In sardegna da tre anni è prigioniero in attesa di processo un compagno turco Er Avni catturato perchè comunista e opositore dello stato fascista turco. La Turchia è uno delle punte di diamante nella repressione del movuìimento comunista internazionale, basti pensare che quando i prigioniori del DHKC (attualmente nella lista nera europea) protestarono contro le durissime condizioni di isolamento e reclusione con uno sciopero della fame i reparti speciali turchi intervennero con i lanciafiamme. I militanti prima furono torturati per ora, poi bruciati vivi.
la scorsa estate invece una rionione del partito fu circondata dall'esercito e molti dirigenti furono massacrati. Lo stato italiano si è reso complice con l'operazione del 2004 di questi crimini e usa la Sardigna come terra d'esilio per questo compagni la cui unica colpa è quella di essre un oppositore politico del goverso turco.
Invitiamo il consigliere regionale A. Licheri ad occuparsi del caso come del resto ha già fatto in passato.
Segreteria Rapporti Internazionali aMpI
Appunti sulla situazione dei compagni della Tayad e dei prigionieri in Belgio, in Italia In Italia sono ancora ristretti nel carcere di Nuoro e di Roma i compagni Er Avni e Zeynep Kilich, sono stati arrestati il 1° aprile 2004, recentemente Zeynep Kilich è stata "RICHIESTA" dalla Germania ed è sotto rischio di espulsione dall'Italia verso la Germania e quindi dalla Germania potrebbe essere estradata in Turchia! In Turchia ormai da tempo, tutti i compagni (83) arrestati il 1° aprile 2004 sono liberi. Er Avni ha avuto un incidente mentre si trovava nel cellulare che lo trasportava all’aeroporto in Sardegna per il processo del 15 luglio a Perugia, Avni è stato medicato all’ospedale, ha battuto la testa e una spalla, il processo è stato rinviato. (Ho visitato il compagno Avni il 31 agosto al carcere di Nuoro e sta abbastanza bene). La compagna Zeynep è stata ricoverata per due volte nell’ospedale Sandro Pertini di Roma nel nuovo reparto speciale con le sbarre, adesso si trova di nuovo a Rebibbia, ma presto rientrerà in ospedale per essere operata. Si segnala una visita al compagno Er Avni il 14 Agosto del senatore di PRC Fosco Giannini e del consigliere della regione Sardegna Antonello Licheri PRC –entrambi dell’area dell’Ernesto- è la prima volta che dei politici si recano a incontrare il compagno, entrambi sono rimasti colpiti da Avni e sono uscite note positive sull’Ernesto nelle pagine web e articoli sulla stampa in Sardegna e da giorni e giorni aspettiamo che il Manifesto pubblichi un pezzo sulla visita. La prossima udienza del processo si terrà a PERUGIA, l’appuntamento è in Piazza Matteotti alle ore 9 di venerdì 29 settembre. Per scrivere ai compagni va bene anche l’italiano, l’indirizzo è il seguente: ER AVNI Casa circondariale – Badu 'e Carros 1, 08100Nuoro ZEYNEP KILICH – Casa Circondariale di Rebibbia , Via B. Longo 92, 00156 Roma
Come è noto in Belgio a Brugge il 28 febbraio scorso sono stati arrestati 3 compagni e lo stesso Bahar, conosciuto da molti compagni e compagne in Italia, ha rischiato l’arresto in aula a Brugge,poi,come è noto,Bahar è stato messo in prigione il 28 aprile in Olanda e dopo una grande campagna internazionale è stato alla fine liberato il 4 luglio 2006, ma ha sempre 4 anni di condanna, la prossima seduta del processo si terrà l’11 settembre a Brugge in Belgio e Bahar rischia di nuovo l’arresto, la sua grande colpa è di "tradurre", i 3 compagni ristretti nel carcere di Brugge sono sempre in isolamento e svegliati ogni mezz’ora la notte, si può adesso scrivere in inglese, e non solo in francese e fiammingo come nei primi mesi, il loro indirizzo è il seguente: Sukrije Akar Ozurdulu (la ragazza) - Musa Asoglu – Kaya Saz Penitentiair Complex Brugge Legeweg 200 8200 Brugge Belgium
Il 9 settembre si terrà un incontro a Bruxelles un incontro pubblico dalle 15 fino a tarda notte dal titolo “Pour nos libertés” dedicato al processo dell’11 settembre.Per informazioni potete consultare il sito belga CLEA, Comité liberté d’espression et d’association: http://www.leclea.be/
In Turchia , la death fast –sciopero della fame fino alla morte- per chiedere la chiusura delle celle d’isolamento - le famigerate F-type - sta ancora proseguendo da quasi sei anni ed i morti sono stati 122, in questo numero sono anche compresi i compagni e le compagne uccisi dalla polizia. La compagna Fatma Koyupinar che aveva iniziato la "death fast" il 9 maggio 2005, è deceduta a Istanbul il 27 aprile 2006 dopo 354 di sciopero della fame estremo. Adesso sono tre le persone che stanno conducendo la death fast: due liberi e una prigioniera: Il noto avvocato Behic Asci è entrato in death fast il 5 aprile 2006, il 19 agosto un compagno italiano M. che si trovava ad Istanbul è stato a trovarlo e Behic era al 137 giorno di death fast e le sue condizioni erano discrete, ha già perso 25 chili, inizia ad avere ad esempio problemi di vista. (allego al presente scritto una breve relazione di M. sull’incontro a Istanbul). Una compagna (ex prigioniera politica) Gurcan Goruroglu , adesso libera, madre di due figlie,ha iniziato la death fast il 5 maggio 2006 ed in un’intervista di metà agosto racconta che inizia ad avere problemi di movimento, il ritmo del sonno si è alterato e, fra l’altro, appaiono grosse chiazze scure in varie parti del corpo, la compagna prigioniera si chiama Sevgi Sayman , ha 39 anni, ha iniziato la death fast il 1° maggio 2006. Si dovrebbe tenere ad Istanbul un congresso Internazionale contro l’isolamento carcerario a metà ottobre ed il 5° Simposio contro l’Isolamento si svolgerà ad Atene dal 15 al 18 dicembre:
Per eventuali contatti, vindirizzi dei compagni in Turchia in death fast, per informazioni più dettagliate per il congresso a Istanbul o per il Simposio di Atene in dicembre: Paola Cecchi - Firenze Cell. 347-1380980 e-mail: ristori@tin.it Firenze, 3 settembre 2006
«Sono innocente, non un terrorista» di Nino Bandinu, da La Nuova Sardegna su stessa fonte del 15/08/2006 Badu ’e Carros, il senatore Giannini (Rc) incontra un detenuto turco rinchiuso in un reparto che ospita anche mafiosi «Sono un perseguitato» «Mi accusano di terrorismo, ma sono innocente e perseguitato dal mio governo in quanto comunista». Così il detenuto turco di Badu e carros, Er Avin, al senatore di Rifondazione, Fosco Giannini, che ieri è andato a trovarlo in cella. Da tre anni Avin vive nelle prigioni italiane in attesa di un processo che non arriva mai. E ora è ospitato a Badu e carros in un reparto ad alta intensità di vigilanza con altri 24 compagni di cella, alcuni dei quali condannati per reati di mafia. «Questo caso - ha detto Giannini - merita particolare attenzione». Fra i casi più clamorosi denunciati ieri da senatore di Rc, infatti, spicca questo in particolare. Er Avni, intelletuale di 34 anni e militante del partito comunista turco, è accusato di terrorismo dal suo governo, e detenuto da tre anni nelle carceri italiane. Ultima destinazione Badu e carros, dove è andato a trovarlo il senatore di Rifondazione, Fosco Giannini, uno degli “otto dissidenti” sull’invio delle truppe italiane in Afghanistan, accompagnato da Antonello Licheri, capogruppo di Rc in Regione. «Si tratta di un caso serio - ha detto il senatore - poichè ancora non si capisce di quali specifici reati sia accusato l’intelletuale turco. Il suo e il nostro dubbio è che per il governo turco tutti i comunisti siano dei terroristi. E il racconto di Er Avni questo sembra confermare». Il turco ieri ha ricordato al senatore tutta la sua disavventura. Dal primo arresto avvenuto a Perugia insieme alla sua compagna al peregrinare poi nei vari penitenziari italiani in attesa di un processo. «Avni chiede infatti che gli venga fatto un processo in Italia - ha aggiunto Giannini - perchè non si fida del regime turco dove i comunisti sono perseguitati. Lui inoltre teme per la sorta dei genitori rimasti in patria, per gli amici e i parenti». Il senatore di Rc che ha ascoltato per oltre un’ora il detenuto ha aggiunto che Avni ha lanciato un appello a tutte le forze democratiche perchè si interessino del suo caso e facciano in modo che venga finalmente affrontato e risolto. «Non esiste infatti nessun elemento - avrebbe concluso Avni - per cui io debba restare ancora in carcere. Se mi accusano di reati specifici allora mi facciano subito il processo». Fosco Giannini nella sua visita ha anche verificato che il detenuto accusato di terrorismo vive («o meglio vegeta») in un reparto ad alta intensità di vigilanza insieme ad altri 24 carcerati (per reati molto gravi) alcuni dei quali addirittura affiliati a grandi organizzazioni criminali, tipo mafia. Posto di fronte alla domanda: come si sta a Badu e carros? Er Avni avrebbe risposto con una alzata di spalle. Come a dire: vivo sempre in una prigione. Il detenuto ha comunque aggiunto di avere il rispetto delle guardie e dei detenuti. Gli mancano soltanto i rapporti con l’esterno, perchè da tre anni non gli fanno incontrare nessuno, nè parenti nè compagni. «A Badu e carros ho verificato - ha concluso Fosco Giannini - che il detenuto turco, come tanti altri, non vive ma vegeta: una situazione insostenibile sul piano dei diritti umani».
Cari compagni, lo scorso sabato 19 agosto, a Istanbul, assieme ad una compagna che parla anche l’italiano, ho incontrato l’avvocato Behiç Aşçi, difensore di rivoluzionari prigionieri entrato in death-fast (sciopero della fame fino alla morte) nello scorso mese di aprile. Dopo aver visto morire un gran numero di rivoluzionari prigionieri che difendeva, con la sua estrema forma di lotta Behiç Aşçi esprime la determinazione assoluta e incrollabile a esigere il ritiro delle celle F-type, a fermare la tortura dell’isolamento carcerario, condizione letale per l’insieme dei detenuti, come avrà modo di spiegarmi. Porta avanti la lotta nella sua casa, sono con lui altre 6-7 persone, due adulti e gli altri giovanissimi. Mi presento e mi dico onorato di parlare con lui, il quale, per parte sua, è molto contento di ricevere la visita di un compagno arrivato fin dall’Italia ed è disponibile ad avere una conversazione. Gli comunico che conosciamo la situazione che ha dato origine alla lotta e gli manifesto tutta la nostra solidarietà. Gli chiedo di aggiornarmi. Behiç Aşçi mi spiega che si sta creando una piccola apertura. Artisti, sindacati si stanno interessando, la censura comincia ad avere smagliature, la gente inizia a conoscere, e a discutere di isolamento carcerario. Una rappresentanza dell’Ordine degli Avvocati è riuscita a farsi ricevere dal ministro della giustizia (ma, essendo presente la stampa, costui ha fatto terminare subito l’incontro). È previsto per agosto un secondo appuntamento, senza la stampa. Il ministro ha ammorbidito al sua resistenza, accettando di incontrare l’Ord. d. Avv.; da parte loro, gli avvocati non pongono condizioni al ministro, gli chiedono solo di fare una proposta. L’aiuto che noi italiani ed europei possiamo dare alla lotta – risponde a una mia domanda – può essere quello di spezzare il fronte UE che sostiene la costruzione di carceri con celle F-type, realizzare campagne di sensibilizzazione contro la tortura dell’isolamento carcerario in Turchia. Le Autorità di quel paese sono condizionabili dalle nostre. Noi possiamo cercare di spingere deputati e governi a premere su ambasciate e consolati turchi, cercare di spingere a effettuare visite da parte di persone autorevoli presso le carceri turche: ora i detenuti sono tutti ammalati, comuni e politici; i primi, ideologicamente deboli, arrivano all’autolesionismo. Parlo con Behiç Aşçi e i presenti della persecuzione contro i comunisti in Italia e in Europa. In riferimento al battage sul blitz inglese dei giorni precedenti (sventato un 11 agosto simile all’11 settembre 2001....) e alle ulteriori restrizioni sui viaggi aerei, ci siamo trovati d’accordo che i governi usano strumentalmente il pretesto degli attentati per terrorizzare le masse popolari e attaccarne i diritti. Gli ho chiesto dettagli sulle sue condizioni: al 19 agosto è al 137° giorno di death-fast, è arrivato a pesare 63 kg., dagli 88 kg. di partenza (avendo quindi perso 25 kg.). Non vede più bene ad avverte un senso di stanchezza, ha sbalzi di pressione e perdita di equilibrio. Assume quotidianamente 200 g. di vitamina B1, tè, Nescafè, limonate, zucchero, sale (in questo modo l’esistenza in vita può protrarsi per centinaia di giorni, e si rimane lucidi e con il sistema nervoso relativamente integro fino alla morte...). È sotto controllo medico (2-3 visite alla settimana), l’Ordine dei Medici ha istituito una commissione di controllo per lui. Attualmente in Turchia tre persone sono in death-fast, tra esse una compagna in carcere dal 1° maggio. Una quarta persona è stata “rapita” dai parenti e non se ne sa niente. È molto importante il death-fast di Behiç Aşçi in qualità di avvocato. Loro, sebbene siano solo in tre, stanno smuovendo la situazione. C’è sensibilità da parte dei giovani – risponde a una mia domanda – ma non solo: c’è chi arriva in Turchia da paesi europei per unirsi al death-fast. Quattro dei giovani presenti con lui indossano una casacca rossa con stampati in giallo slogan esplicativi della lotta; essi praticano per 10 giorni lo sciopero della fame assieme a lui. Uno di essi ha meno di 20 anni, gli altri sono di poco più grandi; ho un breve scambio con loro (ho scattato alcune foto, che invio in allegato, in formato a bassa risoluzione; a chi avesse intenzione di pubblicarle, posso darle in formato originale ad alta risoluzione). Mi si accenna ad un incontro importante a metà ottobre in Turchia, per la loro lotta. Io invito in Italia chi di loro può rappresentare la lotta che stanno svolgendo. L’incontro è stato toccante, il clima cordiale. Ogni tanto gli chiedo se è troppo stanco e se non sia il caso di salutarci, ma risponde sempre che per un compagno venuto fin dall’Italia lui non è stanco. Comunque, dopo circa un’ora di conversazione, verso le 13:45, lo saluto. Behiç Aşçi mi esprime la sua vicinanza. Per La Redazione di Resistenza M.
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