanto in violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, oltre che "in aperto contrasto" con l’art. 77 del decreto legislativo n. 112 del 1998 e con l’art. 8 della legge n. 394 del 1991.
Considerato in diritto
1. – La Regione Abruzzo solleva questione di legittimità costituzionale – tale può essere ritenuta, per sua non equivoca sostanza, la domanda della Regione, nonostante l’incertezza manifestata nel qualificare l’atto introduttivo "ricorso per dichiarazione di incostituzionalità e, comunque, per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato" - dell’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), che così recita: "Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, d’intesa con la regione interessata, è istituito il Parco nazionale "Costa teatina". Il Ministro dell’ambiente procede ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, entro centottanta giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’istituzione ed il funzionamento del Parco nazionale "Costa teatina" sono finanziati nei limiti massimi di spesa di lire 1.000 milioni a decorrere dall’anno 2001". Ritiene la Regione ricorrente che la norma denunciata, istitutiva del Parco nazionale per determinazione unilaterale dello Stato, comporti violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in particolare sotto il profilo della mancata attivazione di una procedura di "leale cooperazione" con la Regione Abruzzo stessa, nel territorio della quale il Parco in questione è situato.
Con il medesimo ricorso, la Regione ricorrente insta per la sospensione dell’efficacia della disposizione legislativa impugnata.
2. – La questione di costituzionalità è stata sollevata anteriormente all’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), con riferimento alle norme costituzionali allora vigenti ed è stata promossa al fine di ottenere il riconoscimento, tramite l’annullamento della legge statale denunciata, delle competenze regionali che si pretendono fondate su quelle medesime norme, per il tempo in cui esse erano vigenti. La presente questione ha dunque da essere decisa esclusivamente alla stregua delle norme costituzionali del Titolo V della Parte II della Costituzione nella formulazione originaria – quali in effetti invocate dalla ricorrente -, non rilevando, in questa circostanza, il sopravvenuto mutamento di quadro costituzionale operato con la legge costituzionale menzionata.
L’esito del giudizio, quale che esso sia, non pregiudica l’ambito delle competenze, rispettivamente dello Stato e della Regione, determinate dalla nuova normativa costituzionale. E ciò non solo – come è ovvio - nel caso in cui, con l’accoglimento della questione, la legge dello Stato sia annullata e quindi, per così dire, sia azzerata la situazione normativa in contestazione; ma anche nel caso di rigetto della medesima, con la permanente vigenza della norma impugnata anche al di là del momento di entrata in vigore della legge di riforma costituzionale, permanente vigenza che è conseguenza della necessaria continuità dell’ordinamento giuridico. In entrambi i casi, il rinnovato assetto delle competenze legislative potrà essere fatto valere dallo Stato e dalle Regioni tramite nuovi atti di esercizio delle medesime, attraverso i quali essi possono prendere ciò che la Costituzione dà loro, senza necessità di rimuovere previamente alcun impedimento normativo. Perciò, le norme che definiscono le competenze legislative statali e regionali contenute nel nuovo Titolo V della Parte II della Costituzione potranno, di norma, trovare applicazione nel giudizio di costituzionalità promosso dallo Stato contro leggi regionali e dalle Regioni contro leggi statali soltanto in riferimento ad atti di esercizio delle rispettive potestà legislative, successivi alla loro nuova definizione costituzionale.
3. – Nel merito, la questione non è fondata.
La Regione ricorrente si duole della legge impugnata perché avrebbe istituito il Parco nazionale "Costa teatina" senza una partecipazione della Regione stessa, conforme al principio di leale cooperazione. Questa doglianza, peraltro, si basa su un’inesatta valutazione dei termini normativi della questione.
La norma impugnata, infatti, non istituisce, propriamente, il Parco nazionale in questione ma ne prevede l’istituzione a opera di un decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, d’intesa con la Regione. Essa promuove un procedimento e, al tempo stesso, fornisce la base legale del provvedimento istitutivo del Parco, con il quale il procedimento stesso è destinato a concludersi.
Come questa Corte ha numerose volte affermato (v. ad esempio sentenze n. 175 del 1976 e n. 1031 del 1988), l’istituzione di parchi nazionali coinvolge varie competenze, sia dello Stato che delle Regioni, le quali si atteggiano differentemente nei diversi momenti in cui la procedura di istituzione si svolge (decisione istitutiva; individuazione, provvisoria e definitiva, delle aree e determinazione dei confini; stabilimento delle misure di salvaguardia; creazione di enti o autorità di gestione, e così via) a seconda dell’incidenza delle relative determinazioni sulle competenze statali e regionali. Quando si abbia a che fare con competenze necessariamente e inestricabilmente connesse, il principio di "leale collaborazione" - che proprio in materia di protezione di beni ambientali e di assetto del territorio trova un suo campo privilegiato di applicazione – richiede la messa in opera di procedimenti nei quali tutte le istanze costituzionalmente rilevanti possano trovare rappresentazione.
Tuttavia, il primo momento del procedimento, cioè la decisione iniziale che attiva le procedure in vista della creazione di uno specifico parco nazionale (decisione che prelude ma non è ancora, come detto, la "istituzione"), attenendo alla cura di un interesse non frazionabile Regione per Regione, rileva essenzialmente della competenza statale, quale espressione di tale interesse. Tale competenza, il cui esercizio è finalizzato alla tutela dei valori protetti dall’art. 9 della Costituzione, può essere organizzata in modo che trovino espressione punti di vista regionali e locali, quale integrazione degli elementi valutativi a disposizione dell’istanza nazionale decidente e contributi in vista di soluzioni condivise. Sarebbe tuttavia contraddittorio, rispetto al carattere nazionale dell’interesse ambientale e naturalistico da proteggere, ritenere che sia costituzionalmente dovuto l’assenso o l’intesa regionali o locali dotati di forza giuridicamente condizionante.
In questo senso, la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), per l’individuazione dei parchi naturali nazionali, dopo avere affermato, in principio (art. 1, comma 5), che "nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142", e dopo avere stabilito (art. 2, comma 7) che la classificazione e la istituzione dei parchi nazionali è effettuata "d’intesa" con le Regioni, ha previsto procedure complesse di dimensione nazionale, facenti capo agli organi dello Stato. Secondo l’art. 8, comma 1, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, sentita la Regione, si provvede all’istituzione e alla delimitazione definitiva dei parchi nazionali individuati e delimitati secondo le modalità di cui all’art. 4 della stessa legge. Tale ultima disposizione prevedeva un "programma triennale per le aree naturali protette", nel cui ambito era approvato (art. 5) l’elenco ufficiale delle aree naturali protette. Il programma triennale e l’elenco ufficiale erano adottati dal Comitato per le aree naturali protette previsto dall’art. 3, come organo nazionale, costituito con decreto del Ministro dell’ambiente e da esso presieduto, e formato da esponenti dell’amministrazione centrale e da rappresentanti delle Regioni; in mancanza dell’approvazione del programma entro il termine stabilito dall’art. 4, comma 6, si provvedeva direttamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente (art. 4, comma 7). Il programma triennale e, conseguentemente, la procedura incentrata su di esso sono stati successivamente aboliti con l’art. 76 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale poi, all’art. 77, riconosce rilievo nazionale ai compiti e alle funzioni in materia di parchi naturali statali attribuiti allo Stato dalla legge quadro n. 394 del 1991 e, su questa premessa, li esclude dal conferimento alle Regioni e agli enti locali, a norma dell’art. 1, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, aggiungendo però, al comma 2, che l’individuazione, oltre che l’istituzione e la disciplina generale dei parchi nazionali, è operata "sentita la Conferenza unificata".
Parallelamente alla procedura amministrativa, la legge quadro sulle aree protette, nelle sue Disposizioni finali, prevede per l’intanto direttamente la "istituzione" di alcuni parchi nazionali (art. 34, commi 1 e 2), disciplinando, al comma 3, le procedure attuative. All’elenco dei parchi nazionali ivi inizialmente menzionati, la legge impugnata ha successivamente aggiunto il Parco della Costa Teatina, già considerato dalla legge quadro "prioritaria area di reperimento", ai fini dell’adozione di misure di salvaguardia indicate (commi 6 – come integrato dall’art. 4 della legge 8 ottobre 1997, n. 344 – e 7 dell’art. 34 citato). L’individuazione di parchi nazionali direttamente per legge, anziché tramite procedimento amministrativo, è espressione della posizione eminente del Parlamento nel rappresentare l’interesse nazionale. Essa indubbiamente non consente di inserire formalmente nel procedimento legislativo che conduce alla decisione di istituire il parco la partecipazione delle Regioni e degli enti locali interessati; ma, fino a tanto che non si abbia una distorsione degli apprezzamenti del legislatore e un evidente abuso della sua funzione, con l’attribuzione ad aree evidentemente prive di valore ambientale e naturalistico di importanza nazionale della qualificazione di parco nazionale – ciò che nella specie non viene contestato –, non vi è motivo di negare al legislatore il potere di provvedere direttamente.
D’altro canto, il provvedimento legislativo di istituzione del parco non comporta di per sé ancora, come si è detto, l’interferenza concreta con specifiche competenze regionali. E, per quanto riguarda il seguito, a norma dell’art. 34, comma 3, della legge n. 394 del 1991, richiamato dalla legge impugnata, per la delimitazione provvisoria del parco, il Ministro dell’ambiente procede sulla base degli elementi conoscitivi tecnico-scientifici disponibili, in particolare, oltre che presso i servizi tecnici nazionali e le amministrazioni dello Stato, presso le Regioni; per l’adozione delle necessarie misure di salvaguardia, poi, il Ministro dell’ambiente procede previa consultazione delle Regioni e degli enti locali interessati; la delimitazione in via definitiva è stabilita con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’ambiente, sentita la Regione (art. 8, comma 1, della legge n. 394 del 1991); il decreto istitutivo del Presidente della Repubblica, infine, è adottato d’intesa con la Regione. Il principio di leale collaborazione, al quale la Regione ricorrente impropriamente fa appello per contestare la legittimità costituzionale della determinazione legislativa, potrà invece utilmente essere invocato in relazione a sue eventuali violazioni che in ipotesi si verifichino in tali momenti amministrativi successivi.
4. – Il rigetto della questione di costituzionalità proposta rende superflua ogni pronuncia, di ammissibilità e di merito, circa la richiesta sospensione dell’efficacia del provvedimento legislativo denunciato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93 (Disposizioni in campo ambientale), sollevata, in riferimento agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione (questi ultimi, nella versione anteriore alla riforma operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), dalla Regione Abruzzo, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 18 ottobre 2002.
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