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MA CHE PALLE
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NESTORE Thursday, Oct. 05, 2006 at 4:16 PM |
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Ma gurada che siete veramente noiosi, continuate a vagheggiare il passato di una purezza romantica agro pastorale, vi recintate nello stazzo del vittimismo xenofobo e blaterate del dominio coloniale senza considerare che il problema non è il dominio coloniale italiano ma il capitalismo: sardo o pakistano che sia
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Il contrario
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No global Sardinnya Friday, Oct. 06, 2006 at 1:23 PM |
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A me sembra che sostengano il contrario...... Tecnologizzare la vecchia pastorizia trasformandola in economia di tipo aziendale e redditizio. Formazione scolastica. Professionalizzazione. I pastori sono gli unici veri proletari lavoratori produttori primari in Sardinnya, se ci pensiamo bene.... Il resto fin'ora è stato sogno, fallimento e assistenzialismo italiano.
20.000 pastori/allevatori possiedono il 70% delle terre nelle zone non costiere coltivabili e ne conquistano (arricchendosi)sempre di più! I loro prodotti costituiscono al giorno d'oggi l'unico marchio di esportazione originalmente Sardo in tutto il Mondo.
Definirli simbolo di arretratezza mi pare riduttivo! Dalla morte lenta del Popolo Sardo sono gli unici che ne stanno uscendo senza danni: prima o poi le zone interne si spopoleranno completamente e loro ne rimarrano gli unici padroni!
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Pastori proletari?!?!?
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Confusione Friday, Oct. 06, 2006 at 4:23 PM |
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La confusione regna! Prima dici che "I pastori sono gli unici veri proletari lavoratori produttori primari in Sardinnya", e poi che "possiedono il 70% delle terre nelle zone non costiere coltivabili e ne conquistano (arricchendosi) sempre di più".
Ovviamente chi possiede terre e si arrichisce da esse non è un "proletario", ma un borghese, magari piccolo e ferocemente reazionario. I veri proletari (sardi o meno) sono i servi pastori che lavorano per i padroni che tu esalti, gli operai nelle fabbriche, i lavoratori nei call center, i dipendenti di botteghe e aziende artigiane... Insomma, coloro che vivono della vendita della propria forza lavoro (fisica o intellettuale). In una parola, gli sfruttati.
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Boh
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Confusione II Friday, Oct. 06, 2006 at 7:25 PM |
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Proletario è chi lavora e produce, e i pastori è innegabile che lavorino, tutti, e producano! Il pastore proprietario del bestiame, il mezzadro e il servo pastore lavorano nella stessa maniera, da sempre. Poi se parliamo dell'aristocrazia fondiaria italianista affittuaria e del sistema di sfruttamento nato dopo la conquista spagnola, allora è un altro paio di maniche.... Ma quei proprietari non possono essere definiti pastori: pastore è chi munge, porta al pascolo, si sporca le mani di merda insomma!
Parlando di operai il discorso cambia: gli operai Sardi sono per l'80% improduttivi: essi vengono impiegati in aziende eternamente in perdita mantenute dallo stato italiano solo per tenerli buoni ed evitare derive separatiste.... I sindacati italiani inoltre guadagnano dei fessi da inquadrare e buggerare.... L'Industria sarda è inesistente, una truffa bell'e buona! Il resto sono impegati pubblici, sbirri, militari, pensionati, cassintegrati e emigrati....
Ecco perchè il pastore e l'allevatore (con artigiani e edili) restano gli unici veri produttori redditizi in Sardegna. Il settore trainante con più di 7.000.000 di pecore e quasi 50.000 impiegati!
La scuola italiana, invece, completamente fuori dalla realtà Sarda, produce soltanto gente destinata a emigrare.
In ogni caso, proletari o no, si stanno pian piano conquistando l'interno dell'Isola, ne stanno facendo il loro regno, hanno sostituito i muli coi fuoristrada più cari, danno lavoro e vita dignitosa anche al più umile dei loro dipendenti, mentre i prodotti del lavaggio del cervello italiano emigrano, emigrano, emigrano, emigrano.... Una pulizia etnica pacifica e inesorabile che nessun Piano di Sviluppo imposto dall'alto potrà più fermare!
Snobbati, schifati, evitati da tutti, tartassati e perseguitati dall'UE, in silenzio stanno compiendo la loro vendetta! Quando ogni lembo di costa sarà occupato dalla merda turistica, dalla petrolkimika e dai suoi terakkos, un paio di chilometri all'interno ci sarà chi se la ride beato e guadagna il triplo, da libero!
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ABC del marxismo
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Comunista sardo Friday, Oct. 06, 2006 at 9:03 PM |
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"Proletario è chi lavora e produce"
Questa ovviamente è la tua personalissima definizione di "proletariato", che include gran parte dei padroni di tutte le nazioni. Io mi riferivo alla definizione data da Marx, per la quale il proletario si caratterizza da ciò che possiede: la sua prole, e la sua forza lavoro che è costretto a vendere ai padroni secondo le leggi del capitalismo.
Possedere i mezzi di produzione (le fabbriche, la terra...) pone in una situazione di inevitabile conflitto con i salariati, a cui viene estorto parte del valore prodotto (ovvero il plusvalore). Questo è il fondamento della lotta di classe, e non dipende dalla nazione. Il padrone, per quanto possa essere simpatico o odioso, ha interesse a pagare poco i lavoratori per accumulare più plusvalore. Il salariato ha invece interesse a riavere tutto il prodotto della sua fatica, per migliorare le sue condizioni di vita.
In questa situazione oggettiva, i pastori-padroni e contadini-padroni che tanto esalti sono tendenzialmente reazionari e servi del capitalismo. E' il sistema economico che lo richiede. Basta vedere ciò che successe durante la rivoluzione russa: le guardie bianche e gli eserciti stranieri invasori trovarono molti alleati tra contadini e allevatori ricchi e medi, che erano disposti a tutto pur di difendere la loro proprietà dalla rivoluzione proletaria.
"Poi se parliamo dell'aristocrazia fondiaria italianista affittuaria e del sistema di sfruttamento nato dopo la conquista spagnola, allora è un altro paio di maniche"
Ecco, appunto, io sto parlando della realtà di oggi, e da comunista voglio un cambiamento che la superi. I tuoi ragionamenti, invece, sono fermi a diversi secoli fa. La realtà, appunto, è "un altro paio di maniche".
"Parlando di operai il discorso cambia: gli operai Sardi sono per l'80% improduttivi: essi vengono impiegati in aziende eternamente in perdita mantenute dallo stato italiano solo per tenerli buoni ed evitare derive separatiste"
Questo è il classico discorso vittimista-nazionalista che dovrebbe esaltare in qualche modo la sardità e smascherare il complotto italiano ai suoi danni. Scommetto che la percentuale che citi (80%) è inventata.
Ti consiglio di andare a vedere quale percentuale dell'economia sarda è riconducibile all'industria petrolchimica. Rimarrai sorpreso. Se un giorno le classi subalterne andranno al potere, non potranno certamente buttare a mare le ciminiere e piantare carciofi al loro posto.
"In ogni caso, proletari o no, si stanno pian piano conquistando l'interno dell'Isola, ne stanno facendo il loro regno, hanno sostituito i muli coi fuoristrada più cari, danno lavoro e vita dignitosa anche al più umile dei loro dipendenti"
In bocca al lupo per questo tuo idillio piccoloborghese. Da comunista io lo considero un concentrato reazionario e nazionalista. E soprattutto penso che il lavoro non lo "danno" i padroni, ma i salariati con la loro fatica e il loro sfruttamento.
Ovviamente auspico anche io un miglioramento delle condizioni produttive della Sardegna, che vada a vantaggio e sotto il controllo della classe proletaria. Ma non per questo vado a venerare i padroni, che, deve essere chiaro, hanno interessi di classe ben diversi da quelli dei lavoratori da loro sfruttati.
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Auspicio?
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Cun sos pastores Saturday, Oct. 07, 2006 at 3:08 PM |
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Guarda che io non sto auspicando nulla.... È la realtà, la nuda realtà! E sinceramente alle industrie di merda e alla produzione di massa (questa è l'unica basata sullo sfruttamento dell'uomo e della natura) preferisco la piccola impresa familiare, il villaggio, la comunità.... Dove tutti abbiano il necessario di cui vivere dignitosamente e vivano da uguali!
I pastori e i contadini continueranno a essere conservatori finchè il veteromarxismo ottocentesco gli preferirà le tute e i bulloni del cazzo....
La petrolkimika fallirà non perchè lo voglia io, ma perchè è un progetto criminale creato da padroni e funzionari sindacalisti in giacca e cravatta loro alleati, questo si!
I carciofi al posto di fumo e cemento? Perchè no? O anche i carciofi adesso diventano reazionari?
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Ancora queste puttanate?
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IOM Saturday, Oct. 07, 2006 at 8:48 PM |
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Ancora queste puttanate sul pastoralismo dell'interno come vero centro dell'identità dei Sardi mentre invece l'industria è assistita ed italianista? Avete mai sentito parlare della comunità europea? E' una cosa particolare, molto particolare, che è nata qualche anno fa e che, nel caso specifico, elargisce tramite lo stato italiano e la regione sardegna un fiume di denaro - non so dire se maggiore di quello che prende l'industria - al settore primario sardo - agricoltura e pastorizia. Sostenere che questa sia libera e indipendente - e dunque "naturale" soggetto rivoluzionario di un progetto di rottura dei vincoli coloniali che legano la Sardegna allo stato italiano - è come vivere in un libro di Sergio Frau, tra tsunami, atlantide, shardana e altre amenità. Contenti voi... Per il resto mi pare che, a voler essere buoni, gli estensori di questi post, in materia di lotta di classe, abbiano le idee perlomeno un po' confuse... del resto come Bachisio Bandinu, sostenitore dello "stile di vita" pastorale "che non è un lavoro"... mah...
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Industri produttiva e improduttiva
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Omine Monday, Oct. 09, 2006 at 9:30 AM |
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Il discorso non è fra industria e pastorizia, ma fra produttività e improduttività.... Fra aziende che nascono tenendo conto delle risorse del luogo, della sua cultura, dell'economia tradizionale o compatibile alla tradizione (e quindi che ha una storia e può reggersi indipendentemente dai sussidi statali) e Industrie Statali e Stataliste create dall'alto con capitali stranieri, il più delle volte appartenenti a lobbies e multinazionali di porci schifosi alla Rovelli e Moratti, fatte al solo scopo di creare CONSENSO POLITICO (i dirigenti alla Destra italiana, gli operai alla "sinistra" e ai "sindacati" italiani). La petrolkimika sappiamo bene che era esclusivamente questo.
Ora c'è una possibilità di creare un'economia forte Sarda e socialista? Si, sono le cooperative e i consorzi agricoli: piccoli produttori che uniscono le loro forze per autogestirsi. C'è una possibilità di creare in Sardegna una piccola industria di trasformazione redditizia, produttiva e che dia ai propri dipendenti un lavoro dignitoso e sicuro, senza la minaccia della cassa integrazione sempre sul collo?
O forse ai sindacati (corporazioni?) unionisti italianisti la precarietà, l'assistenzialismo, la miseria, la dipendenza fanno comodo per vendere tessere e riempire piazze e tasche?
Per curiosità: i vostri padroni italiani Bertinotti, D'alema e Cofferati, che tanto si riempono la bocca di lavoratori dipendenti, sono mai stati lavoratori dipendenti? Si sono mai sporcate le loro belle mani curate con ghisa, acciaio o merda? Sarei curioso di vedere il loro curriculum.... E sarei curioso, come del resto tutti i pastori e gli operai, di vedere il vostro....
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Curriculum
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Kuntra Monday, Oct. 09, 2006 at 1:19 PM |
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"Per curiosità: i vostri padroni italiani Bertinotti, D'alema e Cofferati, che tanto si riempono la bocca di lavoratori dipendenti, sono mai stati lavoratori dipendenti? Si sono mai sporcate le loro belle mani curate con ghisa, acciaio o merda? Sarei curioso di vedere il loro curriculum.... E sarei curioso, come del resto tutti i pastori e gli operai, di vedere il vostro...."
Tando a bistare friscu este.... Se aspetti che Bertinotti, D'alema, Cofferati e Diliberto ti dimostrino le loro ore passate in fabbrica, o in ovile, o in campagna campa cavallo che l'erba cresce.... Al massimo un giro in barca a vela, o il rolex, o la manicure al Beauty Center.... E i terakkeddos che hanno in Sardegna continuano a leccargli i piedi ogni volta che arrivano.... E a chiamare i compagni Indipendentisti borghesi e radical chic....
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Cullatevi nei proclami
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G. Barbiellini Amidei Monday, Oct. 09, 2006 at 9:32 PM |
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Cullatevi nei proclami, nel bel mondo che fu...nel pastore di quaranta - cinquant'anni fa. E' talmente ovvio e banale che le vostre letture sulla realtà sarda sono ferme agli autori degli anni settanta. Che tanto hanno dato alla comprensione dei fenomeni sociali, politici ed economici dell'isola ma che oggi, giustamente sono superate, perché è superata la realtà da loro descritta. Visto che è stato citato Bandinu, guardatevi il libro che ha scritto con me, Il Re è un feticcio: si analizza la trasformazione del pastoralismo sardo attraverso gli oggetti in uso in un ovile "tradizionle". La realtà è andata rivoluzionanadosi da allora, i "padroni" non sono solo i "latifondisti" di origine italiana, ma anche i proprietari terrieri sardi. E l'accumulazione di terre avviene all'indomani del riscatto dei feudi (1839) e se in un primo momento ebbe effetto rivoluzionario, perché aboliva un ordinamento vetusto. Oggi quella funzione progressista, se si escludono le piccole proprietà (tra l'altro in numero molto ridotto) che consentno la sopravvivenza e il riprodursi di famiglie nucleari, è totalmente venuta meno. Sia per effetto dell'emigrazione sia per le dinamiche familiari che tendono alla creazione di alleanze e all'ampliamento delle famiglie. Per cui oggi, del resto come cinquant'anni fa, non c'è da sorprendersi se vediamo la conduzione di vasti ettari di territorio nelle mani di poche famiglie "di pastori". Degli stessi pastori che vivono esattamente come i loro servi-pastori, solo che questi ultimi non portano a casa loro, a fine mese, né i contributi UE, dello Stato (italiano) e della Regione Autonoma della Sardegna, né i proventi della vendita dei prodottti derivanti dall'allevamento che fanno lievitare i conti in banca dei "pastori".
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"Curriculum" e interessi di classe
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Comunista sardo Tuesday, Oct. 10, 2006 at 12:34 PM |
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Oltre a concordare col commento qui sopra, rispondo un pò a tutti i commenti precedenti.
"E immagino che son gli stessi che deridono i compagni in carcere"
Perchè, per essere in disaccordo con certe teorie bucoliche sulla Sardegna bisogna essere degli infami? Sei proprio sicuro che TUTTI coloro che hanno espresso solidarietà ai compagni prigionieri siano indipendentisti? E tra gli indipendentisti, sei sicuro che TUTTI vogliano demolire le fabbriche?
"Se aspetti che Bertinotti, D'alema, Cofferati e Diliberto ti dimostrino le loro ore passate in fabbrica, o in ovile, o in campagna campa cavallo che l'erba cresce... E i terakkeddos che hanno in Sardegna continuano a leccargli i piedi ogni volta che arrivano.... E a chiamare i compagni Indipendentisti borghesi e radical chic"
Perchè, chi critica certe posizioni indipendentiste deve per forza essere un leccapiedi di Bertinotti, D'Alema e consorti? E deve per forza considerare "borghesi e radical chic" TUTTI gli indipendentisti?
Se la pensate così, forse soffrite di un certo settarismo. Se può interessarvi, io non sono il leccapiedi di nessuno, e faccio distinzione tra gli indipendentismi sardi: trovo ridicole (e pericolose) certe idee primitiviste e reazionarie che passano qui su Indymedia, e per fortuna conosco compagni indipendentisti assai più ragionevoli.
"sarei curioso, come del resto tutti i pastori e gli operai, di vedere il vostro curriculum"
Sono lavoratore dipendente, come lo furono i miei genitori, i miei nonni... So benissimo cosa significa lavorare sotto un padrone, e per l'esperienza mia e della mia famiglia i piccoli padroni sono i PEGGIORI, siano essi sardi, italiani o australiani.
Questo succede semplicemente perchè le piccole aziende non possono investire in ricerca o produzione in scala, e sono obbligate a sfruttare al massimo i lavoratori per strappargli il massimo plusvalore. Se volete un paragone storico, leggete cosa scriveva Lenin delle piccole aziende rurali e botteghe artigiane della russia pre-rivoluzionaria. Da qui nasceva l'esigenza di una collettivizzazione e razionalizzazione della produzione, un progetto che fu poi osteggiato con le armi in pugno da padroni e padroncini reazionari di ogni sorta.
Come tutti i lavoratori dipendenti non nazionalisti, preferisco 1000 volte essere dipendente di una grande azienda (seppur straniera) di una piccola azienda (seppur sarda). Questo per motivi di sopravvivenza personale, e di coesione con gli altri lavoratori. Questo è il mio interesse di classe. Sono ovviamente favorevole alla creazione di consorzi e cooperative, ma solo nell'ottica di razionalizzare la produzione e aumentare la massa dei lavoratori in grado (un giorno, forse) di prenderne il controllo. Se la "cultura e tradizione sarda" non si sposa con questa visione, significa che presenta aspetti arretrati che è necessario superare. Essere comunisti ha sempre significato essere portatori di idee progressive e rivoluzionarie, in qualsiasi contesto. La Sardegna non fa ovviamente eccezione.
Il fatto che invece parliate con enfasi di "lavoro dipendente nelle piccole aziende che dà dignità ai più umili", come fosse un punto di arrivo, mi rende piuttosto curioso di conoscere quale sia il VOSTRO "curriculum".
"La petrolkimika sappiamo bene che era esclusivamente CONSENSO POLITICO"
Non conta forse il fatto che la Sardegna si trova al centro del Mediterraneo, in una posizione strategica per lo scambio di prodotti petrolchimici grezzi e lavorati? E poi, pensiamoci bene: alcuni tra i più grandi stabilimenti d'Europa sarebbero stati costruiti solamente per "consenso politico"? E perchè li avrebbero fatti così grandi? Per strappare più sardi dalle campagne e "dissolvere le spinte indipendentiste"?
Io ho una spiegazione più semplice: pur nelle distorsioni del mercato e del clientelismo italiano, quelle aziende sono o erano produttive per i rispettivi padroni. Molte sono fallite a causa dell'incontrollabilità e del caos propri del capitalismo, ovvero ciò che io da comunista combatto. E da comunista ho tutto l'interesse a riappropriarmi di questa produttività e razionalizzarla, non voglio certo contribuire a distruggerla.
Sarei inoltre curioso di sapere come vogliate costruire una "sardegna socialista" eliminando gli unici esempi di grande industria nel suo territorio. L'industria petrolchimica ha sicuramente i suoi problemi, ma non è forse un settore strategico per uno Stato indipendente? E per governare le grandi industrie non serve forse una grande preparazione? E dove trovarla, se non nelle "scuole italiane" che secondo voi "creano solo emigrazione"?
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