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VICENZA - NO AL DAL MOLIN (12)
by spoon Friday, Oct. 20, 2006 at 11:29 AM mail:

"Sorriso, rassicurazione, promesse e propaganda", poi "occupazione, militarizzazione, operatività militare", quindi "disillusione, danno, costi e problemi",di Andrea Licata

VICENZA - NO AL DAL ...
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PER SEGUIRE LA QUESTIONE DAL MOLIN VISITA http://www.altravicenza.it/


L’ANALISI
di Andrea Licata**

Le basi militari USA si insediano secondo tecniche persuasive ben collaudate, scegliendo le zone
dove maggiore è l’ospitalità, minori i costi e più deboli i controlli ambientali.
Dovendo mantenere migliaia di soldati all’estero con le famiglie c’è chi sostiene che vengano
preferite le località turistiche, da presentare come incentivo per compensare il rischioso
arruolamento per il fronte. Queste strutture vengono posizionate anche per condizionare le politiche
delle economie capitaliste più forti, oltre ché per muovere attacchi la cui risultante finale sono tra
l’altro nuove basi. Il network in questione, quello delle basi USA, che secondo alcuni autori sarebbe
però in crisi, appare come un progetto separato, parte di un Risiko che si gioca sopra le nostre teste.
Possiamo affermare che installazioni come quella in progettazione a Vicenza non sono proposte (o
meglio imposte) per ragioni di sicurezza, per dare impulso all’economia locale o proteggere
l’ambiente: vengono costruite per esigenze strategiche, sono basi militari per nuovi attacchi e sono
oggi rivolte al Sud del mondo.
Possiamo distinguere alcuni momenti per meglio comprendere cosa sta succedendo a Vicenza:
1) La fase attuale, la “politica del sorriso”. Il generale apre “ad orologeria” le porte della
Caserma di Vicenza, una forma di propaganda ad hoc, in quanto successivamente
risulteranno difficili persino le visite dei parlamentari, saranno vietati i controlli ambientali
indipendenti. Questa fase è accompagnata da rassicurazioni, promesse di sviluppo che si
rivelano poi poco fondate, ma sono loro utili a convincere la popolazione. Sappiamo infatti
che le basi USA si mantengono in realtà grazie alle tasse imposte ai paesi ospitanti i cui
cittadini pagano centinaia di milioni alle truppe (da notare che a Vicenza aumenterebbero).
In questa fase le basi vengono descritte come luoghi sicuri (sugli incidenti ci sono invece
intere pubblicazioni), addirittura a Vicenza sarebbero senza armi (non è possibile! le fonti
militari affermano non a caso il contrario) e rispettose dell’ambiente (quest’ultima
un’affermazione è smentita da svariate pubblicazioni scientifiche, ad esempio quelle del
BICC, e dai fatti, ossia le migliaia di siti inquinati pesantemente ed in vario modo nel
mondo).
Secondo le autorità, per fare un esempio, non ci sarebbero armi atomiche nelle basi USA in
Italia, ma sappiamo che la versione ufficiale non è credibile ed è smentita da molte fonti (è
riconosciuto che ci siano decine di testate atomiche in Italia).
2) La vera politica della base. Queste strutture non sono ovviamente progettate né per aiutare
l’economia locale, né per salvaguardare l’ambiente, anzi: sono postazioni avanzate di
guerra. Da Vicenza partirebbero evidentemente importanti azioni militari, in un contesto
politico estremo, il bushismo, in cui il presidente USA detiene un immenso potere ed ha
introdotto proprio in questi giorni leggi speciali su prigionia, basi CIA ed interrogatori. Una
volta concessa l’area del Dal Molin tutto diventa possibile, anche un uso differente da quello
accordato durante la fase dei sorrisi di circostanza (magari in segretezza, essendosi
insediato un nuovo governo…); trattandosi di una nuova grande struttura possiamo inoltre
ipotizzare che l’area resti militarmente occupata per anni e possa trasformarsi nel tempo a
seconda delle esigenze del Pentagono. Allo stesso modo non possiamo però escludere che,
nonostante il raddoppio, anche queste basi, che sono paragonabili a degli accampamenti,
decidano autonomamente in un prossimo futuro di chiudere per ridurre costi, trovare una
maggiore libertà sulla questione ambientale (cioè maggiore libertà di inquinare) o per altri
motivi tra cui la protesta diffusa, come è già successo altrove. Per tutte queste ragioni il
ragionevole compito delle amministrazioni locali dovrebbe essere, ma così evidentemente
non è, tutelare i cittadini ed il territorio contrastando la militarizzazione, non la delega totale
al Pentagono che ha già i suoi mezzi per imporsi in maniera autoritaria.
3) Sulle conseguenze. La terza fase che possiamo prevedere, attraverso comparazioni con
situazioni analoghe, è quella dell’amara realtà: guerre, militarizzazione e inquinamento
vengono confermate le vere attività; pericoli e tensioni internazionali alcune fra le
conseguenze aggravanti; a livello locale emergono a questo punto le mancate opportunità, i
costi per i privilegi dei militari, i ricatti occupazionali, gli enormi consumi energetici, gli
sprechi d’acqua, i problemi dovuti a rifiuti e discariche, la viabilità e la sua manutenzione
straordinaria, la vigilanza a carico del paese ospitante e del comune risultano alla fine il vero
disastroso impatto economico, che altrove (ad esempio in Friuli o in Sardegna) ha portato a
continue spese aggiuntive; in Italia non sono mancate le infiltrazioni mafiose nella
costruzione delle basi. L’inquinamento e i costi di bonifica, sempre che risulti possibile,
sono poi forse l’aspetto più drammatico del dopo base.
La città di Vicenza diventerebbe definitivamente una grande caserma con l’economia e la
politica locali fortemente condizionate dalle esigenze dei militari.
Non a caso a fronte di strutture del genere ci sono proteste notevoli, anche se non se parla
molto. Se restiamo ai fatti e non alla propaganda, non abbiamo in definitiva elementi per
affermare che a Vicenza le basi USA abbiano un impatto differente da quello negativo già
verificatosi altrove, anzi …

**Andrea Licata presiede dal 2000 il Centro Studi e Ricerche per la Pace dell’Università di
Trieste.
Collabora con la rivista Scienza e Pace dell’Università di Pisa, la Rivista di Critica Scientifica
(CKZ) di Lubiana, la Cattedra di Storia dei partiti e movimenti politici dell’Università di Trieste.
Ha studiato tra l’altro alla European Peace University di Schlaining in Austria.
Tiene conferenze in Italia ed all’estero sul tema delle basi militari e del recupero delle aree militari.
Ha curato la pubblicazione “Dal militare al civile, la conversione preventiva della base USAF di
Aviano – Ricerche e progetti” uscito in questi giorni per la KappaVu edizioni di Udine
(http://www.kappavu.it).

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