Uno dopo l’altro, i paesi dell’America Latina vengono coinvolti nell’ondata di lotte rivoluzionarie in quello che fino a poco tempo fa era considerato il “cortile di casa” degli Stati Uniti. L’ultimo in ordine cronologico è iliMessico, con lo sviluppo di massicce mobilitazioni contro la frode elettorale del candidato di destra Calderon.
L’importanza di questi avvenimenti va oltre gli stessi confini del continente sud-americano. Il processo bolivariano in Venezuela, la comune rivoluzionaria a Oaxaca in Messico, la nazionalizzazione del gas in Bolivia mettono a nudo il re. Le favole della lotta al terrorismo o del fondamentalismo islamico, infatti, non possono in nessun modo servire all’imperialismo americano ed europeo per coprire il reale contenuto di questi processi. Al contrario, l’attivismo delle masse dell’America Latina ha varcato gli stessi confini degli Stati Uniti con lo sviluppo delle mobilitazioni degli immigrati, in particolare ispano-americani. Immagini del presidente venezuelano Chavez, inoltre, sono apparse anche nel sud del Libano e in Palestina, all’interno dei cortei che festeggiavano la sconfitta dell’esercito israeliano. Così l’eco dell’America Latina arriva fino alle orecchie delle masse arabe fornendogli per la prima volta da tempo l’esempio di una lotta anti-imperialista che non avviene né su basi nazionali né su basi religiose, ma semplicemente su basi di classe. Non potendo affogare le lotte sud-americane nelle calunnie, i mass-media hanno deciso di affogarle nel silenzio: né una parola sulle aziende occupate dai lavoratori, né sulle enormi manifestazioni di massa. Non si tratta solo di rompere questa sorta di embargo “mediatico”, ma di trarre tutte le necessarie conseguenze da questi processi: non siamo di fronte ad episodi isolati ma alle punte più avanzate della lotta più generale contro il capitalismo. Proprio per questo non possiamo limitarci a giocare il ruolo di spettatori a commentatori scettici, nè tanto meno di adulatori. Siamo di fronte a forze vive, a processi che sono tutt’altro che conclusi e lineari, dove la vittoria finale non è affatto scontata. In Venezuela, uno dei paesi chiave in tutta la zona, a dicembre sarà nuovamente la volta delle elezioni presidenziali. Da due anni Chavez ha dichiarato la volontà di edificare il “Socialismo del secolo XXI”, ma finora quest’idea ha dovuto scontrarsi con le correnti burocratiche interne al chavismo stesso. Il burocratismo, la persistenza del vecchio apparato statale e dell’economia di mercato sono le nubi minacciose che si addensano sul processo rivoluzionario venezuelano e, di conseguenza, su quello continentale. In questo senso sarà di primaria importanza anche la sorte di Cuba, dove lo stesso Castro ha dovuto riconoscere che i pericoli vengono anche dall’interno della stessa rivoluzione, in particolare dalla nuova classe di ricchi pronta a collaborare con gli Usa per restaurare il capitalismo a Cuba.
Mercoledì 11 ottobre h 20.30 Introduce: Alan Woods redattore del sito http://www.marxist.com autore del libro “La rivoluzione venezuelana: una prospettiva marxista” promotore della campagna internazionale Giù le mani dal Venezuela Alla Casa della Cultura di Firenze (zona Novoli) viale Guidoni (tra viale Forlanini e Ponte di Mezzo)
Promuovono: Comitato Giù le mani dal Venezuela, Falcemartello - tendenza marxista del prc
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