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Basta con i tribunali speciali contro gli antifascisti
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CARC Torino Wednesday, Sep. 27, 2006 at 11:22 AM |
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Mobilitiamoci contro i tribunali speciali!
Basta con i tribunali speciali contro gli antifascisti
Il processo del 19 luglio contro i 27 antifascisti che a Milano l’11 marzo scorso hanno cercato di impedire una parata di neofascisti autorizzata dalle autorità milanesi, si è concluso con 6 assoluzioni e 18 condanne a quattro anni di carcere. Dopo essere stati brutalmente caricati dalla polizia ed avere subito quattro mesi di carcerazione preventiva ora gli antifascisti condannati si trovano a dovere scontare la pena agli arresti domiciliari.. La magistratura milanese, nel tentativo di celare le motivazioni politiche che hanno spinto le centinaia di giovani, lavoratori, studenti a scendere in piazza l’11 marzo in difesa degli spazi di libertà conquistati dalla Resistenza, ha condannato gli antifascisti per il reato di devastazione e saccheggio dipingendo quindi quei giovani come teppisti, rendendo così evidenti le rinnovate simpatie che certi ambienti del padronato, della magistratura, delle forze dell’ordine e della politica (che avvallano l’eliminazione dei diritti e delle conquiste dei lavoratori e delle masse popolari e le devastazioni ambientali) hanno dimostrato in più occasioni per il fascismo e i suoi criminali esponenti, ieri in camicia nera e oggi con le teste rasate e le svastiche che scorrazzano per le nostre città accoltellando vigliaccamente comunisti, anarchici e antimperialisti, lanciando molotov contro i centri sociali e le sedi di quei partiti o di quei sindacati che, ancora minimamente, si rifanno ai valori della Resistenza e dell’antifascismo Il processo di Milano ricorda, neanche tanto vagamente, i processi che i tribunali speciali fascisti conducevano contro gli oppositori del regime, i comunisti e i sinceri democratici. Così come a Milano, a Torino il 2 ottobre verrà celebrato un altro processo da tribunale speciale che tenterà di condannare gli antifascisti torinesi che l’anno scorso sono scesi in piazza per manifestare contro gli accoltellamenti e le aggressioni fasciste nella nostra città e che sono stati anch’essi caricati e barbaramente pestati dalla polizia. La magistratura torinese, seguendo lo stesso copione di quella milanese, vuole fare apparire, agli occhi dei cittadini e dell’opinione pubblica, gli antifascisti come una banda di vandali e di delinquenti e, non potendoli processare esplicitamente per antifascismo perché in Italia è ancora in vigore una legge costituzionale che persegue la ricostituzione del partito fascista e l’apologia del fascismo stesso, li accusa di reati che non hanno nulla a che vedere con il vero motivo per cui altri lavoratori, giovani e studenti, sono scesi in piazza a gridare il loro sdegno e la loro indignazione contro il rigurgito del fascismo e le scorribande dei suoi criminali esponenti. Ma i veri delinquenti che dovrebbero essere perseguiti penalmente sono i fascisti e i loro fiancheggiatori. I veri devastatori sono i padroni e i politici che eliminando le conquiste e attaccando i diritti dei lavoratori e delle masse popolari devastano le nostre vite e minacciano il nostro futuro utilizzano servizi segreti, magistratura, polizia e carabinieri, contro chi non accetta i soprusi, le ingiustizie e si organizza per combatterle. Come durante il ventennio fascista, i tribunali speciali moderni servono alla borghesia (industriali, banchieri, affaristi , speculatori ,ecc.) da monito per chiunque intenda lottare contro i suoi crimini e i suoi soprusi, sono strumento per criminalizzare le lotte delle masse popolari e trattarle alla stregua di reati comuni perseguibili penalmente. Con questo strumento la borghesia tenta di colpire ogni forma di lotta che potrebbe essere presa da esempio da più ampi settori delle masse popolari e del proletariato e che potrebbe estendersi sino a mettere a serio rischio il suo sporco e infame sistema di guerre e di sfruttamento. Il processo contro gli antifascisti è un processo politico. La vasta mobilitazione contro la criminalizzazione degli antifascisti e le migliaia di persone che sono scese in piazza a Milano in corteo in solidarietà con gli arrestati dell’11 marzo ha, in una certa misura, impedito che gli antifascisti subissero pene più gravi estendendo le mobilitazioni in solidarietà con gli arrestati. Dobbiamo partire da quelle mobilitazioni di solidarietà e sostegno trasformando anche il processo di Torino in una grande mobilitazione popolare contro il fascismo e i suoi fiancheggiatori. E’ un dovere di ogni cittadino e di ogni sincero democratico! Esprimiamo solidarietà agli antifascisti condannati e sotto processo! Mobilitiamoci contro i tribunali speciali! Inviamo lettere, e-mail e telefonate di protesta alla procura presso il tribunale di Torino.
Il 2 ottobre alle ore 9 in corso Vittorio Emanuele 130 partecipiamo numerosi al presidio di fronte al tribunale.
Partito dei CARC sez A.Gramsci Torino via Cruto 18 3476558445 carctorino@yahoo.it
www.carc.it
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DA TORINO A MILANO: REPRESSIONE AD ALTA VELOCITA’
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FEDERAZIONE ANARCHICA MILANESE Wednesday, Sep. 27, 2006 at 12:03 PM |
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Sabato 30 volantinaggi contro la repressione e in solidarietà agli antifascisti e antirazzisti torinesi sotto processo. Presenza nei mercati e, in particolare, in quello di Viale Papiniano per l’intera giornata.
DA TORINO A MILANO: REPRESSIONE AD ALTA VELOCITA’
Il 19 luglio 2006 si è concluso a Milano il processo per i fatti dell’11 marzo 2006 con una sentenza di condanna a 4 anni per 18 degli imputati tuttora agli arresti domiciliari. Quei 38 minuti in Corso Buenos Aires sono costati molto caro ai 29 compagni che avevano deciso di manifestare il loro dissenso nei confronti di chi ha consentito una manifestazione fascista in pieno centro città. Dopo 130 giorni di custodia cautelare nelle carceri di San Vittore e Bollate, negazione dei permessi visita dalla data di rinvio a giudizio e lettura del dispositivo di sentenza a porte chiuse, ecco la condanna. Bel colpo per uno Stato che non tollera alcuna forma di dissenso non allineato. L’accusa era di devastazione e saccheggio, pena prevista dagli otto ai quindici anni. Il pubblico ministero ha chiesto cinque anni e otto mesi, nessuna attenuante. Bastava passare una bottiglietta d’acqua ad un compagno per rischiare una condanna ad un reato che prima del G8 di Genova non solcava da 22 anni le aule dei fori italiani. Nessuno dei 29 imputati era riprodotto in un fotogramma o frammento di video nell’atto di compiere i reati contestati. Eppure l’ingranaggio repressivo si è messo in moto e questa volta ha punito davvero duramente. Chiuso un processo se ne apre un altro. A Torino. Il 2 ottobre 2006 inizia il processo a carico di 10 compagni arrestati durante un corteo di denuncia di un raid fascista nella casa occupata Barocchio nella notte dell’11 giugno 2005 che è quasi costato la vita a due degli occupanti. Il reato contestato è ancora di devastazione e saccheggio. Anche in questo caso il rischio è di una pena che va dagli otto ai quindici anni. Come a Milano anche a Torino l’intento è chiaro. Chi non si allinea, chi lotta contro lo Stato, chi non collabora coi poteri forti finisce nella canicola delle maglie repressive che non hanno alcun freno e con leggerezza disarmante dispensano condanne pesanti come macigni. Esprimere liberamente il proprio pensiero e manifestare il proprio dissenso mettono in allarme lo Stato che reagisce duramente e “seda gli animi”. È lungo l’elenco di compagni arrestati o indagati perché non allineati, perché instacabili denunciano abusi e violenze, perché si difendono dalle aggressioni fasciste, perché non accettano supini le molteplici espressioni dell’autorità quali l’uso della forza, il trattamento disumano riservato agli immigrati, l’imposizione di “grandi opere” che stravolgono l’ambiente e sono un pericolo per l’uomo, le condizioni di assoluta precarietà lavorativa e abitativa in cui non-vive la maggior parte della popolazione e il sostegno ad occupazioni militari e guerre. Il delirio repressivo non si arresta e alla lunga lista di procedimenti in puro stile repressivo si aggiunge il recente rinvio a giudizio di 9 antirazzisti torinesi accusati di interruzione di pubblico servizio per una protesta contro i lager-CPT in consiglio comunale nel novembre 2000. Ancora una volta il messaggio è fin troppo chiaro: reprimere e punire chi esprime il proprio sdegno nei confronti di ingiustizie e abusi. La parola d’ordine è, come sempre, dividere, lacerare e piegare chi ha scelto di lottare ogni giorno per la libertà di ogni individuo e contro un mondo sempre più ingiusto e diseguale. La risposta non può che essere ancora una volta la critica radicale e la lotta a qualsiasi forma di abuso e repressione perpetrati dallo stato e dai suoi gregari. Una lotta che non può non coinvolgere l’intera società di fronte alla compressione e negazione delle libertà fondamentali di ogni individuo. Esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni che il 2 ottobre affronteranno un processo lungo e difficile e a tutti quei compagni che da anni lottano ed esprimono il loro dissenso verso ogni forma di autoritarismo, sfruttamento e repressione.
FEDERAZIONE ANARCHICA MILANESE CIRCOLO DEI MALFATTORI - MILANO
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ma quali "scontri"?
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uno che c'era Wednesday, Sep. 27, 2006 at 5:17 PM |
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Cito dal post del Network antagonista "per gli scontri di via po dell'estate scorsa". Ma di quali "scontri" state banfando?. La polizia che polverizzato il corteo in meno di un minuto. Al quarto minuto sono ripresi gli aperitivi in via Po. Un po' meno dicelodurismo e un po' più di realismo? Per non parlare di quanto giudici e poliziotti amino leggere queste cose su indy (vere o false che siano). Ve le siete lette le motivazioni della sentenza di Milano? Avete letto che c'è gente che si è beccata 4 anni perché secondo loro le cazzate anonime su indy avrebbero costituito premeditazione?
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Torino antifa: dossier devastazione e saccheggio
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Network antagonista torinese Thursday, Sep. 28, 2006 at 9:37 AM |
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“DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO” Questo reato prevede una pena che va dagli 8 ai 15 anni e permette la carcerazione preventiva. Gli arrestati, insieme ad altri dieci denunciati a piede libero,sono colpevoli di aver partecipato attivamente a due manifestazioni...
“DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO”
Questo reato prevede una pena che va dagli 8 ai 15 anni e permette la carcerazione preventiva. Gli arrestati, insieme ad altri dieci denunciati a piede libero,sono colpevoli di aver partecipato attivamente a due manifestazioni: unaavvenuta a maggio in solidarietà con la popolazione immigrata detenuta nel CPT di C.so Brunelleschi, e l'altra indetta in seguito all'aggressionefascista e al ferimento di due occupanti del Barrocchio Squat di Grugliasco.Entrambe le manifestazioni si sono concluse con alcuni momenti di tensione escontro con le forze dell'ordine. Non vogliamo con questo fare alcun tipo di vittimismo in quanto non è nostra pratica politica e siamo soliti rivendicare pienamente le lotte che portiamo avanti nelle parole d'ordine e nei metodi che utilizziamo, assumendocene pienamente le responsabilità. Rivendichiamo l'essere militanti dei centri sociali, che ancora oggi, in questa città, continuano ad essere realtà vive e luoghi del conflitto urbano.
Pensiamo di non esagerare quando individuiamo nella procura torinese un fare persecutorio e militante nei nostri confronti, che grazie ad un'azione portata avanti con metodo, fa sì che ad ogni momento di lotta ne corrisponda uno di legge. La devastazione contestata a seguito delle manifestazioni di piazza nulla ha a che vedere con la vera devastazione; quella che il potere statuale commette ogni giorno, quella dello sfruttamento, del dominio, della negazione di qualsiasi affermazione dei bisogni personali e collettivi, quella dei territori devastati in nome del profitto, come per il progetto TAV/TAC in Val di Susa, quella della nostra città cantierizzata per un evento di cui nessuno usufruirà e che il tessuto urbano mai riassorbirà. Nell'ultima motivazione emessa infine, insieme al rifiuto di concedere misure alternative agli arresti domiciliari, ci viene chiaramente spiegato come siano le personalità dei soggetti a essere messe sotto processo, quelle personalità giudicate pericolose perché segnalate dalla Digos come attive a decine e decine di manifestazioni e iniziative di movimento. Ad essere messi sotto accusa non sono i fatti compiuti, ma l'appartenenza degli imputati ad ambiti di lotta antagonisti.
CRONOLOGIA DI UN REATO
Iniziamo con il ricostruire lo svolgimento delle iniziative antirazziste e antifasciste che portarono agli arresti e alle accuse che vedono coinvolti venti compagn* torinesi.
Nel mese di maggio furono organizzate a Torino alcune iniziative in solidarietà agli immigrati detenuti all'interno del Cpt di Corso Brunelleschi. In quel periodo molti di loro avevano intrapreso un lungo sciopero della fame e numerose erano state le rivolte scoppiate all'interno del centro represse duramente dalle forze dell'ordine. Si verificarono diversi atti di autolesionismo tra gli immigrati che protestavano contro le condizioni di detenzione e contro le ragioni stesse della loro ingiusta incarcerazione. Il 19 maggio in particolare, furono moltissime le persone che accorsero fuori dal Cpt di corso Brunelleschi in solidarietà alla lotta che si era sviluppata all'interno e per protestare contro la repressione attuata da polizia e carabinieri chiamati a sedare le rivolte. All'arrivo dei manifestanti, la situazione si presentò drammatica; molti immigrati erano arrampicati sulle recinzioni e sui tetti dei container e innalzavano lenzuola macchiate di sangue.
Durante il presidio i manifestanti riuscirono a comunicare con i detenuti che chiedevano di essere liberati. Alcuni salirono sulle mura di cinta per documentare con alcune fotografie quanto stava accadendo all'interno. Altri scelsero di mettere in atto un'azione simbolica che richiamasse l'attenzione sulla situazione che gli immigrati erano costretti a vivere e aprirono uno spiraglio sul muro di cinta esterno: un piccolo gesto che voleva sostenere le rivendicazioni di libertà e di giustizia di chi è costretto a vivere rinchiuso per la sola colpa di non avere un documento.
Durante l'azione simbolica la polizia schierata in assetto antisommossa fece partire una carica contro i presidianti che cercarono di resistere e di rimanere nei pressi del Cpt per continuare l'iniziativa di solidarietà. Al termine della manifestazione un compagno del Collettivo universitario autonomo venne fermato, portato in questura e dopo qualche ora tradotto in stato d'arresto al carcere delle Vallette con l'accusa di resistenza e lesioni aggravate in concorso. Giovanni rimase in carcere per tre giorni e successivamente venne liberato con l'obbligo di firma, misura che si protrae tutt'ora.
Il 12 giugno intorno alle 5 del mattino, una dozzina di fascisti armati di coltelli e bastoni si introducono nella casa occupata Barocchio di Grugliasco e aggrediscono alcuni degli occupanti che si erano nel frattempo svegliati allarmati dai rumori. In particolare due di loro vennero feriti in modo grave. Dino riportò tre ferite, di cui una all'avambraccio che recise un'arteria, mentre Massimo venne colpito a pochi millimetri dall'occhio, al torace e infine una coltellata gli perforò il diaframma sfiorando l'intestino.
Un'aggressione gravissima come non se ne vedevano da decenni a Torino, ma che perfettamente si inserisce nello scenario degli attacchi dell'estrema destra a livello nazionale a danno di centri sociali, case occupate e militanti antifascisti.Il movimento antifascista torinese scelse di rispondere a quella vile aggressione con un corteo cittadino che comunicasse alla popolazione cosa era accaduto e che richiamasse l'attenzione di tutti e tutte sulla presenza nella nostra città di formazioni neofasciste intenzionate a colpire non solo il movimento, ma anche le fasce più deboli ed emarginate della società come gli immigrati. Anche per queste ragioni si decise di partire da San Salvario, quartiere multietnico colpito quotidianamente dalle retate della polizia e insieme dal razzismo neofascista.
Il corteo sfilò completamente blindato dalle forze dell'ordine che lungo tutto il tragitto continuarono a cercare di imporre divieti sul percorso. Nonostante queste difficoltà, il corteo - grazie ai numeri dei partecipanti e alla loro determinazione - riuscì a giungere fino a Via Po con l'intenzione di terminare al Fenix (posto occupato in Corso San Maurizio) passando da Piazza Castello per un volantinaggio che comunicasse le ragioni della manifestazione.
Dopo qualche minuto di trattativa in Via Po, la polizia decise di caricare ingiustificatamente per sciogliere il corteo. Fu una carica breve ma violenta e i manifestanti, nel tentativo di resistere e di difendersi dalle manganellate, si riversarono correndo sotto i portici della via ed eressero poco prima di Piazza Vittorio una piccola barricata per impedire l'avanzata della polizia, che noncurante dei passanti e dei dehors dei commercianti, travolgeva tutto ciò che gli si presentava di fronte.
Una volta ricompattatosi, il corteo proseguì nel quartiere di Vanchiglia e terminò davanti al Fenix dove si scoprì che intanto, durante le cariche, quattro manifestanti erano stati fermati. Due di loro furono portate in stato d'arresto al carcere delle Vallette, dove rimasero per ben due settimane; altre due furono rilasciate dopo qualche ora di fermo in questura.
Qui di seguito uno stralcio del racconto di Andrea, uno dei fermati.
"Appena è partita la carica è cominciato un fuggifuggi generale e sono caduto per terra; neanche il tempo di capire cosa era successo che mi ritrovo circondato da poliziotti intenti a manganellarmi. Non so stabilire per quanto tempo possa essere durato questo "pestaggio", ma sta di fatto che a me è sembrata un eternità, sono stati momenti terribili...ho creduto veramente di morire. Scorgevo gli sguardi dei poliziotti che ci pestavano, sembravano assatanati. Poi è intervenuto un altro poliziotto (sicuramente di grado superiore ai picchiatori) che ha detto: "basta è finita.. portatelo via". Dopo essere stato ammanettato vengo portato via da un agente che mi tira degli insulti gratuiti del tipo: "muoviti!!! pezzo di merda adesso vedrai". Io gli chiesi solo se poteva fare piano, gli dissi che avevo un problema motorio dall'infanzia e che non riuscivo ad andare più veloce, ma lui fece finta di niente. Sono stato anche vittima di uno sgambetto, per poco non mi sfasciavo i denti... Poi preso dal braccio da un altro poliziotto sono stato condotto dentro la questura. Il mio trascinatore ha notato che camminavo in maniera irregolare cosi mi ha detto "smetti di fare la commedia, non far finta di strare male" e gli ho detto: "guarda che sono invalido non faccio finta". Dopo cinque minuti cominciai a lamentarmi perchè stavo male, sentivo dei crampi fortissimi alla pancia, nausea, capogiri e ovviamente la schiena a pezzi. Continuavo a ripetere che stavo male e che volevo un medico...Il referto dice: trauma cranico più contusioni multiple. Da quanto ho capito mi è stato cambiato il capo d'accusa a causa dei miei problemi motori. Prima ero accusato per resistenza e devastazione ora dovrei essere accusato di manifestazione non autorizzata". All'alba del 20 luglio, giorno tristemente famoso per l'omicidio di Carlo Giuliani, 17 abitazioni di compagn* furono perquisite. Nel mentre venne perquisita anche la casa occupata Barocchio, sgomberato e posto sotto sequestro il Fenix, luogo incriminato per aver accolto il ritorno dei manifestanti dal corteo del 18 giugno. Durante le perquisizioni vennero arrestati e portati in questura sei compagni. Un altro compagno fu invece arrestato al campeggio No Tav di Venaus. Tutti e sette trascorsero venti giorni nel carcere delle Vallette. Altri tre compagni colpiti dal mandato di cattura non risultarono reperibili; due di questi (imputati soltanto per l'iniziativa del Cpt) si presentarono successivamente in questura, mentre il terzo venne arrestato durante un'iniziativa in Piazza Vittorio. Pochi giorni dopo il Gip confermò gli arresti sostenendo che si trattava di soggetti pericolosi che avrebbero potuto reiterare il reato. Trascorsi quindici giorni gli avvocati si rivolsero al Tribunale del Riesame che decise di trasferire i sette imputati agli arresti domiciliari. Dei tre arrestati successivamente, i primi due che si presentarono in questura nel mese di settembre rimasero in carcere una settimana e furono in seguito posti ai domiciliari fino all'inizio di dicembre, quando venne loro dato l'obbligo di firma. Il terzo trascorse alle Vallette ventuno giorni e successivamente venne portato agli arresti domiciliari..
Durante il periodo trascorso ai domiciliari, numerose sono state le richieste degli avvocati difensori al Gip - e successivamente al Gup nell'udienza preliminare - per ottenere la scarcerazione. Tutte le richieste sono state negate con le seguenti motivazioni: "preso atto del parere contrario del Pm, ritenuto che la considerevole gravità dei fatti renda tutt'ora attuale il pericolo di recidivanza, pericolo che può essere salvaguardato quanto meno con la misura degli arresti domiciliari, il Gip respinge le istanze proposte". "Ritenuto che persistano, nei confronti di tutti gli imputati, le esigenze cautelari, già illustrate nelle ordinanze applicative, nelle ordinanze del Tribunale del Riesame e nelle numerose successive ordinanze, per le ragioni già in esse indicate e che devono intendersi richiamate, evidenziando come il periodo trascorso, in assenza di altri elementi e soprattutto mentre sono ancora in corso rispettivamente il giudizio abbreviato e l'udienza preliminare, peraltro prossimi alla conclusione, non possa, di per sé, essere giudicato sufficiente a far ritenere cessato o anche scemate tali esigenze e a far ritenere misura cautelari diverse da quelle in corso idonee a rassicurare in ordine al controllo della pericolosità degli imputati; il Gup respinge dunque le istanze". Oltre ai dieci colpiti da misure cautelari, altre dieci persone sono coinvolte nelle indagini che riguardano le iniziative sopraccitate. Gli otto compagni sono accusati di devastazione e saccheggio in concorso, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, lesioni personali aggravate. Di questi otto uno è accusato per entrambe le iniziative, mentre gli altri sono imputati soltanto per la manifestazione antifascista. Dei dieci a piede libero, i due arrestati durante il corteo del 18 giugno sono accusati di devastazione e saccheggio, mentre gli altri otto di resistenza e lesioni per l'iniziativa al Cpt.
Una settimana dopo gli arresti, il 28 luglio, venne organizzato un corteo per la liberazione dei 7 compagni. Parteciparono alla manifestazione circa cinque mila persone; la solidarietà attiva giunse non solo dall'intero movimento, ma da centinaia di torinesi, da partiti come Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti Italiani, dai sindacati di base, da alcune aree della Cgil cittadina e da diverse associazioni locali. Fu una grande manifestazione che diede una risposta forte e immediata ad una vicenda che fin dall'inizio appariva destinata ad assumere toni e significati di più ampia portata.
E' importante sottolineare che la maggior parte degli imputati sono incensurati e che nonostante questo, essi vengono più volte definiti soggetti pericolosi per il semplice fatto di aver una grave accusa sulle spalle, accusa non ancora dimostrata e confermata in sede processuale ma che tuttavia continua a fornire ai magistrati torinesi la giustificazione per una detenzione così lunga. Alcuni degli imputati sono giovani studenti, altri lavoratori, uno di essi è padre di una bambina piccola e sicuramente la detenzione in carcere come la costrizione ai domiciliari ha reso loro la vita quasi impossibile. Non vi sono motivazioni che possano legittimare una così lunga detenzione preventiva: infatti il reato di devastazione e saccheggio è tutto da dimostrare e in dibattimento si renderà evidente che quanto successo non ha nulla a che vedere con questo grave capo d'accusa che prevede una reclusione dagli otto ai quindici anni. Per rendere l'idea, questa accusa è stata utilizzata negli anni passati all'interno del processo contro la catastrofe del Vajont, i cui responsabili furono tra l'altro assolti. E' chiaro a tutti come quello che è successo in Via Po il 18 giugno non possa essere assolutamente paragonato a una tragedia come quella del Vajont che causò centinaia di morti e la distruzione di interi paesi.
Accusare di devastazione e saccheggio persone che hanno partecipato a delle iniziative così importanti nella nostra città, fa pensare che si sia voluto creare un caso politico più che giudiziario. Ricordiamo che i pm che hanno gestito e organizzato l'ennesima montatura giudiziaria a danno del movimento antagonista torinese, sono Maurizio Laudi e Marcello Tatangelo, gli stessi che imbastirono la vicenda dei cosiddetti "Lupi Grigi". In quell'occasione fecero arrestare per terrorismo (anche qui preventivamente) tre giovani, di cui due - Sole e Baleno - si suicidarono durante il periodo di detenzione. Alla fine del processo tutti e tre furono prosciolti dalle accuse di terrorismo.
L'accanimento della magistratura è ancora una volta assolutamente ingiustificato, ma ben si inserisce nel clima che si è instaurato in città negli ultimi mesi di vigilia olimpica. Torino si appresta infatti a farsi vetrina mondiale e necessita di ripulire e nascondere ogni aspetto dissonante che potrebbe "rovinare la festa". Priorità della giunta comunale e della questura insieme è stata ed è quella di tentare di zittire ogni dissenso e di ricostruire per l'occasione la facciata della città: sgomberando i posti occupati, rinchiudendo gli immigrati nel Cpt, costruendo cantieri ovunque e arrestando che si oppone a questa operazione. Da non dimenticare inoltre che tutta questa vicenda giudiziaria è stata gestita dalla magistratura e dalla questura più come una campagna pubblicitaria e promozionale da vendere ai cittadini e al Ministero degli Interni. Gli imputati hanno visto le loro facce, i loro nomi, le loro storie personali, la loro vita privata, sbattute in prima pagina da giornali e televisioni. Le loro ragioni e le loro azioni (queste sì tutte politiche) sono state invece trasformate in banali atti di teppismo.Tutta questa vicenda si fonda sulla presunta pericolosità dei soggetti inquisiti. Bisognerebbe chiedersi chi siano i veri pericolosi...Teniamo a precisare che su dodici estremisti di destra indagati di duplice tentato omicidio in concorso per l'aggressione al Barocchio, soltanto uno è stato arrestato e dopo un anno liberato.
Il 9 Gennaio l'ennesimo rifiuto da parte del tribunale del riesame, per Fabio e Sacha della concessione di una misura alternativa alla detenzione. E' grazie al " lavoro preciso" della Digos che il giudice emette una chiara sentenza politica, che incrimina i compagni per chi sono, per cosa pensano e non per i fatti specifici.
"Ritiene questo tribunale che la richiesta non possa essere accolta, in quanto, per la gravità dei fatti e, soprattutto, per la personalità degli indagati, sussiste tuttora il pericolo di reiterazione di fatti criminosi analoghi a quelli per cui è processo, e solo una misura custodiale (...) possa garantire contro la ripresa dell'attività criminosa. Particolarmente illuminante, in proposito, appare il contenuto delle "schede" della Questura sui nominati soggetti, che, sebbene assai giovani, hanno un curriculum di partecipazioni ad atti di violenza di tutto rispetto. (...) Tale pervicace partecipazione ad atti lesivi dell'ordine lascia intendere che, ove totalmente liberi, i predetti facilmente riprenderebbero frequentazioni e comportamenti consimili, non neutralizzabili con misure cautelari diverse da quella in atto. Per questo motivo respinge l'appello in ordine alla richiesta di revoca misura cautelare agli arresti domiciliari, ovvero di sostituzione della stessa con l'obbligo di presentazione alla P.G."
Il 14 gennaio si è tenuta l'udienza relativa agli imputati per i fatti del CPT, indagati per resistenza e lesioni aggravate. I compagni avevano deciso di intraprendere il procedimento del processo con la formula del rito abbreviato; il pubblico ministero richiede pene fino a 3 anni e 6 mesi . Il 17 gennaio arrivano le condanne per i riti abbreviati che già scontati di un terzo della pena, condannano i compagni in primo grado a pene che raggiungono l'anno e due mesi. Gli 8 compagni vengono rinviati a giudizio per devastazione e saccheggio e il tribunale, nonostante l'immediata richiesta del PM, si riserva entro 5 giorni di decidere sul proseguo della carcerazione.
Il 19 gennaio dopo 6 mesi tra galera e arresti domiciliari gli 8 compagni vengono scarcerati e alcuni di loro vengono sottoposti all’obbligo di firma presso l’autorità giudiziaria tre volte a settimana. Il 7 giugno, a venti giorni dall’inizio del primo grado del processo, vengono revocati gli obblighi di firma che duravano ormai da 5 mesi. Il 27 giugno la prima giornata del processo viene subito rinviata al 2 ottobre; nel frattempo arriva la prima condanna per devastazione e saccheggio nei confronti di 18 compagn* milanesi arrestati durante il corteo antifascista dell’11 marzo 2006. La condanna è di 4 anni di reclusione.
Network antagonista torinese Csoa Askatasuna Csa murazzi Collettivo universitario autonomo
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prima udienza
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rd Monday, Oct. 02, 2006 at 6:51 PM |
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2 ottobre 2006 - Torino, palazzo di giustizia Si è svolta la prima udienza del processo agli antifascisti e antirazzisti torinesi accusati di devastazione e saccheggio per il corteo del 18 giugno 2005. L'accusa sosterrà l'ipotesi che il corteo del 18 giugno 2005 fosse stato indetto per attaccare le forze dell'ordine, mentre per la difesa l'iniziativa mirava a informare la cittadinanza del preoccupante crescendo di aggressioni fasciste ai danni di giovani occupanti di case, anarchici o comunisti, culminato nell'accoltellamento di due ragazzi del Barocchio. Ai dieci imputati per il corteo vanno aggiunti due ragazzi accusati per un presidio svoltosi davanti al muro del CPT di corso Brunelleschi il 19 maggio precedente, allo scopo di sensibilizzare i cittadini sulla presenza di un vero e proprio lager tra le loro case. Acquisiti gli elementi di prova, le richieste delle parti e le liste dei rispettivi testimoni, la Corte ha fissato la prossima udienza per lunedì 6 novembre per l'inizio della fase propriamente dibattimentale.
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