"Non bisogna coinvolgere il Consiglio superiore della magistratura nel dibattito sull'amnistia". Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino cerca di portare fuori dalla tempesta politica sugli effetti dell'indulto l'organo di autogoverno dei giudici, che "non è la terza Camera e non può sostituirsi al Parlamento", indicando la strada dell'aministia.
"Il Csm non puo' indicare priorita'", ha aggiunto Mancino davanti alle telecamere di SkyTg24 a proposito del documento approvato la scorsa settimana dal Csm. "Il Csm - ha aggiunto Mancino - non poteva entrare nel merito della questione e ha soltanto storiccizzato i provvendimenti clemenziali", che sono stati ben 17. Ma "il Csm non è la terza Camera".
Mancino ha però aggiunto che sull'indulto "c'è stata una eccessiva fretta" dettata dalla volontà di decongestionare le carceri senza preoccuparsi della necessità di liberare la magistratura da una serie di incomnbenze: "Si poteva fare contemporaneamente un'amnistia mirata e un indulto non con un abbuono di tre anni".
Mancino non nasconde di aver votato nel suo "passato politico amnistia e indulto. Ma - precisa - non sono favorevole perché ritengo che la motivazione addotta (il sovraffollamento nelle carceri) sia inadeguata".
Quanto alle recenti affermazioni del premier Prodi sull' "Italia impazzita", Mancino è chiaro: "Non credo che il Paese sia impazzito, penso che sia demotivato. Le denunce sullo stato del paese andavano fatte prima: era necessario parlare subito alla nazione".
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