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Suicidi in carcere 2006
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(((i))) Monday, Oct. 16, 2006 at 11:44 PM |
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Paolo Landolfi, 23 anni, si impicca in una cella del carcere "Le Novate" di Piacenza il 18 gennaio. Il suicidio è avvenuto verso mezzogiorno, nel momento in cui il detenuto che divideva con lui la cella era assente per l’udienza di un processo. P.L. era entrato in carcere soltanto il giorno prima, dopo che gli erano stati revocati gli arresti domiciliari presso una comunità di recupero per tossicodipendenti. (Ristretti Orizzonti, 19 gennaio 2006)
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L.C. 30 anni 13 agosto 2006
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(((i))) Monday, Oct. 16, 2006 at 11:46 PM |
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L.C., 30 anni, di Farindola (Pescara), detenuto da appena due giorni, muore suicida il 13 agosto 2006. Era stato arrestato per tentata violenza sessuale e si è impiccato con un lenzuolo alle sbarre della finestra della cella del carcere di Castrogno. Il suo corpo è stato trovato intorno alle 8.20 dagli agenti di polizia penitenziaria del turno montante, che non hanno potuto far nulla per salvarlo. In carcere non è stato chiamato neanche il 118. Il medico della casa circondariale, accorso nella cella, non ha potuto che constatare la morte del giovane. Sull’episodio la procura della repubblica di Teramo ha aperto un’inchiesta, della quale si occupa il Pm David Mancini. Essendoci stato il cambio di turno alle 8, non è escluso che agli agenti del turno smontante - quello notturno - possa essere addebitata un’omissione (in teoria dovrebbero controllare i detenuti attraverso lo spioncino ogni venti minuti). Prima di lavorare su una simile ipotesi, però, la procura dovrà conoscere esattamente l’ora della morte. Per questo è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere eseguita oggi o domani. L.C., secondo testimonianze raccolte a Farindola, avrebbe lasciato una lettera indirizzata alla madre. Forse una richiesta di perdono. È immaginabile che alla base del suo gesto ci sia stata la vergogna per l’arresto subito, visto che apparteneva a una famiglia molto stimata ed era sostanzialmente incensurato (per lui solo un piccolo precedente, molto poco significativo). Il giovane sarebbe dovuto comparire davanti al giudice ieri mattina per la convalida dell’arresto, ma in tribunale non è mai arrivato. L.C., che recentemente aveva trovato lavoro in una ditta metalmeccanica di Chieti Scalo, era stato bloccato dai carabinieri di Silvi Marina domenica notte mentre cercava di fuggire dal palazzo di via Piave nel quale avrebbe tentato di legare e violentare una prostituta romena. La ragazza, urlando e reagendo fisicamente, aveva richiamato l’attenzione dei vicini di casa, costringendo l’uomo alla fuga. I carabinieri ritengono che il giovane potesse aver colpito altre volte. Avevano già ricevuto, una ventina di giorni fa, una denuncia da un’altra prostituta che esercita a Silvi e che aveva riferito di essere stata legata e violentata da un giovane la cui descrizione fisica e la cui automobile corrispondevano a quelle dell’operaio di Farindola. Addosso a L.C. erano stati trovati dei lacci, che presumibilmente dovevano servire per legare la vittima. (Il Centro, 16 agosto 2006)
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Emiliano Santangelo 4 febbraio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 12:04 AM |
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Emiliano Santangelo, 33 anni, di Carema (Torino), si impicca in cella il 4 febbraio 006. Il suo proposito lo aveva comunicato al suo avvocato difensore Filippo Gramatica di Genova. "Un suicidio annunciato - spiega il legale - sin dal momento dell’arresto. Del resto, quando era stato fermato a Genova aveva affermato che si era recato laggiù per annegare in mare e al primo interrogatorio aveva chiesto al giudice che lo stava interrogando, del cianuro. Ora vogliamo sapere come era stato curato in queste ultime settimane nel carcere di Biella". Santangelo si sarebbe tolto la vita poco prima delle 18 quando è stato scoperto dagli agenti con la testa infilata in una busta di nylon e stretta intorno al collo. Il polso era debolissimo e sono stati subito chiamati i soccorsi. La procura ha disposto per lunedì l’autopsia e ci sarà anche un perito di parte che affiancherà quello del tribunale. Emiliano Santangelo è accusato di aver ucciso a coltellate Deborah Rizzato e poi di averla investita con la sua stessa auto a Trivero (Biella). Nel 2001 Santangelo, titolare di una pensione di invalidità civile al 75 per cento per depressione medio-grave, era già stato condannato dal Tribunale di Biella a tre anni e due mesi di carcere per abusi sessuali nei confronti di Deborah e di altre due ragazze biellesi. Negli anni precedenti erano state numerose le giovani, in alcuni casi anche minorenni, vittime di suoi abusi, violenze, minacce, tentativi di estorsione alle famiglie con filmini erotici delle proprie figlie. Lo scorso 27 gennaio Santangelo aveva subito una condanna a un anno e otto mesi per tentata violenza carnale nei confronti della madre di Deborah: nel 2000, secondo la ricostruzione, le aveva gentilmente offerto un passaggio e, una volta in auto, le aveva toccato le gambe e i fianchi, fino a chiederle un rapporto sessuale orale. Una volta a casa, la donna aveva riconosciuto il suo aggressore nella foto di un ex fidanzato di Deborah, a quel tempo assieme a una sua amica, cui la ragazza aveva subito chiesto di interrompere la relazione, ricevendone in cambio, da lui, minacce di morte. L’uomo, però, anche durante il processo, ha sempre negato tutto, accusando la famiglia Rizzato di perseguitarlo con "una macchinazione" finalizzata soltanto alla sua incarcerazione. Santangelo era anche in attesa di una perizia psichiatrica per un altro processo che lo vedeva accusato di essersi spacciato per poliziotto e di aver minacciato due minorenni che, con una pistola giocattolo, sparavano ai colombi in piazza del Duomo, a Biella. Sull’omicidio di Deborah Rizzato, invece, Santangelo ha sempre detto di non ricordare nulla. L’assassinio di Deborah era avvenuto al termine di dodici anni di molestie, minacce e ossessivi tentativi di riprendere la relazione, che gli erano valsi anche una diffida dall’incontrare la ragazza. (Gazzetta del Sud, 5 febbraio 2006)
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Detenuto tunisino 14 febbraio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 12:06 AM |
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A.I., detenuto tunisino di 39 anni, si addice ingerendo una dose mortale di farmaci; a dare l’allarme è stato il compagno di cella. I sanitari del penitenziario hanno tentato di strappare il nordafricano alla morte, ma ogni tentativo è risultato vano. La salma del tunisino, che soffriva di crisi depressive, è stata trasferita all’obitorio dell’ospedale Umberto I° di Siracusa, dove domani sarà effettuata l’autopsia. (La Sicilia, 16 febbraio 2006)
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Tiziano Moschiera 14 febbbraio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 11:49 AM |
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Tiziano Moschiera, 34 anni, originario di Palermo, si suicida impiccandosi ad una finestra del carcere il 14 febbraio 2006. Secondo una prima ricostruzione, l’uomo martedì sera si trovava nel reparto destinato a detenuti sofferenti di malattie psichiche quando ha deciso di annodare alcune lenzuola e di impiccarsi ad una finestra. Soccorso immediatamente, è stato trasportato all’ospedale "Civico", dove è spirato ieri. Moschiera, arrestato per reati contro il patrimonio, era nel carcere di "Pagliarelli" dalla scorsa settimana. (La Sicilia, 16 febbraio 2006)
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Andrea Anello 18 febbraio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 11:53 AM |
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Andrea Anello, 56 anni, si uccide nel carcere di "Pagliarelli" il 18 febbraio 2006, impiccandosi con un lenzuolo. Era indicato come un fedelissimo dell’ex capomafia Nino Giuffrè, oggi pentito, che gli avrebbe fatto avere lavori in subappalto, proteggendolo dalle richieste estorsive. Era stato arrestato giovedì scorso, perché accusato di associazione mafiosa, nel corso del maxi blitz di Trabia (Palermo) che aveva portato in carcere anche politici e imprenditori. Anello, di Caccamo, si è suicidato questa notte. Gli agenti della polizia penitenziaria lo hanno trovato impiccato con un lenzuolo a una sbarra della cella. Era stato interrogato venerdì ed era apparso sereno e risoluto nel respingere le accuse. La morte dell’imprenditore è stata immediata, secondo quanto ha accertato il medico legale. Il suicidio, per la direttrice del carcere Pagliarelli, Laura Brancato, "potrebbe essere legato a una forte depressione: forse - afferma - non ha saputo superare l’impatto con una nuova realtà. Non aveva mai conosciuto il carcere e ora vi era stato catapultato dentro. Evidentemente, non ha saputo superare un momento di debolezza". Esclude la direttrice, invece, ogni legame con un altro suicidio, avvenuto nei giorni scorsi: "Sono fatti diversi - spiega - in quel caso si trattava di un giovane con problemi psichiatrici. Il nostro è un carcere moderno, che presta molta attenzione ai detenuti". (Il Giorno, 19 febbraio 2006)
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M.R. 22 febbraio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 12:04 PM |
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M.R., 45 anni, di origini napoletane, s’impicca nella cella che condivideva col fratello. Ha strappato un lenzuolo e lo ha rigirato a mo di corda, poi ha legato la fune alle sbarre del bagno della sua cella e si è messo il cappio al collo. Infine è salito su uno sgabello e si è lasciato andare penzoloni. A pochi metri da quei suoi ultimi respiri stavano dormendo il fratello e un altro detenuto. L’altra sera si è tolto la vita così M.R., venditore di cocco napoletano finito nel carcere di Massa per un accumulo di pene l’estate scorsa. Non se lo aspettava nessuno un gesto del genere da un uomo così. Non se lo aspettava il fratello, di due anni più giovane e come lui finito in carcere per dei piccoli reati; non se lo aspettava neanche l’altro detenuto. I tre avevano visto la partita di Champions League mercoledì, quella dell’Inter. Avevano esultato per le reti dei nerazzurri, poi avevano preso i farmaci prescritti dal medico della casa circondariale ed erano andati a dormire. Erano da poco passare le 23. L’ex venditore di cocco sulla spiaggia ha deciso di impiccarsi proprio mentre a Massa si verificava un black out. Una prima interruzione di corrente, qualche istante di luce e poi ancora buio. In mezzo un po’ di grida di scherno di chi stava dietro le sbarre ("pagate la luce"). Il caos ha svegliato il compagno del suicida, che si è alzato per andare a fare pipì. Arrivato sulla soglia della porta ha lanciato un urlo. A quel punto gli agenti hanno cominciato a controllare le celle con le torce elettriche. Quando sono arrivati davanti alla stanza occupata dai due fratelli sono entrati e hanno visto M.R. penzoloni. Quando lo hanno tirato giù l’uomo era cianotico, ma il cuore seppur debolmente batteva ancora. Il medico di guardia, che si trovava al piano di sopra, ha tentato di rianimarlo. Inutilmente. Lo hanno portato in infermeria, gli hanno fatto un elettrocardiogramma. E hanno dovuto arrendersi al decesso. Ma perché M.R. si è tolto la vita? Qualcuno dice che era depresso da diverso tempo, chi gli è stato vicino fino all’ultimo però non la pensa così. Stava male da giorni: aveva dei dolori addominali che non lo facevano dormire la notte. Aveva fatto degli accertamenti, anche una visita specialistica. Non gli avevano trovato niente, gli aveva prescritto una cura ma nulla di importante. Temeva che non lo volessero curare e si è lasciato andare. In fondo per deprimersi basta poco e anche il più piccolo problema a quel punto pare una disgrazia. L’altra sera ha deciso che era meglio farla finita. (Il Tirreno, 24 febbraio 2006)
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M.A. Detenuto Eritreo 22 febbraio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 12:04 PM |
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Asmelash Merhawui, 28 anni, di nazionalità eritrea, si impicca con un filo sottile alle sbarre della cella d’isolamento. I medici del 118, chiamati dagli agenti di polizia penitenziaria, hanno constatato la morte del giovane per soffocamento. M.A., in attesa di giudizio, proveniva dal carcere di Crotone ed era a Rossano da pochi giorni. Era accusato di traffico di clandestini e favoreggiamento della prostituzione. Il sostituto procuratore della Repubblica di Rossano, Alessia Notaro, ha disposto l’autopsia che sarà effettuata domani nell’obitorio dell’ospedale dove è stata trasportata la salma. (Ansa, 26 febbraio 2006)
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Santo Tiscione 20 marzo 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 2:05 PM |
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Suicidio nel carcere di Sollicciano
Comunicato stampa del gruppo ’Dentro e Fuori le Mura’
Firenze, 21 marzo 2006 Verso le ore 2 della notte tra il 20 e il 21 marzo 2006 si è suicidato nel carcere di Sollicciano Santo Tiscione, di circa quarantacinque anni. Servendosi della cintura dell’accappatoio, si è impiccato nel bagno della cella nella quale era rinchiuso, la seconda della IV sezione del reparto giudiziario. Il cadavere è stato ritrovato dai due compagni di cella. Sembra che prima di morire Tiscione abbia lasciato una lettera dalla quale si potranno forse evincere i motivi specifici che lo hanno portato a suicidarsi. Come per gli altri circa cinquanta suicidi, per le decine di tentati suicidi e per le centinaia di casi di autolesionismo che annualmente si registrano nelle carceri italiane, le cause di un tale gesto vanno però anche ricercate nell’isolamento che l’istituzione penitenziaria produce di per sé rispetto al mondo esterno e nelle disumane condizioni di ’non-vita’ che i detenuti sono costretti a sopportare. A Sollicciano oltre mille detenuti vivono per ventidue ore al giorno letteralmente ammassati in celle di dieci metri quadrati e il resto in quei cubi di cemento che sono i cortili di ’passeggio’. Il livello intollerabile delle condizioni di detenzione nel carcere fiorentino è stato da ultimo osservato e reso pubblico nella giornata di, lunedì 20 marzo 2006, da una delegazione della quale faceva parte anche un esponente del gruppo Dentro e Fuori le Mura. Le parole chiave per descriverlo, sempre drammaticamente insufficienti a fronte di una realtà drammatica, sono le seguenti: sovraffollamento, negazione del diritto alla salute e dell’affettività, cronica scarsità di lavoro, fortissime limitazioni nell’accesso alle misure alternative alla detenzione. Dentro e fuori le mura
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Detenuto italiano 01 aprile 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 2:08 PM |
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Un italiano 60enne si uccide nella cella del carcere di S. Anna l'1 aprile, dove era detenuto in attesa di giudizio. L’uomo, accusato di rapina, era stato trasferito circa tre mesi fa al S. Anna. Anche se nulla è trapelato dal carcere, sembra che l’uomo non avesse mai manifestato disagi o avesse avuto a che dire nemmeno con personale. Sabato scorso, intorno alle 18.30, mentre i detenuti che erano in cella con lui si trovavano nel cortile per l’ora d’aria, l’uomo si è tolto la vita. Quando uno degli agenti di polizia penitenziaria se accorto di quanto succedeva in cella ed è accorso chiamando in aiuto altri colleghi, per il poveretto ormai non vi era più nulla da fare. Inutile anche il tentativo di rianimarlo da parte dei responsabili del servizio sanitario di S. Anna, il medico non ha potuto far altro che constarne il decesso. La direzione ha subito informato dell’accaduto la procura. Da più di un anno non si registrava un suicidio a S. Anna, dal gennaio 2005, quando ad impiccarsi con un lenzuolo nella sua cella fu il boss mafioso Francesco Pastoia, 62 anni, accusato di essere uno dei gregari più fidati di Bernardo Provenzano. (Gazzetta di Modena, 4 aprile 2006)
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Fioravante Langella 9 aprile 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 2:34 PM |
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Fioravante Langella, 44 anni, si uccide nel carcere di Fuorni l'1 Aprile. Avrebbe dovuto scontare cinque anni di reclusione per violenza sessuale. Al momento, l’ipotesi del suicidio è quella più accreditata; fino a notte fonda nel carcere di Salerno ha diretto le indagini il sostituto procuratore della Repubblica Ernesto Stassano, il pm-poliziotto che ha risolto una serie di "gialli". Langella sarebbe stato ritrovato cadavere nella sua cella poco dopo le venti e trenta di ieri sera da due agenti penitenziari. (Il Mattino, 10 aprile 2006)
Oggi l’autopsia sul detenuto morto suicida
Sarà eseguita questo pomeriggio l’autopsia sul cadavere di Fioravante Langella, il quarantaquattrenne detenuto di Pagani, trovato morto nella sua cella al carcere di Salerno-Fuorni. Il suicidio sembra la tesi più probabile. Il pregiudicato paganese è stato trovato impiccato con lenzuola intrecciate con un nodo scorso. Langella era solo all’interno della cella ed avrebbe maturato quella tragica scelta nel primo pomeriggio di domenica.
Immediatamente sono scattate le indagini già domenica sera, dirette dal pm Ernesto Stassano, sostituto procuratore della repubblica di Salerno, che dovranno fare piena luce sulla effettiva causa della morte di Langella e sui motivi che avrebbero spinto, eventualmente, il detenuto a suicidarsi. Va ricordato che dietro le sbarre, il quarantaquattrenne paganese era ristretto da poco più di una settimana. Fioravante si trovava in carcere dopo che la magistratura ne aveva disposto la carcerazione, in seguito alle numerose violazione degli arresti domiciliari.
Nell’ottobre dello scorso anno, Langella fu condannato a quattro mesi di reclusione per essere stato trovato fuori di casa dai carabinieri. La settimana scorsa, invece, era stato arrestato dia militari di Angri sempre per evasione dagli arresti domiciliari, e dopo questo episodio era tornato in carcere. Ma il reato più grave contestato al quarantaquattrenne paganese era la violenza sessuale su una badante ucraina. Il pluripreglidicato per furto, rapine e reati legati alle sostanze stupefacenti, sarebbe entrato furtivamente nell’abitazione di via Madonna di Fatima di Pagani, nella zona rurale della città, dove l’ucraina di 45 anni stava dormendo da sola.
Nella notte tra domenica 25 luglio e lunedì 26 luglio del 2004, infatti, l’anziana cui badava la slava era ricoverata in ospedale. Secondo la dettagliata denuncia presentata dalla slava ai carabinieri della stazione di Pagani, Langella sarebbe entrato da una finestra. Trovata la badante, l’avrebbe minacciata con un paio di forbici. Per alcune ore, l’ucraina sarebbe rimasta sequestrata in casa e ripetutamente violentata, sembra almeno per due volte. Poi il pregiudicato paganese sarebbe scappato via, mentre la donna veniva portata in stato di choc all’ospedale di Nocera Inferiore.
Da qui la denuncia ai carabinieri e poi l’arresto, mentre era in via Ficuciello, nei pressi della stazione ferroviaria di Pagani, a casa di un amico dove si era rifugiato, sicuro di non essere rintracciato. Durante il processo, pm Roberto Lenza e Mariano Musella De Luca presidente del primo collegio del tribunale di Nocera Inferiore, Fioravante aveva cercato di difendersi, ma invano, in un procedimento volto subito a suo sfavore. Ora ad attendere gli esisti dell’autopsia saranno il padre del detenuto, con cui Fioravante viveva in via Filettine a Pagani, il fratello e le due sorelle del defunto. (Il Mattino, 11 aprile 2006)
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Kamelger Hartwig 18 aprile 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 2:35 PM |
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Kamelger Hartwig, 39 anni, si uccide utilizzando il gas della bomboletta, mentre i compagni di cella dormono il 18 aprile 2006. Ad accorgersene è stato il personale di guardia della Casa Circondariale. All’apparenza, nella cella dell’uomo, in carcere per reati minori da sette mesi, era tutto normale. E lui sembrava dormire come era solito fare: tutto coperto, testa compresa, dalle lenzuola. Era una sua abitudine, nessuno si è insospettito vedendolo. Solo che, anche chiamato, non si svegliava. Ed allora la polizia penitenziaria ha capito che c’era qualche cosa che non andava. E si è resa conto che l’uomo era ormai privo di vita. Per suicidarsi ha scelto di usare la bomboletta del gas che è data in dotazione a tutti i detenuti. Non ha fatto alcun rumore: nessuno poteva accorgersi di cosa stava accadendo.
Ovvio comunque che sulla vicenda sia stata avviata un’indagine, coordinata dal procuratore capo Francesco Pavone. Sul corpo dell’uomo sarà effettuata domani l’autopsia, di cui si occuperà l’anatomopatologa Teresa Pusiol. In carcere rimane l’amarezza per quanto accaduto: "È una grande tristezza anche per noi - osservava ieri il comandante delle guardie carcerarie, l’ispettore Giovanni Sanna - era una persona tranquilla, che mai aveva creato problemi". (Trentino, 20 aprile 2006)
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Eyasu Habteab 14 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 3:39 PM |
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Eyasu è morto nel carcere di Civitavecchia il 14 maggio 2006, secondo la versione ufficiale si è impiccato con un lenzuolo. Nato il 3/05/1970 a Adi – Keih, Eritrea, ha svolto il servizio militare nel suo paese nel 1994-1995, è poi fuggito per motivi di persecuzione politica in Sudan nel 1996. A Khartoum ha conosciuto una donna eritrea dalla quale ha avuto 2 figlie: la prima di 10 anni, attualmente residente in Eritrea, e la seconda di tre mesi nata in Italia e attualmente residente presso la madre a Roma. Eyasu a seguito di rapimenti di cittadini eritrei in Sudan lascia Khartoum e arriva in Italia con transito in Libia nel 2003 e chiede asilo. Il 5/10/2004 viene riconosciuto rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra. Residente inizialmente a Crotone, si sposta a Bologna dove abita ormai la sua convivente, lavorando in una agenzia di spedizioni. I primi di aprile 2006 viaggia in Inghilterra, con un documento di viaggio per rifugiati, per motivi ancora non chiariti. Sabato 15 aprile ritorna da Londra a Fiumicino dove viene subito arrestato e detenuto nel carcere di Civitavecchia. Sembra che l’accusa del PM di Crotone sia di favoreggiamento d’immigrazione clandestina e riduzione in schiavitù. Sembra anche che amici di Eyasu siano stati arrestati a Crotone con simile accuse, uno di loro è morto in carcere a Crotone. Il 16 maggio 2006 Eyasu viene trovato morto nella sua cella. Secondo le autorità carcerarie ci sarebbe stata una lite in cella tra Eyasu, un altro detenuto africano e un italiano, di conseguenza Eyasu sarebbe stato messo in cella isolato dove si sarebbe impiccato con le lenzuola. E’ stata effettuata l’autopsia però il referto può tardare anche due mesi. Amici di Eyasu, rifugiati eritrei in Italia, Germania, USA e Sud Africa dichiarano la loro totale incredulità circa un atto di suicidio e anche circa il coinvolgimento di Eyasu in attività criminali. Viene anche sollevato il fatto che in tempi recenti nel carcere di Civitavecchia altri detenuti sono stati trovati morti. Una zia di Eyasu, suora presso la Comunità Sant'Anna a Roma, ha incaricato l’avvocato Luca Santini, Roma, abilitato per Civitavecchia. Rappresentanti delle comunità eritree lamentano che fin qui sulle circostanze concrete della morte di Eyasu in carcere siano stati forniti informazioni contraddittorie e poco convincenti, tra l’altro le varie ferite trovate sul corpo di Eyasu non riconducibili ad un atto di suicidio richiedono spiegazioni.
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Luca Carroccia 15 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 3:43 PM |
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Luca Carroccia, 37 anni, si uccide il 15 giugno nella sezione "Alta Sicurezza" di Rebibbia Nuovo Complesso. Piuttosto fragile psicologicamente, l’uomo era stato comunque rinchiuso in una cella di isolamento. Aveva due figli ed era reduce da alcuni ricoveri sanitari per problemi di grave depressione. Era tornato in carcere a metà aprile, per aver infranto le regole della misura alternativa al carcere per ragioni sanitarie di cui godeva: era stato trovato "fuori percorso stabilito" mentre andava a trovare i figli che vivono con la madre da cui era separato. A Rebibbia era nel G12, il reparto di "Alta Sicurezza" e da lì, per una banale lite nell’ora d’aria, Carroccia era stato trasferito in isolamento. Il garante regionale dei detenuti, Angelo Marroni denuncia queste morti da carcere e si chiede perché mai un uomo con crisi depressive fosse in isolamento e non in infermeria. "Il suo posto - dice Marroni - avrebbe dovuto essere il G14 e non una cella chiusa con lo spioncino chiuso". (Corriere della Sera, 24 maggio 2006)
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Detenuto 19 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 5:00 PM |
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Era stato trasferito dal carcere di Porto Azzurro nel 2004 il detenuto di 32 anni che nella notte tra il 19 e il 20 maggio scorso si è tolto la vita mentre si trovava nella sua cella, all'interno del carcere di Volterra. C.M., stando ai primi accertamenti effettuati dopo la tragedia, soffriva di crisi depressive anche se nell'ultimo anno si era sposato (il matrimonio era avvenuto lo scorso gennaio, con la donna che pochi anni prima gli aveva dato una bambina) e sembrava aver cominciato una nuova vita nonostante fosse costretto a restare in carcere ancora fino al 2012.
Il giovane, originario di Battipaglia in provincia di Salerno, stava scontando una condanna definitiva per omicidio ed evasione per un fatto avvenuto diversi anni fa. Dopo la morte, che è stata scoperta da un agente di polizia penitenziaria, la salma è stata trasportata a Pisa all'istituto di medicina legale. Del suicidio è stata infatti informata l'autorità giudiziaria come sempre succede in questi casi. Sulla salma è stata già effettuata l'autopsia per accertare se la morte sia avvenuta per soffocamento. La notizia era stata tenuta molto riservata; delle attività di polizia giudiziaria si sono occupate le stesse guardie penitenziarie.
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Lucio Addeo 20 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 5:01 PM |
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Lucio Addeo, 44 anni, si uccide in cella il 20 maggio 2006. "Anna, bada ai bambini, lo farò anch’io a mio modo": è il disperato testamento di un padre sussurrato alla moglie incinta del terzo bimbo nel parlatorio del carcere di Secondigliano. Lucio Addeo, di Palma Campania, incensurato, titolare di una delle più floride aziende di frutta secca, è stato trovato due giorni fa a ora di pranzo con un lenzuolo stretto alla gola. Si è impiccato nella cella in cui era recluso da solo perché accusato di tentata estorsione per conto del clan Cava, un gruppo criminale attivo nella zona del Vallo di Lauro. Lui si era sempre proclamato innocente, anzi aveva spiegato di essere stato lui vittima di degli estorsori del clan. La famiglia ora sta valutando di sottoporre il suo caso all’attenzione del ministero della giustizia. "Si è ucciso per dimostrare a tutti che era una persona pulita - spiega la moglie Anna Imblema - per dare un futuro ai figli. La vergogna di essere accusato di essere vicino alla camorra lo aveva portato alla disperazione. Ultimamente mi ripeteva sempre di badare ai bambini e ora so cosa voleva dirmi". Arrestato lo scorso 27 marzo era stato rinchiuso prima a Poggioreale e poi trasferito a Secondigliano. Il tribunale del riesame aveva respinto la richiesta di revoca della misura cautelare e così era rimasto dietro le sbarre. Non è riuscito a vedere i primi passi del più piccolino, di appena un anno, che pochi giorni fa ha cominciato a camminare da solo, non conoscerà mai il bambino che Anna porta in grembo. "Ha sostenuto sette interrogatori - spiega il suo legale Carmine Del Genio - e il momento più duro è stato quello del confronto. Sentiva molto la pressione di questi lunghi incontri, non era abituato, come non era abituato al carcere. Ha spiegato tutto e aspettava che la giustizia gli andasse incontro, invece non è andata così. Anzi lo avevano messo in cella da solo". La Dda fa sapere che gli interrogatori erano finiti solo sabato scorso, la vicenda non sembrava del tutto chiarita, non c’era nulla che facesse prevedere l’intenzione dell’indagato di suicidarsi e comunque nei giorni successivi non erano state presentate istanze di scarcerazione. Addeo era titolare della Ital Nocciole, un’azienda che, secondo quanto riferito dal legale di famiglia, fattura ogni anno decine di milioni di euro fornisce aziende di rilievo nazionale e internazionale come la "Ferrero" e la "Panforte Sapori". (Il Mattino, 22 maggio 2006)
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Maurizio Ciccatelli 20 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 6:07 PM |
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Maurizio Cicatelli, 32 anni, si impicca in cella il 20 maggio 2006. Era stato trasferito dal carcere di Porto Azzurro a Volterra nel 2004. L’uomo soffriva di crisi depressive, anche se nell’ultimo anno si era sposato (il matrimonio era avvenuto lo scorso gennaio, con la donna che pochi anni prima gli aveva dato una bambina) e sembrava aver cominciato una nuova vita nonostante fosse costretto a restare in carcere ancora fino al 2012. Cicatelli, originario di Battipaglia in provincia di Salerno, stava scontando una condanna definitiva per omicidio ed evasione per un fatto avvenuto diversi anni fa. Dopo la morte, che è stata scoperta da un agente di polizia penitenziaria, la salma è stata trasportata a Pisa all’istituto di medicina legale. Del suicidio è stata infatti informata l’autorità giudiziaria come sempre succede in questi casi. Sulla salma è stata già effettuata l’autopsia per accertare se la morte sia avvenuta per soffocamento. La notizia è stata tenuta molto riservata: delle attività di polizia giudiziaria si sono occupate le stesse guardie penitenziarie. (Il Tirreno, 24 maggio 2006)
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Pino Lorenzo 23 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 6:08 PM |
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Pino Lorenzo, 46 anni, si uccide impiccandosi in una cella del carcere di Secondigliano il 23 maggio 2006. Napoletano e padre di tre figli avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2007. Sale così a due il numero dei detenuti che si sono suicidati in una sola settimana a Secondigliano. Il 18 maggio, infatti, Lucio Addeo, 44 anni di Palma Campania, incensurato, titolare di una delle più floride aziende di frutta secca, è stato trovato, verso ora di pranzo, con un lenzuolo stretto alla gola. Anche lui si è impiccato nella cella dove era recluso da solo perché accusato di tentata estorsione per conto di un clan. Addeo, tuttavia, si era sempre proclamato innocente, anzi aveva spiegato di essere lui stesso vittima degli estorsori del clan. Probabilmente alla base di un gesto così estremo c’era la vergogna per una carcerazione da lui ritenuta ingiusta. Una storia molto diversa quella di Pino Lorenzo. Le porte di Poggioreale si erano aperte una prima volta per lui qualche anno fa ma, dopo tredici mesi di reclusione, era stato riconosciuto innocente del reato contestatogli ed era tornato in libertà. Ma solo per pochi mesi perché, in base alla legge ex Cirielli era stato nuovamente arrestato per un precedente reato, alla fine del 2005. A marzo aveva però lasciato Poggioreale, dove era seguito dallo staff medico del penitenziario per essere trasferito nella I sezione di Secondigliano. Durante la detenzione i suoi problemi di salute si erano però aggravati. "È la cronaca di una morte annunciata - dice padre Fabrizio Valletti, gesuita, da anni assistente volontario alle carceri e che ha seguito Lorenzo durante la detenzione -. I suoi pur gravi problemi di salute erano infatti già noti come pure si era a conoscenza della sua volontà di togliersi la vita. Più volte infatti aveva tentato il suicidio. È grave non aver provveduto così come prevede l’ordinamento carcerario, a seguirlo con la dovuta attenzione. Magari avrebbero potuto essere adottate, date le sue condizioni provvedimenti alternativi". Dal carcere, però, nessuna dichiarazione sull’accaduto. Nonostante i ripetuti tentativi di ottenere un commento sull’episodio, dall’istituto fino a tarda sera hanno risposto che non erano presenti responsabili abilitati a rilasciare dichiarazioni. A dare notizia della morte di Lorenzo è stata l’associazione Antigone Napoli che ha costituito un osservatorio nazionale sulle condizioni della detenzione. "È amaro constatare - dice il portavoce Dario Stefano Dell’Aquila - che si tratta di un fenomeno in aumento. Tre suicidi in pochi mesi rappresentano un fenomeno allarmante. Ci auguriamo che il ministro della Giustizia intervenga per interrompere questa triste contabilità". (Il Mattino, 26 maggio 2006)
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Detenuto italiano 30 maggio 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 10:58 PM |
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Detenuto italiano di 50 anni si uccide impiccandosi il 30 maggio 2006. L’uomo era stato trasferito nella casa circondariale di Iglesias dalla colonia penale di Mamone, in quanto era stato trovato in possesso di un telefonino. In questi casi la legge prevede una punizione severa. Il detenuto - un sardo che doveva scontare solo un altro anno di pena - è stato rinchiuso per due mesi in cella di isolamento. Contro il provvedimento aveva immediatamente presentato reclamo e la direzione del carcere aveva dato parere favorevole perché uscisse dall’isolamento. Il tribunale di sorveglianza aveva accolto l’istanza ma l’uomo era ormai fortemente provato dai mesi di detenzione dura. Dopo due giorni di regime normale, quando sembrava che stesse per riprendersi, si è tolto la vita. Inutile il tentativo disperato dei medici del carcere di salvarlo. (Agi, 1 giugno 2006)
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Detenuto 01 giugno 2006
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(((i))) Tuesday, Oct. 17, 2006 at 11:05 PM |
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Thursday, 01 June 2006 Un detenuto di 50 anni si e' tolto la vita nel carcere di Iglesias dopo due mesi trascorsi in isolamento. L'uomo era stato trovato in possesso di un telefonino cellulare, eventualita' nella quale la legge prevede una punizione molto severa. Una volta uscito dall'isolamento, l'uomo era ormai talmente provato dai mesi di detenzione da arrivare a togliersi la vita. Inutile il tentativo dei medici del carcere di salvarlo.
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Pino L. 01 giugno 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 12:55 AM |
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Un detenuto di 46 anni si è impiccato, martedì pomeriggio, nell'istituto penitenziario di Secondigliano a Napoli. Ne dà notizia l'Associazione Antigone Napoli, che da sette anni, ha costituito un Osservatorio Nazionale sulle condizioni della detenzione in Italia.L'uomo, Pino L., napoletano, padre di tre figli, avrebbe finito di scontare la sua pena nel 2007. "È amaro constatare - ha detto Dario Stefano Dell'Aquila, portavoce dell'Associazione Antigone Napoli - che si tratta del terzo suicidio nell'arco di pochi mesi, il secondo in una settimana. Tra morti per malattia e suicidi a noi risulta che, nell'istituto di Secondigliano, siano almeno 18 i detenuti deceduti dal 2005 ad oggi". "Ci auguriamo - ha concluso il portavoce di Antigone - che, in attesa di un provvedimento che riduca il sovraffollamento, il neo ministro della Giustizia sappia intervenire presto e bene per interrompere questa triste contabilità".
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detenuto 05 giugno Bollate
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 12:59 AM |
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Nel pomeriggio di domenica 5 giugno un ragazzo di diciannove anni (alcuni dicono 21) si è tolto la vita nella Casa di Reclusione di Bollate. Il ragazzo, condannato a dieci mesi di reclusione per reati legati al possesso di hashish, era stato trasferito recentemente a Bollate dalla prigione milanese di San Vittore. Tutto il II Reparto della Casa di Reclusione (quello in cui era detenuto il giovane), ritiene responsabile dell'accaduto l'atteggiamento "ruvido" delle guardie nei confronti del ragazzo e ieri, lunedì, ha compattamente rifiutato il cibo.
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Eyasu Habteab 09 giugno 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 1:47 AM |
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Il Manifesto, 9 giugno 2006 Nelle fotografie scattate all’ospedale di Civitavecchia Habteab Eyasu ha un ferita in fronte, e dietro la nuca una grande macchia rossa di sangue. Sara Tseghe Paulous, sua zia, arrivata appositamente dall’Arabia Saudita, mostra il cadavere del nipote e dice a chiare lettere: "Io ora voglio sapere cosa è accaduto. Non credo che si sia suicidato. Perché chi si suicida non ha queste ferite in faccia". Habteab era eritreo e aveva 37 anni. Domenica scorsa è morto nella casa circondariale di Civitavecchia, dove era stato rinchiuso in seguito a un’espulsione dall’Inghilterra. "Ormai viveva in Italia da quasi tre anni - racconta un suo amico eritreo - siamo arrivati insieme con la barca a Lampedusa, poi siamo passati per il cpt e per il centro di accoglienza. Abbiamo ricevuto tutti e due lo status di rifugiato". Subito dopo, Habteab si è spostato a Bologna. Tre mesi fa ha avuto una bambina dalla sua compagna, Nasthinet, anche lei eritrea e rifugiata in Italia. Ha deciso che doveva guadagnare di più, che doveva trovare un lavoro migliore e ha tentato la carta dell’Inghilterra, come fanno in molti. Ma da Londra è stato rimandato in Italia, ed è finito in carcere, forse a causa di qualche precedente pendenza penale. Non si sa con precisione, perché i suoi amici, i suoi parenti, la sua compagna non lo sentivano ormai da qualche giorno e erano piuttosto preoccupati. Finché l’amico che ha condiviso con lui l’esperienza del viaggio, riceve una telefonata dal Comune di Crotone martedì 16 maggio: "Mi comunicano che Habteab è morto il 14 maggio, in carcere, a Civitavecchia. Non ci capivo niente, ho avvertito i suoi parenti e mi sono precipitato a Roma". La notizia, inizialmente, è che Habteab si è suicidato, impiccandosi. Ma quando, l’altro ieri, gli amici e i parenti si sono recati nell’ospedale di Civitavecchia per vedere la salma, sono rimasti a bocca aperta: Habteab presentava delle chiare lesioni in viso. E secondo quanto riferito da un medico, ci sarebbero anche lesioni sul resto del copro, che però non è stato mostrato ai parenti. Non sapendo che fare, gli amici hanno iniziato a scattare fotografie e ieri si sono messi in contatto con un avvocato. Ieri, nel centro autogestito di via Collatina - occupato da un gruppo di immigrati e da Action dopo la "cacciata" dal famoso "Hotel Africa" della Tiburtina - è stata allestita una specie di camera ardente, anche se la salma non c’è perché è rimasta in ospedale. La zia, con il velo nero, sta seduta su una sedia, Nasthinet coccola la figlia, lungo le pareti amici di vecchia data di Habteab e i suoi parenti arrivati da Milano, Bologna, Crotone. La signora Sara è una donna che gira il mondo. È una suora laica delle "Figlie di S. Anna", istituite alla fine dell’800 dalla beata genovese Anna Rosa Gattorno. Racconta di aver parlato con il personale della casa circondariale: "Prima mi hanno detto che si è impiccato con un lenzuolo, poi con un cordone. Mi hanno detto che era solo nella cella, lo avevano spostato perché aveva litigato con un altro detenuto. Io gli ho detto che chi si impicca non si spacca la testa. Loro mi hanno risposto che quando hanno tagliato il cordone il corpo è caduto e ha sbattuto a terra. Ma allora perché aveva una ferita anche dietro la nuca?". Domande inquietanti, tanto più che la casa circondariale di Civitavecchia non è nuova a tristi episodi di cronaca. Una lunga scia di suicidi, a volte misteriosi, sovraffollamento e mancanza di personale. Il senatore di Rifondazione comunista Francesco Martone ha presentato un’interrogazione parlamentare sulla morte di Habteab: "Una vicenda allarmante che pone di nuovo all’attenzione la casa circondariale di Civitavecchia per il triste primato di decessi in carcere. Una struttura che è più una casa di Reclusione che una Circondariale, con problemi gravi e cronici che rendono gravoso per molti aspetti il clima complessivo dell’istituto".
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Raffaele Abbate 08 giugno 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 1:50 AM |
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Raffaele Abbate, 39 anni, di origine campana, si uccide impiccandosi in cella. Raffaele era detenuto da pochissimi giorni nel carcere di Vibo Valentia e proveniva dall'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). All'uomo era stata riconosciuta una schizofrenia ed aveva frequenti attacchi di panico. Nei primi colloqui avuti con gli operatori del carcere di Vibo Valentia aveva manifestato un grave disagio esistenziale e ripetuto spesso "Dio non mi vuole". (Ristretti Orizzonti, 12 giugno 2006) Proveniva dal carcere di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Raffaele Abbate, il detenuto di 39 anni che nella serata di ieri è stato trovato impiccato in una cella del penitenziario di Vibo Valentia, dove stava scontando una pena definitiva, per rapina, che sarebbe scaduta nel 2009. Di origine napoletana, celibe, con diversi precedenti sulle spalle, aveva tentato più volte di farla finita, escogitando diversi atti di autolesionismo, ma era stato sempre salvato in tempo dalle guardie carcerarie e dal personale medico. Stavolta era solo nella cella e, servendosi di alcuni lacci, è riuscito ad eludere la sorveglianza. (Notizia "Agi" del 12 giugno 2006)
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Giuliano Mantovan 18 giugno 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 2:46 AM |
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Giuliano Mantovan, 40 anni, s'impicca alle sbarre della finestra del bagno della cella. La tragedia si è consumata nella serata di lunedì scorso. Mantovan dopo aver cenato con i compagni di cella si è recato in bagno. Pochi minuti dopo la macabra scoperta, l'uomo si era impiccato alla finestra del bagno utilizzando come cappio una striscia del lenzuolo della sua branda. Nessuno si era accorto di niente. L'uomo era sottoposto ad un regime di stretta sorveglianza, gli agenti di polizia penitenziaria avevano il compito di monitorarlo costantemente. E così è stato fatto, per questo motivo non sembrano esserci responsabilità per il suicidio. Mantovan era stato rinchiuso in una cella con tre detenuti (un italiano, un marocchino e un cinese) perché non fosse lasciato solo. Era inoltre sottoposto ad una terapia di tranquillanti. Mantovan era finito in manette per aver seviziato la convivente, nella notte fra venerdì e sabato scorsi. Quella notte di follia e di terrore deve evidentemente aver lasciato tracce nella psiche dell'uomo che nei colloqui con il Gip di Rovigo e con lo psicologo del carcere era parso sereno, ma in colpa per le sevizie inferte alla convivente. Evidentemente l'uomo non ha retto ai sensi di colpa per le sofferenze inferte alla convivente, una donna di 47 anni originaria di Porto Tolle. La follia era scoppiata nella notte fra venerdì e sabato scorsi, Mantovan, pare per motivi di gelosia, dopo aver legato la donna al letto l'aveva seviziata con calci e pugni nella sua casa di Taglio di Po. Poi aveva tentato di suicidarsi prima tagliandosi le vene dei polsi, poi aprendo il rubinetto del gas. Nel frattempo le convivente era riuscita a sfuggire al suo aguzzino lanciandosi dalla finestra del primo piano, quindi trascinatasi alla stazione dei carabinieri aveva lanciato l'allarme. L'uomo poi era stato arrestato con l'accusa di disastro doloso, sequestro di persona e lesioni gravissime. Il personale di polizia penitenziaria del carcere di Rovigo, intanto, ha fatto sapere che tutto quello che si poteva fare per la sicurezza e la tutela di Mantovan è stato fatto. Non mancano però i riferimenti alla perdurante carenza di personale nell'istituto di pena e alla necessità di una revisione dell'intero sistema penitenziario. La Procura comunque ha aperto un fascicolo d'indagine per accertare eventuali negligenze. (Il Gazzettino, 15 giugno 2006)
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Detenuta italiana 18 giugno 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 11:42 AM |
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Detenuta italiana di 44 anni si suicida nel Centro Clinico Penitenziario del penitenziario del perugino. (Ristretti Orizzonti) Centro Clinico Penitenziario sequestrato dai Nas Il centro clinico del carcere di Perugia, ospitato nella storica struttura di piazza Partigiani, è stato sottoposto a sequestro oggi dai carabinieri del Nas nell’ambito di accertamenti disposti dalla Procura della Repubblica del capoluogo umbro. Sull’indagine viene mantenuto un riserbo assoluto. La decisione sarebbe stata presa dopo la morte di un detenuto, avvenuto sembra nel corso di un intervento chirurgico. Nello stesso centro clinico una detenuta si è suicidata negli ultimi giorni. Una ventina di detenuti ricoverati nel centro clinico verrebbero ora trasferiti in un’altra struttura. Sembra quella di Regina Coeli a Roma. Nel luglio dell’anno scorso è stata inaugurata la nuova casa di reclusione di Capanne dove sono stati trasferiti i detenuti. Il centro clinico è però rimasto nella vecchia struttura di piazza Partigiani. L’11 giugno scorso un detenuto albanese era evaso proprio dal nuovo carcere di Capanne dopo aver scavalcato un muro e due recinzioni. Episodio sul quale sono in corso una indagine penale (per la quale ieri sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare nei confronti di due italiani già detenuti accusati di aver agevolato l’evasione) e una amministrativa interna del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. (Ansa, 26 giugno 2006) Medicine scadute e un detenuto morto Abuso di ufficio ed omissione di atti di ufficio: è questa l’accusa mossa dal Pm. Dario Razzi sostituto procuratore della repubblica di Perugia che ha fatto sequestrare dai carabinieri del Nas, il centro clinico del vecchio carcere di Piazza Partigiani del capoluogo. A seguito del provvedimento, i 12 detenuti (anche donne, poiché la struttura è divisa tra femminile e maschile) sono stati trasferiti in altri carceri con centro medico adeguato. Il Pm si è avvalso di due consulenti della università Cattolica di Roma che ieri hanno fatto un primo controllo mentre un altro è previsto per la prossima settimana. Nella struttura sanitaria erano stati rinvenuti farmaci e materiale sanitario (kit chirurgici) scaduti, materiale affidato in custodia alla Direzione sanitaria del centro, ma due giorni fa distrutto. L’indagine aveva preso il via due anni fa, dopo la morte di un detenuto straniero che era stato sottoposto ad intervento chirurgico di emorroidi, eseguito da un chirurgo esterno e convenzionato. Le condizioni del detenuto però peggiorarono tanto che sopravvennero delle complicanze a seguito delle quali l’uomo morì, dimostrando in pratica - secondo l’accusa - le carenze dell’assistenza notturna. Dagli accertamenti di quel fatto, sono emersi inadeguatezze sia igieniche che strutturali con materiale sanitario scaduto che ha portato al sequestro del centro. Per quella inchiesta, coperta dal massimo riserbo, sono indagate due persone, mentre per gli abusi d’ufficio e di omissione di atti (distruzione di materiale sottoposto a custodia) il PM Razzi non ha ancora assunto iniziative. Una dettagliata relazione è stata disposta per il ministero di Grazia e Giustizia, relazione che verrà integrata dopo le consulenze degli esperti del PM che torneranno nel vetusto carcere perugino di Piazza Partigiani (dove una detenuta si è suicidata poco tempo fa) visto che a luglio del 2005 era stata inaugurata la nuova struttura a Capanne, con un centro clinico solo in minima parte operativo. (Ansa, 26 giugno 2006)
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detenuto peruviano 24 giugno 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 11:44 AM |
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Detenuto peruviano di 22 anni muore dopo aver inalato gas da una bomboletta da camping il 24 giugno 2006. Il ragazzo doveva scontare solo un anno di pena per un reato di furto. Per questa morte, avvenuta sabato dopo alcuni giorni di ricovero all'ospedale San Paolo, il pubblico ministero Nicola Piacente ha aperto un'inchiesta a carico di ignoti per istigazione al suicidio. Il giovane, in carcere in seguito alla condanna a un anno di reclusione, non ha lasciato biglietti per giustificare il suo gesto. Da alcuni giorni era stato lasciato dalla ragazza. Il magistrato ha disposto l'autopsia sul suo corpo. (Il Giorno, 30 giugno 2006)
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L.C italiano 13 agosto 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 12:02 PM |
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L.C., 30 anni, di Farindola (Pescara), detenuto da appena due giorni, muore suicida. Era stato arrestato per tentata violenza sessuale e si è impiccato con un lenzuolo alle sbarre della finestra della cella del carcere di Castrogno. Il suo corpo è stato trovato intorno alle 8.20 dagli agenti di polizia penitenziaria del turno montante, che non hanno potuto far nulla per salvarlo. In carcere non è stato chiamato neanche il 118. Il medico della casa circondariale, accorso nella cella, non ha potuto che constatare la morte del giovane. Sull’episodio la procura della repubblica di Teramo ha aperto un’inchiesta, della quale si occupa il Pm David Mancini. Essendoci stato il cambio di turno alle 8, non è escluso che agli agenti del turno smontante - quello notturno - possa essere addebitata un’omissione (in teoria dovrebbero controllare i detenuti attraverso lo spioncino ogni venti minuti). Prima di lavorare su una simile ipotesi, però, la procura dovrà conoscere esattamente l’ora della morte. Per questo è stata disposta l’autopsia, che dovrebbe essere eseguita oggi o domani. L.C., secondo testimonianze raccolte a Farindola, avrebbe lasciato una lettera indirizzata alla madre. Forse una richiesta di perdono. È immaginabile che alla base del suo gesto ci sia stata la vergogna per l’arresto subito, visto che apparteneva a una famiglia molto stimata ed era sostanzialmente incensurato (per lui solo un piccolo precedente, molto poco significativo). Il giovane sarebbe dovuto comparire davanti al giudice ieri mattina per la convalida dell’arresto, ma in tribunale non è mai arrivato. L.C., che recentemente aveva trovato lavoro in una ditta metalmeccanica di Chieti Scalo, era stato bloccato dai carabinieri di Silvi Marina domenica notte mentre cercava di fuggire dal palazzo di via Piave nel quale avrebbe tentato di legare e violentare una prostituta romena. La ragazza, urlando e reagendo fisicamente, aveva richiamato l’attenzione dei vicini di casa, costringendo l’uomo alla fuga. I carabinieri ritengono che il giovane potesse aver colpito altre volte. Avevano già ricevuto, una ventina di giorni fa, una denuncia da un’altra prostituta che esercita a Silvi e che aveva riferito di essere stata legata e violentata da un giovane la cui descrizione fisica e la cui automobile corrispondevano a quelle dell’operaio di Farindola. Addosso a L.C. erano stati trovati dei lacci, che presumibilmente dovevano servire per legare la vittima. (Il Centro, 16 agosto 2006)
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Daniele L. 14 agosto 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 12:03 PM |
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Daniele L., 21 anni, viene trovato morto nella sua cella, un asciugamano in bocca e la faccia premuta contro il cuscino del suo letto. Si sarebbe tolto la vita in questo modo, a cavallo di Ferragosto. Solo da pochi giorni era arrivato nel carcere di Frosinone. La vicenda è stata segnalata dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni. A quanto risulta al Garante il giovane - nato a Roma - era arrivato nel carcere di Frosinone il 27 luglio scorso, proveniente dal penitenziario di Velletri, ed è stato trovato morto nella sua cella nei giorni a cavallo di Ferragosto. L’ipotesi più probabile è che si tratti di un suicidio. "Nonostante l’indulto la situazione nelle carceri continua a generare casi drammatici come questo di Frosinone - ha detto il Garante Regionale dei Diritti dei detenuti Angiolo Marroni -. La giovane età del detenuto e, soprattutto, le modalità che avrebbe usato per togliersi la vita mi lasciano perplesso e sconcertato. Auspico che la magistratura chiarisca in tempi rapidi questa tristissima vicenda". (La Repubblica, 19 agosto 2006)
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L.C 27 gennaio 2006
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(((i)) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 3:53 PM |
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L.C., detenuto italiano di 63 anni, si uccide nel carcere di San Vittore a pochi giorni dalla scadenza dei termini della custodia cautelare. Era detenuto dall’agosto scorso dopo aver minacciato ripetutamente la moglie con un coltello e aver tentato di suicidarsi. Secondo il suo legale, soffriva di sindrome delirante, ma il gip aveva respinto la richiesta di arresti domiciliari sulla base di una perizia per la quale l’uomo era curabile in carcere. Martedì scorso, davanti al tribunale, era cominciato il processo, ma dopo la deposizione della moglie e dei due figli, era stato disposto il rinvio al 30 gennaio prossimo. L’8 febbraio sarebbero scaduti i termini della custodia cautelare e l’uomo sarebbe tornato libero. Non è riuscito ad aspettare e si è impiccato in cella. "Forse - ha commentato il legale, Doriana Martini - si sarebbe potuto fare qualcosa di più per aiutarlo ad uscire dalla sindrome delirante di cui soffriva". (Il Giorno, 27 gennaio 2006)
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Mohamed Faleb 06 febbraio 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 3:54 PM |
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Suicidio: 06 febbraio 2006, Carcere di Lecce
Mohamed Faleb, tunisino di 24 anni, si suicida impiccandosi in cella: nel carcere di Lecce è il secondo suicidio nel giro di un mese e mezzo. Ogni tentativo di soccorso è stato inutile. Il magistrato di turno, il sostituto procuratore Paola Guglielmi, ha disposto l’autopsia che è stata affidata al medico legale Alberto Tortorella. Accanto all’inchiesta aperta dalla Procura, c’è anche un’indagine interna, avviata dall’amministrazione penitenziaria. Gli accertamenti potrebbero essere utili per fare luce sul suicidio del magrebino. A quanto se ne sa, il tunisino non condivideva la cella con nessuno. E, se corrispondono al vero le notizie fin qui raccolte, pare che il suicidio sia stato scoperto solo un paio di ore dopo. Il nuovo suicidio riporta in primo piano la questione del supercarcere. La struttura è sovraffollata. La situazione allarmante ha trovato eco anche nella relazione del presidente della Corte d’Appello in occasione della cerimonia di apertura del nuovo anno giudiziario. A Lecce, nella struttura di borgo San Nicola, ci sono 1.231 detenuti. Sulla carta ce ne dovrebbero essere poco più di 510. Gli stranieri sono più del dieci per cento. E sempre secondo i dati forniti dal presidente della Corte d’Appello le presenze stranieri si aggirano intorno ai 170.
Dal sovraffollamento deriva l’allarme, lanciato dal presidente del Tribunale di Sorveglianza, sulle ridotte possibilità di assicurare ai detenuti un buon trattamento intramurario ed un’adeguata assistenza sanitaria (sono ricorrenti le patologie per infezioni di Hiv). Il suicidio del giovane tunisino - come si diceva - segue di una quarantina di giorni quello avvenuto alla fine di dicembre. Risale fra Natale e Capodanno il suicidio di un detenuto di Bitonto che si è impiccato nella cella dove si trovava rinchiuso per una rapina compiuta nel Barese. Per togliersi la vita, Gaetano Maggio, 34 anni, aveva usato la cintura dei pantaloni. A dare l’allarme era stato un agente di polizia penitenziaria, ma ogni soccorso fu inutile. (La Gazzetta del Mezzogiorno, 8 febbraio 2006)
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M.A. Detenuto Eritreo 22 febbraio 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 4:48 PM |
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Nome e cognome, età, data e carcere del suicidio
PAOLO LANDOLFI, 23 anni, 18 gennaio 2006, Piacenza
L.C., CITTADINO ITALIANO, 63 anni, 27 gennaio 2006, San Vittore (MI)
EMILIANO SANTANGELO, 33 anni, 04 febbraio 2006, Biella
MOHAMED FALEB, 24 anni, 06 febbraio 2006, Lecce
DETENUTO TUNISINO, 39 anni, 14 febbraio 2006, Brucoli (SR)
TIZIANO MOSCHIERA, 34 anni, 14 febbraio 2006, Pagliarelli (PA)
ANDREA ANELLO, 56 anni, 18 febbraio 2006, Pagliarelli (PA)
M.R., DETENUTO ITALIANO, 45 anni, 22 febbraio 2006, Massa Carrara
M.A., DETENUTO ERITREO, 28 anni, 22 febbraio 2006, Rossano Calabro (CS)
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Asmelash Merhawui 26 Febbraio 2006
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(((i))) Wednesday, Oct. 18, 2006 at 4:49 PM |
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Suicidio: 26 febbraio 2006, Carcere di Rossano Calabro
Asmelash Merhawui, 28 anni, di nazionalità eritrea, si impicca con un filo sottile alle sbarre della cella d’isolamento. I medici del 118, chiamati dagli agenti di polizia penitenziaria, hanno constatato la morte del giovane per soffocamento. M.A., in attesa di giudizio, proveniva dal carcere di Crotone ed era a Rossano da pochi giorni. Era accusato di traffico di clandestini e favoreggiamento della prostituzione. Il sostituto procuratore della Repubblica di Rossano, Alessia Notaro, ha disposto l’autopsia che sarà effettuata domani nell’obitorio dell’ospedale dove è stata trasportata la salma. (Ansa, 26 febbraio 2006)
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commenti del cazzo...
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gg Thursday, Oct. 19, 2006 at 9:29 AM |
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Io sono contro le galere, non ci metterei dentro neanche gli sbirri - come recitava qualche slogan di vecchia memoria - però a quelli che mettono questi commenti del cazzo mi piacerebbe fargli provare cosa vuol dire oggi transitare nelle patrie galere, magari solo per poco - una settimano o due. Così forse scoprirebbero che gli stupratori, gli assassini e i 'criminali' di cui si riempono la bocca a sproposito sono una minoranza esigua del panorama carcerario italiano. La stragrande maggioranza sono tossicodipendenti e stranieri (o l'uno e l'altro) in galera per due banali leggi, una delle quali, tra l'altro, prevede il carcere anche per il solo possesso di un pò di erba o hascish. Attenzione che tanta velleità giustizialista non vi si ritorca contro a causa di un tocchetto di fumo...
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D.O. 22 marzo secondigliano
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(((i))) Sunday, Oct. 22, 2006 at 6:07 PM |
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D.O., rumeno, 32 anni, si suicida impiccandosi nella sua cella di isolamento. Ne dà notizia l’associazione Antigone Napoli. Nel carcere di Secondigliano sono detenuti 1.500 persone circa, su una capienza ufficiale di 1.028 posti. "Il suicidio di un detenuto isolamento - ha dichiarato Dario Stefano Dell’Aquila, presidente di Antigone Napoli e componente dell’Osservatorio Nazionale sulla detenzione - solleva più di un problema. È indubbiamente il segnale di un disagio diffuso che si vive nelle prigioni italiane, mai così sovraffollate. Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ritiene fisiologico che ci sia in carcere una percentuale di suicidi superiore a quella dei cittadini normali, noi pensiamo che esiste un preciso compito giuridico dell’Amministrazione Penitenziaria di tutelare l’integrità di persone prive della libertà". "Sarebbe opportuno - ha concluso il presidente di Antigone Napoli - che si facesse chiarezza sulle dinamiche di questi eventi, senza reticenze e con trasparenza". (Adnkronos, 24 marzo 2006)
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