FARC-EP: LETTERA APERTA AL POPOLO STATUNITENSE
Signori James Petras, Noam Chomsky, Jesse Jackson, Angela Davis, Micheal Moore, Oliver Stone e Denzel Washington Ricorriamo a voi, simboli dell’intellettualità e del pensiero onorevole della patria di George Washington, Abraham Lincoln e Martin Luther King, per dirigerci al popolo degli Stati Uniti, chiamato ad incidere -al di sopra dei suoi governanti- sul futuro di pace, giustizia e fraternità dei popoli del mondo. Nel febbraio del 2003, l’aereo d’intelligence da combattimento pilotato da Thomas Howes, Keith Stansell e Mark Gonçalves, di nazionalità statunitense, è stato abbattuto da guerriglieri delle FARC in territorio colombiano, sulle pendici della cordigliera orientale che si estendono verso il Caquetá. I tre vennero fatti prigionieri legittimamente nella misura in cui stavano conducendo un’azione di guerra, nel quadro di un conflitto armato che le FARC – Esercito del Popolo e lo Stato colombiano combattono per il potere. Howes, Stansell e Gonçalves sono vivi, custoditi in modo dignitoso e rispettoso nella selva. Sono gli unici prigionieri di guerra nordamericani al mondo ad essere vivi. Washington ha investito miliardi di dollari nell’ambito del Plan Patriota del South Command, perseguendo una liberazione militare tanto pericolosa quanto insensata. Con questo stesso comportamento, il presidente Uribe ha causato nel passato recente la riprovevole morte di un ex ministro della difesa, un governatore ed otto militari. Di fatto, negli ultimi tre anni i prigionieri statunitensi hanno corso rischi innecessari per via degli operativi militari che perseguono la loro liberazione a sangue e fuoco. Per tale ragione non possiamo accompagnare questa lettera con prove di sopravvivenza, che avrebbero potuto portare almeno un po’ di tranquillità ai loro familiari. Tuttavia, promettiamo di farle pervenire in un’occasione propizia. Al popolo degli Stati Uniti chiediamo la sua solidarietà, sempre generosa, affinché spinga il presidente Bush ad assumere un comportamento favorevole del suo governo nei confronti dello scambio dei prigionieri di guerra in Colombia, o dell’interscambio umanitario, come preferiscono chiamarlo nel Palazzo di Nariño. Dobbiamo vincere questa battaglia di umanità, che può anche aprire sentieri verso la pace con giustizia sociale in questo paese. Sfortunatamente, la gestione a mente calda della situazione da parte del presidente Uribe ha disseminato il cammino di ostacoli. Mentre attualmente sono state generate grandi aspettative circa lo scambio di prigionieri in Colombia, Uribe si è affrettato a dire che in un eventuale interscambio non potrebbero essere inclusi Simón Trinidad e Sonia, per il solo fatto di trovarsi nelle mani della giustizia nordamericana. Simón Trinidad, portavoce politico delle FARC nei dialoghi di pace del Caguán col governo Pastrana, è stato estradato negli Stati Uniti con false imputazioni e sporche montature dei servizi segreti militari colombiani e della magistratura, che non sono mai riusciti ad occultare il comportamento vendicativo come movente di quella decisione. Per poter estradare Sonia, degna guerrigliera contadina, hanno impresso sulla carta d’identità le impronte digitali di una narcotrafficante, e hanno persino modificato il suo nome. Al suo arrivo negli Stati Uniti è stata rinchiusa per sei mesi in un’oscura fossa, a mo’ di castigo. Simón è rimasto permanentemente incatenato ed in isolamento, e gli è stato impedito il pieno esercizio del diritto alla difesa legale di fronte ad una giuria che non parla la sua lingua e che non ha titolo per giudicarlo. Pur non essendo membro dello Stato Maggiore delle FARC, le autorità lo hanno perfidamente presentato come tale per vincolarlo a tutta una serie di delitti inventati, tra i quali si distingue quello di “terrorismo”. Con loro si pretende di castigare la resistenza delle FARC alla politica di ricolonizzazione neoliberista e predominio dell’impero nella Nostra America, quella del sud. Simón e Sonia sono stati estradati negli Stati Uniti violando lo sbarramento costituzionale, che proibisce perentoriamente l’estradizione di connazionali per ragioni politiche. Desideriamo di cuore lo scambio, per porre fine alla lunga cattività dei prigionieri in potere delle parti contendenti, compresi Simón, Sonia, Howes, Stansell e Gonçalves, a meno che i governi della Colombia e degli Stati Uniti prendano una qualche altra iniziativa ragionevole da convenire con le FARC in margine a questi prigionieri. L’importante è che tutti recuperino la libertà. Chiamiamo Noam Chomsky, James Petras ed i popoli degli Stati Uniti e della Colombia a innalzare la giusta bandiera dello scambio e della pace, che al contempo è un appoggio alla soluzione politica e diplomatica del conflitto. Come abbiamo manifestato in un recente comunicato pubblico diretto ai militari colombiani, “i programmi sociali, i cambiamenti strutturali e gli accordi di pace sono più efficaci e poderosi delle pallottole e degli operativi”. Ci piacerebbe vedere un cambiamento del comportamento da parte del governo di Washington: che invece di qualificare le FARC come organizzazione “terrorista”, con l’insidioso proposito di delegittimare un’organizzazione politica ed allo stesso tempo giustificare il suo intervento in un conflitto interno, pensi al diritto universale dei popoli a sollevarsi contro regimi ingiusti ed obbrobriosi. Il Libertador Simón Bolívar c’insegnò che “l’uomo sociale può cospirare contro qualunque legge positiva che lo mantenga prostrato”, e che “quando il potere è oppressore, la virtù ha il diritto di coglierlo di sorpresa”. Inoltre, “l’uomo virtuoso si solleva contro l’autorità oppressora ed insopportabile per sostituirla… con un’altra rispettata ed apprezzabile” . Abbiamo fiducia nelle azioni del popolo pensante ed amante della pace che palpita aldilà del Rio Bravo, che cerca che i conflitti del mondo e del continente si risolvano in modo civilizzato tenendo in considerazione la dignità dei popoli. Un cordiale saluto. Attentamente, Raúl Reyes, membro del Segretariato Commissione Internazionale delle FARC-EP Montagne della Colombia
(Traduzione a cura dell'Ass. Nuova Colombia)
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