“Il mio cruccio è quello di non poter essere vicino a tutti, vivere cioè in prima persona tutti i problemi, purtroppo sono fatalmente assorbita dai più importanti ”. Cosi' parlava nel gennaio 2005 Laura Passaretti, direttrice del carcere di Secondigliano a proposito del suo incarico.
Evidentemente deve aver trascurato qualche problema non proprio secondario se oggi si parla di quel carcere a causa degli undici decessi verificatisi nei primi sei mesi dell'anno.
Il carcere si trova alle porte di Scampia, certamente una zona non facile in cui vivere, soprattutto se costretti dietro le sbarre. Ma questo non basta a spiegare un tale numero di morti (8 per malattia e 3 suicidi), come non e' da considerarsi una giustificazione la presenza di un centro clinico, visto che altre carceri con la stessa struttura non presentano un numero di decessi simile. Le cause sono da cercare altrove, nel sovraffollamento del carcere, negli episodi di violenza, nella gestione discutibile -quando non criminale- della sanità.
Prima dell'indulto la struttura ospitava circa 1500 detenuti a fronte di una capienza ufficiale di 1.028 posti (in realtà era stato progettato per meno di 800). Un tale sovraffollamento e' causa di un ovvio peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti che comporta problemi oltre che di tipo sanitario anche di carattere psicologico; le statistiche degli ultimi anni mostrano infatti come ad un aumento della popolazione carceraria corrisponda un aumento (in percentuale) dei suicidi.
Certamente non contribuiscono a rendere il clima più sereno il rigido regime imposto e gli episodi di violenza che si ripetono da anni; soprusi e percosse (1 , 2 solo per fare degli esempi) da parte degli agenti sono all'ordine del giorno tanto che più volte sono state aperte inchieste in merito.
Ma il maggiore problema sembra essere la situazione sanitaria. I detenuti muoiono tra l'indifferenza dei medici preposti alla tutela della loro salute come nel caso di Carmelo Perrone, malato di cirrosi epatica e morto all'ospedale Cardarelli dopo essere giunto in condizioni disperate dall'infermeria (non dal centro clinico) del carcere.
Oppure succede che venga negata la scarcerazione a detenuti in gravi condizioni di salute. 10 persone risulterebbero ad esempio indagate per la morte di Antonino Mole' avvenuta nell'infermeria del carcere dopo che gli erano stati revocati gli arresti domiciliari nonostante fosse cardiopatico ed affetto da tumore. Molti altri sono i casi simili in cui l'obbligo della pena giudiziaria prevale sul diritto costituzionale alla salute.
A questa gestione criminale, si affianca un organico insufficiente e una struttura tanto fatiscente da richiedere un'iterrogazione parlamentare al fine di disporre l’immediata chiusura del reparto di Osservazione Psichiatrica e della Terza Sezione dell’Infermeria del carcere.
È evidente che i detenuti di Secondigliano non abbiano una particolare predisposizione al suicidio o una salute particolarmente cagionevole, un numero cosi' alto di decessi risulta motivato dalle pessime condizioni in cui si trovano a vivere.
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