LAVORO NERO E SFRUTTAMENTO OPERAIO NEGLI SCAVI DI POMPEI
100_1227.jpg, image/jpeg, 2576x1932
“NEGLI SCAVI DI POMPEI LAVORO NERO NEI CANTIERI”
(Francesco Fanon)- “La Soprintendenza Archeologica di Pompei affida lavori di restauro ad aziende che non rispettano il contratto nazionale di lavoro del settore dell’edilizia ed affidano illegittimamente i lavori in subappalto. Nel cantiere per la ristrutturazione e restauro della “Casa Trebius Valens”all’interno degli scavi di Pompei – committenti dei lavori la Soprintendenza di Pompei – le lavoratrici sono state allontanate a seguito delle nostre denunce”. Giovanni Sannino segretario generale della Fillea Cgil non usa mezzi termini e denuncia sfruttamento e illegalità nei cantieri del restauro artistico. Decine di collaboratori restauratori e restauratrici, sono costretti da alcuni imprenditori a stipulare contratti di lavoro fittizi ed elusivi, ad aprirsi la partita Iva, a fatturare figurando come lavoratori autonomi ed a subire tutti gli oneri pesantissimi che ne derivano oppure ad essere retribuiti con la ritenuta d’acconto o più semplicemente, con il sistema del lavoro nero e dei contratti del settore commercio. Nell’occhio del ciclone la Soprintendenze, in primis quella di Pompei. “La Fillea Cgil e la Fillea Restauro di Napoli sono da tempo in campo per denunciare il diffuso stato di illegalità e di precarietà in cui versa il settore del restauro – sottolinea Sannino – per il riconoscimento della dignità professionale e umana di tante ragazzi e ragazze che operano nei beni culturali”. La carenza normativa e legislativa della figura dei collaboratori restauratori artistici ha fornito un alibi agli imprenditori ed alle soprintendenze per portare avanti progetti e lavori senza mai porsi il problema dei lavoratori, a fronte di un mestiere oltretutto usurante e dannoso per la salute e l’incolumità fisica. Il contratto nazionale di lavoro del settore dell’edilizia viene sistematicamente ignorato. Si utilizzano in maniera impropria contratti a progetto per attività lavorative che sono configurabili come lavoro subordinato. Si utilizzano materiali e solventi che arrecano gravi danni alla salute. Le Soprintendenze nella qualità di enti appaltanti dei lavori non svolgono adeguatamente il ruolo di vigilanza e di controllo per l’applicazione del contratto nazionale di lavoro del settore dell’ edilizia e delle leggi che tutelano la sicurezza antinfortunistica e l’ ambiente del lavoro. Il rischio di ammalarsi è piuttosto alto. I rischi più frequenti: problemi di vista, esposizione agli agenti atmosferici, lesioni traumatiche accidentali, azione irritante e tossica per l’uso delle sostanze utilizzate nel restauro, problemi di inalazione di polveri ambientali, contaminazione da funghi, bacilli, stafilococchi,rischi di infezione con uova di parassiti, spore di carbonchio, tetano, leptospira. La dura presa di posizione dei vertici della Cgil dell’edilizia non ha trovato insensibile il Soprintendente di Pompei Guzzo, il quale ha immediatamente disposto un’inchiesta. “Sono in corso indagini approfondite – ha dichiarato Guzzo – Abbiamo allertato i direttori dei lavori. Siamo disponibili per promuovere una riunione convocando la Fillea Cgil e le imprese esecutrici dei lavori”.
SONO 700 GLI OPERATORI CHE LAVORANO SENZA DIRITTI E DIGNITA’
(Francesco Fanon) - Da tempo i collaboratori e le collaboratrici addetti nel settore del restauro artistico nella provincia di Napoli promuovono iniziative di lotta per la tutela dei loro diritti. La vertenza è arrivata addirittura in Parlamento. Quattro senatori di Rifondazione Comunista eletti in Campania presentarono qualche mese fa un'interrogazione parlamentare al Ministro Rutelli. Sono circa settecento i lavoratori e le lavoratrici che operano nel settore del restauro artistico e dell’archeologia.Si sono formati presso le scuole private, università pubbliche, Accademie delle Belle Arti ed in maggioranza nei cantieri e nei laboratori. Il 90% dei lavoratori sono donne,. L’età media è di 32 anni. Sono operatori lapidei, restauratore di quadri, affeschi, monumenti. Ma anche restauratori di mobili antichi, addetti alle botteghe del restauro. Figure altamente specializzate che hanno particolari conoscenze tecnico-scientifiche e un patrimonio culturale di tutto riguardo che da anni sono fuori dal mercato del lavoro. I più fortunati sono costretti ad operare nella precarietà senza diritti e senza dignità. Nei cantieri di restauro artistico non vengono rispettate le normative economiche ed i diritti previsti dal contratto nazionale di lavoro dell’edilizia e dal verbale di stipula del 31 Maggio 2005(parte integrante del contratto nazionale di lavoro). I lavoratori e le lavoratrici sono costretti a stipulare contratti di formazione, di consulenza, e a progetto.Le Soprintendenze nella qualità di enti appaltanti dei lavori non svolgono adeguatamente il ruolo di vigilanza e di controllo per l’applicazione del contratto nazionale di lavoro del settore dell’ edilizia e delle leggi che tutelano la sicurezza antinfortunistica e l’ ambiente del lavoro. Il rischio di ammalarsi è piuttosto alto. I rischi più frequenti: problemi di vista, esposizione agli agenti atmosferici, lesioni traumatiche accidentali, azione irritante e tossica per l’uso delle sostanze utilizzate nel restauro. Sono continuamente violate le norme che tutelano la maternità ed i diritti delle donne. La sicurezza rappresenta uno degli elementi di rilievo nell’ attività dell’impresa di restauro. Il 72% dei restauratori campani dichiarano di avere subito l’incidente in cantiere, il 12% in laboratorio. Il restante 16% ha subito incidenti in entrambi gli ambienti di lavoro. La natura degli infortuni vede una preponderanza di lesioni da taglio(27%), da colpo(21%) e da sforzo(19%). La zona del corpo maggiormente interessata agli infortuni è la mano destra(31%), seguita dalla mano sinistra e dagli arti inferiori(17%), da occhi(13%), collo(9%). I fattori più frequenti determinanti gli infortuni sono l’abitudine all’esecuzione del lavoro, il contatto con sostanze tossiche e soprattutto la carenze di strutture nel cantiere. Il tempo di lavoro a cavallo della pausa pranzo tenda a corrispondere alla fascia oraria più a rischio. I disturbi maggiormente accusati sono quelli alle articolazioni(42%). Una grave situazione che meriterebbe adeguati interventi di controllo e di vigilanza da parte dell’ ispettorato del lavoro, delle Asl e della Guardia di Finanza per la tutela dei diritti contrattuali e sulla salute dei lavoratori ed ispezioni ministeriali presso le Soprintendenze per una verifica sui meccanismi di affidamento degli appalti.
|